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Danger Z.I.
Nove artisti per nove opere sul tema delle morti bianche
Comunicato stampa
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L’arte ha la possibilità di rendere la società migliore.
La continua ridefinizione dei rapporti tra arte e comunicazione e arte e società, garantisce una sempre nuova e più efficace interpretazione dell’arte come arte per le masse, tesa a giungere al cuore stesso dei problemi, e prefigurando lucidamente scenari futuri possibili.
Gli artisti che hanno aderito a DANGER Z.I. e che sentitamente ringrazio, espongono lavori di grande impatto emotivo e scuotono le coscienze di noi tutti globalizzati e immersi in ansie personali e collettive causate da quella angosciante sensazione di non poter incidere efficacemente sugli eventi, come questo delle morti bianche, e dallo sgretolamento dei valori morali e da un profondo senso di smarrimento.
In questa specie di pandemia a cui non si sa trovare rimedio, l’arte piomba perentoria partecipando al mondo e si mischia con esso dando, come in questo caso , validi suggerimenti, dando prova di responsabilità intellettuale.
Tutti i simboli e i messaggi appaiono diretti perché comunicati attraverso il linguaggio universale dell’arte. Un'arte che verte sull'universo delle interrelazioni umane e del contesto sociale in cui si svolgono e che implicano la partecipazione attiva del pubblico a cui è destinata.
La trasposizione in questi lavori di quei corpi responsabili che ogni mattina si mettono in moto, per quel poco che basta per vivere, di quegli operai che affittano il proprio corpo, lontani da tutti eppur sempre tra la gente, tra i problemi della quotidianità, evidenzia quanto l’arte è in relazione costante con la vita dell’uomo, incidendo sul suo modo di pensare, di agire e di comportarsi e ponendosi così, in qualche modo, come una via per migliorarne l’esistenza.
Le alterazioni dell’agire artistico degli ultimi anni vedono gli artisti impegnati, come in questo caso, sempre più esplicitamente ad agire come coscienza critica della società, a condurre progetti che li portano fuori dal contesto anche economico dell’arte e ad agire e innescare nuovi e, se vogliamo, provocatori processi di trasformazione culturale.
Massimo Giusto
Giovani come me…pugliesi come me... questi artisti hanno realizzato opere che io non sarò mai in grado di realizzare, ma che sento come mie… Artisti sensibili ai nuovi contesti, alle istanze sociali ed alle problematiche contemporanee, traducono visivamente la drammatica perdita di vite umane nei cantieri e manifestano il caos e l’incubo che tutto può scombinarsi o si è già scombinato. Le loro opere nascono da un osservazione che cattura l’assurdità di esistenze trascorse tra strutture industriali inadeguate, sicurezza e controlli insufficienti, disagio assoluto.
L’arte diviene così, grazie al loro contributo, la manifestazione umana più a favore della vita, manifestazione di vitalità dinamica e di speranza.
Un universo di sovrapposizioni e di incastri tra segni, simboli e motivi decorativi, anima l’opera di Gabriele Benefico. Emblemi grafici, che in parte provengono dalla cultura fumettistica dell’artista, fanno da sfondo ad immagini dichiarate, acquisendo l’aspetto vorticoso di un cerchio energetico.
Un grido di denuncia erompe dagli altoparlanti, la minaccia del pericolo e della morte è sempre più incessante, ma tutto ciò non basta.. il mondo inesorabilmente continua a girare…
Marco Calderone con la sua opera è riuscito a coniugare abilità pittorica e scavo analitico mettendo in evidenza precarietà e fragilità dell’identità umana.
Il volto di un operaio staglia in primo piano, ma in posizione dislocata, in un altrove che significa ritiro, fuga. Un’esistenza grigia, monocroma, come l’acciaio del suo cantiere, lo porta a trascinarsi stanco nel flusso ordinario della vita. L’artista riassume abilmente, nelle ombre che segnano il viso, una vita vissuta sotto una patina di disincanto e rassegnazione.
L’opera di Valentina Chiffi si muove nella dimensione illimitata e rarefatta del sogno. Gli elementi della composizione sostano su una soglia, tra visibile e invisibile.
L’artista trasforma il paesaggio contemporaneo: un gasometro, convertito in oggetto enigmatico e fiabesco, perde l’ambito di appartenenza, che costruiva il suo orizzonte di comprensione, per divenire culla di un corpo sospeso sul filo dell’esistenza. Preziose farfalle diventano indispensabili filtri a servizio dell’interiorità; la loro armonia si configura in uno slancio inaspettato e sorprendente.
Maria Valentina Dario propone una interessante interpretazione del rapporto dell’uomo con l’incoscienza che lo guida nell’azione. Una figura maschile si esplica in uno spazio “altro” reso concreto da pochi oggetti: una scala rossa e un elmetto da cantiere giallo. La loro colorazione è estrema e contrasta con un corpo neutro, evanescente, che di lì a poco forse andrà a scomparire.
Tra spazio dell’opera e spazio dello spettatore si mescolano i termini che presiedono il gioco della vita. Rappresentazione e realtà si fondono e lo spazio espositivo diventa palestra di introspezione.
Danilo De Mitri cattura, nell’algido candore digitale, il volto-immagine di una donna. Sceglie di inquadrarla in tre diverse pose, animata da una tensione luministica di potente intensità.
Chiave di tutto è la luce, condizione sostanziale della sua ricerca artistica, che orienta il flusso ottico addentrandosi nel corpo, nell’anima…
Una camelia bianca svela il teatro simbolico di ogni sorte umana. La natura è spirito visibile.
L’opera di De Mitri diviene insieme palcoscenico di finzione e nodo di verità impossibile da sciogliere.
L’opera di Francesco De Pace evoca il rapporto tra forma reale e visibile e forma virtuale e invisibile. La trama pittorica, vibrante come una fotografia sensibilizzata, palesa un’ energia inaspettata. La seduzione delle cromie squillanti contrasta con la sterilità del lungo corridoio di un desolato magazzino, emblema di realtà industriali alienanti. Le linee di contorno si dissolvono e si ispessiscono ed il bagliore accecante del neon accompagna i passi di un uomo perplesso di fronte ad una realtà consueta ma al tempo stesso estraniante.
Giovanni Felle, mette in campo energie contrapposte. Il recupero intellettuale del materiale sottratto alla pratica tecnologica/commerciale, viene affiancato a soluzioni immaginarie raccontate attraverso la chiave semplice e popolare dell’icona, del simbolo.
L’opera diviene il varco attraverso cui raggiungere una realtà parallela, incasellata, che non è lontana dal tempo, è qui ed ora. E’ il sogno di un mondo fuori scala, carico di dolore ma al tempo stesso fluttuante di speranza.
L’opera di Jonathan Goffredo, notevole per l’insieme dinamico, scoppia di coloriture aggressive, profondità, colature e tratti minuti, sottili.
E’ un quadro che impressiona la memoria visiva e lo stato d’animo di chi lo guarda. Striature violente, una mescolanza indeterminata di rossi e neri, una coloritura dentro l’altra, una materia dentro l’altra; ma lo sfondo ci incupisce: cosa sono quelle tracce grigie? Sono nubi, sono fumo, sono morte…Le pennellate trasversali di Goffredo si incrociano in un’alchimia drammatica, densa di significato, che ci rimanda a realtà urbane purtroppo note…
Stefania Pellegrini ribadisce la sua originale ricerca artistica con un’opera che evoca un forte senso di simbiosi tra idea, tratto, dettaglio, tessitura.
Una testa ritagliata nella memoria femminile, un largo cappello che cela una tragica verità. L’artista ci sottrae la visione del volto, ma ne insinua la presenza; gioca col paradosso della raffigurazione iconica. Improvvisamente ci raggela la visione di una forma: the sickle – fragilità e precarietà della condizione umana.
Silvia Rolla
La continua ridefinizione dei rapporti tra arte e comunicazione e arte e società, garantisce una sempre nuova e più efficace interpretazione dell’arte come arte per le masse, tesa a giungere al cuore stesso dei problemi, e prefigurando lucidamente scenari futuri possibili.
Gli artisti che hanno aderito a DANGER Z.I. e che sentitamente ringrazio, espongono lavori di grande impatto emotivo e scuotono le coscienze di noi tutti globalizzati e immersi in ansie personali e collettive causate da quella angosciante sensazione di non poter incidere efficacemente sugli eventi, come questo delle morti bianche, e dallo sgretolamento dei valori morali e da un profondo senso di smarrimento.
In questa specie di pandemia a cui non si sa trovare rimedio, l’arte piomba perentoria partecipando al mondo e si mischia con esso dando, come in questo caso , validi suggerimenti, dando prova di responsabilità intellettuale.
Tutti i simboli e i messaggi appaiono diretti perché comunicati attraverso il linguaggio universale dell’arte. Un'arte che verte sull'universo delle interrelazioni umane e del contesto sociale in cui si svolgono e che implicano la partecipazione attiva del pubblico a cui è destinata.
La trasposizione in questi lavori di quei corpi responsabili che ogni mattina si mettono in moto, per quel poco che basta per vivere, di quegli operai che affittano il proprio corpo, lontani da tutti eppur sempre tra la gente, tra i problemi della quotidianità, evidenzia quanto l’arte è in relazione costante con la vita dell’uomo, incidendo sul suo modo di pensare, di agire e di comportarsi e ponendosi così, in qualche modo, come una via per migliorarne l’esistenza.
Le alterazioni dell’agire artistico degli ultimi anni vedono gli artisti impegnati, come in questo caso, sempre più esplicitamente ad agire come coscienza critica della società, a condurre progetti che li portano fuori dal contesto anche economico dell’arte e ad agire e innescare nuovi e, se vogliamo, provocatori processi di trasformazione culturale.
Massimo Giusto
Giovani come me…pugliesi come me... questi artisti hanno realizzato opere che io non sarò mai in grado di realizzare, ma che sento come mie… Artisti sensibili ai nuovi contesti, alle istanze sociali ed alle problematiche contemporanee, traducono visivamente la drammatica perdita di vite umane nei cantieri e manifestano il caos e l’incubo che tutto può scombinarsi o si è già scombinato. Le loro opere nascono da un osservazione che cattura l’assurdità di esistenze trascorse tra strutture industriali inadeguate, sicurezza e controlli insufficienti, disagio assoluto.
L’arte diviene così, grazie al loro contributo, la manifestazione umana più a favore della vita, manifestazione di vitalità dinamica e di speranza.
Un universo di sovrapposizioni e di incastri tra segni, simboli e motivi decorativi, anima l’opera di Gabriele Benefico. Emblemi grafici, che in parte provengono dalla cultura fumettistica dell’artista, fanno da sfondo ad immagini dichiarate, acquisendo l’aspetto vorticoso di un cerchio energetico.
Un grido di denuncia erompe dagli altoparlanti, la minaccia del pericolo e della morte è sempre più incessante, ma tutto ciò non basta.. il mondo inesorabilmente continua a girare…
Marco Calderone con la sua opera è riuscito a coniugare abilità pittorica e scavo analitico mettendo in evidenza precarietà e fragilità dell’identità umana.
Il volto di un operaio staglia in primo piano, ma in posizione dislocata, in un altrove che significa ritiro, fuga. Un’esistenza grigia, monocroma, come l’acciaio del suo cantiere, lo porta a trascinarsi stanco nel flusso ordinario della vita. L’artista riassume abilmente, nelle ombre che segnano il viso, una vita vissuta sotto una patina di disincanto e rassegnazione.
L’opera di Valentina Chiffi si muove nella dimensione illimitata e rarefatta del sogno. Gli elementi della composizione sostano su una soglia, tra visibile e invisibile.
L’artista trasforma il paesaggio contemporaneo: un gasometro, convertito in oggetto enigmatico e fiabesco, perde l’ambito di appartenenza, che costruiva il suo orizzonte di comprensione, per divenire culla di un corpo sospeso sul filo dell’esistenza. Preziose farfalle diventano indispensabili filtri a servizio dell’interiorità; la loro armonia si configura in uno slancio inaspettato e sorprendente.
Maria Valentina Dario propone una interessante interpretazione del rapporto dell’uomo con l’incoscienza che lo guida nell’azione. Una figura maschile si esplica in uno spazio “altro” reso concreto da pochi oggetti: una scala rossa e un elmetto da cantiere giallo. La loro colorazione è estrema e contrasta con un corpo neutro, evanescente, che di lì a poco forse andrà a scomparire.
Tra spazio dell’opera e spazio dello spettatore si mescolano i termini che presiedono il gioco della vita. Rappresentazione e realtà si fondono e lo spazio espositivo diventa palestra di introspezione.
Danilo De Mitri cattura, nell’algido candore digitale, il volto-immagine di una donna. Sceglie di inquadrarla in tre diverse pose, animata da una tensione luministica di potente intensità.
Chiave di tutto è la luce, condizione sostanziale della sua ricerca artistica, che orienta il flusso ottico addentrandosi nel corpo, nell’anima…
Una camelia bianca svela il teatro simbolico di ogni sorte umana. La natura è spirito visibile.
L’opera di De Mitri diviene insieme palcoscenico di finzione e nodo di verità impossibile da sciogliere.
L’opera di Francesco De Pace evoca il rapporto tra forma reale e visibile e forma virtuale e invisibile. La trama pittorica, vibrante come una fotografia sensibilizzata, palesa un’ energia inaspettata. La seduzione delle cromie squillanti contrasta con la sterilità del lungo corridoio di un desolato magazzino, emblema di realtà industriali alienanti. Le linee di contorno si dissolvono e si ispessiscono ed il bagliore accecante del neon accompagna i passi di un uomo perplesso di fronte ad una realtà consueta ma al tempo stesso estraniante.
Giovanni Felle, mette in campo energie contrapposte. Il recupero intellettuale del materiale sottratto alla pratica tecnologica/commerciale, viene affiancato a soluzioni immaginarie raccontate attraverso la chiave semplice e popolare dell’icona, del simbolo.
L’opera diviene il varco attraverso cui raggiungere una realtà parallela, incasellata, che non è lontana dal tempo, è qui ed ora. E’ il sogno di un mondo fuori scala, carico di dolore ma al tempo stesso fluttuante di speranza.
L’opera di Jonathan Goffredo, notevole per l’insieme dinamico, scoppia di coloriture aggressive, profondità, colature e tratti minuti, sottili.
E’ un quadro che impressiona la memoria visiva e lo stato d’animo di chi lo guarda. Striature violente, una mescolanza indeterminata di rossi e neri, una coloritura dentro l’altra, una materia dentro l’altra; ma lo sfondo ci incupisce: cosa sono quelle tracce grigie? Sono nubi, sono fumo, sono morte…Le pennellate trasversali di Goffredo si incrociano in un’alchimia drammatica, densa di significato, che ci rimanda a realtà urbane purtroppo note…
Stefania Pellegrini ribadisce la sua originale ricerca artistica con un’opera che evoca un forte senso di simbiosi tra idea, tratto, dettaglio, tessitura.
Una testa ritagliata nella memoria femminile, un largo cappello che cela una tragica verità. L’artista ci sottrae la visione del volto, ma ne insinua la presenza; gioca col paradosso della raffigurazione iconica. Improvvisamente ci raggela la visione di una forma: the sickle – fragilità e precarietà della condizione umana.
Silvia Rolla
16
maggio 2008
Danger Z.I.
Dal 16 al 31 maggio 2008
arte contemporanea
Location
ASSOCIAZIONE CULTURALE MARIA D’ENGHIEN – PALAZZO FORNARI
Taranto, Via Duomo, 175 , (Taranto)
Taranto, Via Duomo, 175 , (Taranto)
Orario di apertura
tutti i giorni dalle ore 9.30 alle 12.30 e dalle 16.30 alle 20.30
Vernissage
16 Maggio 2008, ore 18
Autore
Curatore