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Daniel Spoerri – Donner à voir
La mostra restituisce, attraverso quattro grandi installazioni in bronzo e oggetti, le recenti tappe creative di un artista riconosciuto dalle più importanti collezioni museali
Comunicato stampa
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La mostra di Daniel Spoerri (intitolata Donner à voir) che s’inaugura presso La Nuova Pesa Centro per l’Arte Contemporanea restituisce, attraverso quattro grandi installazioni in bronzo e oggetti, le recenti tappe creative di un artista riconosciuto dalle più importanti collezioni museali.
Spoerri è un artista complesso, sia per le sue radici che per il suo percorso artistico: nato nel 1930 in Romania, si stabilisce ancora bambino in Svizzera , dove si avvicina al mondo artistico prima come ballerino di danza classica, poi come regista di teatro (Ionesco, Picasso, Beckett, Tardieu, Tzara). Partecipa alla famosa esperienza artistica del Nouveau Réalisme, nata in Francia nel 1960 e volta ad allontanare l’opera dalla sua aura d’irripetibilità, per mostrarcela come quotidiana, a contatto con il sociale, “data a vedere” nella sua presenza oggettuale. Spoerri realizza i Tableaux pièges (quadri trappola), cui seguono le Pièges à mots (Trappole per parole, che associano detti e proverbi a oggetti atti a completare il senso dell’opera). I Tableaux pièges appaiono come tavoli da pranzo, mensole, cassetti, sui quali l’artista incolla bicchieri, posate, scontrini, posaceneri sporchi, rispettando l’ordine casuale delle posizioni decise da chi li ha usati.
Nel 1965 l’artista, in contatto con l’esperienza Fluxus, trasforma la “galleria J” di Parigi in un ristorante nel quale i critici d’arte si improvvisano camerieri e i tavoli usati dai clienti diventavano opere d’arte. Successivamente dà corpo nella città di Düsseldorf alla Eat Art Gallery in cui, con la collaborazione degli artisti, si espongono e consumano opere d’arte commestibili. Seguiranno alcuni importanti happening artistico-gastronomici come L’Hommage Karl Marx (1977), L’Eat Art Festival di Châlon sur Saône (1980), e il Déjeuner sous l’herbe (Colazione sotto l’erba). Spoerri adotta per i suoi assemblaggi una prassi del tutto originale detta de-tromp-l’oeil (disinganno dell’occhio). A differenza del tromp l’oeil (architetture e giardini dipinti sulle pareti con tale maestria da sembrare tridimensionali e reali) qui, l’oggetto concreto, sovrapposto a una tela o ad una fotografia, tradisce l’illusione della profondità dell’immagine nonché la sua falsa consistenza. Si tratta della volontà dell’artista di aggrapparsi a qualcosa di certo perché visibile, di sicuro perché oggettuale e di duraturo perché senz’anima. Composizioni di oggetti vari mettono in scena visioni misteriose e antropomorfe in cui ogni segno bizzarro, dialoga in una lingua che l’autore ci sfida a decifrare tra realtà e apparenza, casualità e intenzionalità, sacro e profano, uomo e animalità. L’oggetto, reperito quasi sempre ai mercatini delle pulci o in negozietti di anticaglie, può essere comune, stravagante o collezionato con minuzia per osservarne l’evoluzione e l’adattamento nel tempo e nelle sue diverse funzioni. Occhiali bizzarri, coltelli pelapatate, seghe, falci africane, teste in legno per cappelli vengono ricontestualizzati, disposti in modi inusuali, fuori dalle archiviazioni museografiche, associati in modo straniante come quelli intitolati “piume per cappelli” in occasione della mostra presso La Nuova Pesa.
Nel repertorio dell’artista non mancano oggetti etnici e di culto imbevuti di contenuti socio-culturali, di riferimenti a costumi e tradizioni. Le composizioni si arricchiscono anche di elementi di animali morti fusi nel bronzo (una rana, dei feti di lama) e da materiali più vicini alla nostra realtà (stoffe, catene, campanellini e lettere) che acquistano altre funzioni e significati: ricevono una nuova accezione magica.
Le figure del lavoro “Otto incubi magri” sembrano essere mosse da una sorta di rito primitivo attorno alla divinità di un dio Giano: chi invoca, chi danza, chi offre oggetti sacrificali. Aprono all’iniziazione verso l’incognita dell’esistenza, al mistero della fecondazione divina, sullo stretto confine tra due volti, quello con la barba che evoca la vita e quello funerario che allude alla morte. Dice Spoerri: «Sono oggetti che io chiamo incubo, ma che in verità io lego alla parola latina incubus che era un diavolo che ingravidava una donna (succubus). Si pensi al film di Roman Polanski “Rosemary’s Baby”. Questo è un vero incubo nel senso stretto e solo dopo in italiano è stato associato alla paura, ma in verità è un’altra cosa. In tedesco si dice “Albtraum” e il pittore svizzero Johann Heinrich Füssli ha dipinto un fantastico incubo seduto su una donna che dorme».
Giacomo Zaza
Spoerri è un artista complesso, sia per le sue radici che per il suo percorso artistico: nato nel 1930 in Romania, si stabilisce ancora bambino in Svizzera , dove si avvicina al mondo artistico prima come ballerino di danza classica, poi come regista di teatro (Ionesco, Picasso, Beckett, Tardieu, Tzara). Partecipa alla famosa esperienza artistica del Nouveau Réalisme, nata in Francia nel 1960 e volta ad allontanare l’opera dalla sua aura d’irripetibilità, per mostrarcela come quotidiana, a contatto con il sociale, “data a vedere” nella sua presenza oggettuale. Spoerri realizza i Tableaux pièges (quadri trappola), cui seguono le Pièges à mots (Trappole per parole, che associano detti e proverbi a oggetti atti a completare il senso dell’opera). I Tableaux pièges appaiono come tavoli da pranzo, mensole, cassetti, sui quali l’artista incolla bicchieri, posate, scontrini, posaceneri sporchi, rispettando l’ordine casuale delle posizioni decise da chi li ha usati.
Nel 1965 l’artista, in contatto con l’esperienza Fluxus, trasforma la “galleria J” di Parigi in un ristorante nel quale i critici d’arte si improvvisano camerieri e i tavoli usati dai clienti diventavano opere d’arte. Successivamente dà corpo nella città di Düsseldorf alla Eat Art Gallery in cui, con la collaborazione degli artisti, si espongono e consumano opere d’arte commestibili. Seguiranno alcuni importanti happening artistico-gastronomici come L’Hommage Karl Marx (1977), L’Eat Art Festival di Châlon sur Saône (1980), e il Déjeuner sous l’herbe (Colazione sotto l’erba). Spoerri adotta per i suoi assemblaggi una prassi del tutto originale detta de-tromp-l’oeil (disinganno dell’occhio). A differenza del tromp l’oeil (architetture e giardini dipinti sulle pareti con tale maestria da sembrare tridimensionali e reali) qui, l’oggetto concreto, sovrapposto a una tela o ad una fotografia, tradisce l’illusione della profondità dell’immagine nonché la sua falsa consistenza. Si tratta della volontà dell’artista di aggrapparsi a qualcosa di certo perché visibile, di sicuro perché oggettuale e di duraturo perché senz’anima. Composizioni di oggetti vari mettono in scena visioni misteriose e antropomorfe in cui ogni segno bizzarro, dialoga in una lingua che l’autore ci sfida a decifrare tra realtà e apparenza, casualità e intenzionalità, sacro e profano, uomo e animalità. L’oggetto, reperito quasi sempre ai mercatini delle pulci o in negozietti di anticaglie, può essere comune, stravagante o collezionato con minuzia per osservarne l’evoluzione e l’adattamento nel tempo e nelle sue diverse funzioni. Occhiali bizzarri, coltelli pelapatate, seghe, falci africane, teste in legno per cappelli vengono ricontestualizzati, disposti in modi inusuali, fuori dalle archiviazioni museografiche, associati in modo straniante come quelli intitolati “piume per cappelli” in occasione della mostra presso La Nuova Pesa.
Nel repertorio dell’artista non mancano oggetti etnici e di culto imbevuti di contenuti socio-culturali, di riferimenti a costumi e tradizioni. Le composizioni si arricchiscono anche di elementi di animali morti fusi nel bronzo (una rana, dei feti di lama) e da materiali più vicini alla nostra realtà (stoffe, catene, campanellini e lettere) che acquistano altre funzioni e significati: ricevono una nuova accezione magica.
Le figure del lavoro “Otto incubi magri” sembrano essere mosse da una sorta di rito primitivo attorno alla divinità di un dio Giano: chi invoca, chi danza, chi offre oggetti sacrificali. Aprono all’iniziazione verso l’incognita dell’esistenza, al mistero della fecondazione divina, sullo stretto confine tra due volti, quello con la barba che evoca la vita e quello funerario che allude alla morte. Dice Spoerri: «Sono oggetti che io chiamo incubo, ma che in verità io lego alla parola latina incubus che era un diavolo che ingravidava una donna (succubus). Si pensi al film di Roman Polanski “Rosemary’s Baby”. Questo è un vero incubo nel senso stretto e solo dopo in italiano è stato associato alla paura, ma in verità è un’altra cosa. In tedesco si dice “Albtraum” e il pittore svizzero Johann Heinrich Füssli ha dipinto un fantastico incubo seduto su una donna che dorme».
Giacomo Zaza
24
marzo 2005
Daniel Spoerri – Donner à voir
Dal 24 marzo al 30 aprile 2005
arte contemporanea
Location
LA NUOVA PESA CENTRO PER L’ARTE CONTEMPORANEA
Roma, Via Del Corso, 530, (Roma)
Roma, Via Del Corso, 530, (Roma)
Orario di apertura
dal martedì al sabato 10.30-13 e 15.30-19
Vernissage
24 Marzo 2005, ore 18.30
Autore
Curatore