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Daniela Forcella – Luoghi dell’anima
Mostra personale dedicata all’artista milanese Daniela Forcella che presenta un’ampia selezione di lavori incentrati sul fulcro della sua poetica: l’icona universale del cuore, utilizzato come elemento strutturante delle sue opere, simbolo del sentimento nelle forme simboliche e plastificate.
Comunicato stampa
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La galleria Colossi Arte Contemporanea apre la stagione autunnale con la mostra personale dedicata all’artista milanese Daniela Forcella -Bellano (Lc), 1959- dal titolo Luoghi dell’anima. In esposizione, un’ampia selezione di lavori che offre un saggio esaustivo dell’evoluzione della ricerca estetica dell’artista che trova, nella forma simbolica del cuore, pulsante di vita, un’icona universalmente riconoscibile il fulcro sul quale si incentra la sua poetica, già dalla prima esposizione alla quale è stata invitata a partecipare nel 2007, l’evento benefico a favore delle iniziative dell’Unicef, svoltosi alla Triennale di Milano e conclusosi con un’asta da Sotheby’s.
Dopo il successo della personale Cartografie, allestita all’interno della Biblioteca del Temenza, sede del Centro Studi e Documentazione della Cultura Armena, storica sede del Padiglione Armenia, nel contesto della 57° Biennale di Venezia, nel 2017, le opere appartenenti al filone espressivo dal quale prende il titolo la mostra, che rappresenta il culmine della sua maturazione spirituale e stilistica, approdano a Brescia, nella sede della galleria Colossi, in Corsia del Gambero, nel cuore del centro storico della città.
In queste opere, l’artista opera una trasformazione allegorica della materia, lavorando per sottrazione e scavando, sulla superficie monocroma bianca o nera di sezioni tridimensionali di legno, una mappa esistenziale che ricorda i rilievi altimetrici degli altipiani, la incide con profondi solchi, dislivelli plastici, metafora dei profondi segni lasciati dalle esperienza esistenziali, dalle circostanze della vita nello spirito dell’uomo. Si crea così, una “stratigrafia” emozionale conformata in bassorilievi che si evolvono con un andamento concavo o convesso andando a definire la forma di cuori concatenati tra loro, tracciati dalle linee che definiscono il corpo delle curve di livello. Se illuminate con la luce di wood, queste opere rivelano, all’omino rosso palpitante, il viaggiatore, posto al centro delle fratture che suddividono la superficie in quattro sezioni, o in Frames, che bloccano un istante del percorso, la giusta via da seguire. Dal progressivo stratificarsi di segni ondulati incisi nella materia, emergono percorsi luminosi a forma di cuore oppure dall’andamento ondulato simile all’alveo di un fiume; essi costituiscono i segni strutturanti che rappresentano il sostrato costitutivo della realtà, le linee guida, vibranti di molteplici sfumature cromatiche luminescenti (il ciclo di lavori The Traveller, 2017), l’essenziale che prima era invisibile agli occhi. L’omino diventa metafora dell’umanità in cerca di risposte sui misteri dell’universo e della vita, alla quale Daniela Forcella mostra, con le sue opere, un bagliore di verità, come dimostra la sua partecipazione alla mostra Black Light Art. La luce che colora il buio, presso il Palazzo della Regione Lombardia di Milano, nel 2017. Questi tracciati luminosi rivelano l’essenza aristotelica, formatasi attraverso gli stadi di evoluzione della materia, durante la formazione della mappatura altimetrica dei solchi, metafora delle trasformazioni subite dallo spirito nel corso della vita. La luce, infatti, ha un valore simbolico di origine ancestrale, come fulcro della vita sulla terra, dal cristianesimo alle dottrine esoteriche, per arrivare alla filosofia aristotelica, secondo la quale essa è alla base dell’essere fisico animato e inanimato. Nei precedenti lavori dell’artista, la luce, come elemento primigenio, era una caratteristica intrinseca ad ogni singolo modulo strutturale che andava a formare la complessa architettura dei suoi lavori: il cuore di resina. All’interno di ognuna di queste miniature, prendono vita piccoli microcosmi in via di formazione, composti da frammenti in foglia oro, polveri luminescenti, pigmenti diluiti. Se, precedentemente, i cuori venivano sottoposti ad una ripetizione seriale di forme e colori in stile neo-Pop, come feticci plastificati del sentimento, impilati in teche su vecchie molle di materasso, oppure accanto a piccole sfere di vetro (Red e Blue Hearts’Game, 2015) che ricordano le biglie della nostra infanzia, attraverso un processo di purificazione formale, con le Cartografie essi diventano la rappresentazione icastica del processo di interiorizzazione dei ricordi. Ma, da sempre, essi rappresentano, comunque, il fulcro del nostro organismo, anche se soggetti alla mercificazione, anche se trasformati in prodotti del consumismo di massa dilagante ed esposti, nella loro versione plastificata, in teche, a comporre un “formulario di simboli universalmente leggibile”, come sostiene Alan Jones, nell’intervento critico della monografia, a cura di Viviana Lavinia Algeri, edita da Peruzzo Editore, dal titolo In viaggio che è disponibile in mostra. L’universo espressivo dell’artista oscilla quindi tra un immaginario ipertrofico e plastificato in stile neo-Pop che tende a fare dell’icona universale del cuore una riproduzione simbolica massificata, alle pratiche conservative e predatorie del Nouveau Réalisme, dove i cuori in resina vengono accatastati come preziosi cimeli accumulati nel corso di una vita in preziosi scrigni di plexiglass (Girls’s Dream Box, 2015), come avviene nelle Poubelles di Arman. Altre volte un cuore in schiuma poliuretanica viene esposto nell’atmosfera neutrale e atemporale di una teca da museo che smorza tutta la sua vitalità di organo pulsante di vita, come avviene nelle bacheche di Hirst (Nirvana, 2014). Ancora una volta, come avviene nelle Cartografie, è la luce, proveniente dalla base specchiante, a riportarne in vita l’essenza. Le sue rifrazioni sul cuore vengono colte da uno scatto fotografico che, inserito sulla superficie di un light box retroilluminato (Pulsation, 2017), proietta in una dimensione futuribile questa aura luminosa, espandendo la sua rifrazione all’infinito. Nella dinamica tra reale e artificiale, ancora una volta l’artista indica allo spettatore la via giusta per ritrovare la verità, soffocata dalle innumerevoli sollecitazioni visive che il linguaggio massmediatico veicola, come il cuore ibernato nel ghiaccio riprodotto con il metacrilato (Love gate, 2015). In una performance svoltasi in occasione del Fuorisalone, nel 2013, gli spettatori prelevavano brandelli di questo ghiaccio in cui era immerso un grande cuore in resina che l’ultimo fortunato riusciva ad accaparrarsi. Ritroviamo la stessa “natura plastificata” di questo organo vitale conservato sotto teca o ibernato, in ognuna delle piccole sculture in resina che l’artista ingloba in una colata di metacrilato trasparente (Body Fluid, 2015), nell’artificiosità della plastica, partendo da una profonda indagine sulla sedimentazione dei sentimenti e sulla loro rappresentazione in forme schematiche nella società contemporanea; il risultato è l’affastellarsi di piccoli elementi costruttivi, applicati anche sulla superficie esterna di cubi di plexiglass specchiante, impilati e ripetuti nei colori e nelle forme con una modularità aritmetica (Light Wall, Mirror Tower e Little Tower, 2015), come avviene nelle teche di plexiglass, ma sovrapposti e sfasati in sequenze strutturali di pixel ingigantiti, aperti su una nuova dimensione. La ricerca concettuale dell’artista l’ha portata a creare le nuove forme archetipiche della società multimediale che verranno sedimentate nella memoria dei posteri in una sequenza simbolica di cuori, come fossero piccole “emoticons” in un messaggio digitale, conservati in teche oppure applicati sulla dimensione della temporalità immanente di una superficie di plexiglass, come avviene nei Rooms of Love (2016). Qui, sulla superficie traslucida del plexiglass si crea una dimensione onirica, dove le coordinate spazio temporali si dissolvono e dove l’attenzione di focalizza solamente sulla proliferazione delle microsfere che si addensano a formare i profili dei cuori posti al centro, fermando un attimo catartico il pulsare del muscolo cardiaco (Pop Hearts, 2014) e conferendogli una connotazione fortemente materica. Sulla superficie traslucida del plexiglass, sul quale sono incastonati come gemme i Rooms of Love, come frammenti di vita, si possono riflettere, in uno spazio immaginifico, tutte le storie d’amore possibili. I cuori diventano allora un imperituro monumento all’amore che, nella forma liquida della post-modernità, diventa intercambiabile, assume un’infinita varietà di sfumature di significato, adeguandosi alle situazioni che riflette, siglate nei frammenti poetici che accompagnano ciascuna opera della serie, nata per adornare ipotetiche stanze di albergo dense di storie e ricordi.
Le opere di Daniela Forcella sono rappresentazioni iconiche e schematiche di frammenti di vita, sono “frames” che intrappolano un istante del suo fluire, al cui centro si trova, onnipresente, la forma iconica del cuore che, prima, veniva intrappolato nelle teche in plexiglass, impilato su molle di materassi, sottoposto ad una reiterazione pop, inglobato in colate di metacrilato e impilato in scrigni con i ricordi del passato. Allo stesso modo, nelle opere della serie Cartografie, gli spazi in cui è suddivisa l’opera contengono le stratificazioni altimetriche dei solchi lasciati dallo scorrere del tempo e della vita sul legno, in un’imperturbabile reiterazione, sempre di ispirazione pop (più italiana che statunitense, se pensiamo ai profili umani di Ceroli, anch’essi su legno), ma caratterizzata dal distacco emotivo, tipico dell’arte concettuale, che finalmente l’artista ha raggiunto di fronte all’imperscrutabilità dei misteri dell’universo e della vita. A riunire i frames che segnano le tappe del percorso del viandante in rosso sull’estensione degli altipiani, a dargli un significato compiuto nella dimensione interiore di ognuno di noi, stavolta, non intervengono più frammenti letterari, ma un elemento molto più indecifrabile: un rigagnolo di luce che evidenzia lo scorrere di un fiume, se osserviamo l’opera al buio. Ancora una volta, è la luce a guidarci sulla giusta strada, attraverso un percorso di eliminazione e di scavo, di rielaborazione e di interiorizzazione dei segni lasciati sul nostro animo, dai solchi tracciati sulla superficie del legno, metafora delle fratture della nostra anima. E si torna alle Cartografie, in un perenne peregrinare, come cita il titolo della monografia che sarà disponibile in mostra: In viaggio…
La formazione di Daniela Forcella è avvenuta frequentando i corsi di disegno del suo mentore, l'artista Italo Chiodi all'Accademia di Belle Arti di Brera di Milano.
All’artista sono state dedicate importanti mostre personali: Cartografie, presso la sede del Padiglione Armenia, nel contesto della 57° Biennale di Venezia, nel 2017, Gold, Silver and Colors, alla Villa Reale di Monza e Linking Hearts, al Palazzo Gargantini di Lugano, nel 2015, oltre che nella Hall del Boscolo Museum di Milano, nel 2014, in concomitanza con Milan Fashion Week.
Nel 2017 viene invitata ad esporre in occasione della collettiva Black Art Light: la luce che colora il buio, nella prestigiosa sede del Palazzo della Regione Lombardia di Milano e le viene dedicato uno spazio monografico, con la mostra personale Spirit of Love, al Basel Art Center di Basilea, in Svizzera.
Nel 2016 la Banca Mediolanum la invita ad esporre presso la suggestiva Terrazza Civita di Roma, affacciata sul Foro Romano, e presso il Palazzo dell’Artista di Padova, sede della collezione d’arte di questa importante istituzione bancaria.
L’artista è presente inoltre alle principali rassegne di arte moderna e contemporanea a livello nazionale e internazionale, come Art Basel (2015) e Scope Basel (2014), in occasione della quale espone una grande installazione composta da una cascata di cuori in resina applicati su molle di materasso.
Nel 2014 la sua monumentale colonna in plexiglass composta dagli stessi elementi strutturali, Life is Love, entra a far parte della collezione permanente del Museo Verticale di Palazzo Lombardia a Milano.
Le sue opere fanno parte di importanti collezioni private in Italia e all’estero.
Dopo il successo della personale Cartografie, allestita all’interno della Biblioteca del Temenza, sede del Centro Studi e Documentazione della Cultura Armena, storica sede del Padiglione Armenia, nel contesto della 57° Biennale di Venezia, nel 2017, le opere appartenenti al filone espressivo dal quale prende il titolo la mostra, che rappresenta il culmine della sua maturazione spirituale e stilistica, approdano a Brescia, nella sede della galleria Colossi, in Corsia del Gambero, nel cuore del centro storico della città.
In queste opere, l’artista opera una trasformazione allegorica della materia, lavorando per sottrazione e scavando, sulla superficie monocroma bianca o nera di sezioni tridimensionali di legno, una mappa esistenziale che ricorda i rilievi altimetrici degli altipiani, la incide con profondi solchi, dislivelli plastici, metafora dei profondi segni lasciati dalle esperienza esistenziali, dalle circostanze della vita nello spirito dell’uomo. Si crea così, una “stratigrafia” emozionale conformata in bassorilievi che si evolvono con un andamento concavo o convesso andando a definire la forma di cuori concatenati tra loro, tracciati dalle linee che definiscono il corpo delle curve di livello. Se illuminate con la luce di wood, queste opere rivelano, all’omino rosso palpitante, il viaggiatore, posto al centro delle fratture che suddividono la superficie in quattro sezioni, o in Frames, che bloccano un istante del percorso, la giusta via da seguire. Dal progressivo stratificarsi di segni ondulati incisi nella materia, emergono percorsi luminosi a forma di cuore oppure dall’andamento ondulato simile all’alveo di un fiume; essi costituiscono i segni strutturanti che rappresentano il sostrato costitutivo della realtà, le linee guida, vibranti di molteplici sfumature cromatiche luminescenti (il ciclo di lavori The Traveller, 2017), l’essenziale che prima era invisibile agli occhi. L’omino diventa metafora dell’umanità in cerca di risposte sui misteri dell’universo e della vita, alla quale Daniela Forcella mostra, con le sue opere, un bagliore di verità, come dimostra la sua partecipazione alla mostra Black Light Art. La luce che colora il buio, presso il Palazzo della Regione Lombardia di Milano, nel 2017. Questi tracciati luminosi rivelano l’essenza aristotelica, formatasi attraverso gli stadi di evoluzione della materia, durante la formazione della mappatura altimetrica dei solchi, metafora delle trasformazioni subite dallo spirito nel corso della vita. La luce, infatti, ha un valore simbolico di origine ancestrale, come fulcro della vita sulla terra, dal cristianesimo alle dottrine esoteriche, per arrivare alla filosofia aristotelica, secondo la quale essa è alla base dell’essere fisico animato e inanimato. Nei precedenti lavori dell’artista, la luce, come elemento primigenio, era una caratteristica intrinseca ad ogni singolo modulo strutturale che andava a formare la complessa architettura dei suoi lavori: il cuore di resina. All’interno di ognuna di queste miniature, prendono vita piccoli microcosmi in via di formazione, composti da frammenti in foglia oro, polveri luminescenti, pigmenti diluiti. Se, precedentemente, i cuori venivano sottoposti ad una ripetizione seriale di forme e colori in stile neo-Pop, come feticci plastificati del sentimento, impilati in teche su vecchie molle di materasso, oppure accanto a piccole sfere di vetro (Red e Blue Hearts’Game, 2015) che ricordano le biglie della nostra infanzia, attraverso un processo di purificazione formale, con le Cartografie essi diventano la rappresentazione icastica del processo di interiorizzazione dei ricordi. Ma, da sempre, essi rappresentano, comunque, il fulcro del nostro organismo, anche se soggetti alla mercificazione, anche se trasformati in prodotti del consumismo di massa dilagante ed esposti, nella loro versione plastificata, in teche, a comporre un “formulario di simboli universalmente leggibile”, come sostiene Alan Jones, nell’intervento critico della monografia, a cura di Viviana Lavinia Algeri, edita da Peruzzo Editore, dal titolo In viaggio che è disponibile in mostra. L’universo espressivo dell’artista oscilla quindi tra un immaginario ipertrofico e plastificato in stile neo-Pop che tende a fare dell’icona universale del cuore una riproduzione simbolica massificata, alle pratiche conservative e predatorie del Nouveau Réalisme, dove i cuori in resina vengono accatastati come preziosi cimeli accumulati nel corso di una vita in preziosi scrigni di plexiglass (Girls’s Dream Box, 2015), come avviene nelle Poubelles di Arman. Altre volte un cuore in schiuma poliuretanica viene esposto nell’atmosfera neutrale e atemporale di una teca da museo che smorza tutta la sua vitalità di organo pulsante di vita, come avviene nelle bacheche di Hirst (Nirvana, 2014). Ancora una volta, come avviene nelle Cartografie, è la luce, proveniente dalla base specchiante, a riportarne in vita l’essenza. Le sue rifrazioni sul cuore vengono colte da uno scatto fotografico che, inserito sulla superficie di un light box retroilluminato (Pulsation, 2017), proietta in una dimensione futuribile questa aura luminosa, espandendo la sua rifrazione all’infinito. Nella dinamica tra reale e artificiale, ancora una volta l’artista indica allo spettatore la via giusta per ritrovare la verità, soffocata dalle innumerevoli sollecitazioni visive che il linguaggio massmediatico veicola, come il cuore ibernato nel ghiaccio riprodotto con il metacrilato (Love gate, 2015). In una performance svoltasi in occasione del Fuorisalone, nel 2013, gli spettatori prelevavano brandelli di questo ghiaccio in cui era immerso un grande cuore in resina che l’ultimo fortunato riusciva ad accaparrarsi. Ritroviamo la stessa “natura plastificata” di questo organo vitale conservato sotto teca o ibernato, in ognuna delle piccole sculture in resina che l’artista ingloba in una colata di metacrilato trasparente (Body Fluid, 2015), nell’artificiosità della plastica, partendo da una profonda indagine sulla sedimentazione dei sentimenti e sulla loro rappresentazione in forme schematiche nella società contemporanea; il risultato è l’affastellarsi di piccoli elementi costruttivi, applicati anche sulla superficie esterna di cubi di plexiglass specchiante, impilati e ripetuti nei colori e nelle forme con una modularità aritmetica (Light Wall, Mirror Tower e Little Tower, 2015), come avviene nelle teche di plexiglass, ma sovrapposti e sfasati in sequenze strutturali di pixel ingigantiti, aperti su una nuova dimensione. La ricerca concettuale dell’artista l’ha portata a creare le nuove forme archetipiche della società multimediale che verranno sedimentate nella memoria dei posteri in una sequenza simbolica di cuori, come fossero piccole “emoticons” in un messaggio digitale, conservati in teche oppure applicati sulla dimensione della temporalità immanente di una superficie di plexiglass, come avviene nei Rooms of Love (2016). Qui, sulla superficie traslucida del plexiglass si crea una dimensione onirica, dove le coordinate spazio temporali si dissolvono e dove l’attenzione di focalizza solamente sulla proliferazione delle microsfere che si addensano a formare i profili dei cuori posti al centro, fermando un attimo catartico il pulsare del muscolo cardiaco (Pop Hearts, 2014) e conferendogli una connotazione fortemente materica. Sulla superficie traslucida del plexiglass, sul quale sono incastonati come gemme i Rooms of Love, come frammenti di vita, si possono riflettere, in uno spazio immaginifico, tutte le storie d’amore possibili. I cuori diventano allora un imperituro monumento all’amore che, nella forma liquida della post-modernità, diventa intercambiabile, assume un’infinita varietà di sfumature di significato, adeguandosi alle situazioni che riflette, siglate nei frammenti poetici che accompagnano ciascuna opera della serie, nata per adornare ipotetiche stanze di albergo dense di storie e ricordi.
Le opere di Daniela Forcella sono rappresentazioni iconiche e schematiche di frammenti di vita, sono “frames” che intrappolano un istante del suo fluire, al cui centro si trova, onnipresente, la forma iconica del cuore che, prima, veniva intrappolato nelle teche in plexiglass, impilato su molle di materassi, sottoposto ad una reiterazione pop, inglobato in colate di metacrilato e impilato in scrigni con i ricordi del passato. Allo stesso modo, nelle opere della serie Cartografie, gli spazi in cui è suddivisa l’opera contengono le stratificazioni altimetriche dei solchi lasciati dallo scorrere del tempo e della vita sul legno, in un’imperturbabile reiterazione, sempre di ispirazione pop (più italiana che statunitense, se pensiamo ai profili umani di Ceroli, anch’essi su legno), ma caratterizzata dal distacco emotivo, tipico dell’arte concettuale, che finalmente l’artista ha raggiunto di fronte all’imperscrutabilità dei misteri dell’universo e della vita. A riunire i frames che segnano le tappe del percorso del viandante in rosso sull’estensione degli altipiani, a dargli un significato compiuto nella dimensione interiore di ognuno di noi, stavolta, non intervengono più frammenti letterari, ma un elemento molto più indecifrabile: un rigagnolo di luce che evidenzia lo scorrere di un fiume, se osserviamo l’opera al buio. Ancora una volta, è la luce a guidarci sulla giusta strada, attraverso un percorso di eliminazione e di scavo, di rielaborazione e di interiorizzazione dei segni lasciati sul nostro animo, dai solchi tracciati sulla superficie del legno, metafora delle fratture della nostra anima. E si torna alle Cartografie, in un perenne peregrinare, come cita il titolo della monografia che sarà disponibile in mostra: In viaggio…
La formazione di Daniela Forcella è avvenuta frequentando i corsi di disegno del suo mentore, l'artista Italo Chiodi all'Accademia di Belle Arti di Brera di Milano.
All’artista sono state dedicate importanti mostre personali: Cartografie, presso la sede del Padiglione Armenia, nel contesto della 57° Biennale di Venezia, nel 2017, Gold, Silver and Colors, alla Villa Reale di Monza e Linking Hearts, al Palazzo Gargantini di Lugano, nel 2015, oltre che nella Hall del Boscolo Museum di Milano, nel 2014, in concomitanza con Milan Fashion Week.
Nel 2017 viene invitata ad esporre in occasione della collettiva Black Art Light: la luce che colora il buio, nella prestigiosa sede del Palazzo della Regione Lombardia di Milano e le viene dedicato uno spazio monografico, con la mostra personale Spirit of Love, al Basel Art Center di Basilea, in Svizzera.
Nel 2016 la Banca Mediolanum la invita ad esporre presso la suggestiva Terrazza Civita di Roma, affacciata sul Foro Romano, e presso il Palazzo dell’Artista di Padova, sede della collezione d’arte di questa importante istituzione bancaria.
L’artista è presente inoltre alle principali rassegne di arte moderna e contemporanea a livello nazionale e internazionale, come Art Basel (2015) e Scope Basel (2014), in occasione della quale espone una grande installazione composta da una cascata di cuori in resina applicati su molle di materasso.
Nel 2014 la sua monumentale colonna in plexiglass composta dagli stessi elementi strutturali, Life is Love, entra a far parte della collezione permanente del Museo Verticale di Palazzo Lombardia a Milano.
Le sue opere fanno parte di importanti collezioni private in Italia e all’estero.
15
settembre 2018
Daniela Forcella – Luoghi dell’anima
Dal 15 settembre al 12 ottobre 2018
arte contemporanea
Location
COLOSSI ARTE CONTEMPORANEA
Brescia, Corsia Gambero, 12/13, (Brescia)
Brescia, Corsia Gambero, 12/13, (Brescia)
Orario di apertura
Da martedì a sabato 10-12 e 15-19
Domenica su appuntamento.
Lunedì chiuso.
Vernissage
15 Settembre 2018, dalle ore 16.30
Autore