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Daniele Capecchi – Non avrai altro di noi
Mostra Personale di Daniele Capecchi
Comunicato stampa
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NON AVRAI ALTRO DI NOI
La pittura di Daniele Capecchi compie 10 anni e si è spostata di poco.
Nel 2005 ebbi la sorte di introdurre le prime opere nel catalogo della mostra che si era svolta nell’Oratorio annesso alla chiesa di San Paolo, Chiari di luce. 10 anni per spostarsi di soli 100 metri. Arte della meditazione e della variazione del tempo. A distanza di 10 anni sono ancora a scrivere per la terza volta su Capecchi. Perché fra Chiari di luce e Non avrai altro di noi c’è la tappa alla Biblioteca San Giorgio. Nel 2007 Capecchi espose infatti Openface, e anche in quella occasione fui testimone.
Noi siamo un pittore e uno scrittore che a intervalli irregolari sono tornati a specchiarsi e a deformarsi uno nell’altro e uno con l’altro. Così si è arrivati al decennale di Capecchi e al mio ventennale. I dieci comandamenti a cui fa pensare la pittura di Capecchi tradiscono la diagnosi etica prima ancora che estetica della sua arte.
La perentoria necessità di questa arte è evidente dall’inizio alla fine. E la coppia di ogni quadro (10+10=20) associata a una parola chiave ci fa subito ribadire, come concludemmo nel catalogo del 2007, che la pittura di Capecchi è una “meditazione sull’unico grande libro spalancato che è l’universo. Sopra di noi e dentro noi”. C’è all’inizio un diluvio universale che costituisce il ground zero dell’arte di Capecchi. Di lì a poco tra la pelle della natura e quella umana si stabilisce una corrispondenza fondante, antropologica, dell’uomo oltre l’uomo. La pittura di Capecchi è una incessante variazione meteo del rapporto fra sacro e profano. Tempesta, nuvoloso, variabile, sereno, gran secco.
Capecchi non ha altra ambizione che far sentire tutti, uomini e donne come investiti dal meteo. In lui la natura ama perturbarsi. I volti si presentano come nuvole cariche di pioggia. O lampi e saette nel cielo.
O schiarite improvvise e persistenti insolazioni. La pittura è il barometro della natura. Una nudità e una pelle che si mascherano a vicenda fino a deformarsi e infine a sgranarsi. Volti maschili e femminili altro non sono che lo specchio di un tempo di natura. Una pittura che comanda le stagioni sul volto di uomini e donne.
I segni naturali o artificiali sui volti sono i segni naturali e artificiali che sono sulla corteccia degli alberi, nel cielo, nel mare, sulla terra, nel deserto… Rigoglio e desolazione sono la matrice di una incessante epifania dell’Altro. Non esiste soluzione di continuità fra uomo, natura e storia. La natura ha invaso l’uomo e si è ripreso la sua storia. Il dominio della natura sull’uomo è totale.
Una Apocalisse che si innesta alla fine della Genesi. L’uomo non ha controllo sulla natura. Uomini e donne sono nelle mani della natura.
Impotenti uomini e donne recano le tracce di questo dominio. Senza scampo la natura detta i suoi 10 comandamenti.
La natura si mostra e si accinge a riprendersi l’uomo nel suo grembo.
La natura lascia tracce sulla pelle di uomini e di donne. Cielo e mare. Alberi e pietre. Tutto si specchia su di noi e lascia tracce in noi. Non è l’uomo che lascia delle tracce nella natura ma è esattamente il contrario. La creazione di un nuovo spazio della natura sui volti.
I volti registrano le variazioni meteo della natura. Il meteo si specchia nell’uomo e regna sovrano. I volti sono sottratti alla fama per ritornare eterni nella natura. Non esiste scampo di fronte alla legge della natura. La natura comanda quello che comanda. Non esiste libertà a cui appellarsi. Lo spalancarsi della natura nell’universo dell’uomo è totale.
Naturalmente quanto Capecchi in questi 10 anni è andato dipingendo è solo una variabile del nulla. Tutto è sottratto al mondo. Tutto non esiste che come sottrazione. Riduzione allo zero. Ed è per questo che Capecchi ha deciso a distanza di 10 anni di tornare sui suoi passi.
Per ricordarci la variabilità della nostra natura secondo la legge immutabile dell’universo.
Luogo più appropriato per raccogliere e rilanciare la sua pittura non poteva esistere se non il Convento del Tau. Secondo Ezechiele il Tau posto sulla fronte degli uomini li salva dallo sterminio. È un segno di potente protezione contro il male. È il segno della sottomissione alla legge del padre. Capecchi è il pittore dell’ultimo giorno della creazione che salva la natura dell’uomo. È come Prometeo. E come accade nei Dialoghi con Leucò di Cesare Pavese, Prometeo dice che quando finirà la paura degli dèi finirà anche la paura della morte.
Così i titani ritorneranno alla vita come le stagioni ritornano nell’anno, nel ciclo naturale, proclamando la legge che sulla terra domina la vita: “quel che è stato sarà”. Ma forse i titani per Capecchi sono già tornati. Assunti in cielo, dopo la caduta degli dèi, a significare una comunità silenziosa e sommersa, spesso trasfigurata nel bianco e nero di una vecchia tv.
Paolo Fabrizio Iacuzzi
La pittura di Daniele Capecchi compie 10 anni e si è spostata di poco.
Nel 2005 ebbi la sorte di introdurre le prime opere nel catalogo della mostra che si era svolta nell’Oratorio annesso alla chiesa di San Paolo, Chiari di luce. 10 anni per spostarsi di soli 100 metri. Arte della meditazione e della variazione del tempo. A distanza di 10 anni sono ancora a scrivere per la terza volta su Capecchi. Perché fra Chiari di luce e Non avrai altro di noi c’è la tappa alla Biblioteca San Giorgio. Nel 2007 Capecchi espose infatti Openface, e anche in quella occasione fui testimone.
Noi siamo un pittore e uno scrittore che a intervalli irregolari sono tornati a specchiarsi e a deformarsi uno nell’altro e uno con l’altro. Così si è arrivati al decennale di Capecchi e al mio ventennale. I dieci comandamenti a cui fa pensare la pittura di Capecchi tradiscono la diagnosi etica prima ancora che estetica della sua arte.
La perentoria necessità di questa arte è evidente dall’inizio alla fine. E la coppia di ogni quadro (10+10=20) associata a una parola chiave ci fa subito ribadire, come concludemmo nel catalogo del 2007, che la pittura di Capecchi è una “meditazione sull’unico grande libro spalancato che è l’universo. Sopra di noi e dentro noi”. C’è all’inizio un diluvio universale che costituisce il ground zero dell’arte di Capecchi. Di lì a poco tra la pelle della natura e quella umana si stabilisce una corrispondenza fondante, antropologica, dell’uomo oltre l’uomo. La pittura di Capecchi è una incessante variazione meteo del rapporto fra sacro e profano. Tempesta, nuvoloso, variabile, sereno, gran secco.
Capecchi non ha altra ambizione che far sentire tutti, uomini e donne come investiti dal meteo. In lui la natura ama perturbarsi. I volti si presentano come nuvole cariche di pioggia. O lampi e saette nel cielo.
O schiarite improvvise e persistenti insolazioni. La pittura è il barometro della natura. Una nudità e una pelle che si mascherano a vicenda fino a deformarsi e infine a sgranarsi. Volti maschili e femminili altro non sono che lo specchio di un tempo di natura. Una pittura che comanda le stagioni sul volto di uomini e donne.
I segni naturali o artificiali sui volti sono i segni naturali e artificiali che sono sulla corteccia degli alberi, nel cielo, nel mare, sulla terra, nel deserto… Rigoglio e desolazione sono la matrice di una incessante epifania dell’Altro. Non esiste soluzione di continuità fra uomo, natura e storia. La natura ha invaso l’uomo e si è ripreso la sua storia. Il dominio della natura sull’uomo è totale.
Una Apocalisse che si innesta alla fine della Genesi. L’uomo non ha controllo sulla natura. Uomini e donne sono nelle mani della natura.
Impotenti uomini e donne recano le tracce di questo dominio. Senza scampo la natura detta i suoi 10 comandamenti.
La natura si mostra e si accinge a riprendersi l’uomo nel suo grembo.
La natura lascia tracce sulla pelle di uomini e di donne. Cielo e mare. Alberi e pietre. Tutto si specchia su di noi e lascia tracce in noi. Non è l’uomo che lascia delle tracce nella natura ma è esattamente il contrario. La creazione di un nuovo spazio della natura sui volti.
I volti registrano le variazioni meteo della natura. Il meteo si specchia nell’uomo e regna sovrano. I volti sono sottratti alla fama per ritornare eterni nella natura. Non esiste scampo di fronte alla legge della natura. La natura comanda quello che comanda. Non esiste libertà a cui appellarsi. Lo spalancarsi della natura nell’universo dell’uomo è totale.
Naturalmente quanto Capecchi in questi 10 anni è andato dipingendo è solo una variabile del nulla. Tutto è sottratto al mondo. Tutto non esiste che come sottrazione. Riduzione allo zero. Ed è per questo che Capecchi ha deciso a distanza di 10 anni di tornare sui suoi passi.
Per ricordarci la variabilità della nostra natura secondo la legge immutabile dell’universo.
Luogo più appropriato per raccogliere e rilanciare la sua pittura non poteva esistere se non il Convento del Tau. Secondo Ezechiele il Tau posto sulla fronte degli uomini li salva dallo sterminio. È un segno di potente protezione contro il male. È il segno della sottomissione alla legge del padre. Capecchi è il pittore dell’ultimo giorno della creazione che salva la natura dell’uomo. È come Prometeo. E come accade nei Dialoghi con Leucò di Cesare Pavese, Prometeo dice che quando finirà la paura degli dèi finirà anche la paura della morte.
Così i titani ritorneranno alla vita come le stagioni ritornano nell’anno, nel ciclo naturale, proclamando la legge che sulla terra domina la vita: “quel che è stato sarà”. Ma forse i titani per Capecchi sono già tornati. Assunti in cielo, dopo la caduta degli dèi, a significare una comunità silenziosa e sommersa, spesso trasfigurata nel bianco e nero di una vecchia tv.
Paolo Fabrizio Iacuzzi
16
ottobre 2015
Daniele Capecchi – Non avrai altro di noi
Dal 16 al 31 ottobre 2015
arte moderna e contemporanea
arte contemporanea
arte contemporanea
Location
FONDAZIONE MARINO MARINI
Pistoia, Corso Silvano Fedi, 30, (Pistoia)
Pistoia, Corso Silvano Fedi, 30, (Pistoia)
Orario di apertura
da lunedì a sabato 10-17
domenica chiuso
Vernissage
16 Ottobre 2015, ore 17.30
Autore
Curatore