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Daniele Gagliardi / Giorgia Minoli – Relighie
Un momento liturgico di uno stare senza fissa dimora in uno spazio che accoglie negando la promessa di stanzialità.
Comunicato stampa
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Venerdì 4 maggio alle ore 19.30 Adiacenze inaugura Relighie, mostra di Daniele Gagliardi e Giorgia Minoli a cura di Adiacenze con testo critico di Simone Pellegrini.
Relighie, il progetto artistico realizzato da Daniele Gagliardi e Giorgia Minoli, il cui nome riporta a una serie di significazioni più o meno discordanti, da religio (religione) a legere, (legare, tenere insieme), si propone come momento liturgico di uno stare senza fissa dimora in uno spazio che accoglie negando la promessa di stanzialità. Se la proposta artistica è di necessità votata al dialogos nella sua accezione etimologica, intesa come conversare, discorrere attraverso (dia) il discorso (logos), meno perfette sono le opere esposte: fisse e incapienti. Unitamente gli oggetti reali e quelli virtuali annunciano da protagonisti il processo di “deterritorializzazione” abbandonando qualsiasi identità autonoma legata a un concetto spazio-temporale predeterminato. Qui, in questo stare, dettato dalla “potenza-di-non” – non poter essere più e non essere ancora – ciò che resiste all'atto di sottrazione, si fa traccia significante: la virtù di queste reliquie è un decidersi ai resti, simulare la marginalità emotiva attraverso l'inoppugnabile presenza, testimonianza di un ritorno ciclico in cui le cose si disfano e si rifanno, nel tempo continuo si legano e si slegano.
Gagliardi opera con rinnovata necessità seguendo l’appropriazione dello spazio, tentando di occupare l’architettura esistente: cosi, seguendo una procedura di ri-configurazione percettiva, attraverso l’assemblaggio di elementi stanziali costringe lo spettatore alla visione sincera delle sue installazioni. Non prevarica la presa estetica, contrapposta alla distorsione di senso degli oggetti assemblati che, privati di ogni dispositivo concettuale sembrano echeggiare il desiderio umano di insistere verso un luogo primo fisico e mentale, per una cosmogonica affermazione del mondo.
Minoli, invece, indaga il paradosso dell'atto di registrazione – dal momento che registrare significa letteralmente riportare su un altro registro – e l'illusione operata dallo schermo di riproduzione, sintomo di un progetto edenico fallimentare. Tramite i primi piani la ripresa riduce a icona ogni soggetto, che nella proiezione ne diviene l'oggetto.
In questo passaggio di tran-scrizione le immagini inevitabilmente incorrono in un processo di conversione che allontana dall'origine e apre a un’altra dimensione. Se le immagini hanno come scopo quello di riportarci indietro nel tempo, alla nostra memoria nel momento in cui vengono registrate, esse divengono la memoria stessa. Mostrandosi in una riduzione assoluta, la rappresentazione ci riporta a una dimensione di cesura, a un falsetto che tuttavia non smette di operare il proprio fascino. Questo polo attrattivo aleggia attorno all'ambiguità del ricordo allucinato, del fantasma che intercorre fra un prima e un dopo. Riesumate dal passato vacuo esse risultano contaminate dalla riproduzione seriale, il cui valore esclusivamente estetico le rende sterili rispetto a una riappropriazione e feconde a nuove risignificazioni.
I due artisti frequentano l’Accademia di Belle Arti a Bologna, e condividono uno stile povero e contemporaneo pur utilizzando media differenti. Daniele Gagliardi si dedica maggiormente al linguaggio pittorico ed installativo mentre Giorgia Minoli al video: insieme riscoprono una particolare affinità artistica e la capacità di creare installazioni site specific coinvolgenti e particolari nel loro genere.
Con un testo critico di Simone Pellegrini.
Relighie, il progetto artistico realizzato da Daniele Gagliardi e Giorgia Minoli, il cui nome riporta a una serie di significazioni più o meno discordanti, da religio (religione) a legere, (legare, tenere insieme), si propone come momento liturgico di uno stare senza fissa dimora in uno spazio che accoglie negando la promessa di stanzialità. Se la proposta artistica è di necessità votata al dialogos nella sua accezione etimologica, intesa come conversare, discorrere attraverso (dia) il discorso (logos), meno perfette sono le opere esposte: fisse e incapienti. Unitamente gli oggetti reali e quelli virtuali annunciano da protagonisti il processo di “deterritorializzazione” abbandonando qualsiasi identità autonoma legata a un concetto spazio-temporale predeterminato. Qui, in questo stare, dettato dalla “potenza-di-non” – non poter essere più e non essere ancora – ciò che resiste all'atto di sottrazione, si fa traccia significante: la virtù di queste reliquie è un decidersi ai resti, simulare la marginalità emotiva attraverso l'inoppugnabile presenza, testimonianza di un ritorno ciclico in cui le cose si disfano e si rifanno, nel tempo continuo si legano e si slegano.
Gagliardi opera con rinnovata necessità seguendo l’appropriazione dello spazio, tentando di occupare l’architettura esistente: cosi, seguendo una procedura di ri-configurazione percettiva, attraverso l’assemblaggio di elementi stanziali costringe lo spettatore alla visione sincera delle sue installazioni. Non prevarica la presa estetica, contrapposta alla distorsione di senso degli oggetti assemblati che, privati di ogni dispositivo concettuale sembrano echeggiare il desiderio umano di insistere verso un luogo primo fisico e mentale, per una cosmogonica affermazione del mondo.
Minoli, invece, indaga il paradosso dell'atto di registrazione – dal momento che registrare significa letteralmente riportare su un altro registro – e l'illusione operata dallo schermo di riproduzione, sintomo di un progetto edenico fallimentare. Tramite i primi piani la ripresa riduce a icona ogni soggetto, che nella proiezione ne diviene l'oggetto.
In questo passaggio di tran-scrizione le immagini inevitabilmente incorrono in un processo di conversione che allontana dall'origine e apre a un’altra dimensione. Se le immagini hanno come scopo quello di riportarci indietro nel tempo, alla nostra memoria nel momento in cui vengono registrate, esse divengono la memoria stessa. Mostrandosi in una riduzione assoluta, la rappresentazione ci riporta a una dimensione di cesura, a un falsetto che tuttavia non smette di operare il proprio fascino. Questo polo attrattivo aleggia attorno all'ambiguità del ricordo allucinato, del fantasma che intercorre fra un prima e un dopo. Riesumate dal passato vacuo esse risultano contaminate dalla riproduzione seriale, il cui valore esclusivamente estetico le rende sterili rispetto a una riappropriazione e feconde a nuove risignificazioni.
I due artisti frequentano l’Accademia di Belle Arti a Bologna, e condividono uno stile povero e contemporaneo pur utilizzando media differenti. Daniele Gagliardi si dedica maggiormente al linguaggio pittorico ed installativo mentre Giorgia Minoli al video: insieme riscoprono una particolare affinità artistica e la capacità di creare installazioni site specific coinvolgenti e particolari nel loro genere.
Con un testo critico di Simone Pellegrini.
04
maggio 2018
Daniele Gagliardi / Giorgia Minoli – Relighie
Dal 04 maggio al 09 giugno 2018
arte contemporanea
Location
ADIACENZE
Bologna, Vicolo Spirito Santo, 1/b, (Bologna)
Bologna, Vicolo Spirito Santo, 1/b, (Bologna)
Orario di apertura
da martedì a sabato ore 11-13 e 16-20
Vernissage
4 Maggio 2018, ore 19.30
Autore