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Daniele Puppi – Fatica 16, 2008
Il lavoro di Puppi consiste in installazioni video-sonore intitolate Fatiche generate dall’incontro diretto dell’artista con lo spazio. Per Puppi lo spazio non è mai neutrale, ma è la base concreta dal quale il lavoro emerge e prende forma.
Comunicato stampa
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L’Hangar Bicocca Spazio d’Arte contemporanea, reduce dal grande successo di Urban Manners, l’importante rassegna dedicata all’arte contemporanea indiana, presenta dal 30 gennaio 2008 la prima mostra personale in Italia di Daniele Puppi, considerato uno dei giovani artisti più interessanti del panorama internazionale.
Per la mostra all’Hangar Bicocca, patrocinata dalla Provincia di Milano e dal Comune di Milano, organizzata in collaborazione con Magazzino d’Arte moderna di Roma e curata da Federica Schiavo, Daniele Puppi ha realizzato un nuovo lavoro site-specific intitolato Fatica 16.
Il lavoro di Puppi consiste in installazioni video-sonore intitolate Fatiche generate dall’incontro diretto dell’artista con lo spazio. Per Puppi lo spazio non è mai neutrale, ma è la base concreta dal quale il lavoro emerge e prende forma. Utilizzando le personali sensazioni che le proporzioni e caratteristiche fisiche dello spazio stesso gli trasmettono, l’artista trasforma l’architettura in una esperienza sensoriale in continua espansione, sovvertendo le normali nozioni di tempo e spazio.
Puppi usa il proprio corpo come una cassa di risonanza delle sensazioni che lo spazio stesso gli trasmette, indagandone le dinamiche e gli equilibri architettonici tramite una serie di semplici gesti ed estenuanti sforzi, che l’artista compie nello spazio in un tempo definito. Da questa performance l’artista realizza un insieme di grandi proiezioni che, interferendo sui normali equilibri percettivi, contraggono e contemporaneamente espandono lo spazio in una nuova spiazzante dimensione. Lo spettatore si trova dunque coinvolto fisicamente in una esperienza multi-sensoriale e in uno sforzo di riconoscimento del luogo attraverso la disorientante e distruttiva installazione dell’artista.
Puppi si è misurato con grande entusiasmo con lo spazio industriale dell’Hangar Bicocca, tanto da dar vita a una nuova opera che nasce e si motiva proprio nella particolare struttura di questo straordinario luogo.
“Lamiera, mattoni e cemento non costituiscono la cornice di Fatica 16 – scrive Federica Schiavo introducendo il lavoro di Puppi - ma gli strumenti con cui l’artista è riuscito a rendere visibili le verità nascoste dello spazio dell’Hangar Bicocca che, altrimenti percepito come un enorme vuoto, diventa rivelatore di una nuova dimensione. Daniele Puppi ha lavorato sedici giorni consecutivi all’interno di questo spazio durante i quali ha investigato tensioni e potenzialità inespresse di un luogo fortemente connotato dalle caratteristiche di edificio industriale. L’artista ha esplorato le reazioni dello spazio architettonico - inteso come insieme di linee, volumi e superfici - alle sollecitazioni che egli stesso mette in atto attraverso una serie di gesti e azioni ripetutamente eseguite. Questo “corpo a corpo” si conclude con l’individuazione di quel preciso e definito gesto - o Fatica - che proiettato poi nello stesso Hangar Bicocca crea un’immagine-movimento, sintesi di tutte le altre possibili immagini e azioni, capace di espandere all’infinito il campo della percezione. La genesi dell’opera avviene in quel preciso luogo”.
“Ogni spazio è una realtà con una vita propria, una essenza da percepire – dichiara Daniele Puppi - in sé è potenziale di forze in movimento: uno “spostamento” inedito ne può far emergere qualità e caratteristiche inespresse. Il lavoro si realizza e prende forma come sintesi di alcune finalità che perseguo nel confrontarmi con lo spazio: produrre un movimento che tenga e coinvolga simultaneamente tutti i punti; trovare la possibilità di “apparire” in qualsiasi punto; costruire uno spazio “adiacente” a quello già consolidato. Ogni lavoro contiene in “potenza” il precedente e getta le basi per il successivo. E’ come se realizzassi un’unica opera che lentamente, ma progressivamente, si trasforma. In questa graduale trasformazione anche la figura umana subisce la stessa sorte: si ingrandisce, si allunga, si allarga, si distorce, si disumanizza. Scompare e ricompare”.
Addentrandosi nel testo della Schiavo si comprendono meglio i meccanismi del lavoro di Puppi: “Un impasto di suoni e immagini riferite a un’unica azione - proiettata direttamente sulla struttura dell’Hangar - frammenta, moltiplica e accelera progressivamente il punto di vista dello spettatore/attore, alterandone radicalmente la percezione e la propria capacità di riconoscere un’immagine stabile di se stesso all’interno dello spazio. Lo spettatore è costretto ad esplorare e riscoprire il luogo in cui si trova, i cui confini sono messi in discussione attraverso un continuum di tempo e spazio che va oltre volumi, superfici e linee. In tal senso Puppi trova nella video-proiezione il mezzo perfetto. A differenza dello schermo e del monitor che incorniciano un campo definito, l’immagine proiettata nello spazio crea un’esperienza capace di appropriarsi della struttura architettonica e dello spazio fisico ed emozionale dello spettatore. Il suono è una componente fondamentale di questo processo. Lamiera, mattoni e cemento amplificano in modo diverso il rumore prodotto dall’azione dell’artista e restituiscono allo spettatore le diverse qualità fisiche dell’Hangar contribuendo così allo scambio continuo di percezioni sensoriali tra componenti materiali ed elementi virtuali. In Fatica 16 non c’è racconto, non un inizio e non una fine. Puppi disarticola il linguaggio, ne trova i buchi neri, crea al pubblico continue difficoltà, per lasciarlo in balia dei significanti. Il tempo dell’opera non è quindi dato da una struttura narrativa: muovendosi nell’Hangar ciascuno costruisce il proprio racconto personale nel tentativo di dare un senso e una successione agli stimoli audio-visivi facendo appello al proprio bagaglio di emozioni, immagini interiori e ricordi. Lo spettatore si trova ad affrontare uno spazio “esploso” nel quale è abbattuto ogni confine sia fisico che mentale. Lo spazio architettonico, lo spazio umano interiore e il corpo si trovano ugualmente coinvolti nella ricerca di una nuova unità”.
Ma sentiamo ancora parlare l’artista: “Non c’è un ambiente che mi ispiri più di un altro. Bello o brutto che sia esso offre sempre delle possibilità impensate, si tratta solo di trovarle e di renderle visibili. Lo spazio diviene un elemento importante dal momento in cui intenzionalmente considero le sue singole parti come punto d’appoggio, leva per sollevare la visione. Tra lo spazio fisico e l’immagine in movimento c’è lo stesso rapporto esistente tra un bicchiere di cristallo con una determinata quantità d’acqua e quel determinato suono che risulta dal percuoterlo. Non c’è narrazione nel mio lavoro, non c’è inizio, non c’è fine, e non c’è niente da interpretare. C’è solo il momento in cui ci si imbatte nel lavoro: allora qualcosa può succedere. Non ho intenzione di “occupare” lo spazio, ma di esplorarlo per farlo esplodere. Il mio scopo è raggiungere la sintesi delle percezioni attraverso l’intento di produrre un’opera che sia immediatamente visibile, udibile e tangibile”.
I lavori di Daniele Puppi sono già stati presentati al MART di Rovereto di Mario Botta e all'Herford Museum of Art and Design di Frank Gehry in Germania.
L’Hangar Bicocca è solo il primo di una serie di importanti interventi che Daniele Puppi realizzerà nel corso del 2008 in prestigiose istituzioni d’arte italiane ed internazionali come la Lisson Gallery di Londra e l’Ara Pacis di Richard Meier a Roma.
Daniele Puppi è nato a Pordenone nel 1970.
Frequenta le Accademie di Belle Arti di Venezia, Bologna e Roma dove si diploma nel 1996.
Attualmente vive tra Roma e Londra.
Per la mostra all’Hangar Bicocca, patrocinata dalla Provincia di Milano e dal Comune di Milano, organizzata in collaborazione con Magazzino d’Arte moderna di Roma e curata da Federica Schiavo, Daniele Puppi ha realizzato un nuovo lavoro site-specific intitolato Fatica 16.
Il lavoro di Puppi consiste in installazioni video-sonore intitolate Fatiche generate dall’incontro diretto dell’artista con lo spazio. Per Puppi lo spazio non è mai neutrale, ma è la base concreta dal quale il lavoro emerge e prende forma. Utilizzando le personali sensazioni che le proporzioni e caratteristiche fisiche dello spazio stesso gli trasmettono, l’artista trasforma l’architettura in una esperienza sensoriale in continua espansione, sovvertendo le normali nozioni di tempo e spazio.
Puppi usa il proprio corpo come una cassa di risonanza delle sensazioni che lo spazio stesso gli trasmette, indagandone le dinamiche e gli equilibri architettonici tramite una serie di semplici gesti ed estenuanti sforzi, che l’artista compie nello spazio in un tempo definito. Da questa performance l’artista realizza un insieme di grandi proiezioni che, interferendo sui normali equilibri percettivi, contraggono e contemporaneamente espandono lo spazio in una nuova spiazzante dimensione. Lo spettatore si trova dunque coinvolto fisicamente in una esperienza multi-sensoriale e in uno sforzo di riconoscimento del luogo attraverso la disorientante e distruttiva installazione dell’artista.
Puppi si è misurato con grande entusiasmo con lo spazio industriale dell’Hangar Bicocca, tanto da dar vita a una nuova opera che nasce e si motiva proprio nella particolare struttura di questo straordinario luogo.
“Lamiera, mattoni e cemento non costituiscono la cornice di Fatica 16 – scrive Federica Schiavo introducendo il lavoro di Puppi - ma gli strumenti con cui l’artista è riuscito a rendere visibili le verità nascoste dello spazio dell’Hangar Bicocca che, altrimenti percepito come un enorme vuoto, diventa rivelatore di una nuova dimensione. Daniele Puppi ha lavorato sedici giorni consecutivi all’interno di questo spazio durante i quali ha investigato tensioni e potenzialità inespresse di un luogo fortemente connotato dalle caratteristiche di edificio industriale. L’artista ha esplorato le reazioni dello spazio architettonico - inteso come insieme di linee, volumi e superfici - alle sollecitazioni che egli stesso mette in atto attraverso una serie di gesti e azioni ripetutamente eseguite. Questo “corpo a corpo” si conclude con l’individuazione di quel preciso e definito gesto - o Fatica - che proiettato poi nello stesso Hangar Bicocca crea un’immagine-movimento, sintesi di tutte le altre possibili immagini e azioni, capace di espandere all’infinito il campo della percezione. La genesi dell’opera avviene in quel preciso luogo”.
“Ogni spazio è una realtà con una vita propria, una essenza da percepire – dichiara Daniele Puppi - in sé è potenziale di forze in movimento: uno “spostamento” inedito ne può far emergere qualità e caratteristiche inespresse. Il lavoro si realizza e prende forma come sintesi di alcune finalità che perseguo nel confrontarmi con lo spazio: produrre un movimento che tenga e coinvolga simultaneamente tutti i punti; trovare la possibilità di “apparire” in qualsiasi punto; costruire uno spazio “adiacente” a quello già consolidato. Ogni lavoro contiene in “potenza” il precedente e getta le basi per il successivo. E’ come se realizzassi un’unica opera che lentamente, ma progressivamente, si trasforma. In questa graduale trasformazione anche la figura umana subisce la stessa sorte: si ingrandisce, si allunga, si allarga, si distorce, si disumanizza. Scompare e ricompare”.
Addentrandosi nel testo della Schiavo si comprendono meglio i meccanismi del lavoro di Puppi: “Un impasto di suoni e immagini riferite a un’unica azione - proiettata direttamente sulla struttura dell’Hangar - frammenta, moltiplica e accelera progressivamente il punto di vista dello spettatore/attore, alterandone radicalmente la percezione e la propria capacità di riconoscere un’immagine stabile di se stesso all’interno dello spazio. Lo spettatore è costretto ad esplorare e riscoprire il luogo in cui si trova, i cui confini sono messi in discussione attraverso un continuum di tempo e spazio che va oltre volumi, superfici e linee. In tal senso Puppi trova nella video-proiezione il mezzo perfetto. A differenza dello schermo e del monitor che incorniciano un campo definito, l’immagine proiettata nello spazio crea un’esperienza capace di appropriarsi della struttura architettonica e dello spazio fisico ed emozionale dello spettatore. Il suono è una componente fondamentale di questo processo. Lamiera, mattoni e cemento amplificano in modo diverso il rumore prodotto dall’azione dell’artista e restituiscono allo spettatore le diverse qualità fisiche dell’Hangar contribuendo così allo scambio continuo di percezioni sensoriali tra componenti materiali ed elementi virtuali. In Fatica 16 non c’è racconto, non un inizio e non una fine. Puppi disarticola il linguaggio, ne trova i buchi neri, crea al pubblico continue difficoltà, per lasciarlo in balia dei significanti. Il tempo dell’opera non è quindi dato da una struttura narrativa: muovendosi nell’Hangar ciascuno costruisce il proprio racconto personale nel tentativo di dare un senso e una successione agli stimoli audio-visivi facendo appello al proprio bagaglio di emozioni, immagini interiori e ricordi. Lo spettatore si trova ad affrontare uno spazio “esploso” nel quale è abbattuto ogni confine sia fisico che mentale. Lo spazio architettonico, lo spazio umano interiore e il corpo si trovano ugualmente coinvolti nella ricerca di una nuova unità”.
Ma sentiamo ancora parlare l’artista: “Non c’è un ambiente che mi ispiri più di un altro. Bello o brutto che sia esso offre sempre delle possibilità impensate, si tratta solo di trovarle e di renderle visibili. Lo spazio diviene un elemento importante dal momento in cui intenzionalmente considero le sue singole parti come punto d’appoggio, leva per sollevare la visione. Tra lo spazio fisico e l’immagine in movimento c’è lo stesso rapporto esistente tra un bicchiere di cristallo con una determinata quantità d’acqua e quel determinato suono che risulta dal percuoterlo. Non c’è narrazione nel mio lavoro, non c’è inizio, non c’è fine, e non c’è niente da interpretare. C’è solo il momento in cui ci si imbatte nel lavoro: allora qualcosa può succedere. Non ho intenzione di “occupare” lo spazio, ma di esplorarlo per farlo esplodere. Il mio scopo è raggiungere la sintesi delle percezioni attraverso l’intento di produrre un’opera che sia immediatamente visibile, udibile e tangibile”.
I lavori di Daniele Puppi sono già stati presentati al MART di Rovereto di Mario Botta e all'Herford Museum of Art and Design di Frank Gehry in Germania.
L’Hangar Bicocca è solo il primo di una serie di importanti interventi che Daniele Puppi realizzerà nel corso del 2008 in prestigiose istituzioni d’arte italiane ed internazionali come la Lisson Gallery di Londra e l’Ara Pacis di Richard Meier a Roma.
Daniele Puppi è nato a Pordenone nel 1970.
Frequenta le Accademie di Belle Arti di Venezia, Bologna e Roma dove si diploma nel 1996.
Attualmente vive tra Roma e Londra.
30
gennaio 2008
Daniele Puppi – Fatica 16, 2008
Dal 30 gennaio al 09 marzo 2008
arte contemporanea
Location
Pirelli HangarBicocca
Milano, Via Chiese, 2, (Milano)
Milano, Via Chiese, 2, (Milano)
Biglietti
8 euro, ridotto 6 euro
Orario di apertura
da martedì a domenica 11.00-19.00, giovedì 14.20-22.00, lunedì chiuso
Editore
ELECTA
Ufficio stampa
LUCIA CRESPI
Autore
Curatore