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Danilo Dtojanović – L’ironia dell’ignoto
CAR Gallery è lieta di annunciare L’ironia dell’ignoto, la seconda personale in galleria di Danilo Stojanović (nato a Pola, Croazia nel 1989, vive e lavora a Milano).
Comunicato stampa
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CAR Gallery è lieta di annunciare L'ironia dell'ignoto, la seconda personale in galleria di Danilo Stojanović (nato a Pola, Croazia nel 1989, vive e lavora a Milano).
Danilo Stojanović non è un pittore qualunque.
Danilo Stojanović è infatti un giovane artista che dimostra una complessa evoluzione stilistica degna di un pittore con esperienza pluridecennale, manifestando una forte padronanza tecnica attraverso uno sviluppo tematico coerente ed elaborato. La sua poetica pittorica, ricca di dicotomie, affonda le radici in correnti artistiche dai valori antagonisti traducendole in immagini che posseggono un’identità originale, autentica e armonica.
Istriano di nascita ma veneziano d’adozione, l’artista racchiude nelle sue tele, generalmente di piccole o medie dimensioni, la presenza costante, ma mai palesata, dell’acqua. È una presenza espressa non solo attraverso una palette fredda di blu, verdi e grigi ma soprattutto tramite la creazione di un’atmosfera che viene percepita come fluida e mutevole, all’interno della quale gli oggetti rappresentati sembrano fluttuare come inglobati in una sostanza viscosa.
È proprio grazie all’elemento acquatico che l’influenza dichiarata della Metafisica italiana, con le sue ambientazioni misteriose ed enigmatiche, viene applicata a scenari che perdono
però completamente la prospettiva geometrica: il rigore prospettico diventa superfluo all’interno di una dimensione in cui la composizione spaziale si basa interamente sul posizionamento e la relazione tra gli oggetti straordinari che la popolano. Questi sono entità aliene, chiaramente appartenenti ad una dimensione lontana e sconosciuta che le rende al contempo alienate ed alienanti, essendo slegate dal naturalismo terrestre pur presentando caratteristiche organiche ed antropomorfe. Esse rimangono vagamente riconoscibili grazie ad alcuni dettagli umanizzati e all’accostamento con oggetti del quotidiano come candele, bottiglie e vasi (evocative di vanitas seicentesche) ma anche elementi vegetali come fiori, frutti e piante dalle fattezze fantastiche, spesso in via di decomposizione.
Tutto ció si posiziona in un’immaginaria “terra di mezzo”, fungendo da ponte tra il mondo del fantastico e quello reale dell’osservatore. Lo spettatore si trova quindi costretto ad interrogarsi su ruolo, significato e provenienza di tali soggetti e diventa un tassello fondamentale nella costruzione della narrativa delle opere. Si innesca infatti una connessione intima tra l’immagine e chi la guarda che spesso si traduce in un’attrazione quasi magnetica per quella cupa rappresentazione dell’incognito; si accende una curiosità molesta, mitigata (o stimolata) dal timore per l’ignoto.
Stojanović, da parte sua, non esita ad esplorare ed esporre quel lato oscuro intrinseco dell’essere umano ed è questo a stimolare tale viscerale connessione: l’artista riesce infatti a sollecitare l’esplorazione di una parte di noi che non sempre siamo disposti ad accettare o in grado di capire
fino in fondo. Essa è ora eviscerata e rappresentata su tela, inquilina perpetua e sottointesa, che non vediamo ma che sappiamo di avere, come un organo, un fegato o rene, parte fondamentale del nostro essere, ma con la quale ci relazioniamo di rado e senza piacere per via della sua natura cruda e sanguigna. Queste opere impongono sull’osservatore un confronto inevitabile con l’oscuro e perciò si presentano come inquietanti e malinconiche, in dialogo diretto con il concetto Freudiano di uncanny: verosimili ma sfuggenti, identificabili ma sconvolgenti, familiari ma incomprensibili.
È solo di recente che l’artista ha incorporato nelle sue opere la presenza umana, spesso espressa attraverso un singolo arto che interagisce con gli altri elementi compositivi.
Solo di rado i corpi sono visibili nella loro interezza pur rispettando l’assenza di naturalismo che pervade le atmosfere che abitano; essi sono costretti a pose innaturali, quasi imprigionati all’interno della gabbia compositiva le cui geometrie si fanno improvvisamente più definite dall’aggiunta di piani prospettici sovrapposti e dai toni contrastanti. Tale presenza è invadente, elemento perturbante in un ambiente armonioso seppur bizzarro, enfatizzante del clima di stranezza. Nonostante le apparenze quelle di Stojanović non sono però visioni pessimistiche o prive di speranza. Il pittore possiede un’ironia sottile che insinua in sottofondo ma che senza dubbio alleggerisce le sue opere, salvandole dal buio senza ritorno che altrimenti le inghiottirebbe.
È un’ironia che trova espressione proprio nell’assurdità delle forme e delle atmosfere di sogno che caratterizzano le sue tele, quasi a richiamare un approccio surrealista. È la capacità di inquadrarle in quel clima giocoso che le solleva e le avvicina ad uno spettatore che è nuovamente invitato ad interagire. Sono quadri che svelano la possibilità di giocare con l’ignoto invece di fuggirne.
Danilo Stojanović non è un pittore qualunque.
Danilo Stojanović è infatti un giovane artista che dimostra una complessa evoluzione stilistica degna di un pittore con esperienza pluridecennale, manifestando una forte padronanza tecnica attraverso uno sviluppo tematico coerente ed elaborato. La sua poetica pittorica, ricca di dicotomie, affonda le radici in correnti artistiche dai valori antagonisti traducendole in immagini che posseggono un’identità originale, autentica e armonica.
Istriano di nascita ma veneziano d’adozione, l’artista racchiude nelle sue tele, generalmente di piccole o medie dimensioni, la presenza costante, ma mai palesata, dell’acqua. È una presenza espressa non solo attraverso una palette fredda di blu, verdi e grigi ma soprattutto tramite la creazione di un’atmosfera che viene percepita come fluida e mutevole, all’interno della quale gli oggetti rappresentati sembrano fluttuare come inglobati in una sostanza viscosa.
È proprio grazie all’elemento acquatico che l’influenza dichiarata della Metafisica italiana, con le sue ambientazioni misteriose ed enigmatiche, viene applicata a scenari che perdono
però completamente la prospettiva geometrica: il rigore prospettico diventa superfluo all’interno di una dimensione in cui la composizione spaziale si basa interamente sul posizionamento e la relazione tra gli oggetti straordinari che la popolano. Questi sono entità aliene, chiaramente appartenenti ad una dimensione lontana e sconosciuta che le rende al contempo alienate ed alienanti, essendo slegate dal naturalismo terrestre pur presentando caratteristiche organiche ed antropomorfe. Esse rimangono vagamente riconoscibili grazie ad alcuni dettagli umanizzati e all’accostamento con oggetti del quotidiano come candele, bottiglie e vasi (evocative di vanitas seicentesche) ma anche elementi vegetali come fiori, frutti e piante dalle fattezze fantastiche, spesso in via di decomposizione.
Tutto ció si posiziona in un’immaginaria “terra di mezzo”, fungendo da ponte tra il mondo del fantastico e quello reale dell’osservatore. Lo spettatore si trova quindi costretto ad interrogarsi su ruolo, significato e provenienza di tali soggetti e diventa un tassello fondamentale nella costruzione della narrativa delle opere. Si innesca infatti una connessione intima tra l’immagine e chi la guarda che spesso si traduce in un’attrazione quasi magnetica per quella cupa rappresentazione dell’incognito; si accende una curiosità molesta, mitigata (o stimolata) dal timore per l’ignoto.
Stojanović, da parte sua, non esita ad esplorare ed esporre quel lato oscuro intrinseco dell’essere umano ed è questo a stimolare tale viscerale connessione: l’artista riesce infatti a sollecitare l’esplorazione di una parte di noi che non sempre siamo disposti ad accettare o in grado di capire
fino in fondo. Essa è ora eviscerata e rappresentata su tela, inquilina perpetua e sottointesa, che non vediamo ma che sappiamo di avere, come un organo, un fegato o rene, parte fondamentale del nostro essere, ma con la quale ci relazioniamo di rado e senza piacere per via della sua natura cruda e sanguigna. Queste opere impongono sull’osservatore un confronto inevitabile con l’oscuro e perciò si presentano come inquietanti e malinconiche, in dialogo diretto con il concetto Freudiano di uncanny: verosimili ma sfuggenti, identificabili ma sconvolgenti, familiari ma incomprensibili.
È solo di recente che l’artista ha incorporato nelle sue opere la presenza umana, spesso espressa attraverso un singolo arto che interagisce con gli altri elementi compositivi.
Solo di rado i corpi sono visibili nella loro interezza pur rispettando l’assenza di naturalismo che pervade le atmosfere che abitano; essi sono costretti a pose innaturali, quasi imprigionati all’interno della gabbia compositiva le cui geometrie si fanno improvvisamente più definite dall’aggiunta di piani prospettici sovrapposti e dai toni contrastanti. Tale presenza è invadente, elemento perturbante in un ambiente armonioso seppur bizzarro, enfatizzante del clima di stranezza. Nonostante le apparenze quelle di Stojanović non sono però visioni pessimistiche o prive di speranza. Il pittore possiede un’ironia sottile che insinua in sottofondo ma che senza dubbio alleggerisce le sue opere, salvandole dal buio senza ritorno che altrimenti le inghiottirebbe.
È un’ironia che trova espressione proprio nell’assurdità delle forme e delle atmosfere di sogno che caratterizzano le sue tele, quasi a richiamare un approccio surrealista. È la capacità di inquadrarle in quel clima giocoso che le solleva e le avvicina ad uno spettatore che è nuovamente invitato ad interagire. Sono quadri che svelano la possibilità di giocare con l’ignoto invece di fuggirne.
21
settembre 2024
Danilo Dtojanović – L’ironia dell’ignoto
Dal 21 settembre al 16 novembre 2024
arte contemporanea
Location
CAR Gallery
Bologna, Via Azzo Gardino, 14a, (BO)
Bologna, Via Azzo Gardino, 14a, (BO)
Orario di apertura
da martedì a sabato ore 10.30-13 e 15-19.30
Vernissage
21 Settembre 2024, ore 15-20
Sito web
Autore
Autore testo critico