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D’après Canova. L’800 a Carrara. L’Accademia e i suoi maestri
Esposta una selezione di gessi appena restaurati provenienti dalla collezione dell’Accademia delle Belle Arti di Carrara
Comunicato stampa
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D’APRES CANOVA. L’800 A CARRARA. L’ACCADEMIA E I SUOI MAESTRI
Carrara, Palazzo Binelli dal 25 giugno 2011
Il 25 giugno 2011 a Carrara, nella suggestiva cornice del restaurato Palazzo Binelli, nuova sede della Fondazione Cassa di Risparmio di Carrara, si inaugura la mostra “D’après Canova. L’800 a Carrara. L’Accademia e i suoi maestri”.
Curata dall’Accademia di Belle Arti di Carrara – che ha eseguito anche i restauri delle opere esposte – e dalla Soprintendenza di Lucca e Massa Carrara, con il sostegno del Comune di Carrara, la mostra propone ventisei gessi, scelti fra le numerosissime opere di proprietà dell’Accademia. Un evento che vuole portare nuova attenzione sulla collezione dei gessi dell’Accademia di Belle Arti, primo e fondamentale passo per la sua definitiva sistemazione in un percorso cittadino che dovrebbe coinvolgere, oltre al recuperato palazzo Binelli, l’Accademia e il Museo di San Francesco. Così Carrara aprirà, finalmente, le porte del suo inestimabile patrimonio artistico al pubblico e salderà un debito di riconoscenza verso i suoi maestri che partiti dall’Accademia diffusero il marmo e il prestigio di Carrara nel mondo.
La mostra intende riportare alla giusta considerazione critica la tradizione scultorea dell’Accademia di Carrara, nata idealmente alla scuola di Antonio Canova, ma che trova nell’insegnamento di Lorenzo Bartolini e in quello di Bertel Thorvaldsen inediti spunti di originalità. L’istituto carrarese diventa così “vetrina” di gusti e di tendenze della scultura italiana dell’Ottocento. Storia che ha lasciato tracce di sé nei calchi classici dell’aula magna o nei bassorilievi dei concorsi che decorano il palazzo del Principe e in una serie di opere a tutto tondo eseguite nel corso dell’Ottocento e fino agli anni trenta del Novecento dai maestri più illustri della cultura neoclassica e di inizio secolo, ma anche dagli allievi più dotati.
Un percorso, dunque, complesso e affascinante che per esempi significativi conduce lo spettatore in un viaggio suggestivo e unico alla scoperta delle varie correnti che hanno formato la scultura dell’Ottocento.
Apre la mostra il ritratto di Letizia Ramolino Bonaparte, l’opera che Antonio Canova dona all’Accademia nel 1810. Raffigurata in veste di Agrippina, secondo il processo idealizzante voluto dall’artista, indica nel maestro di Possagno il modello ideale degli scultori carraresi. Del resto appena entrata in collezione, l’opera era stata oggetto di “copia”, in una prova sul disegno disputata dai giovani allievi Luigi Bienaimè e Bernardo Tacca.
Sono esempi significativi sui quali il percorso della mostra si sofferma Il Mercurio di Benedetto Cacciatori, l’opera che il maestro carrarese dona alla sua Accademia, e sono prove dell’eccellenza della scultura carrarese Paride offerente, Psiche e Psiche svenuta, le tre opere di Pietro Tenerani che entrano in Accademia come saggi eseguiti dall’artista durante il periodo del Pensionato a Roma o come dono del figlio Carlo. Esse introducono nella perdurante e straordinaria stagione dell’arte ideale di ispirazione classica che nel primo e secondo decennio dell’Ottocento vede gli artisti di una nuova generazione confrontarsi con il magistero di Canova e Torwaldsen, alla ricerca di una propria ed originale cifra espressiva. E se Cacciatori non ha particolare attenzione verso quanti, dopo di lui, si formano a Carrara, Pietro Tenerani, ospitando nel suo studio romano gli allievi vincitori del concorso di Pensionato, contribuisce a determinare lo stile inconfondibile della “scuola di Carrara” che vede nei nomi di Luigi Bienaimè e del suo eterno rivale e compagno di studi Bernardo Tacca, alcuni dei primi protagonisti.
Nel percorso fecondo della mostra che attraversa l’Ottocento e punta a restituire la giusta considerazione agli artisti carraresi, Carlo Finelli e il suo magistero diventano modello di riferimento per gli allievi - Giovanni Tacca, Leopoldo Bozzoni e Carlo Chelli - mentre frequentano il suo atelier romano. Erede di Canova, ma deciso a proporre una terza via per la scultura, entra in competizione anche con Thorwaldsen e ritrova nel gruppo de Le Ore (1824) una nuova connotazione psicologica per le figure, un movimento inedito che mitiga l’austerità e l’astrazione dei due grandi protagonisti della scultura neoclassica.
A Roma, nell’atelier di Tenerani, si era perfezionato anche Ferdinando Pelliccia. Nominato professore di scultura in Accademia nel 1835 e poi direttore dal 1864 al 1892, si impegna a trasferire la lezione sull’antico ai numerosi e più giovani allievi. E se Giovanni Fontana e Ferdinando Andrei declinano lo stile neoclassico con accenti diversi, fra naturalismo bartoliniano e purismo teneraniano, altre posizioni di cauta apertura verso il nuovo si fanno strada. Così, nelle opere di Pietro Lazzerini e Carlo Nicoli all’universo neoclassico il cui modello è la classicità greca idealizzata si sostituisce l’imitazione del vero. Poi, prende il sopravvento la descrizione della realtà sociale e, alla predilezione del bello, si sostituisce - nell’attenzione dei giovani artisti Achille de Cori, Abramo Ghigli e Fidardo Landi - il sentimento inquieto della modulazione plastica.
Un percorso, dunque, complesso e affascinante che per esempi significativi conduce lo spettatore che giunge a Carrara in un ‘viaggio’ suggestivo ed unico alla scoperta delle varie correnti che hanno informato la scultura dell’Ottocento. Un percorso che in qualche caso sollecita ma lascia aperti, nuovi problemi attributivi –come nel caso di un’opera di Carlo Nicoli - o riconsidera, alla luce dei nuovi studi, personalità dimenticate quale è quella di Nicola Marchetti.
Benedetto Cacciatori (Carrara 1794-1871)
Figlio di Lodovico (Carrara 1760-1854), professore di ornato dell’Accademia di Belle Arti di Carrara
(Cesare Pezzi, pittore milanese lo effigia in un ritratto del 1844 presente in copia nella Pinacoteca
dell’Istituto), frequenta i corsi di disegno tenuti da Jean- Baptiste Desmarais e di elementi di
architettura tenuti dal romano Paolo Bargigli. Probabilmente frequenta i corsi del milanese Angelo
Pizzi (Milano 1775-Venezia 1819), già allievo a Brera del carrarese Giuseppe Franchi (1831-1806)
e titolare della cattedra di scultura dell’Accademia di Carrara tra il 1804 e il 1807. Non è certa la
sua presenza nella scuola di Lorenzo Bartolini, nominato titolare di scultura fra l’ottobre del 1807
e il febbraio del 1808. Nel 1810 lascia Carrara alla volta di Milano dove conosce Camillo Pacetti,
scultore a Brera che diventerà suo maestro, suo sostenitore e suo secondo padre, avendone
sposato l’unica figlia. Numerose sono le sue realizzazioni. Dalle sculture per la chiesa parrocchiale
di Gorgonzola (1820-1827), agli interventi scultorei e decorativi per la chiesa abbaziale di
Hautecombe su committenza di Carlo Felice di Savoia (a partire dal 1825). A Milano realizza i rilievi
e le sculture per l’Arco della Pace (1807-1838) e quelle per Porta Orientale (1828-1833). Ebbe in
vita numerosi riconoscimenti. Nel 1831 viene nominato socio onorario dell’Accademia di Carrara;
nel 1847 socio dell’Accademia di San Luca; dal 1853 ricopre la cattedra di scultura a Brera. Negli
ultimi anni di vita si ritira a Carrara, sua città natale. Dopo la morte, le sue spoglie vengono
solennemente traslate al cimitero monumentale di Milano. La tomba di famiglia viene sormontata
da una replica della Pietà, l’opera realizzata nel 1830 per la chiesa abbaziale di Hautecombe.
Oltre all’opera esposta in mostra, in Accademia si conservano il gesso di Putto dormiente tra
due ginocchia e il gesso per il monumento a Luigi Canina. Scolpito nel 1863 per la città di Casale
Monferrato, Carlo Lazzoni segnala l’opera nella “Galleria delle opere Moderne”.
Pietro Tenerani (Torano Carrara 1788- Roma 1869)
La formazione avviene nella locale Accademia di Belle Arti, tra il 1804 e il 1806, alla scuola di
Angelo Pizzi e prosegue con Lorenzo Bartolini, ma soprattutto con Jean-Baptiste Desmarais,
professore in Accademia a partire dal 1807. Nel 1813 vince il premio - Pensionato in Roma, che
lo vede prevalere su Demetrio Carusi, con il bassorilievo Oreste agitato dalle furie. L’opera non
viene realizzata per la caduta del governo elisiano, nell’aprile del 1814. Nel febbraio dello stesso
anno era partito per Roma dove rimarrà “a proprie spese”, essendogli scaduta la Pensione nel
1818. A Roma conosce Canova e diventa, fra il 1819 e 1820, fiduciario e direttore dello studio
di Bertel Torwaldsen in un lungo e proficuo sodalizio che dura dal 1819 al 1830. Numerose
sono le sue realizzazioni. Dalle opere a carattere mitologico, Venere cui amore toglie una spina
(Museo Ermitage, San Pietroburgo), il Genio della vita e il Genio della morte per il Monumento
di Eugenio di Beauharnais (Monaco 1825-1829), a quelle di registro purista in cui affronta temi
religiosi e devozionali, La Deposizione della croce in Laterano (1844), L’Angelo della Resurrezione
di Santa Maria della Minerva, il complesso monumentale dedicato a Pio VIII in San Pietro (1853).
In America latina esegue numerosi busti e monumenti a Simon Bolivar. Ebbe in vita numerosi
riconoscimenti e ricopre cariche importanti. Membro dell’Accademia di San Luca nel 1825, ne
diventa il presidente nel 1857. Nel 1843 è fra i firmatari del manifesto del Purismo. Nel 1858 è
presidente dei Musei Capitolini, nel 1860 direttore dei Musei Vaticani. Ebbe sempre a cuore la
scuola nella quale si era formato e nella quale, nel 1819, viene nominato professore onorario. Per
tutta la durata della sua collaborazione con Thorwaldsen, diventa il punto di riferimento degli allievi
carraresi a Roma (da Luigi Bienaimè a Bernardo Tacca), in una consuetudine che continua anche
in seguito, quando alla direzione dell’Accademia è Pietro Pelliccia. Muore nel dicembre 1869 nella
sua casa di via Nazionale a Roma, dove, per molto tempo, rimane la sua collezione di gessi che il
figlio Carlo trasferisce, per lascito, a Palazzo Braschi, nel 1929. Oltre alle opere esposte in mostra,
in Accademia si conservano i marmi del Genio della pesca e del Genio della caccia (1824). Furono
donati da Carlo Tenerani nel 1930 insieme al modello in gesso del Pellegrino Rossi. Particolarmente
interessante per l’apertura verso il naturalismo, l’opera in marmo (1854) si conserva nella Galleria
d’arte Moderna di Roma. Un altro modello in gesso si conserva nella Gipsoteca Tenerani di Palazzo
Braschi e una replica in marmo è presente nell’attuale piazza d’Armi di Carrara.
Demetrio Carusi (Carrara 1788-1819)
Nato da una famiglia benestante e coetaneo di Pietro Tenerani, si forma in Accademia alla scuola
di Angelo Pizzi tra il 1804 e il 1806 e prosegue i suoi studi con Lorenzo Bartolini. Il maestro lo tiene
in grande considerazione e lo stimola a lasciare l’imitazione dell’antico per un maggior naturalismo.
Partecipa al premio del Pensionato artistico a Roma nel 1810 e nel 1813 dove risultano vincitori
Ferdinando Fontana e Pietro Tenerani. Un “morbo repentino” interrompe per sempre le speranze
del giovane artista che muore il 22 ottobre 1819.
Luigi Bienaimè (Carrara 1795-Roma 1878)
Figlio di uno scultore fiammingo e fratello di Pietro (1781-18579), si forma, insieme all’eterno
rivale Bernardo Tacca, nell’Accademia elisiana, alla scuola di Lorenzo Bartolini, proseguendo il suo
apprendistato durante il governo di Maria Beatrice d’Asburgo d’Este. Nel 1811 riceve una medaglia
d’argento nella gara di disegno per la ‘copia’ della Letizia Ramolino Bonaparte di Antonio Canova
che è appena entrata in Accademia. Nel 1813 vince un premio per la scultura e un disegno dal
Napoleone di Chaudet che si conserva all’archivio di Lucca. Nel 1817 vince il premio del Pensionato
a Roma con Giasone alla conquista del vello d’oro e nel 1818 con Mitridate figlio di Anabazane
che uccide Datamo. Nel 1819 è a Roma da dove invia a Carrara il primo saggio dei suoi studi, il
San Giovanni in atto di predicare. Era entrato nello studio di Torwaldsen e da questi viene molto
apprezzato. Vi lavorerà per molti anni, diventando, nel 1827, primo collaboratore (crediamo al
posto del Tenerani) e, dal 1838, in seguito al ritorno a Copenaghen del maestro danese, guiderà
per una decina di anni il suo atelier romano. Con Torwaldsen lavora anche il fratello Pietro che,
fra il 1827 e il 1828, nello studio messo a disposizione da Maria Beatrice d’Este al piano terra
del palazzo Ducale di Carrara, traduce in marmo, dal modello del maestro danese, le sculture
monumentali di un Cristo, San Pietro e San Paolo per il celebre ciclo destinato alla Vor Frue Kirke
di Copenaghen. Numerose sono le sue realizzazioni, dal San Giovannino (1836) che si trova al
Metropolitan Museum di New York, a l’Angelo dell’amor divino (1832) per la cappella della Sacra
Sindone a Torino, fino al Telemaco (1839) che si trova all’Ermitage di San Pietroburgo insieme
al busto di Nicola I e al gruppo di Zefiro che rapisce Psiche. Si tratta di una serie di figure che
appartengono all’universo mitologico ma anche cristiano dell’artista nelle quali ingentilisce la grazia
austera di Torwaldsen. Ebbe in vita numerosi riconoscimenti. Nel 1831 viene nominato professore
onorario all’Accademia di Carrara e nel 1844 accademico di San Luca. Oltre alle opere in mostra, in
Accademia si conservano Davide e San Giovanni Battista, rispettivamente primo e secondo saggio
eseguiti durante il periodo di Pensionato a Roma nel 1819 e nel 1820, e un busto del Cardinale
Albani.
Bernardo Tacca (Carrara 1794-1832)
Si forma nell’Accademia elisiana, alla scuola di Lorenzo Bartolini e partecipa, insieme all’eterno
rivale Bienaimè, alla gara di disegno per la ‘copia’ della Letizia Ramolino Bonaparte nel 1811.
Prosegue il suo apprendistato durante il governo di Maria Beatrice d’Asburgo d’Este che lo tiene
in considerazione essendo la sua famiglia molto legata agli ambienti del restaurato governo.
Partecipa al concorso per il premio del Pensionato a Roma nel 1817 e nel 1818, vincendo, nel
1822, con Morte di Rodomonte. La sua partecipazione al concorso, sostenuta dalla duchessa,
suscita malumori nell’ambiente accademico, dal momento che l’artista stava già frequentando
l’Accademia di San Luca, a Roma. Durante il suo apprendistato romano esegue Narciso al fonte
che nel 1822 invia come “saggio” dei suoi progressi a Carrara, dove ancora si conserva. Nel 1829
viene proposto come insegnante in Accademia ma muore poco tempo dopo.
Giovanni Tacca (Carrara 1802-1831)
Con Leopoldo Bozzoni e Carlo Chelli si forma in Accademia fra il 1818 e il 1822, alla scuola di Carlo
Prayer, raggiungendo Roma verso la fine del 1822, per perfezionarsi nello studio di Carlo Finelli,
la cui fama è ormai consolidata. Alla fine del 1824 è nuovamente a Carrara dove esegue uno dei
bassorilievi per il monumento a Maria Beatrice d’Este, l’opera che Pietro Fontana realizza nella
piazza Alberica. Modella anche la Leda col cigno, il Prometeo e Amore con farfalla che il nipote
dona all’Accademia insieme alla Venere dove ancora si conservano. Nel 1828 si trasferisce a Napoli
ma deve interrompere gli importanti incarichi e commissioni per la morte improvvisa avvenuta
all’età di 29 anni.
Leopoldo Bozzoni (Carrara 1801-Roma 1840)
Con Giovanni Tacca e Carlo Chelli, si forma in Accademia fra il 1818 e il 1822, raggiungendo
Roma per perfezionarsi nello studio di Carlo Finelli. Vince nel 1824, la medaglia d’oro del concorso
triennale di invenzione con Muzio all’Ara e nel 1826, il premio del Pensionato a Roma con Abramo
che lava i piedi a tre angeli. Da Roma invia anche l’Alcibiade (1829) che si conserva in Accademia.
Dopo l’esperienza romana si trasferisce a Londra dove esegue numerosi lavori per la chiesa di culto
cattolico della contea di York che furono terminati dall’amico e collega Carlo Chelli per la sua morte
improvvisa avvenuta nel 1840.
Carlo Chelli (Carrara 1807- Roma 1877)
Forse il più dotato della triade di allievi, tutti promettenti scultori, che si perfezionano alla
scuola di Carlo Finelli, frequenta l’Accademia e vince numerosi premi. Nel 1830 vince il premio
del Pensionato a Roma. Nel 1832 è a Roma nello studio del Finelli dal quale deriva l’influenza
della cultura neoclassica stemperata da elementi di originalità. A Roma esegue numerose
opere alcune delle quali si conservano in Accademia. Così l’Aiace (1833), L’Innocenza (1853)
Paolo e Virginia (1864). Realizza inoltre il Profeta Ezechiele, la scultura posta su un lato del
monumento all’Immacolata Concezione in piazza di Spagna. Lavora a Bologna e a Londra dove,
nel 1840, termina i lavori della contea di York che gli ha passato l’amico e cognato Leopoldo
Bozzoni. A Roma ottiene diversi riconoscimenti. Diventa docente dell’Accademia di Francia, socio
dell’Accademia di San Luca ed ospita nel suo studio romano alcuni allievi dell’Accademia di Carrara
che vincono il premio del Pensionato.
Carlo Finelli (1782-1853)
“Scultore a niuno secondo”, come recita la targa che si trova murata sulla facciata della casa
natale, si forma in Accademia, insieme al coetaneo Pietro Fontana (1782-1853), fra il 1796 e il
1803. Era stato il padre, Vitale, che figura fra gli insegnanti di scultura, ad aver favorito il
trasferimento di Carlo a Roma, forse anche nel tentativo di avviare al lavoro il figlio nello studio del
primogenito Pietro ma anche per sopperire al vuoto formativo delle Accademie italiane dovuto in
parte alla interruzione dei concorsi. Scultore affermato nella capitale, Pietro Finelli aveva stretti
legami con il pittore davidiano Camuccini e con Canova il quale, maestro ormai riconosciuto per
aver fatto rinascere la bellezza dell’arte guardando all’antico, era diventato anche tutore didattico
degli studenti delle maggiori accademie europee che dal 1784 frequentano il suo atelier romano.
Carlo, appena diciottenne ha modo di confrontarsi direttamente con Canova, ma non rinuncia,
forse anche nel tentativo di emanciparsi dal fratello, a completare la sua formazione che, secondo i
mezzi consueti, era offerta agli allievi dalle prove di concorso. E’ il 1804 quando le Accademie
d’Italia riattivano la tradizione e mentre Pietro Fontana vince il premio del Pensionato a Roma
indetto dall’Accademia di Brera (1804), Carlo vince quello di invenzione dell’Accademia di Belle Arti
di Firenze che gli consente di studiare i capolavori rinascimentali della città. Nel 1805 è a Milano
dove vince il premio per il Pensionato in Roma e si ferma per eseguire un busto colossale di
Napoleone. Raggiunge Roma nel febbraio del 1807 e qui realizza numerose opere e ricopre
prestigiose cariche. Nel 1814 è Accademico di Merito, nel 1819 membro del consiglio generale
della Accademia di San Luca. Nel 1810 vince il premio Balestra, bandito dall’Accademia di San Luca
per volere di Canova, direttore perpetuo della prestigiosa istituzione a partire dal 1812. Nello
stesso anno esegue, per il Palazzo del Quirinale, il bassorilievo con il Trionfo di Giulio Cesare”
mentre Torwaldsen lavora al “Trionfo d’Alessandro a Babilonia”. Tra il 1814 e il 1815 realizza
quattro busti (oggi alla Promoteca Capitolina) per la serie degli uomini illustri italiani che Canova,
ispettore delle Belle Arti, vuole collocare nel Pantheon per accogliere il ritorno a Roma di Papa Pio
VII. Il suo studio romano diventerà, dopo la morte di Canova (1824) meta preferita dei giovani
allievi delle accademie italiane, compresa l’Accademia di Torino. Per la corte sabauda, che lo
ritiene erede legittimo del Canova, assume il vero e proprio ruolo di protettore e maestro dei
giovani pensionati, al pari di Torwaldsen e Camuccini. Risale agli anni compresi fra il 1820 -1830 la
produzione a carattere mitologico. Destinata a prestigiose collezioni russe e inglesi ha lasciato rare
e preziose testimonianze in opere quali Amore che tormenta l’anima simboleggiata da una farfalla,
(1822, Castello di Chatsworth, coll. duca di Devonshire) e Le Ore (1824, Museo dell’Ermitage, San
Pietroburgo). Nel 1830 affronta temi religiosi e funerari. Fra questi, il suo monumento funerario
nella chiesa romana di San Bernardo alle Terme, commissionato alla memoria e realizzato, tra il
1856 e il 1857, dallo scultore veneto Rinaldo Rinaldi. Oltre all’opera in mostra, in Accademia si
conserva il San Michele Arcangelo modello in gesso del marmo della Basilica di Superga a Torino
(1836-44). Particolarmente interessanti sono questi due modelli perché sono gli unici ad essere
stati salvati dalla distruzione dell’intero corpus dei gessi effettuata dallo stesso artista poco tempo
prima di morire.
Ferdinando Pelliccia (Carrara 1808-1892)
Coetaneo di Chelli, Bozzoni e Tacca con i quali condivide la comune formazione in Accademia,
dopo aver vinto il premio pensionato a Roma nel 1828, viene affidato alle cure del Tenerani,
rimanendo fedele alla sua lezione per tutto il resto della sua vita. Subito dopo ha inizio il lungo
rapporto con l’Accademia. Nel 1835 è nominato professore di scultura e poi, dopo la morte di
Pietro Marchetti, nel 1846, assume l’incarico di Direttore, carica che manterrà fino alla morte
avvenuta nel 1892. Esegue numerose opere, fra le quali, i ritratti dedicati ad Angelo Pelliccia,
Bernardo Fabbricotti, Oreste Raggi e Giovan Battista del Monte. Opere, queste, che sono
testimonianza preziosa della sua concezione dell’arte della scultura, intesa a coltivare l’idea
del bello ideale di ascendenza neoclassica contro i sostenitori dell’arte realistica. Sotto la sua
direzione viene incrementata la collezione dei gessi, grazie anche alle sue azioni mirate ad
incrementare l’importanza dell’Accademia con le quali aveva saputo guadagnarsi il rispetto di tutta
l’imprenditoria del marmo.
Giovanni Fontana (Carrara 1820- Londra 1893)
Nipote dello scultore Pietro Fontana (Carrara 1782-1857), si forma in Accademia dove viene più
volte premiato, nel 1934, nel 1935, nel 1939. Nel 1940 vince il premio Pensionato con “Dario
Moribondo sul carro” e nell’aprile del 1941 parte per Roma dove frequenta la scuola del Tenerani
che continua a ricevere i giovani allievi. Si trasferisce a Londra a causa dei moti liberali del
1848 avendone preso parte come garibaldino. A Londra, a partire dal 1853, ottiene numerosi
riconoscimenti e partecipa alle più prestigiose esposizioni pubbliche. Nominato socio onorario
dell’Accademia nel 1860, spedisce, da Londra all’Accademia, nel 1875, le opere Fanciulla con
ghirlanda e la Sonnambula che si conservano in Accademia insieme al Davide . Alcune delle sue
opere si trovano nella Walker Art Gallery di Liverpool.
Ferdinando Andrei (Carrara 1824- Roma?)
Si iscrive ai corsi di scultura intorno al 1840 quando ordinario di scultura, fin dal 1835, è
Ferdinando Pelliccia. Il direttore è Pietro Marchetti ricordato come raffinato esecutore di cultura
neoclassica. Nel 1847 vince il premio per la Pensione a Roma con il bassorilievo Alessandro
che percuote il capo di un suo generale contro un parente. Raggiunge il Tenerani per il suo
perfezionamento e sotto la sua guida del maestro esegue Davide e Golia oltre che l’Agricoltore.
Viene nominato socio onorario dell’Accademia di Belle Arti di Carrara, il 7 settembre 1856.
Giuseppe Berrettari (Carrara 1831-1921)
Formatosi in Accademia, probabilmente, fra il 1940 e il 1950, dove è documentato nel 1850-51,
all’età di diciannove anni. Viene nominato socio onorario nel 1864 e invia, in questa occasione,
il modello della Bagnante. E’ stato scultore di successo con studio a Carrara, fra via Cavour e via
Garibaldi (oggi via 7 luglio).
Giuseppe Lazzerini (Carrara 1831-1895)
Nato a Carrara nella illustre famiglia di scultori e fratello minore di Alessandro (1810-1862),
Giuseppe Ferdinando Lazzerini si forma in Accademia dal 1843 al 1853, sotto la guida di
Ferdinando Pelliccia. Dopo aver vinto la medaglia d’oro nel concorso d’invenzione con “San
Paolo che rianima Elima” e la medaglia d’argento per il concorso triennale di invenzione
con “Achille che trascina il corpo di Ettore”, nel 1853, vince il premio del Pensionato a Roma con
il bassorilievo “Patroclo che uccide Serpedonte”. A Roma viene affidato al Tenerani che esprime
giudizi positivi, al compimento dei suoi studi. Ha diretto con successo il suo fiorente laboratorio in
Carrara ed ha partecipato, nel 1867, con il gruppo di Agar ed Ismaele alla Esposizione Industriale
di Parigi. Nel 1858 viene nominato socio onorario dell’Accademia di Belle Arti, nel 1894, professore
onorario. Nel 1860 ricopre la cattedra di scultura. Nel 1892, alla morte di Ferdinando Pelliccia,
viene nominato Direttore, incarico che svolge fino alla morte. Oltre all’opera esposta, in Accademia
si conserva il San Sebastiano (1854) che viene inviato da Roma a Carrara dall’autore come saggio
eseguito durante il periodo del Pensionato.
Pietro Lazzerini (Carrara 1837-1917)
Proveniente dalla illustre famiglia di scultori e nipote di Giuseppe, frequenta l’Accademia alla fine
degli anni Cinquanta insieme ad altri scultori come Colombo Castelpoggi e Francesco Mariotti.
Vince il premio del Pensionato nel 1860, che svolge a Firenze presso la Regia accademia della città
toscana diretta dallo scultore Aristodemo Costoli. Esegue numerose opere anche nella sua città.
Viene ricordato per l’abilità di ritrattista. Nel 1867 partecipa, con l’opera intitolata Innocenza, alla
Esposizione industriale di Parigi. Nel 1878 viene nominato socio onorario dell’Accademia di Belle
Arti. Oltre all’opera esposta, in Accademia si conservano il Bacco (1861) che viene inviato come
primo saggio eseguito durante il Pensionato e il secondo saggio Leda con Giove (1863).
Carlo Nicoli (Carrara 1843-1915)
Figlio di Tito e Carlotta Manfredi, titolare del laboratorio di famiglia, lo storico e prestigioso
laboratorio Nicoli che intorno al 1876 viene trasferito a San Francesco, si forma in Accademia negli
anni 60 dell’Ottocento. Nel 1864 vince la medaglia d’argento per il disegno di invenzione. Nel 1868
vince il premio per il Pensionato che, per la seconda e ultima volta, si svolge a Firenze dove ha
occasione di perfezionarsi alla scuola di Giovanni Duprè. Tornato a Carrara lavora nel suo
laboratorio dove esegue numerose opere per commesse nazionali ed internazionali. Grazie ai
recenti studi di M. Teresa Tarraga Baldò (2007) sono ormai noti i suoi rapporti con la Spagna. Già
instaurati dal padre e dallo zio Pietro che viveva a Madrid, gli valgono prestigiose commesse ed
altrettanto prestigiosi riconoscimenti. Dal 1874 al 1876 è impegnato nei lavori per il palazzo di don
Juan Manuel Monzanedo, duca di Santania a Madrid. Realizza il gruppo marmoreo con La Virtù che
difende l’innocenza contro il vizio, modello che fu premiato a Firenze nel 1873 e tre statue de la
Fortuna, l’Amazzone Minerva. Nel 1877 ottiene dal re Alfonso l’onorificenza di Cavaliere dell’Ordine
di San Carlo III. Nel 1878 partecipa alla mostra Nazionale di Belle Arti a Madrid con due opere,
Vergine del Sacro Cuore e L’innocenza, e, nello stesso anno, diventato accademico onorario
dell’Accademia di San Fernando, a Madrid, realizza un busto dello scultore Sabino de Medina che dona all’Accademia spagnola. Contemporaneamente lavora al progetto del monumento allo
scrittore Miguel de Cervantes Saavedra da realizzarsi per la città spagnola Alcalà de Henares. Nel
1879 realizza il monumento a Juan Martin Diaz, El Rempecinado. Esegue la statua del Cardinal
Cisneros per la sala della giunta del palazzo del Senato, a Madrid, ispirandosi alla scultura del Sant’
Antonio che il suo maestro, Giovanni Duprè aveva collocato sotto il portico degli Uffizi. Nel 1881
partecipa alla mostra Nazionale di Belle Arti di Madrid con il marmo Il Mendicante. Nel 1882 viene
nominato Commendatore onorario della regina Isabella la Cattolica. Tra il 1885 e 1886 realizza 12
statue che ornano la rotonda della Basilica di San Francesco a Madrid. Lavora anche per il Brasile,
ricoprendo, fra l’altro, l’incarico di viceconsole del Brasile in Italia. Nel 1895 realizza il monumento
all’eroe indio meticcio Il Caboclo, che viene eretto a Salvador de Bahia per commemorare i moti
del 2 luglio 1823. Non meno importante è stato il suo apporto in ambito locale. Rimane sempre
legato alla sua Accademia e al suo direttore Ferdinando Pelliccia. Nel 1875 viene nominato
professore onorario e nel 1885, alla morte di Demetrio Carusi, professore ordinario di scultura. A
Carrara realizza il Monumento a Garibaldi (1889) e il monumento ad Antonio Fratti (1902). Oltre
alle due opere esposte, in Accademia si conservano il secondo saggio per il Pensionato a Firenze,
L’angelo sorvegliatore (1870), il modello per la statua dello scrittore Miguel de Cervantes (1878) e
Il Silenzio (o il Tempo), modello in gesso per il Monumento a Chochon realizzato a Montevideo
(1875).
Achille de Cori (Massa 1852- ?)
Frequenta l’Accademia fra la fine degli anni 60 e i primi anni 70 dell’Ottocento, aggiudicandosi
numerosi premi e realizzando numerose opere di cui si sono perse le tracce ma che, come quelle
di altri artisti a lui contemporanei, si orientavano ad accogliere la nuova temperie realista. Nel 1873
vince il premio del Pensionato a Roma con il rilievo “Enea medicato della ferita del vecchio Iapi”.
A Roma viene affidato a Carlo Chelli. Nel 1877 è nuovamente a Carrara. Nel 1878 lo troviamo
presente - insieme ad Alessandro Biggi e Ferdinando Triscornia - nella esposizione industriale di
Parigi con un’opera dal titolo Il consulto del Fiore .
Abramo Ghigli (Carrara 1866- Quincy Mass, Usa 1924)
Come i suoi compagni di studi, Alfredo Sanguinetti e Fidardo Landi, si forma in Accademia negli
anni ottanta dell’Ottocento registrando i mutamenti del gusto che negli ultimi decenni del secolo
stanno investendo l’Accademia carrarese. Rivolti a rappresentare un più spiccato senso del vero
che viene tradotto in scultura con spigliatezza e impulsività, superano lo spirito neoclassico che
aveva dominato fino agli anni 70 dell’Ottocento. Nel 1890 vince il premio Pensionato a Roma dove
si perfeziona alla scuola di Ettore Ferrari. Muore in America in anni imprecisati. Oltre all’opera
esposta in mostra, in Accademia si conservano Equilibrio, primo saggio di Pensionato del 1891,
Fanciullo che toglie la spina e Archimede.
Fidardo Landi (1865 - ?)
Come il coetaneo Abramo Ghigli, si forma in Accademia a partire dal 1881 ed ha come avversario
il ben più noto Carlo Fontana con il quale si confronta per l’uso di una plastica che prende le
distanze dal purismo neoclassico e sceglie l’immediatezza della composizione e la fedeltà al vero.
Vince il premio del Pensionato a Roma nel 1885. Oltre all’opera esposta in mostra, in Accademia si
conserva l’opera dal titolo Una monaca.
Nicola Marchetti (Roma 1802-Carrara 1861)
Scultore rivalutato attraverso i recenti studi di Rosa Maria Galleni Pellegrini (1999 e 2001) che
fornisce dettagliate informazioni dell’opera e della vita dell’artista, era nato a Roma nel 1802
ed era il terzogenito di Pietro Marchetti, professore di scultura nella locale Accademia e quindi
Direttore della stessa. Marchetti era lo zio di Pietro Tenerani da parte di madre ed era stato
padrino e primo maestro dell’artista. Da un rendiconto di spese relative agli anni 1822-1828
che Tenerani teneva su incarico dello zio Pietro Marchetti, apprendiamo che Nicola, dopo il suo
apprendistato in Accademia, viene affidato dal padre alle cure di Tenerani, ai tempi della direzione
di quest’ultimo dell’atelier di Torwaldsen. Tenerani ne apprezza le doti, come si apprende da un
lettera del 27 agosto 1827, e lo coinvolge in prestigiosi lavori quali la decorazione per la Von Frue
Kirke di Copenaghen. Nicola esegue un Cacciatore per il frontone (1819-1820). A proposito della
scultura, scrive Tenerani allo zio “quella di Nicola è superiore agli altri”. Lavora con il Tenerani a
fasi alterne, fra il 1824 e il 1825, ricopre un ruolo di rilievo nella sua città. Partecipa alle vicende
del 1948 ed è tra i componenti della guardia civica di Carrara nel governo provvisorio toscano. Nel
1859, altro momento cruciale per Carrara, per l’annessione al Piemonte, viene eletto in consiglio
comunale. Viene eletto professore onorario dell’Accademia di Belle arti di Carrara.
Carrara, Palazzo Binelli dal 25 giugno 2011
Il 25 giugno 2011 a Carrara, nella suggestiva cornice del restaurato Palazzo Binelli, nuova sede della Fondazione Cassa di Risparmio di Carrara, si inaugura la mostra “D’après Canova. L’800 a Carrara. L’Accademia e i suoi maestri”.
Curata dall’Accademia di Belle Arti di Carrara – che ha eseguito anche i restauri delle opere esposte – e dalla Soprintendenza di Lucca e Massa Carrara, con il sostegno del Comune di Carrara, la mostra propone ventisei gessi, scelti fra le numerosissime opere di proprietà dell’Accademia. Un evento che vuole portare nuova attenzione sulla collezione dei gessi dell’Accademia di Belle Arti, primo e fondamentale passo per la sua definitiva sistemazione in un percorso cittadino che dovrebbe coinvolgere, oltre al recuperato palazzo Binelli, l’Accademia e il Museo di San Francesco. Così Carrara aprirà, finalmente, le porte del suo inestimabile patrimonio artistico al pubblico e salderà un debito di riconoscenza verso i suoi maestri che partiti dall’Accademia diffusero il marmo e il prestigio di Carrara nel mondo.
La mostra intende riportare alla giusta considerazione critica la tradizione scultorea dell’Accademia di Carrara, nata idealmente alla scuola di Antonio Canova, ma che trova nell’insegnamento di Lorenzo Bartolini e in quello di Bertel Thorvaldsen inediti spunti di originalità. L’istituto carrarese diventa così “vetrina” di gusti e di tendenze della scultura italiana dell’Ottocento. Storia che ha lasciato tracce di sé nei calchi classici dell’aula magna o nei bassorilievi dei concorsi che decorano il palazzo del Principe e in una serie di opere a tutto tondo eseguite nel corso dell’Ottocento e fino agli anni trenta del Novecento dai maestri più illustri della cultura neoclassica e di inizio secolo, ma anche dagli allievi più dotati.
Un percorso, dunque, complesso e affascinante che per esempi significativi conduce lo spettatore in un viaggio suggestivo e unico alla scoperta delle varie correnti che hanno formato la scultura dell’Ottocento.
Apre la mostra il ritratto di Letizia Ramolino Bonaparte, l’opera che Antonio Canova dona all’Accademia nel 1810. Raffigurata in veste di Agrippina, secondo il processo idealizzante voluto dall’artista, indica nel maestro di Possagno il modello ideale degli scultori carraresi. Del resto appena entrata in collezione, l’opera era stata oggetto di “copia”, in una prova sul disegno disputata dai giovani allievi Luigi Bienaimè e Bernardo Tacca.
Sono esempi significativi sui quali il percorso della mostra si sofferma Il Mercurio di Benedetto Cacciatori, l’opera che il maestro carrarese dona alla sua Accademia, e sono prove dell’eccellenza della scultura carrarese Paride offerente, Psiche e Psiche svenuta, le tre opere di Pietro Tenerani che entrano in Accademia come saggi eseguiti dall’artista durante il periodo del Pensionato a Roma o come dono del figlio Carlo. Esse introducono nella perdurante e straordinaria stagione dell’arte ideale di ispirazione classica che nel primo e secondo decennio dell’Ottocento vede gli artisti di una nuova generazione confrontarsi con il magistero di Canova e Torwaldsen, alla ricerca di una propria ed originale cifra espressiva. E se Cacciatori non ha particolare attenzione verso quanti, dopo di lui, si formano a Carrara, Pietro Tenerani, ospitando nel suo studio romano gli allievi vincitori del concorso di Pensionato, contribuisce a determinare lo stile inconfondibile della “scuola di Carrara” che vede nei nomi di Luigi Bienaimè e del suo eterno rivale e compagno di studi Bernardo Tacca, alcuni dei primi protagonisti.
Nel percorso fecondo della mostra che attraversa l’Ottocento e punta a restituire la giusta considerazione agli artisti carraresi, Carlo Finelli e il suo magistero diventano modello di riferimento per gli allievi - Giovanni Tacca, Leopoldo Bozzoni e Carlo Chelli - mentre frequentano il suo atelier romano. Erede di Canova, ma deciso a proporre una terza via per la scultura, entra in competizione anche con Thorwaldsen e ritrova nel gruppo de Le Ore (1824) una nuova connotazione psicologica per le figure, un movimento inedito che mitiga l’austerità e l’astrazione dei due grandi protagonisti della scultura neoclassica.
A Roma, nell’atelier di Tenerani, si era perfezionato anche Ferdinando Pelliccia. Nominato professore di scultura in Accademia nel 1835 e poi direttore dal 1864 al 1892, si impegna a trasferire la lezione sull’antico ai numerosi e più giovani allievi. E se Giovanni Fontana e Ferdinando Andrei declinano lo stile neoclassico con accenti diversi, fra naturalismo bartoliniano e purismo teneraniano, altre posizioni di cauta apertura verso il nuovo si fanno strada. Così, nelle opere di Pietro Lazzerini e Carlo Nicoli all’universo neoclassico il cui modello è la classicità greca idealizzata si sostituisce l’imitazione del vero. Poi, prende il sopravvento la descrizione della realtà sociale e, alla predilezione del bello, si sostituisce - nell’attenzione dei giovani artisti Achille de Cori, Abramo Ghigli e Fidardo Landi - il sentimento inquieto della modulazione plastica.
Un percorso, dunque, complesso e affascinante che per esempi significativi conduce lo spettatore che giunge a Carrara in un ‘viaggio’ suggestivo ed unico alla scoperta delle varie correnti che hanno informato la scultura dell’Ottocento. Un percorso che in qualche caso sollecita ma lascia aperti, nuovi problemi attributivi –come nel caso di un’opera di Carlo Nicoli - o riconsidera, alla luce dei nuovi studi, personalità dimenticate quale è quella di Nicola Marchetti.
Benedetto Cacciatori (Carrara 1794-1871)
Figlio di Lodovico (Carrara 1760-1854), professore di ornato dell’Accademia di Belle Arti di Carrara
(Cesare Pezzi, pittore milanese lo effigia in un ritratto del 1844 presente in copia nella Pinacoteca
dell’Istituto), frequenta i corsi di disegno tenuti da Jean- Baptiste Desmarais e di elementi di
architettura tenuti dal romano Paolo Bargigli. Probabilmente frequenta i corsi del milanese Angelo
Pizzi (Milano 1775-Venezia 1819), già allievo a Brera del carrarese Giuseppe Franchi (1831-1806)
e titolare della cattedra di scultura dell’Accademia di Carrara tra il 1804 e il 1807. Non è certa la
sua presenza nella scuola di Lorenzo Bartolini, nominato titolare di scultura fra l’ottobre del 1807
e il febbraio del 1808. Nel 1810 lascia Carrara alla volta di Milano dove conosce Camillo Pacetti,
scultore a Brera che diventerà suo maestro, suo sostenitore e suo secondo padre, avendone
sposato l’unica figlia. Numerose sono le sue realizzazioni. Dalle sculture per la chiesa parrocchiale
di Gorgonzola (1820-1827), agli interventi scultorei e decorativi per la chiesa abbaziale di
Hautecombe su committenza di Carlo Felice di Savoia (a partire dal 1825). A Milano realizza i rilievi
e le sculture per l’Arco della Pace (1807-1838) e quelle per Porta Orientale (1828-1833). Ebbe in
vita numerosi riconoscimenti. Nel 1831 viene nominato socio onorario dell’Accademia di Carrara;
nel 1847 socio dell’Accademia di San Luca; dal 1853 ricopre la cattedra di scultura a Brera. Negli
ultimi anni di vita si ritira a Carrara, sua città natale. Dopo la morte, le sue spoglie vengono
solennemente traslate al cimitero monumentale di Milano. La tomba di famiglia viene sormontata
da una replica della Pietà, l’opera realizzata nel 1830 per la chiesa abbaziale di Hautecombe.
Oltre all’opera esposta in mostra, in Accademia si conservano il gesso di Putto dormiente tra
due ginocchia e il gesso per il monumento a Luigi Canina. Scolpito nel 1863 per la città di Casale
Monferrato, Carlo Lazzoni segnala l’opera nella “Galleria delle opere Moderne”.
Pietro Tenerani (Torano Carrara 1788- Roma 1869)
La formazione avviene nella locale Accademia di Belle Arti, tra il 1804 e il 1806, alla scuola di
Angelo Pizzi e prosegue con Lorenzo Bartolini, ma soprattutto con Jean-Baptiste Desmarais,
professore in Accademia a partire dal 1807. Nel 1813 vince il premio - Pensionato in Roma, che
lo vede prevalere su Demetrio Carusi, con il bassorilievo Oreste agitato dalle furie. L’opera non
viene realizzata per la caduta del governo elisiano, nell’aprile del 1814. Nel febbraio dello stesso
anno era partito per Roma dove rimarrà “a proprie spese”, essendogli scaduta la Pensione nel
1818. A Roma conosce Canova e diventa, fra il 1819 e 1820, fiduciario e direttore dello studio
di Bertel Torwaldsen in un lungo e proficuo sodalizio che dura dal 1819 al 1830. Numerose
sono le sue realizzazioni. Dalle opere a carattere mitologico, Venere cui amore toglie una spina
(Museo Ermitage, San Pietroburgo), il Genio della vita e il Genio della morte per il Monumento
di Eugenio di Beauharnais (Monaco 1825-1829), a quelle di registro purista in cui affronta temi
religiosi e devozionali, La Deposizione della croce in Laterano (1844), L’Angelo della Resurrezione
di Santa Maria della Minerva, il complesso monumentale dedicato a Pio VIII in San Pietro (1853).
In America latina esegue numerosi busti e monumenti a Simon Bolivar. Ebbe in vita numerosi
riconoscimenti e ricopre cariche importanti. Membro dell’Accademia di San Luca nel 1825, ne
diventa il presidente nel 1857. Nel 1843 è fra i firmatari del manifesto del Purismo. Nel 1858 è
presidente dei Musei Capitolini, nel 1860 direttore dei Musei Vaticani. Ebbe sempre a cuore la
scuola nella quale si era formato e nella quale, nel 1819, viene nominato professore onorario. Per
tutta la durata della sua collaborazione con Thorwaldsen, diventa il punto di riferimento degli allievi
carraresi a Roma (da Luigi Bienaimè a Bernardo Tacca), in una consuetudine che continua anche
in seguito, quando alla direzione dell’Accademia è Pietro Pelliccia. Muore nel dicembre 1869 nella
sua casa di via Nazionale a Roma, dove, per molto tempo, rimane la sua collezione di gessi che il
figlio Carlo trasferisce, per lascito, a Palazzo Braschi, nel 1929. Oltre alle opere esposte in mostra,
in Accademia si conservano i marmi del Genio della pesca e del Genio della caccia (1824). Furono
donati da Carlo Tenerani nel 1930 insieme al modello in gesso del Pellegrino Rossi. Particolarmente
interessante per l’apertura verso il naturalismo, l’opera in marmo (1854) si conserva nella Galleria
d’arte Moderna di Roma. Un altro modello in gesso si conserva nella Gipsoteca Tenerani di Palazzo
Braschi e una replica in marmo è presente nell’attuale piazza d’Armi di Carrara.
Demetrio Carusi (Carrara 1788-1819)
Nato da una famiglia benestante e coetaneo di Pietro Tenerani, si forma in Accademia alla scuola
di Angelo Pizzi tra il 1804 e il 1806 e prosegue i suoi studi con Lorenzo Bartolini. Il maestro lo tiene
in grande considerazione e lo stimola a lasciare l’imitazione dell’antico per un maggior naturalismo.
Partecipa al premio del Pensionato artistico a Roma nel 1810 e nel 1813 dove risultano vincitori
Ferdinando Fontana e Pietro Tenerani. Un “morbo repentino” interrompe per sempre le speranze
del giovane artista che muore il 22 ottobre 1819.
Luigi Bienaimè (Carrara 1795-Roma 1878)
Figlio di uno scultore fiammingo e fratello di Pietro (1781-18579), si forma, insieme all’eterno
rivale Bernardo Tacca, nell’Accademia elisiana, alla scuola di Lorenzo Bartolini, proseguendo il suo
apprendistato durante il governo di Maria Beatrice d’Asburgo d’Este. Nel 1811 riceve una medaglia
d’argento nella gara di disegno per la ‘copia’ della Letizia Ramolino Bonaparte di Antonio Canova
che è appena entrata in Accademia. Nel 1813 vince un premio per la scultura e un disegno dal
Napoleone di Chaudet che si conserva all’archivio di Lucca. Nel 1817 vince il premio del Pensionato
a Roma con Giasone alla conquista del vello d’oro e nel 1818 con Mitridate figlio di Anabazane
che uccide Datamo. Nel 1819 è a Roma da dove invia a Carrara il primo saggio dei suoi studi, il
San Giovanni in atto di predicare. Era entrato nello studio di Torwaldsen e da questi viene molto
apprezzato. Vi lavorerà per molti anni, diventando, nel 1827, primo collaboratore (crediamo al
posto del Tenerani) e, dal 1838, in seguito al ritorno a Copenaghen del maestro danese, guiderà
per una decina di anni il suo atelier romano. Con Torwaldsen lavora anche il fratello Pietro che,
fra il 1827 e il 1828, nello studio messo a disposizione da Maria Beatrice d’Este al piano terra
del palazzo Ducale di Carrara, traduce in marmo, dal modello del maestro danese, le sculture
monumentali di un Cristo, San Pietro e San Paolo per il celebre ciclo destinato alla Vor Frue Kirke
di Copenaghen. Numerose sono le sue realizzazioni, dal San Giovannino (1836) che si trova al
Metropolitan Museum di New York, a l’Angelo dell’amor divino (1832) per la cappella della Sacra
Sindone a Torino, fino al Telemaco (1839) che si trova all’Ermitage di San Pietroburgo insieme
al busto di Nicola I e al gruppo di Zefiro che rapisce Psiche. Si tratta di una serie di figure che
appartengono all’universo mitologico ma anche cristiano dell’artista nelle quali ingentilisce la grazia
austera di Torwaldsen. Ebbe in vita numerosi riconoscimenti. Nel 1831 viene nominato professore
onorario all’Accademia di Carrara e nel 1844 accademico di San Luca. Oltre alle opere in mostra, in
Accademia si conservano Davide e San Giovanni Battista, rispettivamente primo e secondo saggio
eseguiti durante il periodo di Pensionato a Roma nel 1819 e nel 1820, e un busto del Cardinale
Albani.
Bernardo Tacca (Carrara 1794-1832)
Si forma nell’Accademia elisiana, alla scuola di Lorenzo Bartolini e partecipa, insieme all’eterno
rivale Bienaimè, alla gara di disegno per la ‘copia’ della Letizia Ramolino Bonaparte nel 1811.
Prosegue il suo apprendistato durante il governo di Maria Beatrice d’Asburgo d’Este che lo tiene
in considerazione essendo la sua famiglia molto legata agli ambienti del restaurato governo.
Partecipa al concorso per il premio del Pensionato a Roma nel 1817 e nel 1818, vincendo, nel
1822, con Morte di Rodomonte. La sua partecipazione al concorso, sostenuta dalla duchessa,
suscita malumori nell’ambiente accademico, dal momento che l’artista stava già frequentando
l’Accademia di San Luca, a Roma. Durante il suo apprendistato romano esegue Narciso al fonte
che nel 1822 invia come “saggio” dei suoi progressi a Carrara, dove ancora si conserva. Nel 1829
viene proposto come insegnante in Accademia ma muore poco tempo dopo.
Giovanni Tacca (Carrara 1802-1831)
Con Leopoldo Bozzoni e Carlo Chelli si forma in Accademia fra il 1818 e il 1822, alla scuola di Carlo
Prayer, raggiungendo Roma verso la fine del 1822, per perfezionarsi nello studio di Carlo Finelli,
la cui fama è ormai consolidata. Alla fine del 1824 è nuovamente a Carrara dove esegue uno dei
bassorilievi per il monumento a Maria Beatrice d’Este, l’opera che Pietro Fontana realizza nella
piazza Alberica. Modella anche la Leda col cigno, il Prometeo e Amore con farfalla che il nipote
dona all’Accademia insieme alla Venere dove ancora si conservano. Nel 1828 si trasferisce a Napoli
ma deve interrompere gli importanti incarichi e commissioni per la morte improvvisa avvenuta
all’età di 29 anni.
Leopoldo Bozzoni (Carrara 1801-Roma 1840)
Con Giovanni Tacca e Carlo Chelli, si forma in Accademia fra il 1818 e il 1822, raggiungendo
Roma per perfezionarsi nello studio di Carlo Finelli. Vince nel 1824, la medaglia d’oro del concorso
triennale di invenzione con Muzio all’Ara e nel 1826, il premio del Pensionato a Roma con Abramo
che lava i piedi a tre angeli. Da Roma invia anche l’Alcibiade (1829) che si conserva in Accademia.
Dopo l’esperienza romana si trasferisce a Londra dove esegue numerosi lavori per la chiesa di culto
cattolico della contea di York che furono terminati dall’amico e collega Carlo Chelli per la sua morte
improvvisa avvenuta nel 1840.
Carlo Chelli (Carrara 1807- Roma 1877)
Forse il più dotato della triade di allievi, tutti promettenti scultori, che si perfezionano alla
scuola di Carlo Finelli, frequenta l’Accademia e vince numerosi premi. Nel 1830 vince il premio
del Pensionato a Roma. Nel 1832 è a Roma nello studio del Finelli dal quale deriva l’influenza
della cultura neoclassica stemperata da elementi di originalità. A Roma esegue numerose
opere alcune delle quali si conservano in Accademia. Così l’Aiace (1833), L’Innocenza (1853)
Paolo e Virginia (1864). Realizza inoltre il Profeta Ezechiele, la scultura posta su un lato del
monumento all’Immacolata Concezione in piazza di Spagna. Lavora a Bologna e a Londra dove,
nel 1840, termina i lavori della contea di York che gli ha passato l’amico e cognato Leopoldo
Bozzoni. A Roma ottiene diversi riconoscimenti. Diventa docente dell’Accademia di Francia, socio
dell’Accademia di San Luca ed ospita nel suo studio romano alcuni allievi dell’Accademia di Carrara
che vincono il premio del Pensionato.
Carlo Finelli (1782-1853)
“Scultore a niuno secondo”, come recita la targa che si trova murata sulla facciata della casa
natale, si forma in Accademia, insieme al coetaneo Pietro Fontana (1782-1853), fra il 1796 e il
1803. Era stato il padre, Vitale, che figura fra gli insegnanti di scultura, ad aver favorito il
trasferimento di Carlo a Roma, forse anche nel tentativo di avviare al lavoro il figlio nello studio del
primogenito Pietro ma anche per sopperire al vuoto formativo delle Accademie italiane dovuto in
parte alla interruzione dei concorsi. Scultore affermato nella capitale, Pietro Finelli aveva stretti
legami con il pittore davidiano Camuccini e con Canova il quale, maestro ormai riconosciuto per
aver fatto rinascere la bellezza dell’arte guardando all’antico, era diventato anche tutore didattico
degli studenti delle maggiori accademie europee che dal 1784 frequentano il suo atelier romano.
Carlo, appena diciottenne ha modo di confrontarsi direttamente con Canova, ma non rinuncia,
forse anche nel tentativo di emanciparsi dal fratello, a completare la sua formazione che, secondo i
mezzi consueti, era offerta agli allievi dalle prove di concorso. E’ il 1804 quando le Accademie
d’Italia riattivano la tradizione e mentre Pietro Fontana vince il premio del Pensionato a Roma
indetto dall’Accademia di Brera (1804), Carlo vince quello di invenzione dell’Accademia di Belle Arti
di Firenze che gli consente di studiare i capolavori rinascimentali della città. Nel 1805 è a Milano
dove vince il premio per il Pensionato in Roma e si ferma per eseguire un busto colossale di
Napoleone. Raggiunge Roma nel febbraio del 1807 e qui realizza numerose opere e ricopre
prestigiose cariche. Nel 1814 è Accademico di Merito, nel 1819 membro del consiglio generale
della Accademia di San Luca. Nel 1810 vince il premio Balestra, bandito dall’Accademia di San Luca
per volere di Canova, direttore perpetuo della prestigiosa istituzione a partire dal 1812. Nello
stesso anno esegue, per il Palazzo del Quirinale, il bassorilievo con il Trionfo di Giulio Cesare”
mentre Torwaldsen lavora al “Trionfo d’Alessandro a Babilonia”. Tra il 1814 e il 1815 realizza
quattro busti (oggi alla Promoteca Capitolina) per la serie degli uomini illustri italiani che Canova,
ispettore delle Belle Arti, vuole collocare nel Pantheon per accogliere il ritorno a Roma di Papa Pio
VII. Il suo studio romano diventerà, dopo la morte di Canova (1824) meta preferita dei giovani
allievi delle accademie italiane, compresa l’Accademia di Torino. Per la corte sabauda, che lo
ritiene erede legittimo del Canova, assume il vero e proprio ruolo di protettore e maestro dei
giovani pensionati, al pari di Torwaldsen e Camuccini. Risale agli anni compresi fra il 1820 -1830 la
produzione a carattere mitologico. Destinata a prestigiose collezioni russe e inglesi ha lasciato rare
e preziose testimonianze in opere quali Amore che tormenta l’anima simboleggiata da una farfalla,
(1822, Castello di Chatsworth, coll. duca di Devonshire) e Le Ore (1824, Museo dell’Ermitage, San
Pietroburgo). Nel 1830 affronta temi religiosi e funerari. Fra questi, il suo monumento funerario
nella chiesa romana di San Bernardo alle Terme, commissionato alla memoria e realizzato, tra il
1856 e il 1857, dallo scultore veneto Rinaldo Rinaldi. Oltre all’opera in mostra, in Accademia si
conserva il San Michele Arcangelo modello in gesso del marmo della Basilica di Superga a Torino
(1836-44). Particolarmente interessanti sono questi due modelli perché sono gli unici ad essere
stati salvati dalla distruzione dell’intero corpus dei gessi effettuata dallo stesso artista poco tempo
prima di morire.
Ferdinando Pelliccia (Carrara 1808-1892)
Coetaneo di Chelli, Bozzoni e Tacca con i quali condivide la comune formazione in Accademia,
dopo aver vinto il premio pensionato a Roma nel 1828, viene affidato alle cure del Tenerani,
rimanendo fedele alla sua lezione per tutto il resto della sua vita. Subito dopo ha inizio il lungo
rapporto con l’Accademia. Nel 1835 è nominato professore di scultura e poi, dopo la morte di
Pietro Marchetti, nel 1846, assume l’incarico di Direttore, carica che manterrà fino alla morte
avvenuta nel 1892. Esegue numerose opere, fra le quali, i ritratti dedicati ad Angelo Pelliccia,
Bernardo Fabbricotti, Oreste Raggi e Giovan Battista del Monte. Opere, queste, che sono
testimonianza preziosa della sua concezione dell’arte della scultura, intesa a coltivare l’idea
del bello ideale di ascendenza neoclassica contro i sostenitori dell’arte realistica. Sotto la sua
direzione viene incrementata la collezione dei gessi, grazie anche alle sue azioni mirate ad
incrementare l’importanza dell’Accademia con le quali aveva saputo guadagnarsi il rispetto di tutta
l’imprenditoria del marmo.
Giovanni Fontana (Carrara 1820- Londra 1893)
Nipote dello scultore Pietro Fontana (Carrara 1782-1857), si forma in Accademia dove viene più
volte premiato, nel 1934, nel 1935, nel 1939. Nel 1940 vince il premio Pensionato con “Dario
Moribondo sul carro” e nell’aprile del 1941 parte per Roma dove frequenta la scuola del Tenerani
che continua a ricevere i giovani allievi. Si trasferisce a Londra a causa dei moti liberali del
1848 avendone preso parte come garibaldino. A Londra, a partire dal 1853, ottiene numerosi
riconoscimenti e partecipa alle più prestigiose esposizioni pubbliche. Nominato socio onorario
dell’Accademia nel 1860, spedisce, da Londra all’Accademia, nel 1875, le opere Fanciulla con
ghirlanda e la Sonnambula che si conservano in Accademia insieme al Davide . Alcune delle sue
opere si trovano nella Walker Art Gallery di Liverpool.
Ferdinando Andrei (Carrara 1824- Roma?)
Si iscrive ai corsi di scultura intorno al 1840 quando ordinario di scultura, fin dal 1835, è
Ferdinando Pelliccia. Il direttore è Pietro Marchetti ricordato come raffinato esecutore di cultura
neoclassica. Nel 1847 vince il premio per la Pensione a Roma con il bassorilievo Alessandro
che percuote il capo di un suo generale contro un parente. Raggiunge il Tenerani per il suo
perfezionamento e sotto la sua guida del maestro esegue Davide e Golia oltre che l’Agricoltore.
Viene nominato socio onorario dell’Accademia di Belle Arti di Carrara, il 7 settembre 1856.
Giuseppe Berrettari (Carrara 1831-1921)
Formatosi in Accademia, probabilmente, fra il 1940 e il 1950, dove è documentato nel 1850-51,
all’età di diciannove anni. Viene nominato socio onorario nel 1864 e invia, in questa occasione,
il modello della Bagnante. E’ stato scultore di successo con studio a Carrara, fra via Cavour e via
Garibaldi (oggi via 7 luglio).
Giuseppe Lazzerini (Carrara 1831-1895)
Nato a Carrara nella illustre famiglia di scultori e fratello minore di Alessandro (1810-1862),
Giuseppe Ferdinando Lazzerini si forma in Accademia dal 1843 al 1853, sotto la guida di
Ferdinando Pelliccia. Dopo aver vinto la medaglia d’oro nel concorso d’invenzione con “San
Paolo che rianima Elima” e la medaglia d’argento per il concorso triennale di invenzione
con “Achille che trascina il corpo di Ettore”, nel 1853, vince il premio del Pensionato a Roma con
il bassorilievo “Patroclo che uccide Serpedonte”. A Roma viene affidato al Tenerani che esprime
giudizi positivi, al compimento dei suoi studi. Ha diretto con successo il suo fiorente laboratorio in
Carrara ed ha partecipato, nel 1867, con il gruppo di Agar ed Ismaele alla Esposizione Industriale
di Parigi. Nel 1858 viene nominato socio onorario dell’Accademia di Belle Arti, nel 1894, professore
onorario. Nel 1860 ricopre la cattedra di scultura. Nel 1892, alla morte di Ferdinando Pelliccia,
viene nominato Direttore, incarico che svolge fino alla morte. Oltre all’opera esposta, in Accademia
si conserva il San Sebastiano (1854) che viene inviato da Roma a Carrara dall’autore come saggio
eseguito durante il periodo del Pensionato.
Pietro Lazzerini (Carrara 1837-1917)
Proveniente dalla illustre famiglia di scultori e nipote di Giuseppe, frequenta l’Accademia alla fine
degli anni Cinquanta insieme ad altri scultori come Colombo Castelpoggi e Francesco Mariotti.
Vince il premio del Pensionato nel 1860, che svolge a Firenze presso la Regia accademia della città
toscana diretta dallo scultore Aristodemo Costoli. Esegue numerose opere anche nella sua città.
Viene ricordato per l’abilità di ritrattista. Nel 1867 partecipa, con l’opera intitolata Innocenza, alla
Esposizione industriale di Parigi. Nel 1878 viene nominato socio onorario dell’Accademia di Belle
Arti. Oltre all’opera esposta, in Accademia si conservano il Bacco (1861) che viene inviato come
primo saggio eseguito durante il Pensionato e il secondo saggio Leda con Giove (1863).
Carlo Nicoli (Carrara 1843-1915)
Figlio di Tito e Carlotta Manfredi, titolare del laboratorio di famiglia, lo storico e prestigioso
laboratorio Nicoli che intorno al 1876 viene trasferito a San Francesco, si forma in Accademia negli
anni 60 dell’Ottocento. Nel 1864 vince la medaglia d’argento per il disegno di invenzione. Nel 1868
vince il premio per il Pensionato che, per la seconda e ultima volta, si svolge a Firenze dove ha
occasione di perfezionarsi alla scuola di Giovanni Duprè. Tornato a Carrara lavora nel suo
laboratorio dove esegue numerose opere per commesse nazionali ed internazionali. Grazie ai
recenti studi di M. Teresa Tarraga Baldò (2007) sono ormai noti i suoi rapporti con la Spagna. Già
instaurati dal padre e dallo zio Pietro che viveva a Madrid, gli valgono prestigiose commesse ed
altrettanto prestigiosi riconoscimenti. Dal 1874 al 1876 è impegnato nei lavori per il palazzo di don
Juan Manuel Monzanedo, duca di Santania a Madrid. Realizza il gruppo marmoreo con La Virtù che
difende l’innocenza contro il vizio, modello che fu premiato a Firenze nel 1873 e tre statue de la
Fortuna, l’Amazzone Minerva. Nel 1877 ottiene dal re Alfonso l’onorificenza di Cavaliere dell’Ordine
di San Carlo III. Nel 1878 partecipa alla mostra Nazionale di Belle Arti a Madrid con due opere,
Vergine del Sacro Cuore e L’innocenza, e, nello stesso anno, diventato accademico onorario
dell’Accademia di San Fernando, a Madrid, realizza un busto dello scultore Sabino de Medina che dona all’Accademia spagnola. Contemporaneamente lavora al progetto del monumento allo
scrittore Miguel de Cervantes Saavedra da realizzarsi per la città spagnola Alcalà de Henares. Nel
1879 realizza il monumento a Juan Martin Diaz, El Rempecinado. Esegue la statua del Cardinal
Cisneros per la sala della giunta del palazzo del Senato, a Madrid, ispirandosi alla scultura del Sant’
Antonio che il suo maestro, Giovanni Duprè aveva collocato sotto il portico degli Uffizi. Nel 1881
partecipa alla mostra Nazionale di Belle Arti di Madrid con il marmo Il Mendicante. Nel 1882 viene
nominato Commendatore onorario della regina Isabella la Cattolica. Tra il 1885 e 1886 realizza 12
statue che ornano la rotonda della Basilica di San Francesco a Madrid. Lavora anche per il Brasile,
ricoprendo, fra l’altro, l’incarico di viceconsole del Brasile in Italia. Nel 1895 realizza il monumento
all’eroe indio meticcio Il Caboclo, che viene eretto a Salvador de Bahia per commemorare i moti
del 2 luglio 1823. Non meno importante è stato il suo apporto in ambito locale. Rimane sempre
legato alla sua Accademia e al suo direttore Ferdinando Pelliccia. Nel 1875 viene nominato
professore onorario e nel 1885, alla morte di Demetrio Carusi, professore ordinario di scultura. A
Carrara realizza il Monumento a Garibaldi (1889) e il monumento ad Antonio Fratti (1902). Oltre
alle due opere esposte, in Accademia si conservano il secondo saggio per il Pensionato a Firenze,
L’angelo sorvegliatore (1870), il modello per la statua dello scrittore Miguel de Cervantes (1878) e
Il Silenzio (o il Tempo), modello in gesso per il Monumento a Chochon realizzato a Montevideo
(1875).
Achille de Cori (Massa 1852- ?)
Frequenta l’Accademia fra la fine degli anni 60 e i primi anni 70 dell’Ottocento, aggiudicandosi
numerosi premi e realizzando numerose opere di cui si sono perse le tracce ma che, come quelle
di altri artisti a lui contemporanei, si orientavano ad accogliere la nuova temperie realista. Nel 1873
vince il premio del Pensionato a Roma con il rilievo “Enea medicato della ferita del vecchio Iapi”.
A Roma viene affidato a Carlo Chelli. Nel 1877 è nuovamente a Carrara. Nel 1878 lo troviamo
presente - insieme ad Alessandro Biggi e Ferdinando Triscornia - nella esposizione industriale di
Parigi con un’opera dal titolo Il consulto del Fiore .
Abramo Ghigli (Carrara 1866- Quincy Mass, Usa 1924)
Come i suoi compagni di studi, Alfredo Sanguinetti e Fidardo Landi, si forma in Accademia negli
anni ottanta dell’Ottocento registrando i mutamenti del gusto che negli ultimi decenni del secolo
stanno investendo l’Accademia carrarese. Rivolti a rappresentare un più spiccato senso del vero
che viene tradotto in scultura con spigliatezza e impulsività, superano lo spirito neoclassico che
aveva dominato fino agli anni 70 dell’Ottocento. Nel 1890 vince il premio Pensionato a Roma dove
si perfeziona alla scuola di Ettore Ferrari. Muore in America in anni imprecisati. Oltre all’opera
esposta in mostra, in Accademia si conservano Equilibrio, primo saggio di Pensionato del 1891,
Fanciullo che toglie la spina e Archimede.
Fidardo Landi (1865 - ?)
Come il coetaneo Abramo Ghigli, si forma in Accademia a partire dal 1881 ed ha come avversario
il ben più noto Carlo Fontana con il quale si confronta per l’uso di una plastica che prende le
distanze dal purismo neoclassico e sceglie l’immediatezza della composizione e la fedeltà al vero.
Vince il premio del Pensionato a Roma nel 1885. Oltre all’opera esposta in mostra, in Accademia si
conserva l’opera dal titolo Una monaca.
Nicola Marchetti (Roma 1802-Carrara 1861)
Scultore rivalutato attraverso i recenti studi di Rosa Maria Galleni Pellegrini (1999 e 2001) che
fornisce dettagliate informazioni dell’opera e della vita dell’artista, era nato a Roma nel 1802
ed era il terzogenito di Pietro Marchetti, professore di scultura nella locale Accademia e quindi
Direttore della stessa. Marchetti era lo zio di Pietro Tenerani da parte di madre ed era stato
padrino e primo maestro dell’artista. Da un rendiconto di spese relative agli anni 1822-1828
che Tenerani teneva su incarico dello zio Pietro Marchetti, apprendiamo che Nicola, dopo il suo
apprendistato in Accademia, viene affidato dal padre alle cure di Tenerani, ai tempi della direzione
di quest’ultimo dell’atelier di Torwaldsen. Tenerani ne apprezza le doti, come si apprende da un
lettera del 27 agosto 1827, e lo coinvolge in prestigiosi lavori quali la decorazione per la Von Frue
Kirke di Copenaghen. Nicola esegue un Cacciatore per il frontone (1819-1820). A proposito della
scultura, scrive Tenerani allo zio “quella di Nicola è superiore agli altri”. Lavora con il Tenerani a
fasi alterne, fra il 1824 e il 1825, ricopre un ruolo di rilievo nella sua città. Partecipa alle vicende
del 1948 ed è tra i componenti della guardia civica di Carrara nel governo provvisorio toscano. Nel
1859, altro momento cruciale per Carrara, per l’annessione al Piemonte, viene eletto in consiglio
comunale. Viene eletto professore onorario dell’Accademia di Belle arti di Carrara.
25
giugno 2011
D’après Canova. L’800 a Carrara. L’Accademia e i suoi maestri
Dal 25 giugno al primo ottobre 2011
arte moderna
Location
PALAZZO BINELLI
Carrara, Via Giuseppe Verdi, 1, (Massa-carrara)
Carrara, Via Giuseppe Verdi, 1, (Massa-carrara)
Ufficio stampa
SPAINI & PARTNERS
Autore
Curatore