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Dario Ghibaudo – Sculture da viaggio
“Sculture da viaggio”. Esseri mutanti silenziosi e immobili in terra bianca e porcellana fine. Fragili creature modellate con cura. Nessuna concessione a chi guarda, solo barriere trasparenti, distacco coscienzioso, livelli di lettura e bellezza.
Comunicato stampa
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L’ho guardato passare e chissà perché, gli ho sorriso, lui si è voltato e tornando sui suoi passi mi ha chiesto:
«Ci conosciamo?». «Se crede possiamo bere un tè insieme e lo scopriamo» gli ho risposto.
Mi ha osservata divertito e con un certo candore ha confessato di essere in anticipo sull’appuntamento dal dentista e che quindi volentieri avrebbe bevuto qualche cosa con me, ma a due condizioni, che fosse lui a offrire e che non fosse tè ma pastis, «Il tè» ha aggiunto, «mi è sempre sembrato una cosa da malati».
Il mio incontro con Dario Ghibaudo è avvenuto più o meno così, come l’inizio di un mio romanzo, però lui era seduto al bar e io stavo passando. Un incontro casuale, un destino, motivo per il quale ho accettato il suo invito a scrivere qualche riga sulla sua esposizione.
«Parlamene un po’, ti va?», gli dico guardandolo, «Il percorso evolutivo più breve: dal pesce al mammifero passando per i rettili e le creature dotate di ali».
Questa, davanti a un bicchiere, l’unica riflessione dell’autore, in lui, nessun segno di sofferenza d’artista, sguardo ieratico o fare ispirato, solo un ironico e disincantato rinchiudere un percorso lungo cinquanta milioni di anni, in un brindisi. Insisto per avere qualche altra indicazione e, solo allora, mi porge con un sorriso un libro che raccoglie buona parte del suo lavoro: Guida al Museo di Storia Innaturale, Umberto Allemandi Editore. Lo sfoglio e dopo averlo un po’ studiato, mi incammino verso il centro storico di Torino fino al 6 di via San Tommaso, sulla bella corte si apre la galleria d’arte Paolo Tonin dove è in corso l’allestimento della mostra.
Il mio sguardo cade subito su una grande bestia bianca che occupa la stanza centrale. Ha la testa di un cervo dal magnifico palco, un maschio adulto diresti, ma il muso è quello di una femmina, dolce e dall’espressione malinconica; il corpo di serpente è dotato di ali che pare apra per sostenere una grande coda di pesce. Intorno, altri esseri più piccoli, imprigionati in teche in legno e vetro, strette nell’abbraccio di una cintura di cuoio che termina con maniglia. Ecco il titolo: “Sculture da viaggio”. Esseri mutanti silenziosi e immobili in terra bianca e porcellana fine. Fragili creature modellate con cura.
Mi colpisce un piccolo facocero che mostra tre code intrecciate.
Nessuna concessione a chi guarda, solo barriere trasparenti, distacco coscienzioso, livelli di lettura e bellezza. Un moto immobile, la sensazione di cogliere un movimento impossibile. Tutto è visionario e un po’ folle, anche l’azzimato Paolo Tonin, che mi viene incontro con un soddisfatto sorriso sotto i baffi.
«Qui tutto è meraviglia, inganno e coerenza», gli dico tendendogli la mano. Estrae il sorriso dai baffi e me lo offre rispondendo con un inchino.
Faccio un altro giro in galleria prima di uscire e intanto penso a quello che potrei scrivere. Per esempio, cominciare dalle wunderkammer, per poi risalire, di citazione in citazione, gli animali fantastici ne consentono molte, fino a Borges.
Quel che è successo è che in realtà mi è rimasta una strana e sottile inquietudine appiccicata addosso, di colpo realizzo che la ricerca estetica, quella degli innesti improbabili, delle contaminazioni tra specie sono solo dei pretesti, ovvio che non è tutto lì. Sorrido tra me e me e m’incammino verso casa.
Non scriverò nulla, in fondo, l’ho detto subito: non sono né un critico né un’artista ma solo una, seppur nota, scrittrice inedita. Lucrezia Desmé
«Ci conosciamo?». «Se crede possiamo bere un tè insieme e lo scopriamo» gli ho risposto.
Mi ha osservata divertito e con un certo candore ha confessato di essere in anticipo sull’appuntamento dal dentista e che quindi volentieri avrebbe bevuto qualche cosa con me, ma a due condizioni, che fosse lui a offrire e che non fosse tè ma pastis, «Il tè» ha aggiunto, «mi è sempre sembrato una cosa da malati».
Il mio incontro con Dario Ghibaudo è avvenuto più o meno così, come l’inizio di un mio romanzo, però lui era seduto al bar e io stavo passando. Un incontro casuale, un destino, motivo per il quale ho accettato il suo invito a scrivere qualche riga sulla sua esposizione.
«Parlamene un po’, ti va?», gli dico guardandolo, «Il percorso evolutivo più breve: dal pesce al mammifero passando per i rettili e le creature dotate di ali».
Questa, davanti a un bicchiere, l’unica riflessione dell’autore, in lui, nessun segno di sofferenza d’artista, sguardo ieratico o fare ispirato, solo un ironico e disincantato rinchiudere un percorso lungo cinquanta milioni di anni, in un brindisi. Insisto per avere qualche altra indicazione e, solo allora, mi porge con un sorriso un libro che raccoglie buona parte del suo lavoro: Guida al Museo di Storia Innaturale, Umberto Allemandi Editore. Lo sfoglio e dopo averlo un po’ studiato, mi incammino verso il centro storico di Torino fino al 6 di via San Tommaso, sulla bella corte si apre la galleria d’arte Paolo Tonin dove è in corso l’allestimento della mostra.
Il mio sguardo cade subito su una grande bestia bianca che occupa la stanza centrale. Ha la testa di un cervo dal magnifico palco, un maschio adulto diresti, ma il muso è quello di una femmina, dolce e dall’espressione malinconica; il corpo di serpente è dotato di ali che pare apra per sostenere una grande coda di pesce. Intorno, altri esseri più piccoli, imprigionati in teche in legno e vetro, strette nell’abbraccio di una cintura di cuoio che termina con maniglia. Ecco il titolo: “Sculture da viaggio”. Esseri mutanti silenziosi e immobili in terra bianca e porcellana fine. Fragili creature modellate con cura.
Mi colpisce un piccolo facocero che mostra tre code intrecciate.
Nessuna concessione a chi guarda, solo barriere trasparenti, distacco coscienzioso, livelli di lettura e bellezza. Un moto immobile, la sensazione di cogliere un movimento impossibile. Tutto è visionario e un po’ folle, anche l’azzimato Paolo Tonin, che mi viene incontro con un soddisfatto sorriso sotto i baffi.
«Qui tutto è meraviglia, inganno e coerenza», gli dico tendendogli la mano. Estrae il sorriso dai baffi e me lo offre rispondendo con un inchino.
Faccio un altro giro in galleria prima di uscire e intanto penso a quello che potrei scrivere. Per esempio, cominciare dalle wunderkammer, per poi risalire, di citazione in citazione, gli animali fantastici ne consentono molte, fino a Borges.
Quel che è successo è che in realtà mi è rimasta una strana e sottile inquietudine appiccicata addosso, di colpo realizzo che la ricerca estetica, quella degli innesti improbabili, delle contaminazioni tra specie sono solo dei pretesti, ovvio che non è tutto lì. Sorrido tra me e me e m’incammino verso casa.
Non scriverò nulla, in fondo, l’ho detto subito: non sono né un critico né un’artista ma solo una, seppur nota, scrittrice inedita. Lucrezia Desmé
25
settembre 2014
Dario Ghibaudo – Sculture da viaggio
Dal 25 settembre al 04 novembre 2014
arte contemporanea
Location
PAOLO TONIN ARTE CONTEMPORANEA
Torino, Via San Tommaso, 6, (Torino)
Torino, Via San Tommaso, 6, (Torino)
Orario di apertura
da lunedì a venerdì 10,30/19
sabato su appuntamento
Vernissage
25 Settembre 2014, ore 19
Editore
ALLEMANDI
Autore
Curatore