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Dario Lanzetta – Sine principio et fine; vertigine dell’anima
una serie cospicua di immagini provocatorie e cariche di anticonformismo
Comunicato stampa
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Dario Lanzetta
Sine principio et fine; vertigine dell’anima
di Mauro Barberini
In questa mostra Dario Lanzetta espone le opere digitali del ciclo “Sine principio et fine”, una serie cospicua di immagini provocatorie e cariche di anticonformismo. Rimane molto difficile porsi con indifferenza davanti ai suoi grandi lavori. Un forte uso del contrasto cromatico tra dominanti tonalità rosse e nere cattura lo sguardo, il quale diventa poi porta d’ingresso d’inquiete e terribili fantasie dell’anima. Oscure visioni fanno da sfondo a corpi straziati, dilaniati da una passione intima e feroce, molto simile ad un dolore senza via di fuga; come se quello stato, quell’attimo estratto dallo scorrere del tempo, si fermasse in una dimensione atemporale, in un continuo ripetersi immobile della sofferenza. Gran parte di queste “tele digitali” parlano di un dramma prettamente umano consonante all’esperienza del mistero dell’incarnazione vissuta dalla figura di Cristo. L’addentrarsi nella mistica cattolica non deve fuorviare lo spettatore.
Non ci troviamo di fronte ad una ambiguità. L’artista non vuole dissacrare l’entità messianica, ma conduce alla massima estremizzazione i valori umani di quella sofferenza divina; indaga cioè la vertigine del dolore, tralasciando l’aspetto felice della resurrezione, senza lambire qualsiasi prospettiva di pace o serenità.
La religiosità di Lanzetta è concreta e sentita, ma la sua arte calandosi nella sfera terrena dell’esperienza umana, chiama in causa indirettamente anche il momento storico-sociale contemporaneo.
Il soffermarsi su di uno stato perennemente negativo e cupo si fa metafora non solo di una crisi spirituale, ma anche di una situazione di disagio generazionale comprendente l’assenza di prospettive, della continua precarietà economico-lavorativa e della difficoltà di edificare il futuro sul proprio talento.
Un arte dello stallo dunque, dove una smarrita percezione dei punti di inizio e fine genera la confusione dell’anima, la quale corrode il significante deformandolo.
La serie “Sine principio et fine” comprende due anni di lavoro, il 2004 e il 2005. Nella produzione del primo anno si nota tematicamente una predominanza del discorso religioso L’iconografia è giocata sulla preminenza della figura umana, dell’eloquente sua estasi mutilata, della sua sfrontata nudità e della sua incisiva corporeità. La dimensione cromatica è qui più leggera e chiara, non invade l’espressività prima del soggetto ma si limita ad occupare lo spazio intorno.
Nei lavori del 2005 invece, si allarga il raggio d’azione tematico che va ad abbracciare tutta una serie di stati d’animo connessi a speranze tradite a lunghi momenti di solitudine a voli di fantasia biogenetica per giungere infine a toccare le corde di vizi come la lussuria.
Aumenta poi anche il grado di elaborazione digitale, di contaminazione tra il soggetto e il colore che diventano protagonisti di pari livello nel rappresentare l’argomento dell’opera. La speculazione cromatica si fa più evidente, più aggettante, fino a divenire un fluido bollente che logora e squaglia ogni volto.
Per leggere lo stile di Dario Lanzetta non è sufficiente porsi di fronte a questi soli lavori. Bisogna guardare anche la sua pittura, terreno nel quale coltiva il fascino dell’informale, dell’espressionismo astratto e materico di un Burri o di quello più uniforme e tenue di Vasco Bendini.
L’aspetto pittorico è per l’artista fondamentale, tanto che lo stesso afferma: “posso intendere i miei lavori non come fotografie, anche se uso l’immagine prodotta con l’aiuto della fotocamera ma come Pittura.”
Trovo inoltre molto singolare come il pittore campano riesca nei suoi lavori digitali a sintetizzare molti stili opposti, dall’informale appunto fino alla pop italiana dei decollages di Mimmo Rotella. Penso in particolare a Lustfully che ritrae una seducente diva cinematografica da manifesto, molto somigliante alla tipologia ritratta ed incorniciata dal grande e compianto maestro calabrese.
Se nella tela dunque Lanzetta acuisce i marcati valori espressivi della stesura cromatica, in “Sine principio et fine” invade la virtualità, sostituendo la tattilità del colore con la forza magmatica delle sue emozioni che piegano il corpo ad ogni possibile deterioramento e trasmutazione. Il mouse diventa perciò il pennello di un arte elettronica in piena linea con la contemporaneità artistica, suggestionata dalla ripresa di un espressionismo intenso che oltre alla figurazione recupera il primato della significazione, del portare fuori da se quel qualcosa di intraducibile senso ma di estrema comunicazione.
Sine principio et fine; vertigine dell’anima
di Mauro Barberini
In questa mostra Dario Lanzetta espone le opere digitali del ciclo “Sine principio et fine”, una serie cospicua di immagini provocatorie e cariche di anticonformismo. Rimane molto difficile porsi con indifferenza davanti ai suoi grandi lavori. Un forte uso del contrasto cromatico tra dominanti tonalità rosse e nere cattura lo sguardo, il quale diventa poi porta d’ingresso d’inquiete e terribili fantasie dell’anima. Oscure visioni fanno da sfondo a corpi straziati, dilaniati da una passione intima e feroce, molto simile ad un dolore senza via di fuga; come se quello stato, quell’attimo estratto dallo scorrere del tempo, si fermasse in una dimensione atemporale, in un continuo ripetersi immobile della sofferenza. Gran parte di queste “tele digitali” parlano di un dramma prettamente umano consonante all’esperienza del mistero dell’incarnazione vissuta dalla figura di Cristo. L’addentrarsi nella mistica cattolica non deve fuorviare lo spettatore.
Non ci troviamo di fronte ad una ambiguità. L’artista non vuole dissacrare l’entità messianica, ma conduce alla massima estremizzazione i valori umani di quella sofferenza divina; indaga cioè la vertigine del dolore, tralasciando l’aspetto felice della resurrezione, senza lambire qualsiasi prospettiva di pace o serenità.
La religiosità di Lanzetta è concreta e sentita, ma la sua arte calandosi nella sfera terrena dell’esperienza umana, chiama in causa indirettamente anche il momento storico-sociale contemporaneo.
Il soffermarsi su di uno stato perennemente negativo e cupo si fa metafora non solo di una crisi spirituale, ma anche di una situazione di disagio generazionale comprendente l’assenza di prospettive, della continua precarietà economico-lavorativa e della difficoltà di edificare il futuro sul proprio talento.
Un arte dello stallo dunque, dove una smarrita percezione dei punti di inizio e fine genera la confusione dell’anima, la quale corrode il significante deformandolo.
La serie “Sine principio et fine” comprende due anni di lavoro, il 2004 e il 2005. Nella produzione del primo anno si nota tematicamente una predominanza del discorso religioso L’iconografia è giocata sulla preminenza della figura umana, dell’eloquente sua estasi mutilata, della sua sfrontata nudità e della sua incisiva corporeità. La dimensione cromatica è qui più leggera e chiara, non invade l’espressività prima del soggetto ma si limita ad occupare lo spazio intorno.
Nei lavori del 2005 invece, si allarga il raggio d’azione tematico che va ad abbracciare tutta una serie di stati d’animo connessi a speranze tradite a lunghi momenti di solitudine a voli di fantasia biogenetica per giungere infine a toccare le corde di vizi come la lussuria.
Aumenta poi anche il grado di elaborazione digitale, di contaminazione tra il soggetto e il colore che diventano protagonisti di pari livello nel rappresentare l’argomento dell’opera. La speculazione cromatica si fa più evidente, più aggettante, fino a divenire un fluido bollente che logora e squaglia ogni volto.
Per leggere lo stile di Dario Lanzetta non è sufficiente porsi di fronte a questi soli lavori. Bisogna guardare anche la sua pittura, terreno nel quale coltiva il fascino dell’informale, dell’espressionismo astratto e materico di un Burri o di quello più uniforme e tenue di Vasco Bendini.
L’aspetto pittorico è per l’artista fondamentale, tanto che lo stesso afferma: “posso intendere i miei lavori non come fotografie, anche se uso l’immagine prodotta con l’aiuto della fotocamera ma come Pittura.”
Trovo inoltre molto singolare come il pittore campano riesca nei suoi lavori digitali a sintetizzare molti stili opposti, dall’informale appunto fino alla pop italiana dei decollages di Mimmo Rotella. Penso in particolare a Lustfully che ritrae una seducente diva cinematografica da manifesto, molto somigliante alla tipologia ritratta ed incorniciata dal grande e compianto maestro calabrese.
Se nella tela dunque Lanzetta acuisce i marcati valori espressivi della stesura cromatica, in “Sine principio et fine” invade la virtualità, sostituendo la tattilità del colore con la forza magmatica delle sue emozioni che piegano il corpo ad ogni possibile deterioramento e trasmutazione. Il mouse diventa perciò il pennello di un arte elettronica in piena linea con la contemporaneità artistica, suggestionata dalla ripresa di un espressionismo intenso che oltre alla figurazione recupera il primato della significazione, del portare fuori da se quel qualcosa di intraducibile senso ma di estrema comunicazione.
06
marzo 2006
Dario Lanzetta – Sine principio et fine; vertigine dell’anima
Dal 06 marzo al 02 aprile 2006
arte contemporanea
Location
GB SPAZIO EXPO CULTURALI
Figline Valdarno, Via Fiorentina, 84, (Firenze)
Figline Valdarno, Via Fiorentina, 84, (Firenze)
Orario di apertura
lun - ven 9:00 - 13:00 / 15:00 - 18:00
sab - dom 16:00 - 20:00
Sito web
www.dariolanzetta.it
Autore
Curatore