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Dario Tenuti – Scultura e Grafica
Nato nel 1924 a Verona. ha iniziato il suo apprendistato plastico presso lo scultore Gottardi, frequentando anche l’Accademia Cignaroli. In quegli anni ha partecipato a mostre per giovani artisti. Dopo un lungo periodo è ritornato all’attività plastica e nel ’67 ha partecipato alla Biennale di VR.
Comunicato stampa
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IL BARATTOLO DI LATTA DI DARIO TENUTI
Nel corso di una visita Gianlorenzo Mellini chiedeva allʼamico notizie dei suoi ultimi lavori. Con entusiasmo Dario prese un oggetto che poso` soddisfatto sul pavimento. Era un vecchio barattolo di latta arrugginita; forse un contenitore di liquido lubrificante per macchine per cucire. Ho un vivo ricordo del contrasto fra lʼespressione soddisfatta dellʼuno e quella benevolmente interrogativa dellʼaltro perche mi colpi` che le qualita` estetiche di un oggetto non fossero evidenti allo storico dellʼarte quanto allʼartista. Mi sembra utile ricordare lʼepisodio perche e` una buona introduzione allʼanalisi dellʼarte di Dario Tenuti.
Cʼe` in lui il medesimo rapimento estetico provato dallʼestensore della Lettera di Lord Chandos dinanzi ai piu` umili oggetti della vita quotidiana. A qualcosa di simile si era riferito anche Kandinsky parlando dellʼartista come uomo libero in grado di lasciare “che la vita di ogni essere, e sia pure un fiammifero spento [o un barattolo di latta arrugginita], agisca su di lui”.
Nel gesto con cui Tenuti toglie un oggetto dalla rete di relazioni pratico-funzionali entro le quali e` inserito, cʼe` tutta la potenza de-contestualizzante di tecniche come il collage di Picasso e Braque e il ready-made duchampiano. Un semplice oggetto dʼuso, “colto nella sua elementarieta` e durezza” (Kandinsky), e` proposto per una fruizione stetica. Da sempre le cose sono state offerte dallʼarte allo sguardo come illusione. Lʼartista piu` abile poteva mostrare cosi` nitidamente gli oggetti da indurre a cercare di toccarli per la forza dellʼillusione; eppure sulla tela non cʼerano che linee e colori.
Ma non produce illusione proporre immediatamente lʼoggetto come fatto dʼarte. Si rinuncia a tradurlo nel linguaggio dellʼarte, a riprodurlo con i materiali che le sono propri. Collocandosi nel solco della tradizione che ha segnato cosi` profondamente il corso dellʼarte per la rinuncia allʼillusione,
il gesto di Tenuti aveva suscitato lʼespressione benevolmente interrogativa dellʼamico. Tenuti e` particolarmente attratto dagli oggetti piu` degradati, da quelli che hanno subito lʼazione delle forze che li privano della forma e li riducono alla sola componente materiale. In lui cʼe`, dunque,
unʼestetica dellʼamorfo ma cʼe` anche una ricerca nella quale la forma e` classicamente proposta come risultato di una lotta condotta dallʼartista contro i materiali impiegati.
LʼILLUSIONE E LA PIEGA
In unʼopera degli anni Settanta, Bidone, un bidone raccolto nel greto dellʼAdige viene proposto come opera dʼarte dopo una semplice pulitura tesa a mettere in risalto la ruggine e le profonde ammaccature prodotte dagli urti subiti dallʼoggetto nellʼimpatto con altri corpi. Lʼartista e` interessato a quel che sopravviene con la perdita della forma, quando le sole possibilita` estetiche sono quelle del materiale.
In Estetica di uno schiacciamento, dei primi anni Duemila, il probabile risultato del violento impatto fra un bidone metallico di uso industriale e un corpo pesante che lo investe verticalmente non viene presentato nel materiale originale ma riprodotto nel marmo. E` legittimo dedurne che lʼinteresse dellʼartista non vada piu` al materiale. Luigi Meneghelli ha riferito di aver tratto da questʼopera “lʼimpressione di una corporeita` ʻstirataʼ” e ha osservato, acutamente, “che la forma appiattita del bidone può trovare vera ospitalita` estetica solo nella sensuale leggerezza del marmo”.
Osserviamo che il marmo non è “leggero”, anche se e` corretto affermare che lʼartista ha voluto produrre un bidone di marmo “leggero”. Potremmo allora dire che ha voluto proporlo alla fruizione estetica dopo aver cercato di renderlo sottile come un foglio di carta. Qual e` il senso di tale operazione?
Lʼillusione segna la vittoria della forma sulla materia perché legata alla produzione di unʼapparenza nella quale il materiale utilizzato si occulta. Essa non si afferma soltanto attraverso
la figurazione. Quando le tendenze moderniste hanno portato al superamento della figurazione, lʼillusione si e` manifestata nel tentativo intrapreso dalle arti di vincere la resistenza dei materiali usandoli in modo incongruo rispetto alle loro caratteristiche. Cosi`, in Estetica di uno schiacciamento Tenuti ha usato il marmo, materiale pesante, massiccio come pochi altri, come se potesse perdere volume ed essere ridotto a due dimensioni. In unʼaltra opera il medesimo intento formale sembra essere perseguito cercando di ottenere nel marmo effetti simili al disegno. Benchè realizzata in armo, Passeggiata 3 è ispirata a un motivo grafico. Lʼartista “disegna”, con il duro e rigido materiale, delle volute. Egli sembra voler rappresentare nel marmo le forme in movimento con la liberta` concessa dal disegno. Ma e` soprattutto il tema della piega che sembra congeniale allʼartista per raggiungere le proprie finalità` illusionistiche. Presenti anche nei bronzi, le pieghe trovano sviluppo in particolare nei marmi. In entrambi i casi, lʼeffetto plastico che interessa allʼartista e` ottenuto forzando le caratteristiche del materiale. In Passeggiata 1 e 2 egli “piega” e “ripiega” il marmo producendo lʼeffetto di spessi drappi di tessuto che si avviluppano morbidi. In opere in bronzo come Pianta dei sogni e Verso lʼalto, invece, per lʼimpiego di un materiale più duttile, i viluppi si stendono e a tratti si ergono verso lʼalto quasi in virtu` di una miracolosa rigidità.
Anche la grafica di Tenuti sembra rispondere ad intenti illusionistici. Egli ne ha prodotta nellʼarco di tutto il suo percorso artistico e sempre “da scultore”. La produzione grafica è, infatti, volta a generare lʼillusione del materiale. Nonostante lʼastrattezza del segno grafico, anzi, proprio grazie ad essa, lʼartista ha cercato di produrre lʼillusione del concreto, della materia. La tecnica usata, quella calcografica, lo ha senzʼaltro aiutato. Per il loro spessore le matrici lasciano tracce profonde nella carta, la cui resistenza, messa a dura prova, le permette di acquisire la terza dimensione.
OLTRE LʼAMORFO
La critica ha giustamente posto lʼaccento sullʼimportanza dei materiali nella ricerca artistica di Tenuti. Spesso, infatti, nelle opere in cui gli oggetti vengono direttamente proposti come fatti dʼarte e` difficile scorgere le forme mentre vengono posti in evidenza I materiali. Lʼartista va a reperire gli oggetti che intende impiegare in luoghi dove le cose finiscono quando sono state trasformate dalle forze della natura o da quelle dell’uomo fino ad essere ridotte alla componente materiale. Opere degli anni Ottanta come Per pulire le nuvole, Piombo, Fermapensieri e Ramandolo, ottenute assemblando oggetti eterogenei, mostrano che cosa puo` accadere quando le forme non sono più nettamente identificabili: tutto sembra potersi abbinare a tutto, cosicchè alla fine non resta che il caos.
La scienza lo chiama entropia ed e` cio` che sopravviene quando, con il tempo, le cose decadono naturalmente trasformandosi in unʼentità indifferenziata. Tenuti arriva, però, gradualmente allʼamorfo. In opere come Per pulire le nuvole e Piombo e` ancora possibile identificare gli oggetti utilizzati. Sembra addirittura possibile distinguerli nelle due categorie degli oggetti naturali e di quelli artificiali. In opere precedenti, come Senza titolo, la distinzione e` ettamente formulata dallʼartista. Egli mette in scena una sorta di dramma tra una figura geometrica piana in ferro e un elemento ligneo, levigato dallʼacqua, che ha lʼinconfondibile profilo di una testa dʼuccello. Alla precisione della figura geometrica fa da contrappunto ʼambiguità dellʼelemento ligneo che mostra sembianze dʼanimale. In Fermapensieri e Ramandolo non e` piu` possibile identificare con precisione gli oggetti impiegati. Selezionati secondo il criterio della massima consunzione, essi funzionano come test di Rorschach nei quali la fantasia puo` riconoscere indifferentemente forme animali o strutture vegetali. In Ramandolo la possibilità di metamorfosi nelle quali non cʼe` piu` alcun ordine viene portata alle estreme conseguenze attraverso la presentazione di un grumo di materia combusta nella quale sembrano essere stati fusi gli oggetti piu` diversi. Se alcuni risultano ancora riconoscibili, nonostante il grado di destrutturazione e disorganizzazione della materia, e` per alludere alla possibilità del magma primordiale al quale tutto deve tornare.
Nellʼamorfo di Ramandolo non ci sono piu` materiali ma solo la materia, colta nella sua radicale indeterminazione. Ne risulta confermata lʼidea di un’irriducibile contraddizione tra forma e materia: questʼultima tende, infatti, inesorabilmente allʼamorfo. Vi è pero unʼopera che sembra indicare la possibilità di una sintesi. Ne La pietra filosofale il motivo della piega viene raccordato ad una struttura costituita da irregolari blocchi sovrapposti di un materiale simile al granito. Lʼautore sembra, dunque, contemplare la possibilita` che non vi sia contraddizione tra la materia amorfa e la forma. Infatti, nellʼopera la materia non e` puro caos perchè, accanto a vistose irregolarita`, i blocchi da cui la piega trae origine presentano, nei punti di contatto, evidenti regolarità. Lʼartista li ha “montati” in modo da rivelarne lʼaderenza grazie alle superfici perfettamente levigate.
L’alternanza delle irregolari superfici esterne dei blocchi e dei loro punti di contatto perfettamente combacianti rivela una struttura insieme ordinata e in movimento. Per questo, fra i blocchi e` possibile riconoscere la presenza di un ritmo, che è appunto ordine nel movimento. Lo si riconosce nelle pieghe presenti sulla sommità dell’opera, dove sembra culminare dopo aver preso inizio dalla parte sottostante. La distribuzione ritmica dell’energia è un tratto caratteristico della vita. Le pieghe la mostrano nell’alternarsi delle resistenze che promuovono l’accumulazione dell’energia e dei cedimenti che ne permettono l’espansione. Un esempio potrebbe essere il ritmo della risacca, che sperimentiamo sempre con piacere perchè è quello
che in natura ha la cadenza più prossima alla vita. Tenuti vi ha dedicato una piccola opera in bronzo, Dolce risacca, dove non a caso ripropone il tema della piega.
Gian Luca Tenuti
Nel corso di una visita Gianlorenzo Mellini chiedeva allʼamico notizie dei suoi ultimi lavori. Con entusiasmo Dario prese un oggetto che poso` soddisfatto sul pavimento. Era un vecchio barattolo di latta arrugginita; forse un contenitore di liquido lubrificante per macchine per cucire. Ho un vivo ricordo del contrasto fra lʼespressione soddisfatta dellʼuno e quella benevolmente interrogativa dellʼaltro perche mi colpi` che le qualita` estetiche di un oggetto non fossero evidenti allo storico dellʼarte quanto allʼartista. Mi sembra utile ricordare lʼepisodio perche e` una buona introduzione allʼanalisi dellʼarte di Dario Tenuti.
Cʼe` in lui il medesimo rapimento estetico provato dallʼestensore della Lettera di Lord Chandos dinanzi ai piu` umili oggetti della vita quotidiana. A qualcosa di simile si era riferito anche Kandinsky parlando dellʼartista come uomo libero in grado di lasciare “che la vita di ogni essere, e sia pure un fiammifero spento [o un barattolo di latta arrugginita], agisca su di lui”.
Nel gesto con cui Tenuti toglie un oggetto dalla rete di relazioni pratico-funzionali entro le quali e` inserito, cʼe` tutta la potenza de-contestualizzante di tecniche come il collage di Picasso e Braque e il ready-made duchampiano. Un semplice oggetto dʼuso, “colto nella sua elementarieta` e durezza” (Kandinsky), e` proposto per una fruizione stetica. Da sempre le cose sono state offerte dallʼarte allo sguardo come illusione. Lʼartista piu` abile poteva mostrare cosi` nitidamente gli oggetti da indurre a cercare di toccarli per la forza dellʼillusione; eppure sulla tela non cʼerano che linee e colori.
Ma non produce illusione proporre immediatamente lʼoggetto come fatto dʼarte. Si rinuncia a tradurlo nel linguaggio dellʼarte, a riprodurlo con i materiali che le sono propri. Collocandosi nel solco della tradizione che ha segnato cosi` profondamente il corso dellʼarte per la rinuncia allʼillusione,
il gesto di Tenuti aveva suscitato lʼespressione benevolmente interrogativa dellʼamico. Tenuti e` particolarmente attratto dagli oggetti piu` degradati, da quelli che hanno subito lʼazione delle forze che li privano della forma e li riducono alla sola componente materiale. In lui cʼe`, dunque,
unʼestetica dellʼamorfo ma cʼe` anche una ricerca nella quale la forma e` classicamente proposta come risultato di una lotta condotta dallʼartista contro i materiali impiegati.
LʼILLUSIONE E LA PIEGA
In unʼopera degli anni Settanta, Bidone, un bidone raccolto nel greto dellʼAdige viene proposto come opera dʼarte dopo una semplice pulitura tesa a mettere in risalto la ruggine e le profonde ammaccature prodotte dagli urti subiti dallʼoggetto nellʼimpatto con altri corpi. Lʼartista e` interessato a quel che sopravviene con la perdita della forma, quando le sole possibilita` estetiche sono quelle del materiale.
In Estetica di uno schiacciamento, dei primi anni Duemila, il probabile risultato del violento impatto fra un bidone metallico di uso industriale e un corpo pesante che lo investe verticalmente non viene presentato nel materiale originale ma riprodotto nel marmo. E` legittimo dedurne che lʼinteresse dellʼartista non vada piu` al materiale. Luigi Meneghelli ha riferito di aver tratto da questʼopera “lʼimpressione di una corporeita` ʻstirataʼ” e ha osservato, acutamente, “che la forma appiattita del bidone può trovare vera ospitalita` estetica solo nella sensuale leggerezza del marmo”.
Osserviamo che il marmo non è “leggero”, anche se e` corretto affermare che lʼartista ha voluto produrre un bidone di marmo “leggero”. Potremmo allora dire che ha voluto proporlo alla fruizione estetica dopo aver cercato di renderlo sottile come un foglio di carta. Qual e` il senso di tale operazione?
Lʼillusione segna la vittoria della forma sulla materia perché legata alla produzione di unʼapparenza nella quale il materiale utilizzato si occulta. Essa non si afferma soltanto attraverso
la figurazione. Quando le tendenze moderniste hanno portato al superamento della figurazione, lʼillusione si e` manifestata nel tentativo intrapreso dalle arti di vincere la resistenza dei materiali usandoli in modo incongruo rispetto alle loro caratteristiche. Cosi`, in Estetica di uno schiacciamento Tenuti ha usato il marmo, materiale pesante, massiccio come pochi altri, come se potesse perdere volume ed essere ridotto a due dimensioni. In unʼaltra opera il medesimo intento formale sembra essere perseguito cercando di ottenere nel marmo effetti simili al disegno. Benchè realizzata in armo, Passeggiata 3 è ispirata a un motivo grafico. Lʼartista “disegna”, con il duro e rigido materiale, delle volute. Egli sembra voler rappresentare nel marmo le forme in movimento con la liberta` concessa dal disegno. Ma e` soprattutto il tema della piega che sembra congeniale allʼartista per raggiungere le proprie finalità` illusionistiche. Presenti anche nei bronzi, le pieghe trovano sviluppo in particolare nei marmi. In entrambi i casi, lʼeffetto plastico che interessa allʼartista e` ottenuto forzando le caratteristiche del materiale. In Passeggiata 1 e 2 egli “piega” e “ripiega” il marmo producendo lʼeffetto di spessi drappi di tessuto che si avviluppano morbidi. In opere in bronzo come Pianta dei sogni e Verso lʼalto, invece, per lʼimpiego di un materiale più duttile, i viluppi si stendono e a tratti si ergono verso lʼalto quasi in virtu` di una miracolosa rigidità.
Anche la grafica di Tenuti sembra rispondere ad intenti illusionistici. Egli ne ha prodotta nellʼarco di tutto il suo percorso artistico e sempre “da scultore”. La produzione grafica è, infatti, volta a generare lʼillusione del materiale. Nonostante lʼastrattezza del segno grafico, anzi, proprio grazie ad essa, lʼartista ha cercato di produrre lʼillusione del concreto, della materia. La tecnica usata, quella calcografica, lo ha senzʼaltro aiutato. Per il loro spessore le matrici lasciano tracce profonde nella carta, la cui resistenza, messa a dura prova, le permette di acquisire la terza dimensione.
OLTRE LʼAMORFO
La critica ha giustamente posto lʼaccento sullʼimportanza dei materiali nella ricerca artistica di Tenuti. Spesso, infatti, nelle opere in cui gli oggetti vengono direttamente proposti come fatti dʼarte e` difficile scorgere le forme mentre vengono posti in evidenza I materiali. Lʼartista va a reperire gli oggetti che intende impiegare in luoghi dove le cose finiscono quando sono state trasformate dalle forze della natura o da quelle dell’uomo fino ad essere ridotte alla componente materiale. Opere degli anni Ottanta come Per pulire le nuvole, Piombo, Fermapensieri e Ramandolo, ottenute assemblando oggetti eterogenei, mostrano che cosa puo` accadere quando le forme non sono più nettamente identificabili: tutto sembra potersi abbinare a tutto, cosicchè alla fine non resta che il caos.
La scienza lo chiama entropia ed e` cio` che sopravviene quando, con il tempo, le cose decadono naturalmente trasformandosi in unʼentità indifferenziata. Tenuti arriva, però, gradualmente allʼamorfo. In opere come Per pulire le nuvole e Piombo e` ancora possibile identificare gli oggetti utilizzati. Sembra addirittura possibile distinguerli nelle due categorie degli oggetti naturali e di quelli artificiali. In opere precedenti, come Senza titolo, la distinzione e` ettamente formulata dallʼartista. Egli mette in scena una sorta di dramma tra una figura geometrica piana in ferro e un elemento ligneo, levigato dallʼacqua, che ha lʼinconfondibile profilo di una testa dʼuccello. Alla precisione della figura geometrica fa da contrappunto ʼambiguità dellʼelemento ligneo che mostra sembianze dʼanimale. In Fermapensieri e Ramandolo non e` piu` possibile identificare con precisione gli oggetti impiegati. Selezionati secondo il criterio della massima consunzione, essi funzionano come test di Rorschach nei quali la fantasia puo` riconoscere indifferentemente forme animali o strutture vegetali. In Ramandolo la possibilità di metamorfosi nelle quali non cʼe` piu` alcun ordine viene portata alle estreme conseguenze attraverso la presentazione di un grumo di materia combusta nella quale sembrano essere stati fusi gli oggetti piu` diversi. Se alcuni risultano ancora riconoscibili, nonostante il grado di destrutturazione e disorganizzazione della materia, e` per alludere alla possibilità del magma primordiale al quale tutto deve tornare.
Nellʼamorfo di Ramandolo non ci sono piu` materiali ma solo la materia, colta nella sua radicale indeterminazione. Ne risulta confermata lʼidea di un’irriducibile contraddizione tra forma e materia: questʼultima tende, infatti, inesorabilmente allʼamorfo. Vi è pero unʼopera che sembra indicare la possibilità di una sintesi. Ne La pietra filosofale il motivo della piega viene raccordato ad una struttura costituita da irregolari blocchi sovrapposti di un materiale simile al granito. Lʼautore sembra, dunque, contemplare la possibilita` che non vi sia contraddizione tra la materia amorfa e la forma. Infatti, nellʼopera la materia non e` puro caos perchè, accanto a vistose irregolarita`, i blocchi da cui la piega trae origine presentano, nei punti di contatto, evidenti regolarità. Lʼartista li ha “montati” in modo da rivelarne lʼaderenza grazie alle superfici perfettamente levigate.
L’alternanza delle irregolari superfici esterne dei blocchi e dei loro punti di contatto perfettamente combacianti rivela una struttura insieme ordinata e in movimento. Per questo, fra i blocchi e` possibile riconoscere la presenza di un ritmo, che è appunto ordine nel movimento. Lo si riconosce nelle pieghe presenti sulla sommità dell’opera, dove sembra culminare dopo aver preso inizio dalla parte sottostante. La distribuzione ritmica dell’energia è un tratto caratteristico della vita. Le pieghe la mostrano nell’alternarsi delle resistenze che promuovono l’accumulazione dell’energia e dei cedimenti che ne permettono l’espansione. Un esempio potrebbe essere il ritmo della risacca, che sperimentiamo sempre con piacere perchè è quello
che in natura ha la cadenza più prossima alla vita. Tenuti vi ha dedicato una piccola opera in bronzo, Dolce risacca, dove non a caso ripropone il tema della piega.
Gian Luca Tenuti
01
settembre 2010
Dario Tenuti – Scultura e Grafica
Dal primo al 15 settembre 2010
arte contemporanea
Location
SPAZIO 6
Verona, Via Santa Maria In Organo, 6, (Verona)
Verona, Via Santa Maria In Organo, 6, (Verona)
Orario di apertura
martedì a domenica ore 16,30-19,30
Vernissage
1 Settembre 2010, ore 18.00
Autore
Curatore