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DAVID BOWIE – BERLINO: a new career in a new town
ONO arte celebra la carriera di David Bowie attraverso una retrospettiva che si concerta sulla suo periodo berlinese e sulla vita artistica, culturale e sociale di Berlino stessa a cavallo tra fine anni ’70 e primi anni ’80.
Comunicato stampa
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ONO arte inaugura la mostra “DAVID BOWIE I BERLINO: a new career in a new town” che, attraverso un centinaio di immagini di 15 diversi fotografi di fama internazionale (tra cui Brian Duffy,Sheila Rock, Ian Dickson, Philippe Auliac, Tery O’ Neill), rari video di Milva filmati dalla RAI in giro per le strade della città e le testimonianze dirette dei protagonisti di queste vicende assieme a Bowie, ripercorre gli anni della trilogia berlinese, dal ’76 al ’79. In quegli anni Bowie si trasferì a Berlino, all’epoca quanto mai lacerata dal muro, per un breve ma iper-creativo periodo dal quale nasceranno tre album che cambieranno per sempre la storia della musica: Low, “Heroes” e Lodger.
Gli scatti fotografici, alcuni inediti per l’Italia, documentano i momenti in cui Bowie lavora alla produzione dei dischi in sala di registrazione presso gli studi Hansa by the Wall, assieme a Brian Eno e Tony Visconti, oppure mentre gira per le strade di Berlino assieme a Iggy Pop con il quale si era trasferito nella città del muro. Gli scatti sono tanto più rari quanto più Bowie in quegli anni era in vero e proprio ritiro nel tentativo di ricostruire la sua vita attraverso una nuova ricerca musicale. Bowie era totalmente immerso nella musica, nell’arte delle gallerie a ovest e nei cabaret a est, tutti elementi che sono rappresentati in mostra da materiale documentaristico originale.
Per mettere in luce la straordinarietà del periodo berlinese, la mostra comprende anche una seconda sezione in cui vengo presentati scatti molto più iconici e conosciuti del periodo subito precedente e subito successivo a qui tre fatidici anni. Ecco quindi da un lato le immagini super colorate e quasi pop di Ziggy Stardust e Aladdin Sane, dall’altro quelle di Scary Monsters che già si inoltra negli anni 80 in quel modo visionario e originale che solo David Bowie sapeva.
In mostra sarà anche disponibile il catalogo edito da Auditorium Edizioni, con decine di immagini e tutti i testi che raccontano questo fondamentale periodo per la storia della musica.
LA MOSTRA:
Quando decide di lasciare Los Angeles per tonare in Europa, David Bowie è un musicista di successo mondiale, con alle spalle album che hanno segnato la cultura pop come Hunky Dory, Ziggy Stardust e Aladdin Sane, ma fisicamente e psicologicamente è sull’orlo del collasso.
La vita in California lo sta consumando in un mix di cocaina, magia nera e dieta a base di latte e peperoni; Bowie è magrissimo e i nervi stanno cedendo. La creatività di David Robert Jones, quella che gli ha permesso di anticipare sempre le mode e gli stili, da segni di cedimento nonostante dischi di plastic soul come Diamond Dogs e soprattutto Young Americans gli stiano dando fama, gloria e denaro anche negli Stati Uniti.
In uno dei suoi momenti più cupi, Bowie trova però la forza di salvare se stesso e lo fa inventando qualcosa di completamente nuovo.
Quel qualcosa ha i contorni di due autostrade; la prima è una highway californiana sulla quale Bowie inizia a passare le sue giornate nel tentativo di sfuggire alle sue paure e paranoie. La seconda è un autobahn tedesca sulla quale i tedeschi Kraftwerk stanno scrivendo una pagine significativa della musica contemporanea. Florian Schneider e Ralf Hütter fondano i Kraftwerk nel 1970. Nel 1974, dopo vari esperimenti, iniziano a inserire massicciamente linee ritmiche sintetiche che sono il preludio all’uscita di Autobahn proprio di quell’anno. Il gruppo di Duesseldorf detta non solo i canoni del cosiddetto Krautrock ma sarà ispiratore anche di numerosi altri musicisti che, soprattutto sulle ceneri del punk, utilizzeranno l’elettronica per produrre musica sia su disco che dal vivo: la new wave, soprattutto britannica, che si allontana dalla musica di stampo chitarristico avrebbe trovato il proprio punto di riferimento. Il primo sussultò sarà Station to Station registrato a Los Angeles quando gli amici John Lennon e Elton John lo davano oramai per morto. Il disco verrà definito da Brian Eno stesso una pietra miliare della musica popolare. Bowie in questo episodio indossa la maschera del sottile Duca Bianco ma non gli sarebbe bastata per salvarsi.
Con quel misto di speranza e disperazione guida ininterrottamente per le highway ascoltando Autobahn dei Kraftwerk e sognando di tornare in Europa. Durante il tour di Station to Station incontra anche lo scrittore Christopher Isherwood che della Berlino negli anni ’40 aveva narrato le storie e rimane affascinato dai suoi racconti.
Bowie ha deciso che lascerà gli Stati Uniti per tornare in Europa ma non nella natia Londra, nonostante ci siano già segnali precisi della nuova rivoluzione politica, sociale e culturale che culminerà nella breve ma determinante stagione del punk. Uno come lui avrebbe potuto trovare quella linfa vitale necessaria al cambiamento e alla rottura con i vecchi schemi solo, appunto, nella Berlino di quel preciso momento storico.
Nella ex capitale del Terzo Reich è alla ricerca disperata di qualcosa che lo sottragga alla luce e ai suoni della Los Angeles che si è lasciato alle spalle e lo troverà proprio nella musica algida della band tedesca, nella teatrale decadenza della Berlino di Brecht con i fantasmi del recente passato nazista, nella scuola pittorica espressionista Die Bruecke e nel cinema tedesco di registi come Pabst. Ma Berlino in quegli anni è soprattutto il muro che la taglia in 2 parti: una frontiera che è il punto di frizione tra due i mondi che si fronteggiavano in una guerra fredda come la musica che sarebbe andato a comporre.
Il muro di protezione antifascista, come venne chiamato dalla Propaganda, venne costruito nel 1961 per impedire l’emorragia, soprattutto di professionisti e scienziati, dall’est verso l’ovest. Quando Bowie e Iggy Pop atterrano all’aeroporto di Berlin-Tegel, i Vopos – la volkspolizei della DDR - presidiano dalle torrette di guardia la nuova frontiera tra est e ovest.
Gli studi di registrazione Hansa By The Wall sono così chiamati proprio per la loro vicinanza al muro. Bowie racconta che mentre suonavano vedevano i Vopos con i Kalashnikov puntati verso le vetrate dello studio e questo rendeva tutto più nervoso e urgente. Lo stesso muro diventa anche il set involontario della storia d’amore clandestina di Tony Visconti, produttore di Low e ‘Heroes’, e Antonia Maass la cantante che Bowie, Visconti e Iggy Pop incontrano in un cabaret della Berlino Est durante le loro incursioni notturne alla ricerca delle memorie della Repubblica di Weimar.
I due erano soliti incontrarsi sotto alle torrette di guardia e dalle vetrate degli Hansa Studios Bowie li poteva osservare durante le pause di registrazione; Tony Visconti e Antonia Maass sarebbero diventati, a loro insaputa, i protagonisti di ‘Heroes’. Un amore che sarebbe potuto vivere solo un giorno, perché niente avrebbe potuto tenerli uniti, sembrava una storia degna di essere raccontata e Bowie ci scrisse forse la sua canzone più epica oltre ad una delle più famose e acclamate nella storia della musica popolare.
Le giornate di Bowie trascorrevano lente fatte di un continua ricerca dell’innovazione ed ispirazioni. Berlino era la sua fonte e gli rimandava continui impulsi fatti di arte, musica e teatro. Era solito infatti visitare la Galerie am Mortizplatz, stabile occupato da artisti come Rainr Fetting, Helmut Middendorf o Salomè, che formarono i Neuen Wilden, i neoespessionisti tedeschi. I lunghi pomeriggi erano fatti di bevute in squallidi gay bar come il Neues Ufer o il più celeberrimo Paris Bar, in cui i due rilasciarono una famosa intervista a Rolling Stons da ubriachi marci. La sera erano in giro per i cabaret, con frequenti incursioni a est, e non solo quelli di travestiti; ad attirali fino alle prime luci dell’alba erano con le tipiche canzoni tedesche degli anni ’40 e le memorie decadenti della Repubblica di Weimar.
Brian Eno è un altro dei personaggi fondamentali di questa storia. Come membro dei Roxy Music e poi come produttore si è sempre interessato di nuove tecnologie da applicale alla produzione musicale. Ad un certo punto, tra le prime registrazioni di Low al castello d’Herouville in Francia e agli Hansa by The Wall a Berlino, si ritrova per le mani l’EMS, un sintetizzatore dalle dimensioni ridotte capace di processare i suoni in diretta, con il quale creerà molti dei suoni di chitarra dell’album ‘Heroes’, facendoli sembrare suoni alieni. In questo senso il lavoro di Brian Eno e la produzione di Tony Visconti conferiranno a Low e ‘Heroes’ quella connotazione pionieristica; i due album, pur spingendosi in territori musicali mai esplorati, diventeranno subito dei classici nonostante né Bowie nè Eno in realtà sapevano cosa stessero facendo.
In realtà i suoni di LOW furono testati al Castello d’Herouville quando Bowie e Visconti producono The Idiot, il primo album solista di Iggy Pop. Ma la natura di Low è ben diversa. Il primo lato del disco inizia con uno strumentale, cosa atipica per Bowie, e una serie di canzoni che uniscono ritmiche funky a sonorità più algide. Ma è il secondo lato che spiazza tutti. I pezzi strumentali che lo compongono anticipano l’ambient, la new age e le sonorità della new wave e del post punk elettronico che sarebbe nato da lì a poco sulle ceneri del punk.
‘Heroes’ invece viene registrato e mixato per intero a Berlino dalla stessa squadra. Il disco viene registrato nella sala più grande degli Hansa Studios di Berlino, quella chiamata “Hall By The Wall”. Si tratta di una ex sala da ballo dell’epoca di Weimar che venne poi usata dai nazisti per ricevimenti e feste. La struttura dei 2 dischi è la stessa. Primo lato con pezzi cantati e secondo lato quasi tutto strumentale. Pionieristico, all’avanguardia, senza punti di riferimento, pietra miliare: per Low e ‘Heroes’ i commenti sembrano gli stessi. L’impatto sulla nuova generazione di musicisti post punk fu fondamentale a partire dai Joy Division di Ian Curtis.
C’è però una terza strada sulla quale Bowie si viene a trovare in quel periodo.
Una sera in macchina assieme ad Iggy Pop si ritrovano a girare in tondo nel parcheggio sotterraneo dell’hotel Gerhus dove alloggiavano sfiorando i 160 all’ora. Una parte di loro avrebbe voluto davvero farla finita con quella pagliacciata che era diventata la loro esistenza, dirà Bowie più tardi; ma il caso ha preferito che la benzina finisse proprio quando aveva individuato il pilone contro il quale voleva schiantarsi. Da quell’episodio nasce “Always Crashing In The Same Car”, forse il brano più famoso di Low.
Bowie, per quello che sarà il terzo disco della cosiddetta trilogia di Berlino, se ne è già andato. Lodger viene registrato a Montreaux e mixato a New York nel 1979. Bowie nel 1979 è già altrove. Nel 1980 arriva Scary Monsters con “Ashes to Ashes” e il suo video capolavoro visionario e inquietante con Bowie che sembra già pronto per dettare i canoni estetici e sonori degli anni 80.
Gli scatti fotografici, alcuni inediti per l’Italia, documentano i momenti in cui Bowie lavora alla produzione dei dischi in sala di registrazione presso gli studi Hansa by the Wall, assieme a Brian Eno e Tony Visconti, oppure mentre gira per le strade di Berlino assieme a Iggy Pop con il quale si era trasferito nella città del muro. Gli scatti sono tanto più rari quanto più Bowie in quegli anni era in vero e proprio ritiro nel tentativo di ricostruire la sua vita attraverso una nuova ricerca musicale. Bowie era totalmente immerso nella musica, nell’arte delle gallerie a ovest e nei cabaret a est, tutti elementi che sono rappresentati in mostra da materiale documentaristico originale.
Per mettere in luce la straordinarietà del periodo berlinese, la mostra comprende anche una seconda sezione in cui vengo presentati scatti molto più iconici e conosciuti del periodo subito precedente e subito successivo a qui tre fatidici anni. Ecco quindi da un lato le immagini super colorate e quasi pop di Ziggy Stardust e Aladdin Sane, dall’altro quelle di Scary Monsters che già si inoltra negli anni 80 in quel modo visionario e originale che solo David Bowie sapeva.
In mostra sarà anche disponibile il catalogo edito da Auditorium Edizioni, con decine di immagini e tutti i testi che raccontano questo fondamentale periodo per la storia della musica.
LA MOSTRA:
Quando decide di lasciare Los Angeles per tonare in Europa, David Bowie è un musicista di successo mondiale, con alle spalle album che hanno segnato la cultura pop come Hunky Dory, Ziggy Stardust e Aladdin Sane, ma fisicamente e psicologicamente è sull’orlo del collasso.
La vita in California lo sta consumando in un mix di cocaina, magia nera e dieta a base di latte e peperoni; Bowie è magrissimo e i nervi stanno cedendo. La creatività di David Robert Jones, quella che gli ha permesso di anticipare sempre le mode e gli stili, da segni di cedimento nonostante dischi di plastic soul come Diamond Dogs e soprattutto Young Americans gli stiano dando fama, gloria e denaro anche negli Stati Uniti.
In uno dei suoi momenti più cupi, Bowie trova però la forza di salvare se stesso e lo fa inventando qualcosa di completamente nuovo.
Quel qualcosa ha i contorni di due autostrade; la prima è una highway californiana sulla quale Bowie inizia a passare le sue giornate nel tentativo di sfuggire alle sue paure e paranoie. La seconda è un autobahn tedesca sulla quale i tedeschi Kraftwerk stanno scrivendo una pagine significativa della musica contemporanea. Florian Schneider e Ralf Hütter fondano i Kraftwerk nel 1970. Nel 1974, dopo vari esperimenti, iniziano a inserire massicciamente linee ritmiche sintetiche che sono il preludio all’uscita di Autobahn proprio di quell’anno. Il gruppo di Duesseldorf detta non solo i canoni del cosiddetto Krautrock ma sarà ispiratore anche di numerosi altri musicisti che, soprattutto sulle ceneri del punk, utilizzeranno l’elettronica per produrre musica sia su disco che dal vivo: la new wave, soprattutto britannica, che si allontana dalla musica di stampo chitarristico avrebbe trovato il proprio punto di riferimento. Il primo sussultò sarà Station to Station registrato a Los Angeles quando gli amici John Lennon e Elton John lo davano oramai per morto. Il disco verrà definito da Brian Eno stesso una pietra miliare della musica popolare. Bowie in questo episodio indossa la maschera del sottile Duca Bianco ma non gli sarebbe bastata per salvarsi.
Con quel misto di speranza e disperazione guida ininterrottamente per le highway ascoltando Autobahn dei Kraftwerk e sognando di tornare in Europa. Durante il tour di Station to Station incontra anche lo scrittore Christopher Isherwood che della Berlino negli anni ’40 aveva narrato le storie e rimane affascinato dai suoi racconti.
Bowie ha deciso che lascerà gli Stati Uniti per tornare in Europa ma non nella natia Londra, nonostante ci siano già segnali precisi della nuova rivoluzione politica, sociale e culturale che culminerà nella breve ma determinante stagione del punk. Uno come lui avrebbe potuto trovare quella linfa vitale necessaria al cambiamento e alla rottura con i vecchi schemi solo, appunto, nella Berlino di quel preciso momento storico.
Nella ex capitale del Terzo Reich è alla ricerca disperata di qualcosa che lo sottragga alla luce e ai suoni della Los Angeles che si è lasciato alle spalle e lo troverà proprio nella musica algida della band tedesca, nella teatrale decadenza della Berlino di Brecht con i fantasmi del recente passato nazista, nella scuola pittorica espressionista Die Bruecke e nel cinema tedesco di registi come Pabst. Ma Berlino in quegli anni è soprattutto il muro che la taglia in 2 parti: una frontiera che è il punto di frizione tra due i mondi che si fronteggiavano in una guerra fredda come la musica che sarebbe andato a comporre.
Il muro di protezione antifascista, come venne chiamato dalla Propaganda, venne costruito nel 1961 per impedire l’emorragia, soprattutto di professionisti e scienziati, dall’est verso l’ovest. Quando Bowie e Iggy Pop atterrano all’aeroporto di Berlin-Tegel, i Vopos – la volkspolizei della DDR - presidiano dalle torrette di guardia la nuova frontiera tra est e ovest.
Gli studi di registrazione Hansa By The Wall sono così chiamati proprio per la loro vicinanza al muro. Bowie racconta che mentre suonavano vedevano i Vopos con i Kalashnikov puntati verso le vetrate dello studio e questo rendeva tutto più nervoso e urgente. Lo stesso muro diventa anche il set involontario della storia d’amore clandestina di Tony Visconti, produttore di Low e ‘Heroes’, e Antonia Maass la cantante che Bowie, Visconti e Iggy Pop incontrano in un cabaret della Berlino Est durante le loro incursioni notturne alla ricerca delle memorie della Repubblica di Weimar.
I due erano soliti incontrarsi sotto alle torrette di guardia e dalle vetrate degli Hansa Studios Bowie li poteva osservare durante le pause di registrazione; Tony Visconti e Antonia Maass sarebbero diventati, a loro insaputa, i protagonisti di ‘Heroes’. Un amore che sarebbe potuto vivere solo un giorno, perché niente avrebbe potuto tenerli uniti, sembrava una storia degna di essere raccontata e Bowie ci scrisse forse la sua canzone più epica oltre ad una delle più famose e acclamate nella storia della musica popolare.
Le giornate di Bowie trascorrevano lente fatte di un continua ricerca dell’innovazione ed ispirazioni. Berlino era la sua fonte e gli rimandava continui impulsi fatti di arte, musica e teatro. Era solito infatti visitare la Galerie am Mortizplatz, stabile occupato da artisti come Rainr Fetting, Helmut Middendorf o Salomè, che formarono i Neuen Wilden, i neoespessionisti tedeschi. I lunghi pomeriggi erano fatti di bevute in squallidi gay bar come il Neues Ufer o il più celeberrimo Paris Bar, in cui i due rilasciarono una famosa intervista a Rolling Stons da ubriachi marci. La sera erano in giro per i cabaret, con frequenti incursioni a est, e non solo quelli di travestiti; ad attirali fino alle prime luci dell’alba erano con le tipiche canzoni tedesche degli anni ’40 e le memorie decadenti della Repubblica di Weimar.
Brian Eno è un altro dei personaggi fondamentali di questa storia. Come membro dei Roxy Music e poi come produttore si è sempre interessato di nuove tecnologie da applicale alla produzione musicale. Ad un certo punto, tra le prime registrazioni di Low al castello d’Herouville in Francia e agli Hansa by The Wall a Berlino, si ritrova per le mani l’EMS, un sintetizzatore dalle dimensioni ridotte capace di processare i suoni in diretta, con il quale creerà molti dei suoni di chitarra dell’album ‘Heroes’, facendoli sembrare suoni alieni. In questo senso il lavoro di Brian Eno e la produzione di Tony Visconti conferiranno a Low e ‘Heroes’ quella connotazione pionieristica; i due album, pur spingendosi in territori musicali mai esplorati, diventeranno subito dei classici nonostante né Bowie nè Eno in realtà sapevano cosa stessero facendo.
In realtà i suoni di LOW furono testati al Castello d’Herouville quando Bowie e Visconti producono The Idiot, il primo album solista di Iggy Pop. Ma la natura di Low è ben diversa. Il primo lato del disco inizia con uno strumentale, cosa atipica per Bowie, e una serie di canzoni che uniscono ritmiche funky a sonorità più algide. Ma è il secondo lato che spiazza tutti. I pezzi strumentali che lo compongono anticipano l’ambient, la new age e le sonorità della new wave e del post punk elettronico che sarebbe nato da lì a poco sulle ceneri del punk.
‘Heroes’ invece viene registrato e mixato per intero a Berlino dalla stessa squadra. Il disco viene registrato nella sala più grande degli Hansa Studios di Berlino, quella chiamata “Hall By The Wall”. Si tratta di una ex sala da ballo dell’epoca di Weimar che venne poi usata dai nazisti per ricevimenti e feste. La struttura dei 2 dischi è la stessa. Primo lato con pezzi cantati e secondo lato quasi tutto strumentale. Pionieristico, all’avanguardia, senza punti di riferimento, pietra miliare: per Low e ‘Heroes’ i commenti sembrano gli stessi. L’impatto sulla nuova generazione di musicisti post punk fu fondamentale a partire dai Joy Division di Ian Curtis.
C’è però una terza strada sulla quale Bowie si viene a trovare in quel periodo.
Una sera in macchina assieme ad Iggy Pop si ritrovano a girare in tondo nel parcheggio sotterraneo dell’hotel Gerhus dove alloggiavano sfiorando i 160 all’ora. Una parte di loro avrebbe voluto davvero farla finita con quella pagliacciata che era diventata la loro esistenza, dirà Bowie più tardi; ma il caso ha preferito che la benzina finisse proprio quando aveva individuato il pilone contro il quale voleva schiantarsi. Da quell’episodio nasce “Always Crashing In The Same Car”, forse il brano più famoso di Low.
Bowie, per quello che sarà il terzo disco della cosiddetta trilogia di Berlino, se ne è già andato. Lodger viene registrato a Montreaux e mixato a New York nel 1979. Bowie nel 1979 è già altrove. Nel 1980 arriva Scary Monsters con “Ashes to Ashes” e il suo video capolavoro visionario e inquietante con Bowie che sembra già pronto per dettare i canoni estetici e sonori degli anni 80.
29
novembre 2012
DAVID BOWIE – BERLINO: a new career in a new town
Dal 29 novembre 2012 al 17 gennaio 2013
fotografia
arte contemporanea
arte contemporanea
Location
ONO ARTE CONTEMPORANEA
Bologna, Via Santa Margherita, 10, (Bologna)
Bologna, Via Santa Margherita, 10, (Bologna)
Orario di apertura
da martedì a sabato dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 21.30
Vernissage
29 Novembre 2012, ore 18.30
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