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David Maljkovic – All Day All Year
‘All Day All Year’ si compone di nuove installazioni e opere a parete al fine di esplorare la natura artificiosa dello studio dell’artista, come anche la sua frammentarietà.
Comunicato stampa
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L’opera di David Maljković rappresenta una variante altamente controllata dell’utilizzo di certi motivi formalisti. Mentre la narrativa costituisce l’elemento d’origine di ogni progetto, le diverse soluzioni visive dell’artista ne intaccano la supremazia modificandola profondamente. Agendo entro un set di direttive formali, il processo di costruzione codifica la narrativa e postula quel che Maljković stesso descrive come una nuova logica semantica. In termini estetici, il suo progetto complessivo riguarda proprio le relazioni variabili che esistono tra forma e contenuto, come pure tra significato e significante in termini linguistici. Ed è proprio all’interno di questa relazione che Maljković negozia i suoi metodi formali, e le sue intenzioni disgiuntive.
Nella sua pratica artistica, David Maljković ha ripetutamente problematizzato il suo stesso studio, sia ad un livello personale che in senso generale. Questa ricerca è iniziata con Place with Limited Premeditation (2003/04), mostra che prendeva spunto dal suo studio sito allora in Amsterdam. E ha proseguito poi con diversi progetti tra cui Temporary Projection (2011) presso la galleria Georg Kargl di Vienna, dove Maljković ha installato uno studio fittizio così frantumando l’idea paradigmatica di uno spazio di lavoro –che è anche un luogo intimo vissuto dall’artista- proprio giocando con l’inesistenza di quell’ambiente specifico.
All Day All Year si pone in continuità con i suddetti progetti, sebbene qui lo studio non venga usato come format, bensì come presa di posizione. Quest’ultima è definita dallo stesso spazio e dalla sua locazione, ma soprattutto rappresenta una specifica volontà ad agire. Solleva riflessioni riguardanti le politiche dello sguardo, già culminate con la mostra dello scorso anno intitolata A Retrospective by Appointment, in cui lo studio veniva usato come sede stessa della mostra, ma serviva anche come simbolo del contesto istituzionale presente a Zagabria, e come commento critico rispetto a tale contesto.
Tutte queste esperienze sono state ‘teletrasportate’ all’interno degli spazi della galleria T293, e poi fuse tra di loro in nuove soluzioni. A prescindere dal fatto che la mostra porti con sé alcuni degli artefatti che costituiscono questa esperienza, All Day All Year non tematizza l’oggettualità dell’ambiente-studio, quanto piuttosto esplora la sua natura artificiosa, e la sua frammentarietà. Questo aspetto frammentario è infatti presente in tutte le installazioni in mostra, così da dare forma alla realtà spezzata che contraddistingue lo spazio quotidiano dell’artista. I tavoli da lavoro erano già stati usati come display all’interno della mostra A Retrospective by Appointment: un elemento funzionale, come funzionale è il tavolo da lavoro, assumeva così un ruolo diverso, quello di schermo. In quell’occasione, la sinergia tra il volume e la funzionalità degli oggetti aveva come creato una nuova superficie per la messa in mostra del processo artistico. Qui invece, questi oggetti funzionali vengono ridotti alle loro forme essenziali, senza l’aggiunta di opera d’arte alcuna. Questa azione così sfacciatamente disfunzionale è anche presente nei tavoli che si ergono nel centro dello spazio, mentre invece la natura frammentaria della realtà dell’artista diviene più evidente nei pezzi di pavimento dello studio trasformati in piedistalli poi sparsi disordinatamente all’interno dello spazio della galleria.
I lavori bidimensionali sembrano assumere il ruolo principale di testimoni della realtà dello spazio, sebbene allo stesso tempo sembrino eludere un aspetto meramente documentaristico. Nella loro essenza, queste opere si riferiscono più al vero e proprio atto di trasposizione dello spazio dello studio all’interno dello spazio della galleria, e alla conseguente decostruzione dello spazio privato dell’artista. In queste opere, l’immagine stessa diviene luogo atto alla costruzione di un nuovo ordine, e in un certo senso lo studio stesso diviene l’assemblaggio dei diversi ordini precedentemente costruiti. Un tale assemblaggio contiene infatti vari elementi di diversi progetti passati –si pensi ai filtri di luce presenti in Missing Colours (2010), progetto tra i più significativi in tal senso. Entrambe le immagini presenti in mostra sono state tuttavia elaborate in maniera diversa: una è infatti stampata su tela, e poi dipinta ad olio, così da mettere in risalto la presenza e la specifica interpretazione dell’artista di quell’immagine; l’altra invece è una stampa su carta d’archivio in cui il processo di destrutturazione dell’immagine dello studio all’interno di molteplici ritagli poi assemblati l’uno sull’altro crea una nuova modalità di presentazione, e lo studio viene così colto come in una sorta di fase interstiziale.
David Maljković è nato nel 1973 in Rijeka, Croazia. Le sue opere sono state esposte nelle più importanti istituzioni e gallerie d’arte del mondo, come il VOX Centre de l’Image Contemporaine di Montreal (2016), il Palais de Tokyo di Parigi (2014), il Baltic Art Centre for Contemporary Art, Gateshead (2013), lo Sculpture Center di New York (2012), il Museo di Arte Moderna di Lubiana (2010). Il suo lavoro figura nelle più importanti collezioni del mondo, non solo private ma anche di musei e fondazioni, come il Centre Pompidou di Parigi, il Museo d’Arte Moderna di New York, la Tate di Londra e LA CAIXA Fondazione dell’Arte Contemporanea di Barcellona, per citarne alcuni. Il suo lavoro è stato esposto in ‘All the World’s Fututres’, la 56° mostra d’arte internazionale de La Biennale di Venezia.
Nella sua pratica artistica, David Maljković ha ripetutamente problematizzato il suo stesso studio, sia ad un livello personale che in senso generale. Questa ricerca è iniziata con Place with Limited Premeditation (2003/04), mostra che prendeva spunto dal suo studio sito allora in Amsterdam. E ha proseguito poi con diversi progetti tra cui Temporary Projection (2011) presso la galleria Georg Kargl di Vienna, dove Maljković ha installato uno studio fittizio così frantumando l’idea paradigmatica di uno spazio di lavoro –che è anche un luogo intimo vissuto dall’artista- proprio giocando con l’inesistenza di quell’ambiente specifico.
All Day All Year si pone in continuità con i suddetti progetti, sebbene qui lo studio non venga usato come format, bensì come presa di posizione. Quest’ultima è definita dallo stesso spazio e dalla sua locazione, ma soprattutto rappresenta una specifica volontà ad agire. Solleva riflessioni riguardanti le politiche dello sguardo, già culminate con la mostra dello scorso anno intitolata A Retrospective by Appointment, in cui lo studio veniva usato come sede stessa della mostra, ma serviva anche come simbolo del contesto istituzionale presente a Zagabria, e come commento critico rispetto a tale contesto.
Tutte queste esperienze sono state ‘teletrasportate’ all’interno degli spazi della galleria T293, e poi fuse tra di loro in nuove soluzioni. A prescindere dal fatto che la mostra porti con sé alcuni degli artefatti che costituiscono questa esperienza, All Day All Year non tematizza l’oggettualità dell’ambiente-studio, quanto piuttosto esplora la sua natura artificiosa, e la sua frammentarietà. Questo aspetto frammentario è infatti presente in tutte le installazioni in mostra, così da dare forma alla realtà spezzata che contraddistingue lo spazio quotidiano dell’artista. I tavoli da lavoro erano già stati usati come display all’interno della mostra A Retrospective by Appointment: un elemento funzionale, come funzionale è il tavolo da lavoro, assumeva così un ruolo diverso, quello di schermo. In quell’occasione, la sinergia tra il volume e la funzionalità degli oggetti aveva come creato una nuova superficie per la messa in mostra del processo artistico. Qui invece, questi oggetti funzionali vengono ridotti alle loro forme essenziali, senza l’aggiunta di opera d’arte alcuna. Questa azione così sfacciatamente disfunzionale è anche presente nei tavoli che si ergono nel centro dello spazio, mentre invece la natura frammentaria della realtà dell’artista diviene più evidente nei pezzi di pavimento dello studio trasformati in piedistalli poi sparsi disordinatamente all’interno dello spazio della galleria.
I lavori bidimensionali sembrano assumere il ruolo principale di testimoni della realtà dello spazio, sebbene allo stesso tempo sembrino eludere un aspetto meramente documentaristico. Nella loro essenza, queste opere si riferiscono più al vero e proprio atto di trasposizione dello spazio dello studio all’interno dello spazio della galleria, e alla conseguente decostruzione dello spazio privato dell’artista. In queste opere, l’immagine stessa diviene luogo atto alla costruzione di un nuovo ordine, e in un certo senso lo studio stesso diviene l’assemblaggio dei diversi ordini precedentemente costruiti. Un tale assemblaggio contiene infatti vari elementi di diversi progetti passati –si pensi ai filtri di luce presenti in Missing Colours (2010), progetto tra i più significativi in tal senso. Entrambe le immagini presenti in mostra sono state tuttavia elaborate in maniera diversa: una è infatti stampata su tela, e poi dipinta ad olio, così da mettere in risalto la presenza e la specifica interpretazione dell’artista di quell’immagine; l’altra invece è una stampa su carta d’archivio in cui il processo di destrutturazione dell’immagine dello studio all’interno di molteplici ritagli poi assemblati l’uno sull’altro crea una nuova modalità di presentazione, e lo studio viene così colto come in una sorta di fase interstiziale.
David Maljković è nato nel 1973 in Rijeka, Croazia. Le sue opere sono state esposte nelle più importanti istituzioni e gallerie d’arte del mondo, come il VOX Centre de l’Image Contemporaine di Montreal (2016), il Palais de Tokyo di Parigi (2014), il Baltic Art Centre for Contemporary Art, Gateshead (2013), lo Sculpture Center di New York (2012), il Museo di Arte Moderna di Lubiana (2010). Il suo lavoro figura nelle più importanti collezioni del mondo, non solo private ma anche di musei e fondazioni, come il Centre Pompidou di Parigi, il Museo d’Arte Moderna di New York, la Tate di Londra e LA CAIXA Fondazione dell’Arte Contemporanea di Barcellona, per citarne alcuni. Il suo lavoro è stato esposto in ‘All the World’s Fututres’, la 56° mostra d’arte internazionale de La Biennale di Venezia.
25
maggio 2016
David Maljkovic – All Day All Year
Dal 25 maggio al 16 luglio 2016
arte contemporanea
Location
T293
Roma, Via Ripense, 6, (Roma)
Roma, Via Ripense, 6, (Roma)
Orario di apertura
Martedì - Venerdì, dalle 12 alle 19. Sabato dalle 15 alle 19.
Vernissage
25 Maggio 2016, ore 19
Autore