Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
De Stefano | Gabbiani | Girondi – Disegni. Una scelta d’arte e di vita
Tre personalità diverse, ognuna con una propria distinta cifra stilistica, vite parallele ma distanti, che pure assorbirono dall’humus locale quei caratteri interiori che riemergono nelle scelte della produzione artistica.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Tre personalità diverse, ognuna con una propria distinta cifra stilistica, vite parallele ma distanti, che pure assorbirono dall’humus locale quei caratteri interiori che riemergono nelle scelte della produzione artistica. Giovanissimi allievi di Gian Battista Calò, la loro formazione si sviluppa con la frequenza delle Accademie di Belle Arti dove la pratica del disegno, a Napoli come a Roma, costituisce il principale strumento espressivo della pittura. Ed è soprattutto sui lavori della lunga esperienza accademica che la mostra si sofferma con attenzione, cogliendo nella pratica del disegno le espressioni artistiche che accompagneranno fino alla maturità Giuseppe Gabbiani, Vincenzo De Stefano, Raffaele Girondi.
Giuseppe Gabbiani (1862 – 1939) artista sensibile e attento collezionista, studia nei primi anni con il Calò a Barletta dedicandosi per lo più a ritratti e vedute, marine e campagne. Nel 1884 partecipa all’Esposizione Generale Italiana di Torino, nell’86 all’Esposizione di Belle Arti di Roma. Dal 1890 è a Napoli dove frequenta lo studio di Salvatore Postiglione. Nel trentennio napoletano dipinge molto sperimentando varie tecniche ma restando sostanzialmente legato ad una poetica verista. I disegni realizzati a pastello monocromo sono in prevalenza ritratti di famiglia, dei personaggi importanti della sua città, degli ambienti delle istituzioni. Fra i più belli Vittorio Emanuele II, tratteggiato con verismo tutto borghese, nella posa come nell’abbigliamento; figura di un pantheon ideale, una galleria di soggetti – parenti, amici, potenti - che incarnano i valori ideali della nuova borghesia dominante.
Di questi anni sono anche i numerosi disegni di popolane, le sciantose, e le vedute di Napoli. I disegni di paesaggio, al contrario, tornano al mondo agreste fissato nelle icone di buoi e lavoratori, custodi di un tempo mitico, lontano dai rumori e perciò consolatorio, distante da quel progresso tumultuoso che pure lo affascina appena fuori dall’orizzonte urbano. Anche le amicizie napoletane di Giuseppe Gabbiani fanno parte dei disegni giunti al Museo Civico di Barletta. Si tratta di opere inedite, databili fra gli anni ’60 del 1800 e gli anni ’40 del 1900, presentati per la prima volta alla conoscenza del pubblico e degli studiosi. Sono schizzi tracciati a volte velocemente, altri opere di disegno compiute, di quanti fecero della città partenopea il punto di riferimento nella lunga stagione ottocentesca della pittura italiana in ambito meridionale. Ed è come ritrovare nelle firme e nelle dediche che li accompagnano, una sorta di diario, interpretabile come narrazione di storie, di affinità intellettuali, di curiosità, di frequentazioni con le personalità che segnarono la vita culturale dell’intero Mezzogiorno. Nelle “pagine” dei disegni si rincorrono i nomi di G. Gigante, G. Carelli, Dalbono, Cammarano, Migliaro, Jerace, Caprile, Altamura, Gemito, i pugliesi Caldara, Piccinni, Altamura e Celentano. Se si aggiungono i pittori dai principi veristi cui lo stesso Gabbiani legò le sue scelte personali – Gemito e Cifariello – ad altri meridionali come G. De Chirico e Ciletti, la rete delle relazioni comprende i siciliani Sciuti e Vetri, i romani Joris e A. Mancini, artisti di area settentrionale come Calderini, assieme agli illustratori a cavallo tra i due secoli come F. Matania. Nei disegni viva è l’eco di un’epoca consumata sul palcoscenico della socialità, dell’arte, della mondanità. Dal Gran Caffè Gambrinus in uno sfavillio di luci a gas e colori sgargianti passa tutta Napoli. Artisti, poeti, musicisti, cantanti e personaggi illustri come gli stessi Savoia, sfilano accanto alle figure di un’epoca tardo romantica e sentimentale celebrata nelle canzoni di Gambardella e Capurro, nelle poesie di Salvatore Di Giacomo, nei racconti di Matilde Serao, nei dipinti di Dalbono.
Protagonista anch’egli di una felice stagione “barlettana”, artista versatile, disegnatore raffinato e impeccabile, Vincenzo De Stefano (1861 – 1942) allievo del pittore Gian Battista Calò, studia all’Accademia di Belle Arti di Napoli dove insegnano Domenico Morelli, Filippo Palizzi, Federico Maldarelli, Antonio Licata. Passa a Roma dove frequenta la Scuola del Nudo. Esordisce alla Promotrice di Belle Arti “Salvator Rosa” di Napoli nel 1882, nell’85 alla Promotrice di Roma. Nel 1894 è a Milano, all’Esposizione Triennale della Reale Accademia di Belle Arti di Brera. Significativi i lavori dedicati alla realtà popolare, da cui si ricava il forte influsso subito dall’artista già durante il periodo degli studi a Napoli, dal filone “orientalista”, verso cui si volgono Michele Cammarano, lo stesso Morelli e Francesco Paolo Michetti. L’artista barlettano sembra percepire quello “scivolare di tutto l’ambiente napoletano, verso e dopo l’Ottanta, dalla lucida e appassionata ricerca del ‘vero’ ai facili approdi di un verismo di folklore”. Un esempio è la piccola Popolana napoletana in cui evidenti sono i richiami al mondo contadino campano e abruzzese, lo stesso descritto insistentemente da Michetti. L’attaccamento verso quell’ universo matura ulteriormente in età adulta, quando De Stefano realizza il pastello Ritratto di donna, in cui la figura indossa il caratteristico copricapo bianco, elemento che contraddistingue anche le donne raffigurate in dipinti di poco anteriori dai francesi Paul Delaroche e Jean-Claude Bonnefond, accomunati dalla stessa attenzione “pittoresca” per le popolane romane. A prova della inclinazione verso il mondo popolare e la curiosità per la cultura orientale, i quattordici acquerelli di “costumi” che rimandano alla produzione di Ernest Hébert operante a Roma dal 1867 nella direzione dell’Accademia di Francia.
“Solitario sognatore, amante appassionato della natura, asceta roso da un’idea, divorato dall’ardore di una fede incrollabile, fede purissima nell’arte dei colori” Raffaele Girondi (1873 – 1911) iniziò i suoi studi, come De Nittis e altri artisti barlettani, dal maestro Calò. L’Autoritratto con cappello è l’immagine di un uomo visionario e pensoso: gli occhi febbrili esprimono una solitudine malinconica, spiritualmente travagliata, fisicamente caduca. Tra il 1893 e il 1899 frequenta l'Accademia di Belle Arti di Napoli sotto la guida di Filippo Palizzi e Domenico Morelli, poi la scuola libera di nudo e di plastica al Reale Istituto di Belle Arti di Roma. Il primo riconoscimento internazionale gli viene assegnato nel 1904 come vincitore del concorso di paesaggio WERSTAPPEN con il quadro Le rive dell'Ofanto. Agli anni romani risale un gruppo di “accademie” di indubbia vivacità espressiva: nudi caratterizzati da un’eleganza scattante, ricca di movimento, un plasticismo asciutto ottenuto con l’uso preponderante della sanguigna. Nei lavori di Girondi lo studio accademico va oltre l’apprendistato eseguito sulle statue antiche o sui gessi, si immerge nel rapporto con la luce, con l’ombra, con l’atmosfera, anche quando l’esercizio è studiato sui calchi in gesso. Un esempio in questo senso è il carboncino su carta Studio di statua, copia dal gesso di una scultura greca. Ma sono soprattutto gli studi di nudi, femminili e maschili, a spiccare nella produzione presente in mostra. Ripresi senz’altro dal vero, essi affidano la resa plastica del modellato al sapiente gioco chiaroscurale che alleggerisce le ombre sfumando la sanguigna. Immagini di rara purezza grafica e sottile espressività pittorica, le cosiddette “accademie” o studi di nudo, testimoniano un metodico esercizio sul tema. Mentre infatti molti giovani artisti cercano, negli stessi anni, di svincolarsi dal conformismo accademico, Girondi resta un convinto assertore dello studio della forma e della composizione, affrontando da vicino la ricerca sul nudo a figura intera, ma rivestendolo di una nuova accentazione verista.
Emanuela Angiuli
Giuseppe Gabbiani (1862 – 1939) artista sensibile e attento collezionista, studia nei primi anni con il Calò a Barletta dedicandosi per lo più a ritratti e vedute, marine e campagne. Nel 1884 partecipa all’Esposizione Generale Italiana di Torino, nell’86 all’Esposizione di Belle Arti di Roma. Dal 1890 è a Napoli dove frequenta lo studio di Salvatore Postiglione. Nel trentennio napoletano dipinge molto sperimentando varie tecniche ma restando sostanzialmente legato ad una poetica verista. I disegni realizzati a pastello monocromo sono in prevalenza ritratti di famiglia, dei personaggi importanti della sua città, degli ambienti delle istituzioni. Fra i più belli Vittorio Emanuele II, tratteggiato con verismo tutto borghese, nella posa come nell’abbigliamento; figura di un pantheon ideale, una galleria di soggetti – parenti, amici, potenti - che incarnano i valori ideali della nuova borghesia dominante.
Di questi anni sono anche i numerosi disegni di popolane, le sciantose, e le vedute di Napoli. I disegni di paesaggio, al contrario, tornano al mondo agreste fissato nelle icone di buoi e lavoratori, custodi di un tempo mitico, lontano dai rumori e perciò consolatorio, distante da quel progresso tumultuoso che pure lo affascina appena fuori dall’orizzonte urbano. Anche le amicizie napoletane di Giuseppe Gabbiani fanno parte dei disegni giunti al Museo Civico di Barletta. Si tratta di opere inedite, databili fra gli anni ’60 del 1800 e gli anni ’40 del 1900, presentati per la prima volta alla conoscenza del pubblico e degli studiosi. Sono schizzi tracciati a volte velocemente, altri opere di disegno compiute, di quanti fecero della città partenopea il punto di riferimento nella lunga stagione ottocentesca della pittura italiana in ambito meridionale. Ed è come ritrovare nelle firme e nelle dediche che li accompagnano, una sorta di diario, interpretabile come narrazione di storie, di affinità intellettuali, di curiosità, di frequentazioni con le personalità che segnarono la vita culturale dell’intero Mezzogiorno. Nelle “pagine” dei disegni si rincorrono i nomi di G. Gigante, G. Carelli, Dalbono, Cammarano, Migliaro, Jerace, Caprile, Altamura, Gemito, i pugliesi Caldara, Piccinni, Altamura e Celentano. Se si aggiungono i pittori dai principi veristi cui lo stesso Gabbiani legò le sue scelte personali – Gemito e Cifariello – ad altri meridionali come G. De Chirico e Ciletti, la rete delle relazioni comprende i siciliani Sciuti e Vetri, i romani Joris e A. Mancini, artisti di area settentrionale come Calderini, assieme agli illustratori a cavallo tra i due secoli come F. Matania. Nei disegni viva è l’eco di un’epoca consumata sul palcoscenico della socialità, dell’arte, della mondanità. Dal Gran Caffè Gambrinus in uno sfavillio di luci a gas e colori sgargianti passa tutta Napoli. Artisti, poeti, musicisti, cantanti e personaggi illustri come gli stessi Savoia, sfilano accanto alle figure di un’epoca tardo romantica e sentimentale celebrata nelle canzoni di Gambardella e Capurro, nelle poesie di Salvatore Di Giacomo, nei racconti di Matilde Serao, nei dipinti di Dalbono.
Protagonista anch’egli di una felice stagione “barlettana”, artista versatile, disegnatore raffinato e impeccabile, Vincenzo De Stefano (1861 – 1942) allievo del pittore Gian Battista Calò, studia all’Accademia di Belle Arti di Napoli dove insegnano Domenico Morelli, Filippo Palizzi, Federico Maldarelli, Antonio Licata. Passa a Roma dove frequenta la Scuola del Nudo. Esordisce alla Promotrice di Belle Arti “Salvator Rosa” di Napoli nel 1882, nell’85 alla Promotrice di Roma. Nel 1894 è a Milano, all’Esposizione Triennale della Reale Accademia di Belle Arti di Brera. Significativi i lavori dedicati alla realtà popolare, da cui si ricava il forte influsso subito dall’artista già durante il periodo degli studi a Napoli, dal filone “orientalista”, verso cui si volgono Michele Cammarano, lo stesso Morelli e Francesco Paolo Michetti. L’artista barlettano sembra percepire quello “scivolare di tutto l’ambiente napoletano, verso e dopo l’Ottanta, dalla lucida e appassionata ricerca del ‘vero’ ai facili approdi di un verismo di folklore”. Un esempio è la piccola Popolana napoletana in cui evidenti sono i richiami al mondo contadino campano e abruzzese, lo stesso descritto insistentemente da Michetti. L’attaccamento verso quell’ universo matura ulteriormente in età adulta, quando De Stefano realizza il pastello Ritratto di donna, in cui la figura indossa il caratteristico copricapo bianco, elemento che contraddistingue anche le donne raffigurate in dipinti di poco anteriori dai francesi Paul Delaroche e Jean-Claude Bonnefond, accomunati dalla stessa attenzione “pittoresca” per le popolane romane. A prova della inclinazione verso il mondo popolare e la curiosità per la cultura orientale, i quattordici acquerelli di “costumi” che rimandano alla produzione di Ernest Hébert operante a Roma dal 1867 nella direzione dell’Accademia di Francia.
“Solitario sognatore, amante appassionato della natura, asceta roso da un’idea, divorato dall’ardore di una fede incrollabile, fede purissima nell’arte dei colori” Raffaele Girondi (1873 – 1911) iniziò i suoi studi, come De Nittis e altri artisti barlettani, dal maestro Calò. L’Autoritratto con cappello è l’immagine di un uomo visionario e pensoso: gli occhi febbrili esprimono una solitudine malinconica, spiritualmente travagliata, fisicamente caduca. Tra il 1893 e il 1899 frequenta l'Accademia di Belle Arti di Napoli sotto la guida di Filippo Palizzi e Domenico Morelli, poi la scuola libera di nudo e di plastica al Reale Istituto di Belle Arti di Roma. Il primo riconoscimento internazionale gli viene assegnato nel 1904 come vincitore del concorso di paesaggio WERSTAPPEN con il quadro Le rive dell'Ofanto. Agli anni romani risale un gruppo di “accademie” di indubbia vivacità espressiva: nudi caratterizzati da un’eleganza scattante, ricca di movimento, un plasticismo asciutto ottenuto con l’uso preponderante della sanguigna. Nei lavori di Girondi lo studio accademico va oltre l’apprendistato eseguito sulle statue antiche o sui gessi, si immerge nel rapporto con la luce, con l’ombra, con l’atmosfera, anche quando l’esercizio è studiato sui calchi in gesso. Un esempio in questo senso è il carboncino su carta Studio di statua, copia dal gesso di una scultura greca. Ma sono soprattutto gli studi di nudi, femminili e maschili, a spiccare nella produzione presente in mostra. Ripresi senz’altro dal vero, essi affidano la resa plastica del modellato al sapiente gioco chiaroscurale che alleggerisce le ombre sfumando la sanguigna. Immagini di rara purezza grafica e sottile espressività pittorica, le cosiddette “accademie” o studi di nudo, testimoniano un metodico esercizio sul tema. Mentre infatti molti giovani artisti cercano, negli stessi anni, di svincolarsi dal conformismo accademico, Girondi resta un convinto assertore dello studio della forma e della composizione, affrontando da vicino la ricerca sul nudo a figura intera, ma rivestendolo di una nuova accentazione verista.
Emanuela Angiuli
09
dicembre 2009
De Stefano | Gabbiani | Girondi – Disegni. Una scelta d’arte e di vita
Dal 09 dicembre 2009 al 28 febbraio 2010
disegno e grafica
Location
PALAZZO DELLA MARRA – PINACOTECA GIUSEPPE DE NITTIS
Barletta, Via Enrico Cialdini, 74, (Bari)
Barletta, Via Enrico Cialdini, 74, (Bari)
Orario di apertura
tutti i giorni dalle ore 10,00 alle ore 20,00
ogni venerdì dalle ore 10,00 alle ore 23,00 lunedì dalle ore 10,00 alle ore 14,00
Vernissage
9 Dicembre 2009, ore 19
Editore
SILVANA EDITORIALE
Autore
Curatore