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Degli uomini selvaggi e d’altre forasticherie
Un nutrito gruppo di figure note a livello nazionale e internazionale, scelto specificatamente in base all’attinenza della loro ricerca poetica in relazione ai temi affrontati, è stato invitato, insieme ad un altro gruppo di artisti emergenti, ad esporre i propri lavori.
Comunicato stampa
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La fantasia è una “correzione della realtà”;
non gioca con essa, se ne sottrae;
trova nel presente un’occasione per risvegliare i desideri dell’invisibile.
Marc Augè, La guerra dei sogni, esercizi di etno-fiction.
Un nutrito gruppo di figure note a livello nazionale e internazionale, scelto specificatamente in base all’attinenza della loro ricerca poetica in relazione ai temi affrontati, è stato invitato, insieme ad un altro gruppo di artisti emergenti, impegnati perlopiù in realizzazioni site specific, ad esporre i propri lavori, col l’intento di colmare quel vuoto riguardante la figura teriomorfa e fitomorfa, in tutte le sue possibilità ed attualizzazioni, che attraversando altri temi ed altri tempi, giunge alla trattazione approfondita di tematiche antiche quali l’uomo selvatico animale e silvestre, direttamente collegato ad una concezione di contesto primigenio, col quale l’uomo è in rapporto di ibridazione reciproca. I lavori che scaturiranno da questa tematica complessa verranno raccolti in una mostra, fortemente radicata sul territorio, col quale, come è necessario che sia, crea un legame speciale ed unico: è l’ambiente ad aumentare la leggibilità dei lavori raccolti e allo stesso tempo è il gruppo di opere a rendere ancor più leggibile ed amichevole un circostante troppo spesso dato per scontato.
La dialettica fra civiltà umana e natura si concretizza in un’interessante categoria mitografica: quella dell’”Uomo Selvaggio”, ovvero colui (o colei) che vive lontano dagli insediamenti umani, a stretto contatto con la natura, rifiutando (e talvolta ignorando) il sistema di convenzioni sociali, economiche e culturali che siamo abituati a definire come civiltà e progresso.
Il mito dell’Uomo Selvaggio si manifesta in contesti culturali diversi, con una notevole varietà di caratteristiche e connotazioni e rivestire una grande varietà di ruoli e valenze: uomo-animale, uomo-vegetale, divinità, mostro, santone, demone, sciamano, trickster, guaritore, eremita, (auto) emarginato, naturista, buffone, stregone, troglodita, saggio, santo, veggente, maniaco sessuale, rapitore di bambini, antropofago, fino ad essere considerato come un pericolo pubblico (vi sono testimonianze antiche di esecuzioni pubbliche di Uomini Selvaggi, mentre intorno al 1800 in Germania il termine “uomo selvaggio” / “Wilder Mann” veniva adottato come sinonimo per “criminale pazzo”); al contrario, spesso, il termine connota un essere incontaminato dalle corruzioni della civiltà, vicino all’idea del “buon selvaggio” ottocentesco. Il corrispettivo-modello animale per l’uomo selvaggio è più frequentemente l’orso, in alcuni casi è riconducibile alle sembianze delle scimmie antropomorfe e dei primati (“orang utan” significa “uomo selvaggio” in malese); viene inoltre spesso associato con figure mitologiche come i satiri, fauni e sileni.
Sostanzialmente si possono individuare diverse tipologie ricorrenti di Uomini Selvaggi, come ad esempio, figure mitologiche e fantastiche dell’immaginario collettivo internazionale, creature antropomorfe selvagge nate da un connubio fra mitologia, folclore e cripto zoologia, come il celebre Yeti (Himalaya) o il Bigfoot (USA)ma soprattutto i miti che si manifestano soprattutto in rituali e spettacoli nel periodo del Carnevale ed evidenziano forti legami col territorio: Salvanèl, Salvàn, der Wild Monn, Sambinello, Om Selvadech, Salvàn, Selvadeg, il Bilmòn, l’Òm da l bòsch, l’Òm Pelòs…
Si può spaziare ancora fino ai soggetti umani con una particolarità fisica. Prima fra tutte, il fenomeno dell’ipertricosi, che conferisce alla persone affette un aspetto animale e selvaggio e finisce in molti casi per trasformarle in emarginati, oppure in fenomeni da circo, gli uomini (oppure figure mitologiche) che subiscono una condanna o penitenza ed infine persone che scelgono liberamente di abbandonare la civiltà umana e di vivere nella natura, per causa di una particolare situazione sociale o psicologica.
Gli artisti, tenendo presenti questi particolari studi antropologici, sono intervenuti sui differenti temi, riuscendo ad approfondirli con l’apporto della loro particolare dote sensibile, creativa ed originale.
I brani che seguono sono interamente tratti da testi inediti, appositamente realizzati per il catalogo:
(Vanilla Edizioni. Concept: Viviana Siviero; direzione artistica: Zaelia Bishop; impaginazione e grafica: Giorgia Bruzzone)
Il mito dell'Uomo Selvaggio è molto semplice, essenziale nella sua struttura basilare; ma nello stesso tempo risulta difficile da accettare, in quanto propone un'immagine senza tempo, destinata a mettere in crisi il nostro antropocentrismo, imponendoci continuamente di riflettere su quei parametri evolutivi che abbiamo elevato ad emblema delle certezze vitali.
Nelle varie tradizioni, l'Uomo Selvaggio è una sorta di essere primordiale, caratterizzato da un forte antropomorfismo, vive quasi sempre ai limiti della civiltà e i suoi atteggiamenti, rispetto all'“uomo civile”, assumono diverse connotazioni: in genere prevale l'emarginazione, o l'autoemarginazione.
L'Uomo Selvaggio, come abbiamo visto, è considerato l'iniziatore di alcune attività fondamentali per le singole microeconomie in cui di fatto svolge il ruolo di eroe culturale
Tratto da L’uomo selvaggio: antropologia di un mito, Massimo Centini
L’uomo Selvaggio ha rotto il tabù della dialettica intraumana per costruire un commercio con il non umano prodromo di regressione e devianza.
Questa tradizione viene interrotta nell’ultimo decennio del Novecento dalla poetica post-human e dalla filosofia postumanista, che partendo da una critica radicale all’antropocentrismo – non solo etico ma anche nelle scansioni epistemologica (l’umano come metrica del mondo) e ontologica (l’umano come pura emanazione dell’uomo) – mettono in discussione l’umanismo e la sua pretesa di fondare l’umano iuxta propria principia ossia attraverso una ricognizione interna. Prende così forma una nuova interpretazione dell’umano come portato ibridativo con il non umano, in una visione dialettica dell’identità che rigettando la lettura disgiuntiva ed epurativa ritiene l’antropo-poiesi come viceversa un processo coniugativo e integrativo delle alterità non umane. Ecco allora che l’Uomo Selvaggio diviene ciò che Donna Haraway attribuisce al cyborg, vale a dire esemplificazione ed esplicitazione del carattere più autentico dell’umanità.
Tratto da L’uomo Selvaggio nella prospettiva post-umanistica, di Roberto Marchesini
Dopo venti, trenta di secondi di immobilità avverto un altro fruscio, stavolta nell'erba alta dietro di me, subito dopo sento distintamente uno sbuffo alle mie spalle. Mi volto e davanti a me c'è un muro di pelo: una sagoma scura, enorme, sembra un terranova a forma d'armadio, alto almeno due metri e mezzo. Mormora una cosa incomprensibile. Faccio appena in tempo a notare che ha le mani prensili con cinque dita. Afferra la mia macchina fotografica, se la infila in bocca…
Tratto da A walk on the wild side, di Karin Andersen
«Di una città non apprezzi le sette e settantasette meraviglie – diceva Italo Calvino – ma la risposta che dà ad una tua domanda»: la mostra dedicata all’uomo selvaggio, inteso in senso antropologicamente creativo, ha assunto la fisionomia di un territorio geografico, ricco di scoperte in attesa di essere svelate; questo volume ne rappresenta la mappa. Sta al visitatore scegliere la propria strada, per raggiungere il centro del cuore da cui dirama quella radice selvaggia che – al di là del timore e del riso che ha imparato ad addomesticare – è indiscutibilmente comune ad ogni individuo. Ogni artista ha fornito la propria riflessione più o meno decifrabile, abbracciando differenti aspetti e più tematiche; lo schema mappale a cui l’intero dipanarsi del volume fa capo, è solo uno dei possibili sentieri direzionali che il viaggiatore può utilizzare, affrontando ogni lavoro con lo spirito dell’esploratore… Che il viaggio “into the wild” abbia dunque inizio…
Tratto da The wild side of the man, di Viviana Siviero
IL SELVAGGIO ICONOGRAFICO: Francesco De Grandi,Sandro Chia, Alessandra Baldoni, Gabriele Arruzzo, Vanni Cuoghi.
... e D'ALTRE AMENE MOSTRUOSITA’: Corina Cohal, Giuliano Guatta, Vanni Cuoghi, Anonymous Art, Silvia Idili, Stefano Ricci, Robert Gligorov, Elena Rapa, Constantin.
IL SELVAGGIO ZOOLOGICO E CRIPTOZOOLOGICO: Ericailcane, Massimo Giacon, Vincenzo Marsiglia, Marco Prestia, Tobias Feltus, Sena Yoon, Fiorenzo Tomea, Elena Monzo.
MITOLOGIE SELVAGGE: Cilius Andersen, Fabiana Guerrini, Christian Ghisellini, Luigi Mastrangelo, PierPaolo Koss, Paola Squp, Alessandro Bavari, Luigi Ontani, Ivan Piano, Franco Lo Svizzero, Andrea Salvino.
LA DONNA SELVAGGIA: Stefania Ricci, Marco Cingolani, Vettor Pisani.
SELVATICHE VERZURE: Sandy Skoglund, Fulvio Di Piazza, Corrado Bonomi, Gianni Cella, Serena Piccinini.
IL SELVAGGIO CONCETTUALE: Karin Andersen, Zaelia Bishop, Bruno Benuzzi, Paolo Angelosanto, Cosimo Terlizzi, Silvia Vendramel, Göla, Nero, Christian Rainer.
OSMOSI SELVAGGE…: F.lli Calgaro, Ottokar von Lanswher, Silvia Argiolas, Stephanie Portoghese Armstrong, Chrtistian Castelnuovo, Silvano Tessarollo.
LA DIMORA DEL SELVAGGIO: Daniele Giunta, Juan Carlos Ceci, GRAL, Dania Zanotto.
IL FUTURO DEL SELVAGGIO: Carlo Cremaschi, Chiara Lecca, Nicola Genovese, CC. Collettivo Cavazora, Stefano Bolcato, Roxy in the Box, Simone Racheli.
non gioca con essa, se ne sottrae;
trova nel presente un’occasione per risvegliare i desideri dell’invisibile.
Marc Augè, La guerra dei sogni, esercizi di etno-fiction.
Un nutrito gruppo di figure note a livello nazionale e internazionale, scelto specificatamente in base all’attinenza della loro ricerca poetica in relazione ai temi affrontati, è stato invitato, insieme ad un altro gruppo di artisti emergenti, impegnati perlopiù in realizzazioni site specific, ad esporre i propri lavori, col l’intento di colmare quel vuoto riguardante la figura teriomorfa e fitomorfa, in tutte le sue possibilità ed attualizzazioni, che attraversando altri temi ed altri tempi, giunge alla trattazione approfondita di tematiche antiche quali l’uomo selvatico animale e silvestre, direttamente collegato ad una concezione di contesto primigenio, col quale l’uomo è in rapporto di ibridazione reciproca. I lavori che scaturiranno da questa tematica complessa verranno raccolti in una mostra, fortemente radicata sul territorio, col quale, come è necessario che sia, crea un legame speciale ed unico: è l’ambiente ad aumentare la leggibilità dei lavori raccolti e allo stesso tempo è il gruppo di opere a rendere ancor più leggibile ed amichevole un circostante troppo spesso dato per scontato.
La dialettica fra civiltà umana e natura si concretizza in un’interessante categoria mitografica: quella dell’”Uomo Selvaggio”, ovvero colui (o colei) che vive lontano dagli insediamenti umani, a stretto contatto con la natura, rifiutando (e talvolta ignorando) il sistema di convenzioni sociali, economiche e culturali che siamo abituati a definire come civiltà e progresso.
Il mito dell’Uomo Selvaggio si manifesta in contesti culturali diversi, con una notevole varietà di caratteristiche e connotazioni e rivestire una grande varietà di ruoli e valenze: uomo-animale, uomo-vegetale, divinità, mostro, santone, demone, sciamano, trickster, guaritore, eremita, (auto) emarginato, naturista, buffone, stregone, troglodita, saggio, santo, veggente, maniaco sessuale, rapitore di bambini, antropofago, fino ad essere considerato come un pericolo pubblico (vi sono testimonianze antiche di esecuzioni pubbliche di Uomini Selvaggi, mentre intorno al 1800 in Germania il termine “uomo selvaggio” / “Wilder Mann” veniva adottato come sinonimo per “criminale pazzo”); al contrario, spesso, il termine connota un essere incontaminato dalle corruzioni della civiltà, vicino all’idea del “buon selvaggio” ottocentesco. Il corrispettivo-modello animale per l’uomo selvaggio è più frequentemente l’orso, in alcuni casi è riconducibile alle sembianze delle scimmie antropomorfe e dei primati (“orang utan” significa “uomo selvaggio” in malese); viene inoltre spesso associato con figure mitologiche come i satiri, fauni e sileni.
Sostanzialmente si possono individuare diverse tipologie ricorrenti di Uomini Selvaggi, come ad esempio, figure mitologiche e fantastiche dell’immaginario collettivo internazionale, creature antropomorfe selvagge nate da un connubio fra mitologia, folclore e cripto zoologia, come il celebre Yeti (Himalaya) o il Bigfoot (USA)ma soprattutto i miti che si manifestano soprattutto in rituali e spettacoli nel periodo del Carnevale ed evidenziano forti legami col territorio: Salvanèl, Salvàn, der Wild Monn, Sambinello, Om Selvadech, Salvàn, Selvadeg, il Bilmòn, l’Òm da l bòsch, l’Òm Pelòs…
Si può spaziare ancora fino ai soggetti umani con una particolarità fisica. Prima fra tutte, il fenomeno dell’ipertricosi, che conferisce alla persone affette un aspetto animale e selvaggio e finisce in molti casi per trasformarle in emarginati, oppure in fenomeni da circo, gli uomini (oppure figure mitologiche) che subiscono una condanna o penitenza ed infine persone che scelgono liberamente di abbandonare la civiltà umana e di vivere nella natura, per causa di una particolare situazione sociale o psicologica.
Gli artisti, tenendo presenti questi particolari studi antropologici, sono intervenuti sui differenti temi, riuscendo ad approfondirli con l’apporto della loro particolare dote sensibile, creativa ed originale.
I brani che seguono sono interamente tratti da testi inediti, appositamente realizzati per il catalogo:
(Vanilla Edizioni. Concept: Viviana Siviero; direzione artistica: Zaelia Bishop; impaginazione e grafica: Giorgia Bruzzone)
Il mito dell'Uomo Selvaggio è molto semplice, essenziale nella sua struttura basilare; ma nello stesso tempo risulta difficile da accettare, in quanto propone un'immagine senza tempo, destinata a mettere in crisi il nostro antropocentrismo, imponendoci continuamente di riflettere su quei parametri evolutivi che abbiamo elevato ad emblema delle certezze vitali.
Nelle varie tradizioni, l'Uomo Selvaggio è una sorta di essere primordiale, caratterizzato da un forte antropomorfismo, vive quasi sempre ai limiti della civiltà e i suoi atteggiamenti, rispetto all'“uomo civile”, assumono diverse connotazioni: in genere prevale l'emarginazione, o l'autoemarginazione.
L'Uomo Selvaggio, come abbiamo visto, è considerato l'iniziatore di alcune attività fondamentali per le singole microeconomie in cui di fatto svolge il ruolo di eroe culturale
Tratto da L’uomo selvaggio: antropologia di un mito, Massimo Centini
L’uomo Selvaggio ha rotto il tabù della dialettica intraumana per costruire un commercio con il non umano prodromo di regressione e devianza.
Questa tradizione viene interrotta nell’ultimo decennio del Novecento dalla poetica post-human e dalla filosofia postumanista, che partendo da una critica radicale all’antropocentrismo – non solo etico ma anche nelle scansioni epistemologica (l’umano come metrica del mondo) e ontologica (l’umano come pura emanazione dell’uomo) – mettono in discussione l’umanismo e la sua pretesa di fondare l’umano iuxta propria principia ossia attraverso una ricognizione interna. Prende così forma una nuova interpretazione dell’umano come portato ibridativo con il non umano, in una visione dialettica dell’identità che rigettando la lettura disgiuntiva ed epurativa ritiene l’antropo-poiesi come viceversa un processo coniugativo e integrativo delle alterità non umane. Ecco allora che l’Uomo Selvaggio diviene ciò che Donna Haraway attribuisce al cyborg, vale a dire esemplificazione ed esplicitazione del carattere più autentico dell’umanità.
Tratto da L’uomo Selvaggio nella prospettiva post-umanistica, di Roberto Marchesini
Dopo venti, trenta di secondi di immobilità avverto un altro fruscio, stavolta nell'erba alta dietro di me, subito dopo sento distintamente uno sbuffo alle mie spalle. Mi volto e davanti a me c'è un muro di pelo: una sagoma scura, enorme, sembra un terranova a forma d'armadio, alto almeno due metri e mezzo. Mormora una cosa incomprensibile. Faccio appena in tempo a notare che ha le mani prensili con cinque dita. Afferra la mia macchina fotografica, se la infila in bocca…
Tratto da A walk on the wild side, di Karin Andersen
«Di una città non apprezzi le sette e settantasette meraviglie – diceva Italo Calvino – ma la risposta che dà ad una tua domanda»: la mostra dedicata all’uomo selvaggio, inteso in senso antropologicamente creativo, ha assunto la fisionomia di un territorio geografico, ricco di scoperte in attesa di essere svelate; questo volume ne rappresenta la mappa. Sta al visitatore scegliere la propria strada, per raggiungere il centro del cuore da cui dirama quella radice selvaggia che – al di là del timore e del riso che ha imparato ad addomesticare – è indiscutibilmente comune ad ogni individuo. Ogni artista ha fornito la propria riflessione più o meno decifrabile, abbracciando differenti aspetti e più tematiche; lo schema mappale a cui l’intero dipanarsi del volume fa capo, è solo uno dei possibili sentieri direzionali che il viaggiatore può utilizzare, affrontando ogni lavoro con lo spirito dell’esploratore… Che il viaggio “into the wild” abbia dunque inizio…
Tratto da The wild side of the man, di Viviana Siviero
IL SELVAGGIO ICONOGRAFICO: Francesco De Grandi,Sandro Chia, Alessandra Baldoni, Gabriele Arruzzo, Vanni Cuoghi.
... e D'ALTRE AMENE MOSTRUOSITA’: Corina Cohal, Giuliano Guatta, Vanni Cuoghi, Anonymous Art, Silvia Idili, Stefano Ricci, Robert Gligorov, Elena Rapa, Constantin.
IL SELVAGGIO ZOOLOGICO E CRIPTOZOOLOGICO: Ericailcane, Massimo Giacon, Vincenzo Marsiglia, Marco Prestia, Tobias Feltus, Sena Yoon, Fiorenzo Tomea, Elena Monzo.
MITOLOGIE SELVAGGE: Cilius Andersen, Fabiana Guerrini, Christian Ghisellini, Luigi Mastrangelo, PierPaolo Koss, Paola Squp, Alessandro Bavari, Luigi Ontani, Ivan Piano, Franco Lo Svizzero, Andrea Salvino.
LA DONNA SELVAGGIA: Stefania Ricci, Marco Cingolani, Vettor Pisani.
SELVATICHE VERZURE: Sandy Skoglund, Fulvio Di Piazza, Corrado Bonomi, Gianni Cella, Serena Piccinini.
IL SELVAGGIO CONCETTUALE: Karin Andersen, Zaelia Bishop, Bruno Benuzzi, Paolo Angelosanto, Cosimo Terlizzi, Silvia Vendramel, Göla, Nero, Christian Rainer.
OSMOSI SELVAGGE…: F.lli Calgaro, Ottokar von Lanswher, Silvia Argiolas, Stephanie Portoghese Armstrong, Chrtistian Castelnuovo, Silvano Tessarollo.
LA DIMORA DEL SELVAGGIO: Daniele Giunta, Juan Carlos Ceci, GRAL, Dania Zanotto.
IL FUTURO DEL SELVAGGIO: Carlo Cremaschi, Chiara Lecca, Nicola Genovese, CC. Collettivo Cavazora, Stefano Bolcato, Roxy in the Box, Simone Racheli.
18
luglio 2009
Degli uomini selvaggi e d’altre forasticherie
Dal 18 luglio al 31 agosto 2009
arte contemporanea
Location
LAB 610 XL
Sovramonte, Via San Rocco, 167, (Belluno)
Sovramonte, Via San Rocco, 167, (Belluno)
Orario di apertura
da martedì a domenica 15-20 e su appuntamento
Vernissage
18 Luglio 2009, ore 16.00
Editore
VANILLA
Autore
Curatore