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Determinati Interni
collettiva di giovani artisti piemontesi
Comunicato stampa
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Negli anni ’80 si entra in quella che molti definiscono, non di rado con confusione terminologica, stagione postmoderna, etichetta che va usata come parziale sinonimo di contemporaneità, a meglio indicarne una condizione di non del tutto compiuto dispiegamento.Molti segnali fanno intendere come anche questo interregno volga al termine, e sono una globalizzazione economica e culturale ansiosa di essere governata con spirito giusto ed equanime, come richiedono ampi movimenti di opposizione, la cultura occidentale messa alle corde dai flussi migratori e dal terrorismo islamico, con il crollo delle Torri Gemelle ad indicarci che il mondo virtuale in cui ci siamo più o meno pigramente cullati per un ventennio abbondante si è alla fine manifestato con una oggettività concreta e devastante, la crisi definitiva degli ultimi nuclei di capitalismo tradizionale, ancora non piegatisi alla necessità di collocarsi in un ambito sopranazionale di scambi ed accorpamenti governati dalle leggi della finanza internazionale. Tuttavia, pur in presenza di una sensazione diffusa di sconcerto ed incertezza, si avverte il senso di una stagione che si libera da una sia pur compiacente stagnazione per approdare ad un orizzonte, in un modo o nell’altro, rinnovato, ad una nuova epoca. Naturalmente l’arte, e non poteva essere diversamente, ha seguito in parallelo questi mutamenti, ora assecondandoli, ora precedendoli. A partire dalla seconda metà degli anni’70 e per tutti gli anni’80, ha inizio quella fase di esaurimento dell’incedere progressivo del linguaggio delle avanguardie con l’avvento di un nuovo e diffuso clima, caratterizzato inizialmente dal ritorno della manualità pittorica ed in seguito da un eclettismo stilistico dove la citazione delle principali esperienze formali del Novecento si è abbinato al tentativo di stabilire un dialogo con una realtà caratterizzata da una presenza sempre più invasiva delle nuove tecnologie e degli strumenti di comunicazione. Gli anni’90 hanno sostanzialmente proseguito in questa direzione, con una marcata presenza della fotografia e del video ed un graduale infittirsi delle presenze operanti a vario titolo nella scena artistica. Nell’ambito di un panorama sempre più uniforme e globalizzato, la connotazione negativa dell’arte italiana dell’ultimo decennio è stata la conformistica adesione a moduli compositivi estranei alla nostra tradizione. Particolarmente riguardo la vasta area del cosiddetto “neoconcettuale”, dove è stato privilegiato quello che ha stancamente ricalcato i canoni espressivi degli anni ’60 e ’70 proponendo un appiattimento totale sulla realtà, spesso limitato alla dimensione del proprio microcosmo individuale, ed invece hanno spesso faticato ad imporsi quelle opere in grado di esprimere autenticamente lo spirito del tempo, in bilico tra realtà ed allegoria, e dotate di una carica di corrosiva e disinibita ironia, peculiarità del “genius loci” italiano. I confini artistici di quella fase erano, a mio parere, delimitati da due precisi stati d’animo in bilico tra realtà ed allegoria, tra un’arte che aderisce il più possibile al reale adottando le “protesi” tecnologiche di cui l’uomo si è provvisto o, all’opposto, cerca di dialogare con la contemporaneità con un distacco vissuto come rifugio nella magia del simbolo, con frequenti casi in cui queste tendenze convivono all’interno della medesima opera. Ora mi pare che queste due ipotesi sempre più tendano a convergere verso una soluzione unitaria, per quanto non omologata a canoni seriali, sempre dotata di confortanti scarti linguistici derivanti dall’ispirazione e dalla cultura del singolo autore, con una conciliazione estetica tra particolare ed universale. Dopo la data emblematica del 1968, non a caso corrispondente ai moti sociali e giovanili di piazza che caratterizzarono l’intero Occidente ed alla smaterializzazione dell’arte con le varie correnti concettuali che, peraltro, ricercavano momenti di collegamento con la ribellione politica e di costume del periodo, inizia l’accelerato ingresso in una nuova dimensione produttiva e relazionale caratterizzata dall’invasività tecnologica. . Tutto ciò non ha mancato di generare effetti nel mondo dell’arte. Riprendendo quanto scritto un po’ di tempo fa in un testo critico prodotto per una rassegna centrata sulla “crisi della presenza”, vi è la visione in negativo del filosofo dell’arte francese Jean Baudrillard, la cui recente
teoria indica il ruolo dell’arte come interamente assorbito dalla visualità della pubblicità e dei media mentre diverse posizioni, tra vari distinguo, rinvengono, ad esempio, una insolita alleanza tra i miti arcaici e le simbologie religiose della premodernità con la realtà futuribile delle nuove tecnologie e sostengono come ci si stia incamminando verso la costruzione di una nuova estetica, dove il confine tra arte e vita è ormai sempre più ravvicinato, pur continuando a non coincidere, a mantenere un fondamentale per quanto minimo scarto. Il confronto con l’oggetto, con le nuove tecnologie ed il rinnovamento dell’iconografia, il desiderio di analizzare i complessi meccanismi sociali denunciandone i limiti, quanto emerso, cioè, nell’ultimo ventennio, non fa a meno della citazione perché in arte questo è culturalmente impossibile quanto meno a partire dalla tarda antichità, dalla stagione ellenistica. Ma essa non è più il riferimento centrale della composizione. Attualmente vari artisti, e quanto conforta è che molti di loro appartengono alla più giovane generazione, alla quale si uniscono in una insolita alleanza diversi dei migliori talenti apparsi negli anni precedenti, adoperano con sicurezza e maturità le opzioni stilistiche prima citate, con una risultante linguistica dove lo spiazzamento ironico spesso si abbina e dialoga con una vena di simbolicità quasi mistica, dove le tecnologie si fanno docili strumenti nelle mani dell’artista. Questa collettiva, dove si ammira l’interessante lavoro di un gruppo di giovani artisti operanti nel territorio del Cuneese, da loro stessi intitolata “Determinati Interni”, è l’ennesima prova a conferma della mia convinzione sul buono stato di salute dell’ultima generazione artistica italiana che mi pare stia riscoprendo, ad onta del clima di sfrenata competizione e di folle speculazione che caratterizza questa fase dove, particolarmente nel mondo anglosassone, l’arte è diventata evento mondano ed in cui l’aura dell’oggetto artistico e, più in generale dell’evento ricacciata, secondo la tesi di Walter Benjamin, dalla porta con l’avvento degli strumenti di riproducibilità tecnica dall’avanguardia novecentesca, è rientrata dalla finestra per gli effetti del neocapitalismo globalizzato, la dimensione della ricerca e l’umiltà del fare, con una creatività in cui spesso si rivaluta la dimensione comunitaria dell’azione. In mostra sarà evidenziato ancora una volta l’eclettismo stilistico che caratterizza lo scenario dell’arte da un ventennio abbondante. Abbiamo quindi la pittura espressionista di Simone Aimetta, dove sagome umane si stagliano sullo sfondo di squarci di colore netti e vibranti, Doppioniro con le sue intriganti immagini pittoriche dal tono compiaciuto ed ironico, Daniela Cassano che intaglia su sfondi monocromi elementi umani e paesaggistici rigorosamente minimali, Oobiedoobie con le sue stralunate icone pseudo pubblicitarie intinte di fantasia psichedelica, Mettus Graphic che realizza immagini di grafica vettoriale dove il confine tra icona convenzionalmente artistica e pubblicità è indistinguibile. Leslie Farina è invece autore di sculture di forte impatto in cui il corpo umano si avviluppa in improbabili torsioni anatomiche mentre Oliver Migliore si propone con una fotografia in bianco e nero dove l’immagine è rivolta verso la ricerca antropologica di un’antica tradizione ricontestualizzata nel presente e Beppe Pepe produce immagini pittoriche aniconiche dove sono visibili rigorose e ritmiche campiture di colore, Stefano Toppino assembla sculture in cui elementi primari del paesaggio come i mulini a venti si ammantano di un velo di ironia, Iacopo Valsania si propone con una pittura in cui soggetti umani si collocano come una aritmica tappezzeria su sfondi monocromi, Stefania Marsili presenta una inquietante commistione tra sagome umane e rami d’albero che richiamano alla memoria il Tito Andronico di Shakespeare, Enzo Mastrangelo si cimenta in una intelligente citazione dell’immanenza minimale della tradizione installativa tardonovecentesca, Argoetica allestisce installazioni dove si persegue un rapporto simbiotico tra artificio e natura, Vesna Bursich dipinge immagini neopop dove l’intento è quello di indurre allo piazzamento il fruitore, infine Silvio Porzionato rappresenta volti umani pervasi da una impressionante carica di tensione ed angoscia.
Edoardo Di Mauro, settembre 2007
22
settembre 2007
Determinati Interni
Dal 22 settembre al 28 ottobre 2007
giovane arte
Location
CASTELLO DEGLI ALFIERI
Magliano Alfieri, Via Adele Alfieri, 6, (Cuneo)
Magliano Alfieri, Via Adele Alfieri, 6, (Cuneo)
Orario di apertura
sabato e domenica 10-12 e 15-18
Vernissage
22 Settembre 2007, ore 18
Autore
Curatore