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Devis Venturelli – Abaco di un’altra città
Un progetto pensato come fosse un abaco, in cui la parte dei tasselli è impersonata da comuni oggetti d’arredo urbano; “modelle per un giorno” che prestano iconografia e funzione per la creazione di una “città altra”.
Comunicato stampa
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La galleria De Faveri Arte di Feltre presenta la prima mostra personale in galleria di Devis Venturelli (Faenza 1974). Già vincitore del premio San Fedele nel 2007, si è aggiudicato nel 2008 il prestigioso premio Aletti ad ArtVerona.
Venturelli mette in scena - attraverso un’esposizione essenziale, costituita da video-ritratti alternati ad immagini fotografiche - un popolo visionario, liberandolo dall’anonimato urbano che il ruolo “sociale” gli impone: gli oggetti non vengono distorti o degenerati in sé, ma travestiti, ed è nella ricombinazione di comuni dettagli che si genera l’anomalia.
La città si trova così ad essere ridefinita a partire dai propri abitanti invisibili, inorganici, funzionali e collettivi, ai quali vengono concessi capricci estetici di gusto inebriante. Venturelli trasforma le comparse in protagonisti, affidando loro un ruolo importante che si ispira alla forma e poi la travalica; gli oggetti vengono ritratti in video e trattati come materia organica attraverso un taglio anti-narrativo ed ipnotico, costituito da sequenze apparentemente dislessiche, che vivono di gesti minimi e ripetitivi messi in moto dal semplice spostamento d’aria. Il loro alter ego non è rappresentato dall’oggetto reale, ma da una sua possibile immagine, più reale del reale perché liberata per mezzo del travestimento. «Si tratta di oggetti-limite, transgender - afferma l’artista - che mantengono invariato ruolo, localizzazione reale e la loro funzione sociale, pur conservando le relazionano con altri ritmi, con diverse attitudini, assumendo attraverso l’abito nuove ed inconsuete identità, estemporanee ed umorali». Ciò che scaturisce dal riunirsi di tutti gli elementi è una città fondata nel triangolo fra funzionalità, forma ed immagine: un semaforo mostra orgogliosamente la propria nuova personalità, affidandosi ad un improbabile boa piumato dai colori eccessivi, in coordinato con i quelli tipici del suo “lavoro”. Cassonetti impellicciati, mettono in risalto le proprie bocche, prestandole come ventriloqui che aiutano la città ad esprimersi attraverso i suoi stessi rifiuti; cestini urbani abbigliati con gonne da strada, paracarri imparruccati: una miscela contemporaneamente ironica e seria, discreta e tenace, che prende spunto dalla forma per giungere ad altri lidi, che dimostrano che basta un semplice abito per essere visti.
Venturelli mette in scena - attraverso un’esposizione essenziale, costituita da video-ritratti alternati ad immagini fotografiche - un popolo visionario, liberandolo dall’anonimato urbano che il ruolo “sociale” gli impone: gli oggetti non vengono distorti o degenerati in sé, ma travestiti, ed è nella ricombinazione di comuni dettagli che si genera l’anomalia.
La città si trova così ad essere ridefinita a partire dai propri abitanti invisibili, inorganici, funzionali e collettivi, ai quali vengono concessi capricci estetici di gusto inebriante. Venturelli trasforma le comparse in protagonisti, affidando loro un ruolo importante che si ispira alla forma e poi la travalica; gli oggetti vengono ritratti in video e trattati come materia organica attraverso un taglio anti-narrativo ed ipnotico, costituito da sequenze apparentemente dislessiche, che vivono di gesti minimi e ripetitivi messi in moto dal semplice spostamento d’aria. Il loro alter ego non è rappresentato dall’oggetto reale, ma da una sua possibile immagine, più reale del reale perché liberata per mezzo del travestimento. «Si tratta di oggetti-limite, transgender - afferma l’artista - che mantengono invariato ruolo, localizzazione reale e la loro funzione sociale, pur conservando le relazionano con altri ritmi, con diverse attitudini, assumendo attraverso l’abito nuove ed inconsuete identità, estemporanee ed umorali». Ciò che scaturisce dal riunirsi di tutti gli elementi è una città fondata nel triangolo fra funzionalità, forma ed immagine: un semaforo mostra orgogliosamente la propria nuova personalità, affidandosi ad un improbabile boa piumato dai colori eccessivi, in coordinato con i quelli tipici del suo “lavoro”. Cassonetti impellicciati, mettono in risalto le proprie bocche, prestandole come ventriloqui che aiutano la città ad esprimersi attraverso i suoi stessi rifiuti; cestini urbani abbigliati con gonne da strada, paracarri imparruccati: una miscela contemporaneamente ironica e seria, discreta e tenace, che prende spunto dalla forma per giungere ad altri lidi, che dimostrano che basta un semplice abito per essere visti.
28
marzo 2009
Devis Venturelli – Abaco di un’altra città
Dal 28 marzo al 17 maggio 2009
arte contemporanea
Location
GALLERIA DE FAVERI ARTE – LAB 610 XL
Sovramonte, Frazione Servo, 167/B, (Belluno)
Sovramonte, Frazione Servo, 167/B, (Belluno)
Orario di apertura
da martedì a domenica ore 15.30-19.30
Vernissage
28 Marzo 2009, ore 18.00
Autore
Curatore