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Di Paesaggi e di figure
L’accostamento di questi due artisti, Carlo Audino e Alberto Zamboni, mi sembra abbastanza esemplificativo della situazione attuale, che da un lato vede il recupero della pittura di paesaggio (soprattutto urbano), dall’altro indaga la figura e il ritratto come banco di prova di abilità compositiva e analisi dell’animo umano.
Comunicato stampa
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Che cosa possiamo chiedere di esprimere a un pittore contemporaneo?
Dopo un secolo ricco e denso di esperienze d'ogni genere e tipo, come è stato il Novecento, non è facile porsi davanti a una tela bianca per cercare qualcosa di originale da dire.
In questo senso, stiamo attraversando da anni un periodo "di transizione", riassuntivo di ciò che è stato fatto dalle avanguardie storiche in poi. Ultimamente, almeno per quello che che concerne il panorama italiano, molta pittura "giuovane" si è orientata verso la reintegrazione del linguaggio figurativo, prediligendo il taglio iperrealista, neo-classico o addirittura contaminandolo con la fotografia per avvicinarsi in modo virtuosistico alla realtà, fino a raggiungere il minimale nella semplicità scarna o rarefatta dell'immagine.
L'accostamento di questi due artisti, Carlo Audino e Alberto Zamboni, mi sembra abbastanza esemplificativo della situazione attuale, che da un lato vede il recupero della pittura di paesaggio (soprattutto urbano), dall'altro indaga la figura e il ritratto come banco di prova di abilità compositiva e analisi dell'animo umano.
Carlo Audino è interessato all'esplorazione del territorio urbano, del paesaggio in generale come luogo di accadimento e potenzialità della materia pittorica stesa a larghe pennellate a spatola, di matrice "morlottiana" verrebbe da dire. Campi arati, strade periferiche, orizzonti che si perdono nella lontananza, campagne aperte e feconde prendono forma nelle corpose tonalità ocra, verdi, brune e terrose, tagliate da una luce calda, meridiana e perentoria nel serrare l'inquadratura. Un pittore che non rinuncia all'istintività e all'emotività nel processo creativo, e che anzi ne fa tesoro per ogni casuale sorpresa integrata poi in un controllo dell'immagine strutturata e articolata in pochi ma significativi elementi.
Alberto Zamboni invece sceglie di ricercare all'interno della natura umana; la sua pittura, più intima e mentale, è impostata sui registri dell'indagine introspettiva, con l'occhio attento ai grandi classici. Nelle sue opere possiamo scorgere citazioni e raffinate allusioni al repertorio iconografico del passato, come sentito "tributo", sensibilità accorta nel mettere a punto un linguaggio che mira decisamente a un alto confronto con ciò che ci ha preceduto. Pose, sguardi, primi piani, satati d'animo, umori e pensieri che vagano come luci e ombre, passando sui voilti intensi, "catturati" nell'attimo di una riflessione, messi di fronte allo specchio delle verità più riservate.
Due pittori, quindi, che intendono l'arte come forma di comunicazione diretta, incentrata sulla rappresentazione delle cose e dei sentimenti più autentici.
Giovanni Cerri
Dopo un secolo ricco e denso di esperienze d'ogni genere e tipo, come è stato il Novecento, non è facile porsi davanti a una tela bianca per cercare qualcosa di originale da dire.
In questo senso, stiamo attraversando da anni un periodo "di transizione", riassuntivo di ciò che è stato fatto dalle avanguardie storiche in poi. Ultimamente, almeno per quello che che concerne il panorama italiano, molta pittura "giuovane" si è orientata verso la reintegrazione del linguaggio figurativo, prediligendo il taglio iperrealista, neo-classico o addirittura contaminandolo con la fotografia per avvicinarsi in modo virtuosistico alla realtà, fino a raggiungere il minimale nella semplicità scarna o rarefatta dell'immagine.
L'accostamento di questi due artisti, Carlo Audino e Alberto Zamboni, mi sembra abbastanza esemplificativo della situazione attuale, che da un lato vede il recupero della pittura di paesaggio (soprattutto urbano), dall'altro indaga la figura e il ritratto come banco di prova di abilità compositiva e analisi dell'animo umano.
Carlo Audino è interessato all'esplorazione del territorio urbano, del paesaggio in generale come luogo di accadimento e potenzialità della materia pittorica stesa a larghe pennellate a spatola, di matrice "morlottiana" verrebbe da dire. Campi arati, strade periferiche, orizzonti che si perdono nella lontananza, campagne aperte e feconde prendono forma nelle corpose tonalità ocra, verdi, brune e terrose, tagliate da una luce calda, meridiana e perentoria nel serrare l'inquadratura. Un pittore che non rinuncia all'istintività e all'emotività nel processo creativo, e che anzi ne fa tesoro per ogni casuale sorpresa integrata poi in un controllo dell'immagine strutturata e articolata in pochi ma significativi elementi.
Alberto Zamboni invece sceglie di ricercare all'interno della natura umana; la sua pittura, più intima e mentale, è impostata sui registri dell'indagine introspettiva, con l'occhio attento ai grandi classici. Nelle sue opere possiamo scorgere citazioni e raffinate allusioni al repertorio iconografico del passato, come sentito "tributo", sensibilità accorta nel mettere a punto un linguaggio che mira decisamente a un alto confronto con ciò che ci ha preceduto. Pose, sguardi, primi piani, satati d'animo, umori e pensieri che vagano come luci e ombre, passando sui voilti intensi, "catturati" nell'attimo di una riflessione, messi di fronte allo specchio delle verità più riservate.
Due pittori, quindi, che intendono l'arte come forma di comunicazione diretta, incentrata sulla rappresentazione delle cose e dei sentimenti più autentici.
Giovanni Cerri
10
novembre 2003
Di Paesaggi e di figure
Dal 10 al 20 novembre 2003
arte contemporanea
Location
BERTOLT BRECHT – SPAZIO 1
Milano, Piazza San Giuseppe, 10, (Milano)
Milano, Piazza San Giuseppe, 10, (Milano)
Orario di apertura
da lunedì a venerdì dalle ore 17.00 alle ore 20.00 e su appuntamento
Vernissage
10 Novembre 2003, ore 18.30