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Dido Fontana – Stay Strong (Z)
L’esposizione si propone di fare il punto sulla produzione recente del fotografo inseguendo le partecipazioni a progetti collettivi e personali in Europa e negli Stati Uniti e sovrapponendole alle commissioni ottenute dal mondo della moda, della comunicazione e dell’editoria.
Comunicato stampa
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Si tratta complessivamente di una produzione molto ampia in cui i due ambiti, quello più specificatamente creativo e quello commerciale, si confondono lasciando emergere una creatività onnivora e una spiccata personalità fotografica, sia per quanto riguarda l’interpretazione del mezzo che per la definizione del soggetto.
“Il percorso espositivo accoglie il visitatore nel contesto culturale e visivo che nutre la ricerca di Dido Fontana. Un allestimento pantagruelico che rimanda a un piacere sovrabbondante e libero.
Da un punto di vista storico, con la libertà di mutuare un neologismo dalla generazione dei sessantottini, è evidente che le basi siano salde in quello che può essere definito l’ottantinismo. Un riferimento che a trent'anni di distanza sveste i panni di una controrivoluzione di passaggio, per apparire come un modello esperienziale che si nutre di libertà ed elimina nel flusso disinteressato e caotico perbenismo, massimalismi, ideologie e forma.
La prima sala è dunque uno spaccato del circo umano fatto di muscoli, travestitismo, palestre, striptease e profanazioni. Una ricerca dell'identità che sfugge gioiosamente a ogni centralità e si alimenta di parrucche, scorie e improvvisazioni e che ha i suoi miti in personaggi come Arnold Schwarzenegger, culturista, attore e politico; il frullatore, adrenalinico, vitaminico, salutista; o Dido Fontana stesso, santone, pagliaccio e re. Come icone pagane i nuovi miti generano una serie di epigoni che del mito stesso raccolgono l'ambito più ironico. Il risultato è una forma di provincializzazione del mondo, evocata anche nel titolo, che più che abbassare il tono complessivo, popolarizzandolo, prende le forme dell'esercizio stesso costruendo così un monumento all'ironia, al gioco e suggerendo un sano esercizio di misura della realtà e, paradossalmente, di equilibrata relazione con la stessa.
L'invito a fare i conti con bassezze e altezze di spirito poste sullo stesso livello di moralità si ritrova nelle grandi stampe delle sale successive. In questi scatti, anche grazie a un dispositivo espositivo più tradizionale è possibile provare a decifrare con maggiore attenzione questioni più propriamente tecniche.
Da un punto di vista strettamente stilistico gli scatti di Dido Fontana sono antimanualistici: esposizione, asse dell'inquadratura, uso del flash: tutto o quasi tutto è sbagliato e, quando è giusto, lo è per sbaglio. Una casualità voluta che ricorda l'uso altrettanto improprio della pittura da parte delle avanguardie del Primo Novecento, e raccorda la fotografia di Dido Fontana al modo spontaneo e
improvvisato della maggior parte delle foto che attraversano quotidianamente social network e chat di messaggistica.
Il rifiuto del virtuosismo fotografico smonta ogni tentativo di sublimazione fotografica a favore dell'esaltazione della presenza, un tentativo anti-retorico che smonta le forme stesse dell'istituzione culturale e le richiama il visitatore, ancora una volta, a un maggiore senso di realtà e di promiscuità. In linea con lo stesso pensiero, Dido Fontana per la scelta dei suoi soggetti, al netto delle esperienze professionali, si appoggia sulla stessa libera volontà di farsi indagare dalla macchina fotografica.
Sempre alla ricerca di scatti, esaurite le cerchie degli amici, lancia delle call per prestarsi spontaneamente all’obbiettivo. A quel punto nasce uno scambio che si concretizza in una serie di scatti ambientati negli spazi del quotidiano di chi si propone per essere fotografato.
Infine, approfittando dell'occasione data dalla mostra, è il caso di chiudere con alcuni dei riferimenti culturali che aiutano a inquadrare ulteriormente la pratica di Dido Fontana. Si è già detto della citazione indiretta della libertà con cui le prime avanguardie trattano la tradizione della pittura: scrittura automatica, disegni infantili, ready made, sono tutti con diversi gradienti assorbiti da Dido Fontana. Bisogna poi citare alcuni grandi fotografi irregolari. Fra questi: Hans Bellmer, fotografo, artista e bambolaio; Carlo Mollino, architetto, artista e libertino; Leigh Ledare, fotografa, artista e paziente; Bettina Rheims, fotografa, artista e ora milionaria; Larry Clark, tossicodipendente, fotografo e regista, Juergen Teller, fotografo di moda e tifoso di calcio e Richard Prince, retro-fotografo, artista e appropriazionista.” dal testo "Stay Strong (Z)" di Denis Isaia
Dido Fontana, fotografo. Nasce a Mezzolombardo il 29 giugno del ’71. Vive in Trentino a Borgo Valsugana a un passo dal Fiume Brenta e lavora nel mondo. Non ritocca le foto perchè dice che la realtà è di per sè troppo interessante. Il suo stile è stato definito antifashion e neobarocco.
“Il percorso espositivo accoglie il visitatore nel contesto culturale e visivo che nutre la ricerca di Dido Fontana. Un allestimento pantagruelico che rimanda a un piacere sovrabbondante e libero.
Da un punto di vista storico, con la libertà di mutuare un neologismo dalla generazione dei sessantottini, è evidente che le basi siano salde in quello che può essere definito l’ottantinismo. Un riferimento che a trent'anni di distanza sveste i panni di una controrivoluzione di passaggio, per apparire come un modello esperienziale che si nutre di libertà ed elimina nel flusso disinteressato e caotico perbenismo, massimalismi, ideologie e forma.
La prima sala è dunque uno spaccato del circo umano fatto di muscoli, travestitismo, palestre, striptease e profanazioni. Una ricerca dell'identità che sfugge gioiosamente a ogni centralità e si alimenta di parrucche, scorie e improvvisazioni e che ha i suoi miti in personaggi come Arnold Schwarzenegger, culturista, attore e politico; il frullatore, adrenalinico, vitaminico, salutista; o Dido Fontana stesso, santone, pagliaccio e re. Come icone pagane i nuovi miti generano una serie di epigoni che del mito stesso raccolgono l'ambito più ironico. Il risultato è una forma di provincializzazione del mondo, evocata anche nel titolo, che più che abbassare il tono complessivo, popolarizzandolo, prende le forme dell'esercizio stesso costruendo così un monumento all'ironia, al gioco e suggerendo un sano esercizio di misura della realtà e, paradossalmente, di equilibrata relazione con la stessa.
L'invito a fare i conti con bassezze e altezze di spirito poste sullo stesso livello di moralità si ritrova nelle grandi stampe delle sale successive. In questi scatti, anche grazie a un dispositivo espositivo più tradizionale è possibile provare a decifrare con maggiore attenzione questioni più propriamente tecniche.
Da un punto di vista strettamente stilistico gli scatti di Dido Fontana sono antimanualistici: esposizione, asse dell'inquadratura, uso del flash: tutto o quasi tutto è sbagliato e, quando è giusto, lo è per sbaglio. Una casualità voluta che ricorda l'uso altrettanto improprio della pittura da parte delle avanguardie del Primo Novecento, e raccorda la fotografia di Dido Fontana al modo spontaneo e
improvvisato della maggior parte delle foto che attraversano quotidianamente social network e chat di messaggistica.
Il rifiuto del virtuosismo fotografico smonta ogni tentativo di sublimazione fotografica a favore dell'esaltazione della presenza, un tentativo anti-retorico che smonta le forme stesse dell'istituzione culturale e le richiama il visitatore, ancora una volta, a un maggiore senso di realtà e di promiscuità. In linea con lo stesso pensiero, Dido Fontana per la scelta dei suoi soggetti, al netto delle esperienze professionali, si appoggia sulla stessa libera volontà di farsi indagare dalla macchina fotografica.
Sempre alla ricerca di scatti, esaurite le cerchie degli amici, lancia delle call per prestarsi spontaneamente all’obbiettivo. A quel punto nasce uno scambio che si concretizza in una serie di scatti ambientati negli spazi del quotidiano di chi si propone per essere fotografato.
Infine, approfittando dell'occasione data dalla mostra, è il caso di chiudere con alcuni dei riferimenti culturali che aiutano a inquadrare ulteriormente la pratica di Dido Fontana. Si è già detto della citazione indiretta della libertà con cui le prime avanguardie trattano la tradizione della pittura: scrittura automatica, disegni infantili, ready made, sono tutti con diversi gradienti assorbiti da Dido Fontana. Bisogna poi citare alcuni grandi fotografi irregolari. Fra questi: Hans Bellmer, fotografo, artista e bambolaio; Carlo Mollino, architetto, artista e libertino; Leigh Ledare, fotografa, artista e paziente; Bettina Rheims, fotografa, artista e ora milionaria; Larry Clark, tossicodipendente, fotografo e regista, Juergen Teller, fotografo di moda e tifoso di calcio e Richard Prince, retro-fotografo, artista e appropriazionista.” dal testo "Stay Strong (Z)" di Denis Isaia
Dido Fontana, fotografo. Nasce a Mezzolombardo il 29 giugno del ’71. Vive in Trentino a Borgo Valsugana a un passo dal Fiume Brenta e lavora nel mondo. Non ritocca le foto perchè dice che la realtà è di per sè troppo interessante. Il suo stile è stato definito antifashion e neobarocco.
15
maggio 2015
Dido Fontana – Stay Strong (Z)
Dal 15 maggio al 18 luglio 2015
fotografia
Location
BOCCANERA GALLERY
Trento, Via Alto Adige, 176, (Trento)
Trento, Via Alto Adige, 176, (Trento)
Orario di apertura
Lunedì - Domenica 10 - 13 e 16 - 19
Vernissage
15 Maggio 2015, ore 19
Autore