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Diego Iaia – Le Quinte di Otello
O.Welles,1952 Othello.Così come Orson Welles rivendicò l’autonomia del medium cinematografico,Diego Iaia dedica il progetto Le quinte di Otello al medium pittura, solo uno dei tanti cui ricorre nella sua produzione artistica, come fonte di libertà interpretativa sull’universo del teatro in costume
Comunicato stampa
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COMUNICATO STAMPA
DIEGO IAIA
LE QUINTE DI OTELLO
ProgettArte3D - piazza S. Pellegrino, 1 - 01100 Viterbo
Inaugurazione: 30 Ottobre 2010 ore 17:00
Le quinte di Otello
Forse non tutti sanno o ricordano che per girare la sua personale rilettura cinematografica del testo shakespeariano dedicato al Moro, Orson Welles scelse come scenografia del film (Othello, 1952) luoghi diversi da quelli in cui la storia era ambientata. Non l’isola di Cipro, dunque, ma Venezia, il Marocco, Tuscania e, soprattutto, Viterbo. Nella capitale della Tuscia furono girate nel 1949 alcune tra le principali scene del film, con un ruolo speciale assegnato al Palazzo dei Papi, attraverso il cui colonnato, con soluzioni sceniche all’avanguardia per il tempo, al limite dell’effetto speciale, Welles fece persino magicamente intravedere il mare.
Invitato ad esporre il suo nuovo progetto dall’Associazione Progettarte3D nei locali situati in pieno centro storico, Diego Iaia ha tratto spunto da questo precedente legato alla città di Viterbo per elaborare un nuovo progetto nel solco della sua ricerca intorno alla manipolazione del reale, all’arte come rappresentazione, alla mimesi e all’imitazione. Così come Orson Welles rivendicò l’autonomia del medium cinematografico per giustificare la libera rivisitazione e le licenze che caratterizzano il film rispetto all’originale di Shakespeare, Diego Iaia dedica il progetto Le quinte di Otello al medium pittura, solo uno dei tanti cui ricorre nella sua produzione artistica, come fonte di libertà interpretativa sull’universo del teatro in costume. Da una ricerca infatti sugli attori di teatro dell’inizio del XX secolo, sulle loro posture, sugli abiti di scena, sui fondali e sugli allestimenti scenografici, Iaia trae alcune figure simbolo e le ambienta in uno scenario architettonico di per sé in grado di ricollocare lo spettatore all’interno della Storia. Eppure i dipinti in mostra presentano interventi che trascinano chi li guarda in un contesto contemporaneo.
Si realizza così una spirale di visione e di pensiero che parte dalla suggestione shakespeariana nell’interpreazione di Welles, passa per la comune nozione e percezione della storia e dei luoghi dove essa si è dipanata nei secoli e giunge ai giorni nostri grazie all’inserimento di elementi perturbanti che non potrebbero collocare le opere in nessun altro tempo se non l’attuale. Tutto ciò attraverso il meccanismo della ripetizione di una realtà ripetuta, dell’imitazione dell’imitato, dell’azione dell’attore: in una parola, il teatro, con le sue convenzioni e le sue infrastrutture, in particolare le quinte, che su Iaia esercitano un fascino che egli riverbera sullo sfondo dei suoi dipinti.
Le quinte di Otello è un progetto declinato su due fronti. Da una parte tre grandi dipinti in cui lo stereotipo dell’attore e il suo posizionamento nell’ambiente (per lui) naturale rappresentato dalle quinte emergono con grande forza visuale, anche in virtù della tecnica basata su strati sovrapposti di colore (prima l’olio, poi l’acrilico, infine la resina), una tecnica che rappresenta la vera e propria sigla stilistica di Iaia pittore. In ossequio all’assunto, caro all’artista, dell’impossibilità del ritratto di clonare il vero, Iaia interviene sui volti dei personaggi annullandone in buona parte le potenzialità espressive, troppo legate alla specifica vitalità di ciascun essere vivente per essere proprie anche della sua copia. Il secondo filone della mostra è offerto da una serie di cinque ritratti-collages, inframmezzati da uno dei ritratti di gruppo che Iaia affida alla manipolazione di elenchi telefonici. L’annullamento della personalità del ritratto in questo caso è intuitivo, trattandosi di personaggi frutto dell’assemblaggio di più figure umane. Ma in questo caso l’intento di annullamento va oltre e si rivolge direttamente sulla tecnica utilizzata. Pur rientrando ampiamente fra le tecniche già frequentate in precedenti occasioni, Iaia ironizza sul medium collage, oggetto di recente riscoperta da parte di decine di giovani e affermati artisti internazionali, realizzando opere che a prima vista sembrano collage ma che in realtà sono dipinti realizzati ad olio. Ancora una volta l’imitazione elevata a sistema.
DIEGO IAIA
LE QUINTE DI OTELLO
ProgettArte3D - piazza S. Pellegrino, 1 - 01100 Viterbo
Inaugurazione: 30 Ottobre 2010 ore 17:00
Le quinte di Otello
Forse non tutti sanno o ricordano che per girare la sua personale rilettura cinematografica del testo shakespeariano dedicato al Moro, Orson Welles scelse come scenografia del film (Othello, 1952) luoghi diversi da quelli in cui la storia era ambientata. Non l’isola di Cipro, dunque, ma Venezia, il Marocco, Tuscania e, soprattutto, Viterbo. Nella capitale della Tuscia furono girate nel 1949 alcune tra le principali scene del film, con un ruolo speciale assegnato al Palazzo dei Papi, attraverso il cui colonnato, con soluzioni sceniche all’avanguardia per il tempo, al limite dell’effetto speciale, Welles fece persino magicamente intravedere il mare.
Invitato ad esporre il suo nuovo progetto dall’Associazione Progettarte3D nei locali situati in pieno centro storico, Diego Iaia ha tratto spunto da questo precedente legato alla città di Viterbo per elaborare un nuovo progetto nel solco della sua ricerca intorno alla manipolazione del reale, all’arte come rappresentazione, alla mimesi e all’imitazione. Così come Orson Welles rivendicò l’autonomia del medium cinematografico per giustificare la libera rivisitazione e le licenze che caratterizzano il film rispetto all’originale di Shakespeare, Diego Iaia dedica il progetto Le quinte di Otello al medium pittura, solo uno dei tanti cui ricorre nella sua produzione artistica, come fonte di libertà interpretativa sull’universo del teatro in costume. Da una ricerca infatti sugli attori di teatro dell’inizio del XX secolo, sulle loro posture, sugli abiti di scena, sui fondali e sugli allestimenti scenografici, Iaia trae alcune figure simbolo e le ambienta in uno scenario architettonico di per sé in grado di ricollocare lo spettatore all’interno della Storia. Eppure i dipinti in mostra presentano interventi che trascinano chi li guarda in un contesto contemporaneo.
Si realizza così una spirale di visione e di pensiero che parte dalla suggestione shakespeariana nell’interpreazione di Welles, passa per la comune nozione e percezione della storia e dei luoghi dove essa si è dipanata nei secoli e giunge ai giorni nostri grazie all’inserimento di elementi perturbanti che non potrebbero collocare le opere in nessun altro tempo se non l’attuale. Tutto ciò attraverso il meccanismo della ripetizione di una realtà ripetuta, dell’imitazione dell’imitato, dell’azione dell’attore: in una parola, il teatro, con le sue convenzioni e le sue infrastrutture, in particolare le quinte, che su Iaia esercitano un fascino che egli riverbera sullo sfondo dei suoi dipinti.
Le quinte di Otello è un progetto declinato su due fronti. Da una parte tre grandi dipinti in cui lo stereotipo dell’attore e il suo posizionamento nell’ambiente (per lui) naturale rappresentato dalle quinte emergono con grande forza visuale, anche in virtù della tecnica basata su strati sovrapposti di colore (prima l’olio, poi l’acrilico, infine la resina), una tecnica che rappresenta la vera e propria sigla stilistica di Iaia pittore. In ossequio all’assunto, caro all’artista, dell’impossibilità del ritratto di clonare il vero, Iaia interviene sui volti dei personaggi annullandone in buona parte le potenzialità espressive, troppo legate alla specifica vitalità di ciascun essere vivente per essere proprie anche della sua copia. Il secondo filone della mostra è offerto da una serie di cinque ritratti-collages, inframmezzati da uno dei ritratti di gruppo che Iaia affida alla manipolazione di elenchi telefonici. L’annullamento della personalità del ritratto in questo caso è intuitivo, trattandosi di personaggi frutto dell’assemblaggio di più figure umane. Ma in questo caso l’intento di annullamento va oltre e si rivolge direttamente sulla tecnica utilizzata. Pur rientrando ampiamente fra le tecniche già frequentate in precedenti occasioni, Iaia ironizza sul medium collage, oggetto di recente riscoperta da parte di decine di giovani e affermati artisti internazionali, realizzando opere che a prima vista sembrano collage ma che in realtà sono dipinti realizzati ad olio. Ancora una volta l’imitazione elevata a sistema.
30
ottobre 2010
Diego Iaia – Le Quinte di Otello
Dal 30 ottobre al 28 novembre 2010
arte contemporanea
Location
PROGETTARTE3D
Viterbo, Piazza San Pellegrino, 1, (Viterbo)
Viterbo, Piazza San Pellegrino, 1, (Viterbo)
Orario di apertura
feriali per appuntamento, festivi 10:00-13:00 / 15:00-19:00
Vernissage
30 Ottobre 2010, ore 17:00
Autore