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Diego Ornaghi – Operazione colore
Un’immersione nel colore, da quale emergono forme simboliche e ancestrali
Comunicato stampa
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Un’immersione nel colore, da quale emergono forme simboliche e ancestrali, è la mostra OPERAZIONE COLORE, che presenta 20 grandi tele di Diego Ornaghi.
La mostra, patrocinata dal Comune di Varese e dal Circolo Cavour, s’inserisce nella programmazione della Sala Veratti che vuole dare visibilità a quegli artisti che, legati al territorio, hanno maturato un linguaggio artistico del tutto personale e di un certo spessore espressivo.
Diego Ornaghi, nato a Varese nel 1954, è noto al pubblico per la sua attività professionale di cardiochirurgo: fin da studente, ha manifestato la sua passione per l’espressione artistica, che lo ha condotto ad approfondire la tecnica dell’acquarello prima e poi della pittura ad olio, in un succedersi di mostre collettive di “Pittura ed Arte Figurativa Medici Artisti.
Oggi, la mostra alla Sala Veratti presenta la sua ricerca in un campo, quello artistico, segnata da una vocazione materica, che vede il colore fluire in una tensione continua fatta di sedimenti magmatici e di accensioni cromatiche di forte suggestione emotiva e visiva. L’antologica presenta l’evoluzione di un percorso che, iniziato con la figurazione, si è sviluppato verso una forma d’arte che predilige campiture orizzontali e verticali nelle quali si possono leggere forme archetipiche, quali il labirinto o la spirale.
Scrive Luciana Schiroli nel testo All-Over: “Espressionista per l’intensità delle emozioni e astratto perché la fuoruscita dell’emozione viene controllata da un rigore razionale che ben tiene strette le pulsioni dell’io profondo. Se alcune opere possono essere intese a guisa di mappe cosmologiche, che indagano i percorsi della materia cosmica che diventa linea, labirinto, vortice perfino, altre opere sono più austere e contemplative: pochi colori base, il nero e rosso-marrone, intriso di luce che a volte s’irradia in modo più uniforme, mentre altre volte penetra nella tela come uno squarcio secentesco, in una forte contrapposizione tra due mondi, che convivono benché opposti”.
Così si esprime l’amico Renzo Gullotta:”Innanzi tutto con il colore, anzi ‘i colori’. Una luminosità sommessa, quasi mai imposta, talora solo immaginabile tra scelte cromatiche apparentemente impenetrabili. E poi con il movimento: questa è una peculiarità di gran parte della produzione di Ornaghi: la materia da spessa e dura diviene leggera, si slancia, assume dinamismo inaspettato”.
Presentazione a cura di Franco Prevosti, Luciana Schiroli, Dino Azzalin, Renzo Gullotta.
In più, per l’occasione, è stata realizzato dalla DUEGI Sas di Laveno Mombello, un pannello in vetro stratificato che, raffigurando un’opera di Ornaghi, si pone come simbolo della mostra stessa. In mostra: venti opere pittoriche di cui dieci di grandi dimensioni.
ALL - OVER
Espressionista per l’intensità delle emozioni e astratto perché la fuoruscita dell’emozione viene controllata da un rigore razionale che ben tiene strette le pulsioni dell’io profondo.
Un rigore comunque non rigido ma flessibile, capace di fare entrare nel quadro più la realtà interiore che quella esteriore: e quando il riferimento al mondo esteriore c’è, è pura metafora di un paesaggio interiore fatto di sovrapposizioni, di staffilate verticali e curvilinee, di fluidità di colpi di spatola, di labirinti aperti, di superfici materiche mosse da ritmi che interrompono la continuità dell’orizzonte.
Una percezione visiva che ha difficoltà a trovare un unico e fermo punto focale, perché lo sguardo scorre sulle stesure fluttuanti che ogni volta impongono una reinterpretazione dell’intero quadro: un’esplorazione continua di spazi e di sequenze che, come battute di una partitura, scorrono in modo dinamico e ritmico all’interno di una composizione che ha un significato suo e proprio, non certo riducibile alla somma delle singole battute.
Ed è inutile cercare la presenza di un oggetto, perché la composizione è all-over, luogo d’incontro di istinti e di sogni, di frammenti reali e di realtà immaginarie, di intuizioni e congetture.
Un ritmo intrinseco che nasce dall’alternarsi dei segmenti, ora irrequieto ora lento, in un gioco sotterraneo di ombre e di luci, di trame e orditi, di ferite e cuciture, di sospensioni cromatiche e di agglomerati materici.
Se alcune opere possono essere intese a guisa di mappe cosmologiche, che indagano i percorsi della materia cosmica che diventa linea, labirinto, vortice perfino, altre opere sono più austere e contemplative: pochi colori base, il nero e rosso-marrone, intriso di luce che a volte s’irradia in modo più uniforme, mentre altre volte penetra nella tela come uno squarcio secentesco, in una forte contrapposizione tra due mondi, che convivono benché opposti.
Particolarmente simboliche le partizioni verticali e orizzontali che impongono un rispetto silenzioso nei confronti dell’opera stessa: ne esce una soluzione formale più sintetica e asciutta che si carica di rimandi analogici e di evocazioni anche religiose. Il senso del trascendente si fa più intenso ed è ancora una volta il colore scuro e grezzo a farsi portavoce di una storia passata che si rinnova nella storia individuale e sociale.
Ne esce un messaggio di straordinaria forza, drammatico perfino, e la stesura continua del colore supera la barriera del tempo per diventare in questo momento, quello della visione hic et nunc, epifania di un mistero che è entrato nello spazio e nel tempo dell’oggi. Una stazione di un tempo senza tempo, che può diventare uno straordinario incontro: basta fermarsi.
Ottobre 2007
Luciana Schiroli
La mostra, patrocinata dal Comune di Varese e dal Circolo Cavour, s’inserisce nella programmazione della Sala Veratti che vuole dare visibilità a quegli artisti che, legati al territorio, hanno maturato un linguaggio artistico del tutto personale e di un certo spessore espressivo.
Diego Ornaghi, nato a Varese nel 1954, è noto al pubblico per la sua attività professionale di cardiochirurgo: fin da studente, ha manifestato la sua passione per l’espressione artistica, che lo ha condotto ad approfondire la tecnica dell’acquarello prima e poi della pittura ad olio, in un succedersi di mostre collettive di “Pittura ed Arte Figurativa Medici Artisti.
Oggi, la mostra alla Sala Veratti presenta la sua ricerca in un campo, quello artistico, segnata da una vocazione materica, che vede il colore fluire in una tensione continua fatta di sedimenti magmatici e di accensioni cromatiche di forte suggestione emotiva e visiva. L’antologica presenta l’evoluzione di un percorso che, iniziato con la figurazione, si è sviluppato verso una forma d’arte che predilige campiture orizzontali e verticali nelle quali si possono leggere forme archetipiche, quali il labirinto o la spirale.
Scrive Luciana Schiroli nel testo All-Over: “Espressionista per l’intensità delle emozioni e astratto perché la fuoruscita dell’emozione viene controllata da un rigore razionale che ben tiene strette le pulsioni dell’io profondo. Se alcune opere possono essere intese a guisa di mappe cosmologiche, che indagano i percorsi della materia cosmica che diventa linea, labirinto, vortice perfino, altre opere sono più austere e contemplative: pochi colori base, il nero e rosso-marrone, intriso di luce che a volte s’irradia in modo più uniforme, mentre altre volte penetra nella tela come uno squarcio secentesco, in una forte contrapposizione tra due mondi, che convivono benché opposti”.
Così si esprime l’amico Renzo Gullotta:”Innanzi tutto con il colore, anzi ‘i colori’. Una luminosità sommessa, quasi mai imposta, talora solo immaginabile tra scelte cromatiche apparentemente impenetrabili. E poi con il movimento: questa è una peculiarità di gran parte della produzione di Ornaghi: la materia da spessa e dura diviene leggera, si slancia, assume dinamismo inaspettato”.
Presentazione a cura di Franco Prevosti, Luciana Schiroli, Dino Azzalin, Renzo Gullotta.
In più, per l’occasione, è stata realizzato dalla DUEGI Sas di Laveno Mombello, un pannello in vetro stratificato che, raffigurando un’opera di Ornaghi, si pone come simbolo della mostra stessa. In mostra: venti opere pittoriche di cui dieci di grandi dimensioni.
ALL - OVER
Espressionista per l’intensità delle emozioni e astratto perché la fuoruscita dell’emozione viene controllata da un rigore razionale che ben tiene strette le pulsioni dell’io profondo.
Un rigore comunque non rigido ma flessibile, capace di fare entrare nel quadro più la realtà interiore che quella esteriore: e quando il riferimento al mondo esteriore c’è, è pura metafora di un paesaggio interiore fatto di sovrapposizioni, di staffilate verticali e curvilinee, di fluidità di colpi di spatola, di labirinti aperti, di superfici materiche mosse da ritmi che interrompono la continuità dell’orizzonte.
Una percezione visiva che ha difficoltà a trovare un unico e fermo punto focale, perché lo sguardo scorre sulle stesure fluttuanti che ogni volta impongono una reinterpretazione dell’intero quadro: un’esplorazione continua di spazi e di sequenze che, come battute di una partitura, scorrono in modo dinamico e ritmico all’interno di una composizione che ha un significato suo e proprio, non certo riducibile alla somma delle singole battute.
Ed è inutile cercare la presenza di un oggetto, perché la composizione è all-over, luogo d’incontro di istinti e di sogni, di frammenti reali e di realtà immaginarie, di intuizioni e congetture.
Un ritmo intrinseco che nasce dall’alternarsi dei segmenti, ora irrequieto ora lento, in un gioco sotterraneo di ombre e di luci, di trame e orditi, di ferite e cuciture, di sospensioni cromatiche e di agglomerati materici.
Se alcune opere possono essere intese a guisa di mappe cosmologiche, che indagano i percorsi della materia cosmica che diventa linea, labirinto, vortice perfino, altre opere sono più austere e contemplative: pochi colori base, il nero e rosso-marrone, intriso di luce che a volte s’irradia in modo più uniforme, mentre altre volte penetra nella tela come uno squarcio secentesco, in una forte contrapposizione tra due mondi, che convivono benché opposti.
Particolarmente simboliche le partizioni verticali e orizzontali che impongono un rispetto silenzioso nei confronti dell’opera stessa: ne esce una soluzione formale più sintetica e asciutta che si carica di rimandi analogici e di evocazioni anche religiose. Il senso del trascendente si fa più intenso ed è ancora una volta il colore scuro e grezzo a farsi portavoce di una storia passata che si rinnova nella storia individuale e sociale.
Ne esce un messaggio di straordinaria forza, drammatico perfino, e la stesura continua del colore supera la barriera del tempo per diventare in questo momento, quello della visione hic et nunc, epifania di un mistero che è entrato nello spazio e nel tempo dell’oggi. Una stazione di un tempo senza tempo, che può diventare uno straordinario incontro: basta fermarsi.
Ottobre 2007
Luciana Schiroli
13
dicembre 2008
Diego Ornaghi – Operazione colore
Dal 13 al 28 dicembre 2008
arte contemporanea
Location
SALA VERATTI
Varese, Via Carlo Giuseppe Veratti, 20, (Varese)
Varese, Via Carlo Giuseppe Veratti, 20, (Varese)
Orario di apertura
martedì-domenica 10-12.30 e 15.30–19
Vernissage
13 Dicembre 2008, ore 17.30
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