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Dino Catalano – In punta di piedi
Dino ama definirsi un pittore per caso, e sicuramente non è unico tra gli artisti ad aver scoperto questa vocazione quando per l’appunto un caso, violento e imprevisto, ha fatto irruzione nella successione più o meno graduale degli eventi quotidiani.
Comunicato stampa
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Nel gioco delle associazioni verbali, una parola che istintivamente assocerei alla pittura di Dino Catalano è “primavera”, forse anche condizionato dallo spettacolo a cui assisto in questo momento dalla finestra che affaccia sui Monti Lepini: l’albero di Giuda in fiore, e così il biancospino, il pruno selvatico… l’odore delicato che sale dalla zagara proprio qui sotto, cui lo stridio dei balestrucci fa da colonna sonora.
La primavera rappresenta un concentrato esplosivo di vita, la vita che approfitta del momento propizio per esprimere al massimo la bellezza. E’ un momento magico, cinetico, preceduto dalla stasi del freddo che gela e seguito da quella del caldo che secca…
Dino ama definirsi un pittore per caso, e sicuramente non è unico tra gli artisti ad aver scoperto questa vocazione quando per l’appunto un caso, violento e imprevisto, ha fatto irruzione nella successione più o meno graduale degli eventi quotidiani. E’, infatti, a partire da una diagnosi medica che Dino comincia a dipingere, sedici anni fa, da autodidatta. Prima di allora alcuni tentativi giovanili ma nulla di più.
Da allora l’artista, che già dai primi lavori rivela uno sconcertante controllo del disegno e un grande intuito nell’uso del colore, ha dimostrato una capacità di crescita rapidissima; di fatto pare che la primavera si compia in lui quotidianamente, come se il ciclo delle stagioni si alternasse nella sua vita più volte al giorno. Costretto a momenti d’inattività che si ripetono a intervalli periodici ravvicinati, lui reagisce vivendo all’ennesima potenza, sulla tela, i momenti propizi. Tutto è attività e movimento nei suoi quadri; dove non sono le linee a creare le fughe, lo sono le scale cromatiche, personalissime e talvolta al limite dell’azzardo. Perderlo di vista per un anno equivale a perdere di vista per cinque anni un pittore che svolge la sua attività a tempo pieno; ed è inutile aspettarsi di ritrovarlo al lavoro sullo stesso tema, perché nel frattempo lo ha portato ad esaurimento ed è passato a tutt’altro. Visitare il suo atelier è un’esperienza che lascia il segno. A parte la simpatia della persona, non solo sulle pareti ma ovunque, talvolta inverosimilmente accatastate, ci sono talmente tante tele dipinte, una tale folla di meraviglie eseguite ad olio spatolato con precisione istintiva, che uscendo ci vuole del tempo per riprendersi. L’esperienza è di quelle che disorientano: si resta a lungo segnati interiormente dall’abbuffata di immagini e colori; e siccome lo spazio per muoversi è ridotto per via della massa di tele, di cui parecchie fresche e freschissime, è impossibile non rimanere “segnati” anche fuori (non scherzo, il mio cappotto macchiato forse in modo indelebile ne è la prova).
“In punta di piedi” è il titolo della personale con cui Dino Catalano aprirà la terza edizione della rassegna Arte al Chiodo, una mostra nata dopo un difficile lavoro di esclusione, in realtà una di una decina di ricche personali possibili, tutte ugualmente valide, che Dino potrebbe tenere in contemporanea. Ci siamo soffermati su cinque temi a lui cari: il ritratto, il paesaggio urbano, il paesaggio naturalistico, la figura femminile, Penelope, e per ognuno abbiamo scelto ciò che al momento ci pareva più interessante.
Volgo nuovamente lo sguardo alla finestra e ritrovo lo spettacolo di questa pellicola volatile e sottile che è la vita, unica nell’universo da noi conosciuto; mi vengono in mente i paesaggi di Tullio Pericoli. E immagino Dino, il nostro pittore per caso, mentre crea sulla tela la sua magia: come un ballerino un po’ ebbro, allenta la parte radicale e si dispone alla dimensione aerea, alla leggerezza. In punta di piedi.
Claudio Muolo
La primavera rappresenta un concentrato esplosivo di vita, la vita che approfitta del momento propizio per esprimere al massimo la bellezza. E’ un momento magico, cinetico, preceduto dalla stasi del freddo che gela e seguito da quella del caldo che secca…
Dino ama definirsi un pittore per caso, e sicuramente non è unico tra gli artisti ad aver scoperto questa vocazione quando per l’appunto un caso, violento e imprevisto, ha fatto irruzione nella successione più o meno graduale degli eventi quotidiani. E’, infatti, a partire da una diagnosi medica che Dino comincia a dipingere, sedici anni fa, da autodidatta. Prima di allora alcuni tentativi giovanili ma nulla di più.
Da allora l’artista, che già dai primi lavori rivela uno sconcertante controllo del disegno e un grande intuito nell’uso del colore, ha dimostrato una capacità di crescita rapidissima; di fatto pare che la primavera si compia in lui quotidianamente, come se il ciclo delle stagioni si alternasse nella sua vita più volte al giorno. Costretto a momenti d’inattività che si ripetono a intervalli periodici ravvicinati, lui reagisce vivendo all’ennesima potenza, sulla tela, i momenti propizi. Tutto è attività e movimento nei suoi quadri; dove non sono le linee a creare le fughe, lo sono le scale cromatiche, personalissime e talvolta al limite dell’azzardo. Perderlo di vista per un anno equivale a perdere di vista per cinque anni un pittore che svolge la sua attività a tempo pieno; ed è inutile aspettarsi di ritrovarlo al lavoro sullo stesso tema, perché nel frattempo lo ha portato ad esaurimento ed è passato a tutt’altro. Visitare il suo atelier è un’esperienza che lascia il segno. A parte la simpatia della persona, non solo sulle pareti ma ovunque, talvolta inverosimilmente accatastate, ci sono talmente tante tele dipinte, una tale folla di meraviglie eseguite ad olio spatolato con precisione istintiva, che uscendo ci vuole del tempo per riprendersi. L’esperienza è di quelle che disorientano: si resta a lungo segnati interiormente dall’abbuffata di immagini e colori; e siccome lo spazio per muoversi è ridotto per via della massa di tele, di cui parecchie fresche e freschissime, è impossibile non rimanere “segnati” anche fuori (non scherzo, il mio cappotto macchiato forse in modo indelebile ne è la prova).
“In punta di piedi” è il titolo della personale con cui Dino Catalano aprirà la terza edizione della rassegna Arte al Chiodo, una mostra nata dopo un difficile lavoro di esclusione, in realtà una di una decina di ricche personali possibili, tutte ugualmente valide, che Dino potrebbe tenere in contemporanea. Ci siamo soffermati su cinque temi a lui cari: il ritratto, il paesaggio urbano, il paesaggio naturalistico, la figura femminile, Penelope, e per ognuno abbiamo scelto ciò che al momento ci pareva più interessante.
Volgo nuovamente lo sguardo alla finestra e ritrovo lo spettacolo di questa pellicola volatile e sottile che è la vita, unica nell’universo da noi conosciuto; mi vengono in mente i paesaggi di Tullio Pericoli. E immagino Dino, il nostro pittore per caso, mentre crea sulla tela la sua magia: come un ballerino un po’ ebbro, allenta la parte radicale e si dispone alla dimensione aerea, alla leggerezza. In punta di piedi.
Claudio Muolo
16
aprile 2011
Dino Catalano – In punta di piedi
Dal 16 aprile al 29 maggio 2011
arte contemporanea
Location
IL CHIODO DI SERMONETA
Sermoneta, Piazza Del Popolo, 13, (Latina)
Sermoneta, Piazza Del Popolo, 13, (Latina)
Orario di apertura
ore 10,00-13,30 17,00-21,00
Vernissage
16 Aprile 2011, h.19,00
Autore
Curatore