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Dinu Flamând / Savina Tarsitano – Le Luci delle Pietre
Esposizione di una mostra itinerante di Savina Tarsitano e Dinu Flamând, con testi critici a cura di Stefano Raimondi e col patrocinio della Fondazione Bogliasco, intitolata Le Luci delle Pietre.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Il 25 marzo 2010, presso l’Istituto Romeno di Cultura con sede a Berlino, si apre il tour di una mostra itinerante dell’artista italiana Savina Tarsitano e del poeta rumeno Dinu Flamând, con testi critici a cura di Stefano Raimondi, intitolata Le Luci delle Pietre.
Lunedì 26 aprile 2010 la mostra si inaugura presso l’Accademia di Romania in Roma con il patrocinio della Fondazione Bogliasco.
L’evento si svolge in occasione della presentazione dei volumi di poesia di Flamând, Umbre şi faleze (Ombre e falesie, 2010), pubblicato dalla casa editrice Brumar, e La luce delle pietre (2009), pubblicato dalla casa editrice Palomar, illustrati da interpretazioni fotografiche di Savina Tarsitano sul tema delle ombre e tradotti da Giovanni Magliocco.
Il tour è in cooperazione con la Galleria Gallerati di Roma e la Fondazione Italia Domani.
A Berlino e a Roma la mostra è inaugurata in presenza dell’Ambasciatore, Segretario Generale Karl-Erik Norrman del Parlamento Europeo della Cultura, e a Roma anche in presenza del Direttore dello Sviluppo e Pianificazione - Europa della Fondazione Bogliasco Pasquale Pesce e del Professor Giovanni Magliocco dell’Università di Bari.
Savina Tarsitano e Dinun Flamând si sono conosciuti nel 2005 durante il loro soggiorno presso la Fondazione Bogliasco, sulla costa ligure. In questo periodo sono nate le Ombre di Savina più tardi denominate Icone del Caos. Come scrive l’autrice: “le ombre sono mappe di dislocazione, una grammatica delle isole quali strutture di comunicazione ottica. Delle isole è evidente il carattere di luogo di posta rappresentato, oltre che dall’essere appiglio geografico, anche dalle immancabili architetture di avvistamento, dislocate rispetto agli approdi. Ed è questa loro natura di propagatori di energia, a dispetto dell’apparente isolamento, che ha ispirato i miei lavori artistici. Osservando come le rocce, le pietre e i muri siano in balìa delle vicende meteomarine e umane che ne modificano le forme, ho percepito un’energia, come di continui spostamenti della materia nella natura. Da qui il progetto di utilizzare le rocce, i muri di pietra e i lastricati come quadranti su cui proiettare l’ombra di un corpo umano, affinché restituiscano visioni anamorfiche prodotte dalla sovrapposizione di sezioni d’ombra alle diverse rese cromatiche della pietra, dovute a fenomeni chimici naturali. Le ombre mi sono sembrate le forme più adatte: e per quei confini allo stesso tempo evanescenti e densi, che hanno una resa straordinaria sulle venature della roccia, e per quel loro essere misuratori di luce che dicono del tempo, del suo scorrere e della presenza. Dare forma alle rocce, renderle vive, è costruire una mitologia iconografica delle isole fatta di paesaggi dislocati, irrintracciabili su una mappa fedele.”
“La storia delle ombre, ricca di aneddoti e ricerche curiose, è intrecciata con una vastità di studi e discipline che di primo approccio non saremmo portati a considerare: arte, psicologia, astronomia, neurologia sono alcuni dei principali campi in cui l’ombra è diventata oggetto d’analisi e di studio. Ombre come rilievi, ombre mobili, imperiture, intangibili quindi intoccabili. Ombre che scompaiono e ricompaiono improvvisamente senza lasciarsi esplorare. Nella pittura l’importanza assunta dalle ombre sembra andare di pari passi con le fasi artistiche di maggior naturalismo. Escludendo per un attimo l’arte contemporanea non c’è dubbio, come ci spiega Gombrich, che le ombre vengano inizialmente usate dai pittori per produrre effetti di stupefazione e meraviglia attraverso la verosomiglianza che sanno imprimere su un soggetto pittorico. Durante l’umanesimo l’ombra, assieme alla visione prospettica, diventa elemento per modellare lo spazio, sia pittorico che architettonico. Veniamo ad oggi e pensiamo anche solo a una città come New York in cui si è dovuta studiare una legge specifica – la Zoning Law – per evitare ai grattacieli di oscurare con la loro ombra intere strade e isolati. L’ombra è invisibile solo in apparenza, la sua presenza fisica non è meno invasiva di quella dell’oggetto che duplica, a tal punto che oggi non ci meravigliamo più nel considerarla come un segno inamovibile, inscindibile dall’oggetto che che la crea. Ormai l’esistenza della nostra ombra è accettata a tal punto che troviamo un non so che di angoscioso e misterioso in tutto quello che è creato senza ombra. Questi sentimenti di “angoscia”, come ha osservato il celebre psicologo Gustav Jung, si ricollegano al fatto che l’ombra è una controfigura inconscia dell’anima. I lavori proposti da Savina Tarsitano sono un elogio dell’ombra e di conseguenza una magnificazione della luce. L’ombra è metafora di un’isola, presenza irrinunciabile e inamovibile nell’oceano dell’inconscio. Porto privilegiato, di vista e d’attracco, in cui è possibile riflettere su una proiezione di sé stessi, rappresentata ora su muri di pietra, ora su rocce e lastricati. L’ombra si materializza in queste opere come una decalcomania dell’animo proiettata sulla natura circostante. E non è un caso che il mezzo espressivo usato passi dalla pittura alla fotografia. Se in natura non può esistere luce senza ombra, il fotografo nel suo predominio sulle sorgenti luminose può decidere di eliminare ogni ombra dall’oggetto. Savina lo sa, per questo le sue ombre rimandano fortemente alla luce che le crea, ai colori delle isole che mutano col passare del tempo sulla meridiana. È durante questi viaggi che Savina, come Peter Pan, cerca la sua ombra: la natura gliel’ha cucita addosso.” (Stefano Raimondi)
Savina Tarsitano è nata in Calabria nel 1970; attualmente vive e lavora in Germania, presso il Castello di Coswig (Anhalt, nelle vicinanze di Berlino), grazie al progetto europeo Et in Arcadia Ego. Fotografa e pittrice, lavora da diversi anni al progetto artistico L’Isola che vuoi grazie al programma Odissea promosso e gestito dall’Association des Centres Culturels de Rencontre di Parigi (ACCR) con il sostegno del Ministero francese per la Cultura e la Comunicazione, il Museo di Upernavik in Groenlandia, la Fondazione Bogliasco in Italia e il progetto europeo Et in Arcadia Ego. La sua ricerca è incentrata sul concetto di “approdo” e si snoda attraverso soggiorni in luoghi a tema, come le isole, le abbazie, i castelli. Le opere, realizzate con differenti tecniche e linguaggi, assumono la forma di “visioni incarnate” attraverso una relazione con l’ambiente che, al di là dei suoi caratteri manifesti, si configura come territorio visivo. Le opere di Savina Tarsitano sono state esposte in Danimarca, Francia, Martinica, Groenlandia, Italia, Germania, Finlandia, Belgio, Olanda, Stati Uniti (Los Angeles).
Dinu Flamand, è nato nel 1947 a Susenii-Bârgăului (Romania). È stato membro fondatore del cenacolo e della rivista Echinox e, con Adrian Popescu e Ion Mircea, l’esponente più importante del gruppo ‘echinoxista’. Ha debuttato nel 1906 sulla rivista Tribuna, successivamente ha seguito i corsi della Facoltà di Filologia dell’Università Babes-Bolyai di Cluj-Napoca, dove si è laureato nel 1970. Nel 1980 chiede e ottiene asilo politico in Francia, dove denuncia il regime romeno attraverso interviste e articoli. Tra i suoi volumi di poesia più significativi: Apeiron (Apeiron, 1971), Stare de asediu (Stato di assedio, 1983), Viaţă de probă (Vita in prova, 1998), Tags (Tags, 2002) e Frigul intermediar (Il freddo intermedio, 2006). La Luce delle pietre propone una scelta antologica della seconda parte della produzione poetica di Dinu Flamand, che si dirige verso una realtà più solare e apollinea, espressa mediante una lingua lineare e astratta che si concretizza in particolare nelle splendide visioni mediterranee del ciclo Umbre şi faleze (Ombre e falesie, 2009), in cui il poeta fissa la sua parola poetica nella luminosità, quasi metafisica, di elementi ormai pacificati.
Lunedì 26 aprile 2010 la mostra si inaugura presso l’Accademia di Romania in Roma con il patrocinio della Fondazione Bogliasco.
L’evento si svolge in occasione della presentazione dei volumi di poesia di Flamând, Umbre şi faleze (Ombre e falesie, 2010), pubblicato dalla casa editrice Brumar, e La luce delle pietre (2009), pubblicato dalla casa editrice Palomar, illustrati da interpretazioni fotografiche di Savina Tarsitano sul tema delle ombre e tradotti da Giovanni Magliocco.
Il tour è in cooperazione con la Galleria Gallerati di Roma e la Fondazione Italia Domani.
A Berlino e a Roma la mostra è inaugurata in presenza dell’Ambasciatore, Segretario Generale Karl-Erik Norrman del Parlamento Europeo della Cultura, e a Roma anche in presenza del Direttore dello Sviluppo e Pianificazione - Europa della Fondazione Bogliasco Pasquale Pesce e del Professor Giovanni Magliocco dell’Università di Bari.
Savina Tarsitano e Dinun Flamând si sono conosciuti nel 2005 durante il loro soggiorno presso la Fondazione Bogliasco, sulla costa ligure. In questo periodo sono nate le Ombre di Savina più tardi denominate Icone del Caos. Come scrive l’autrice: “le ombre sono mappe di dislocazione, una grammatica delle isole quali strutture di comunicazione ottica. Delle isole è evidente il carattere di luogo di posta rappresentato, oltre che dall’essere appiglio geografico, anche dalle immancabili architetture di avvistamento, dislocate rispetto agli approdi. Ed è questa loro natura di propagatori di energia, a dispetto dell’apparente isolamento, che ha ispirato i miei lavori artistici. Osservando come le rocce, le pietre e i muri siano in balìa delle vicende meteomarine e umane che ne modificano le forme, ho percepito un’energia, come di continui spostamenti della materia nella natura. Da qui il progetto di utilizzare le rocce, i muri di pietra e i lastricati come quadranti su cui proiettare l’ombra di un corpo umano, affinché restituiscano visioni anamorfiche prodotte dalla sovrapposizione di sezioni d’ombra alle diverse rese cromatiche della pietra, dovute a fenomeni chimici naturali. Le ombre mi sono sembrate le forme più adatte: e per quei confini allo stesso tempo evanescenti e densi, che hanno una resa straordinaria sulle venature della roccia, e per quel loro essere misuratori di luce che dicono del tempo, del suo scorrere e della presenza. Dare forma alle rocce, renderle vive, è costruire una mitologia iconografica delle isole fatta di paesaggi dislocati, irrintracciabili su una mappa fedele.”
“La storia delle ombre, ricca di aneddoti e ricerche curiose, è intrecciata con una vastità di studi e discipline che di primo approccio non saremmo portati a considerare: arte, psicologia, astronomia, neurologia sono alcuni dei principali campi in cui l’ombra è diventata oggetto d’analisi e di studio. Ombre come rilievi, ombre mobili, imperiture, intangibili quindi intoccabili. Ombre che scompaiono e ricompaiono improvvisamente senza lasciarsi esplorare. Nella pittura l’importanza assunta dalle ombre sembra andare di pari passi con le fasi artistiche di maggior naturalismo. Escludendo per un attimo l’arte contemporanea non c’è dubbio, come ci spiega Gombrich, che le ombre vengano inizialmente usate dai pittori per produrre effetti di stupefazione e meraviglia attraverso la verosomiglianza che sanno imprimere su un soggetto pittorico. Durante l’umanesimo l’ombra, assieme alla visione prospettica, diventa elemento per modellare lo spazio, sia pittorico che architettonico. Veniamo ad oggi e pensiamo anche solo a una città come New York in cui si è dovuta studiare una legge specifica – la Zoning Law – per evitare ai grattacieli di oscurare con la loro ombra intere strade e isolati. L’ombra è invisibile solo in apparenza, la sua presenza fisica non è meno invasiva di quella dell’oggetto che duplica, a tal punto che oggi non ci meravigliamo più nel considerarla come un segno inamovibile, inscindibile dall’oggetto che che la crea. Ormai l’esistenza della nostra ombra è accettata a tal punto che troviamo un non so che di angoscioso e misterioso in tutto quello che è creato senza ombra. Questi sentimenti di “angoscia”, come ha osservato il celebre psicologo Gustav Jung, si ricollegano al fatto che l’ombra è una controfigura inconscia dell’anima. I lavori proposti da Savina Tarsitano sono un elogio dell’ombra e di conseguenza una magnificazione della luce. L’ombra è metafora di un’isola, presenza irrinunciabile e inamovibile nell’oceano dell’inconscio. Porto privilegiato, di vista e d’attracco, in cui è possibile riflettere su una proiezione di sé stessi, rappresentata ora su muri di pietra, ora su rocce e lastricati. L’ombra si materializza in queste opere come una decalcomania dell’animo proiettata sulla natura circostante. E non è un caso che il mezzo espressivo usato passi dalla pittura alla fotografia. Se in natura non può esistere luce senza ombra, il fotografo nel suo predominio sulle sorgenti luminose può decidere di eliminare ogni ombra dall’oggetto. Savina lo sa, per questo le sue ombre rimandano fortemente alla luce che le crea, ai colori delle isole che mutano col passare del tempo sulla meridiana. È durante questi viaggi che Savina, come Peter Pan, cerca la sua ombra: la natura gliel’ha cucita addosso.” (Stefano Raimondi)
Savina Tarsitano è nata in Calabria nel 1970; attualmente vive e lavora in Germania, presso il Castello di Coswig (Anhalt, nelle vicinanze di Berlino), grazie al progetto europeo Et in Arcadia Ego. Fotografa e pittrice, lavora da diversi anni al progetto artistico L’Isola che vuoi grazie al programma Odissea promosso e gestito dall’Association des Centres Culturels de Rencontre di Parigi (ACCR) con il sostegno del Ministero francese per la Cultura e la Comunicazione, il Museo di Upernavik in Groenlandia, la Fondazione Bogliasco in Italia e il progetto europeo Et in Arcadia Ego. La sua ricerca è incentrata sul concetto di “approdo” e si snoda attraverso soggiorni in luoghi a tema, come le isole, le abbazie, i castelli. Le opere, realizzate con differenti tecniche e linguaggi, assumono la forma di “visioni incarnate” attraverso una relazione con l’ambiente che, al di là dei suoi caratteri manifesti, si configura come territorio visivo. Le opere di Savina Tarsitano sono state esposte in Danimarca, Francia, Martinica, Groenlandia, Italia, Germania, Finlandia, Belgio, Olanda, Stati Uniti (Los Angeles).
Dinu Flamand, è nato nel 1947 a Susenii-Bârgăului (Romania). È stato membro fondatore del cenacolo e della rivista Echinox e, con Adrian Popescu e Ion Mircea, l’esponente più importante del gruppo ‘echinoxista’. Ha debuttato nel 1906 sulla rivista Tribuna, successivamente ha seguito i corsi della Facoltà di Filologia dell’Università Babes-Bolyai di Cluj-Napoca, dove si è laureato nel 1970. Nel 1980 chiede e ottiene asilo politico in Francia, dove denuncia il regime romeno attraverso interviste e articoli. Tra i suoi volumi di poesia più significativi: Apeiron (Apeiron, 1971), Stare de asediu (Stato di assedio, 1983), Viaţă de probă (Vita in prova, 1998), Tags (Tags, 2002) e Frigul intermediar (Il freddo intermedio, 2006). La Luce delle pietre propone una scelta antologica della seconda parte della produzione poetica di Dinu Flamand, che si dirige verso una realtà più solare e apollinea, espressa mediante una lingua lineare e astratta che si concretizza in particolare nelle splendide visioni mediterranee del ciclo Umbre şi faleze (Ombre e falesie, 2009), in cui il poeta fissa la sua parola poetica nella luminosità, quasi metafisica, di elementi ormai pacificati.
26
aprile 2010
Dinu Flamând / Savina Tarsitano – Le Luci delle Pietre
Dal 26 aprile al 06 maggio 2010
arte contemporanea
Location
ACCADEMIA DI ROMANIA
Roma, Viale delle Belle Arti, 110, (Roma)
Roma, Viale delle Belle Arti, 110, (Roma)
Orario di apertura
dal lunedì al venerdì: ore 10.00-16.00
Vernissage
26 Aprile 2010, ore 19.00-21.00
Autore
Curatore