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DiPingere, con…tatto
Questa mostra presenta il lavoro di quattro artisti che da anni amano intrecciare il loro originale percorso artistico, proponendo periodicamente un punto di riflessione critica sulla pittura
Comunicato stampa
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"DiPingere, con...tatto"
Questa mostra presenta il lavoro di quattro artisti che da anni amano intrecciare il loro originale percorso artistico, proponendo periodicamente un punto di riflessione critica sulla pittura.
Parlo di riflessione e di critica non per la distribuzione dei lavori –le opere di Clivati e Redolfi, in una delle due sale appaiono piu’legate al mondo dell’astrazione, mentre quelle di Pirovani e Rocchi a quello figurativo- ma piuttosto per le diverse dinamiche interne. Il lavoro di Redolfi, ad esempio, solitamente rigoroso, fatto di forme asciutte e talvolta avide di colore, assume in questa mostra, già ad una primo sguardo, una connotazione coloratissima. Si parla della pace e della sua bandiera. La formazione di una coscienza universale viene illustrata come fosse una vera e propria nascita e rinascita del colore. La bandiera e i suoi colori sono immaginati come un cantiere ancora aperto, una piattaforma di lavoro comune. Clivati, al contrario di Redolfi analizza la pittura quasi fosse un tessuto flessuoso. C’è il colore, come mostrato attraverso una lente, e c’è una gestualità libera che compone una forma senza sforzi, comunque leggera. Questa strategia pittorica non priva le opere di una possibile drammaticità, semmai ribadisce che il presupposto fondativo del fare è la libertà del fare.
Solo all’apparenza il lavoro degli altri due artisti si distacca da quelli appena incontrati. Le forme descritte da Pirovani non sono altro che paesaggi squisitamente emotivi. Tutto parte dal visibile (paesaggi, nature morte), ma il risultato è frutto di una lenta digestione interna. Il colore è il protagonista, la sua presenza non ha una consistenza statica ma una forza costitutiva dinamica, la materia non è una massa inerte ma in costante movimento. Di filtro interno nei confronti dalla “realtà” dobbiamo parlare anche nel caso di Rocchi C’è una sorta di lontananza intrinseca nel suo lavoro che lo avvicina all’orizzonte simbolico del sommerso. Anche laddove il colore è netto e solido si intravede qualcos’altro, si percepisce l’emergenza di un altrove, una tensione costante.
Questo intreccio, come l’abbiamo chiamato inizialmente, è interessante proprio per le differenze messe in gioco. Ecco perché si può parlare di riflessione critica, perché ci è data la possibilità di partecipare ad un dialogo, ci viene chiesto di muoverci. Questa mostra non va contemplata, non è un cerchio chiuso, ma, piuttosto, uno spazio che discute.
Matteo Rubbi, Gennaio 2006
Questa mostra presenta il lavoro di quattro artisti che da anni amano intrecciare il loro originale percorso artistico, proponendo periodicamente un punto di riflessione critica sulla pittura.
Parlo di riflessione e di critica non per la distribuzione dei lavori –le opere di Clivati e Redolfi, in una delle due sale appaiono piu’legate al mondo dell’astrazione, mentre quelle di Pirovani e Rocchi a quello figurativo- ma piuttosto per le diverse dinamiche interne. Il lavoro di Redolfi, ad esempio, solitamente rigoroso, fatto di forme asciutte e talvolta avide di colore, assume in questa mostra, già ad una primo sguardo, una connotazione coloratissima. Si parla della pace e della sua bandiera. La formazione di una coscienza universale viene illustrata come fosse una vera e propria nascita e rinascita del colore. La bandiera e i suoi colori sono immaginati come un cantiere ancora aperto, una piattaforma di lavoro comune. Clivati, al contrario di Redolfi analizza la pittura quasi fosse un tessuto flessuoso. C’è il colore, come mostrato attraverso una lente, e c’è una gestualità libera che compone una forma senza sforzi, comunque leggera. Questa strategia pittorica non priva le opere di una possibile drammaticità, semmai ribadisce che il presupposto fondativo del fare è la libertà del fare.
Solo all’apparenza il lavoro degli altri due artisti si distacca da quelli appena incontrati. Le forme descritte da Pirovani non sono altro che paesaggi squisitamente emotivi. Tutto parte dal visibile (paesaggi, nature morte), ma il risultato è frutto di una lenta digestione interna. Il colore è il protagonista, la sua presenza non ha una consistenza statica ma una forza costitutiva dinamica, la materia non è una massa inerte ma in costante movimento. Di filtro interno nei confronti dalla “realtà” dobbiamo parlare anche nel caso di Rocchi C’è una sorta di lontananza intrinseca nel suo lavoro che lo avvicina all’orizzonte simbolico del sommerso. Anche laddove il colore è netto e solido si intravede qualcos’altro, si percepisce l’emergenza di un altrove, una tensione costante.
Questo intreccio, come l’abbiamo chiamato inizialmente, è interessante proprio per le differenze messe in gioco. Ecco perché si può parlare di riflessione critica, perché ci è data la possibilità di partecipare ad un dialogo, ci viene chiesto di muoverci. Questa mostra non va contemplata, non è un cerchio chiuso, ma, piuttosto, uno spazio che discute.
Matteo Rubbi, Gennaio 2006
14
gennaio 2006
DiPingere, con…tatto
Dal 14 al 29 gennaio 2006
arte contemporanea
Location
CENTRO SOCIO-CULTURALE
Zanica, Piazza Repubblica, 3, (BERGAMO)
Zanica, Piazza Repubblica, 3, (BERGAMO)
Orario di apertura
domenica 9-12 e 15-20; feriali 17-20
Vernissage
14 Gennaio 2006, ore 17
Sito web
www.contattodarte.org
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