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Dirty (3) styles
una tripla personale, articolata su due luoghi espositivi, dedicata al lavoro di tre giovani artisti legati alla K Gallery: Emiliano Di Mauro, Massimo Gurnari e Michael Rotondi
Comunicato stampa
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Tutti contro tutti
a cura di Ivan Quaroni
Ivan Quaroni: L'artista Marion Peck una volta ha scritto: "Spesso, quando cerchiamo di capire il significato di un'opera d'arte […], tendiamo a mettere il linguaggio al primo posto e l'immagine al secondo. Noi crediamo che il significato giaccia da qualche parte nel linguaggio e che l'immagine stia lì come una sorta di ricordo o d'illustrazione". Secondo voi qual è l'elemento prevalente tra il linguaggio e l'immagine? A che cosa prestate più attenzione nel vostro lavoro e perché?
Michael Rotondi: Credo che l'immagine sia linguaggio, comunicazione, narrazione, quindi sistema di simboli che si combinano alle regole del comunicare. Io sono molto attento alla trasmissione, alla comunicazione del mio pensiero e del mio backround. Quando lavoro cerco di mettermi in discussione e di trasmettere me stesso con i vari codici che fanno parte del progetto a cui sto lavorando. Il mio lavoro è una trasmissione in attesa di feed-back. Io sono quello che faccio ed alla fine se il mio lavoro non piace credo che non potrei piacere nemmeno io come persona!
Emiliano Di Mauro: Nel mio caso cerco di far andare parallelamente il linguaggio con l'illustrazione. La mia intenzione è quella di far passare un messaggio tramite l'interazione dei 2 aspetti: l'immagine ti dice qualcosa, la modalità ti conferma il concetto…
Massimo Gurnari: L'immagine è linguaggio. Come in un'opera letteraria, anche nell'opera d'arte la costruzione dell'impianto, sia esso su due o tre dimensioni, offre una lettura chiara, soggettiva e stratificata di un linguaggio ben identificabile.L'attenzione nei miei lavori è rivolta unicamente all'immagine, alla composizione. Le frasi, e quindi il discorso, sono costruiti dagli elementi che le compongono. Un buon discorso (una buona composizione) deve risultare fluido, ma di lettura non necessariamente immediata. Questo è il mistero, la ricerca, la stratificazione dell'opera.
I. Q.: In che modo scegliete i soggetti dei vostri lavori e a che cosa vi ispirate?
M. R.: Mi ispiro essenzialmente alla mia vita! Nella mia vita c'è una passione sfrenata per la musica. Ho una collezione di vinili, di manga, di riviste musicali, ma fondamentalmente è il rock che mi ispira, ed è alla base di tutto. Osservo ciò che mi circonda: sono ossessivamente interessato a tutto ciò che è vita, fotografo ogni cosa perché tutto può servirmi a creare una storia che parla di me. Scelgo un soggetto perché deve far parte di un racconto e spesso lo prendo dalle mie foto, da internet, dai miei giornali di musica, dai miei vinili, dai vecchi fumetti che trovo in giro per bancarelle, dai quotidiani, da fatti di cronaca che mi incuriosiscono, da illustrazioni di vecchi libri d'inglese di mia madre, dai miei eroi d'infanzia, da un manifesto, da una pubblicità, dai miei robot preferiti, da una locandina di un concerto, da una scatola di conserve, dal menù del venditore di Kebab, dalle t-shirt, dalle vecchie foto di famiglia, dai cartoni animati che guardavo da bambino, dal l'ultimo disco che ho comprato, dalle mie paure. tutto è ricordo, memoria del mio vissuto ed io non faccio altro che prendere appunti e fare un remix.
E. D. M: Ultimamente sto lavorando su immagini casuali, scattate senza guardare nel mirino della macchina. Tornando alla domanda precedente, in questi ultimi lavori c'è un interazione tra immagine casuale e processo di costruzione casuale dell'immagine tramite i colori. Applico dei procedimenti che non so dove mi porteranno precisamente e che possono partire in una maniera e concludersi in un'altra, al fine di rappresentare un'immagine fotografica della quale non puoi dire che sia stata costruita come un immagine canonica.
M. G.: La scelta di ogni singolo elemento di un'opera è dettata dall'insieme degli stimoli visivi che giornalmente mi assalgono. Io sono una vittima dell'impeto e la mia mediazione avviene solo nel momento di far quadrare il tutto. L'opera richiede ciò di cui ha bisogno e la mia mente seleziona inconsciamente ciò che reputa più utile a tal fine. L'ispirazione arriva da qualsiasi cosa. Il modo in cui vivo determina ciò che faccio.
I. Q.: Lo stile di un artista dipende dal linguaggio che ha scelto di usare. Riguardo al medium pittura, ad esempio, lo stile è il prodotto del tipo di pittura, dei materiali e dei supporti impiegati. L'unico elemento che voi tre avete in comune è la scelta di uno stile "sporco". Da cosa dipende questa scelta?
M. R.: Prefersico definire il mio stile "punk", perché è il risultato di una vita di concerti, ascolti musicali di un certo tipo, insomma di un quotidiano contatto con la musica underground, con sale prove sotterranee e DJ set. E poi, per anni ho fatto lo stampinatore e il fotocopiata in giro per la città. Ogni notte usavo stencil fabbricati da me che stampavo con un solo passaggio di bomboletta sul muro e poi costruivo storie di carta che incollavo come manifesti. Erano disegni fotocopiati, foto, ,robot, immagini di ogni tipo. Era il 1997.
E. D. M: A me piace l'idea di mostrare un insieme d'interazioni tra interventi. Mostrare il confine tra ciò che serve a costruire un'immagine e ciò che non serve. Lo scheletro e la pelle sullo stesso livello. Quindi lo "sporco" è parte dell' opera.
Non ho certezze su quello che sto facendo: un colpo qua, uno là… e si forma il quadro.
M. G.: Se per "sporco" intendi "mettere le mani in pasta" sono concorde con te. Non credo che questa sia una scelta, ma una conseguenza del carattere, dell'attitudine che ho nei confronti del lavoro e delle influenze che ho subito. Mi sento "sporco" quanto Michael, mentre credo che non ci sia minimamente sporcizia nei lavori di Emiliano.
I. Q.: Raccontatemi come nasce un vostro lavoro.
M. R.: Ho una specie di piccola agenda dove annoto titoli di canzoni, fatti di cronaca che sento in tv. É un piccolo diario dove scrivo progetti, disegno qualsiasi cosa che sento e che reputo interessante o che in qualche modo può contaminare il mio lavoro. Diciamo quindi che la prima fase è cercare in questo diario, negli appunti. Poi inizio a disegnare. Ho una passione smodata per il pennarello, che uso spesso su lucido, preparandolo come una specie di cliché che poi trasferisco sulla tela insieme ad altri elementi che disegno direttamente con altri pennarelli. L'effetto del pennarello del lucido è il mio marchio di fabbrica. La prima fase è sempre su lucido perché poi posso riutilizzare il disegno anche in altri progetti perché adoro la ripetizione iconografica. La terza fase è quella che io chiamo "remix" e che consiste nello scegliere tra le mie foto o i miei disegni, un'ambientazione per i miei personaggi. Il mio è un lavoro che trae ispirazione dalla realtà, ma nel passaggio sulla tela si trasforma in fiction, in un non-fumetto metropolitano molto pop 'n' roll!
E. D. M: Come dicevo, metto in moto una serie di processi che non so bene dove mi porteranno. Alcuni di questi servono alla rappresentazione altri interagiscono in maniera astratta con l'immagine.
M. G.: Penso, guardo Mtv e Flux, osservo le immagini per strada, parlo con amici fidati del mestiere e sfoglio i libri alla Hoepli…senza mai comprarli.
I. Q.: Ci sono pittori che dipingono senza lasciarsi influenzare da elementi esterni (il cinema, la letteratura, il fumetto, la televisione) ed altri che invece considerano questi linguaggi come possibili fonti d'ispirazione. Qual è la vostra posizione in merito?
M. R.: Credo di fare entrambe le cose. Gli elementi esterni, quando entrano nel lavoro, sono solo veicoli per parlare di qualcosa che comunque è dentro di me. La mia fonte di ispirazione viene da dentro. Ciò che raccolgo all'esterno diventa mio, dal momento che me ne approprio ridisegnadolo o facendone un ready made . ù
E. D. M: Da qualche parte bisogna pur partire… A me non interessa la l'assunzione totale di un altro linguaggio da far "slittare" all'interno della mia produzione. Per contro, anche la mancanza di riferimenti con elementi esterni impoverisce il lavoro. Ormai si va verso un'arte dal linguaggio sempre più purificato ed "unico", dove il segno da lasciare è quello di una chiarezza di intenti sia espressivi sia concettuali. Dunque, l'influenza di altre forme va sostenuta e fatta combaciare perfettamente, sincronicamente, con ciò che si legge nel dipinto.
M. G.: Non ho una posizione in merito, ognuno faccia come il suo istinto gli suggerisce. L'opera d'arte è comunque, in entrambi i casi, qualcosa che esula dalla riconducibilità ad un'unica fonte.
I. Q.: Un buon artista è quello che padroneggia un solo medium o quello capace di spaziare tra media diversi?
M. R.: Si può essere buoni artisti sia se si usa una sola forma espressiva sia quando se ne usano svariate. Io sono attratto dal depistaggio, quindi spesso mi piace unire media disparati, che proprio per la loro diversità possono spiazzare l'osservatore. La cosa essenziale per me è che chi si occupa di arti visive, non può ignorare le altre forme espressive, non disinteressarsi a ciò che accade nel mondo della musica, della letteratura, del cinema o di qualsiasi altra forma artistica del suo tempo. Un artista deve essere una persona curiosa. Il mondo dell'arte non può essere il suo unico interesse.
E. D. M: Si, altrimenti si rischia di fare artigianato.
M. G.: Un buon artista è una persona onesta, in qualunque caso.
I. Q.: Dite qualcosa di buono sugli altri due artisti.
M. R.: Massimo è il mio piccolo eroe, a parte il fatto che adoriamo entrambi i White Stripes e quindi già questo è ottimo. La sua pittura mi dà un senso di violenza e libertà espressiva parecchio galvanizzante, una sensazione che ho provato fin dalla prima volta che ho visto i suoi lavori. Adoro i suoi pugili ed i suoi animali, specialmente i gufi che mi ricordano un po' i gatti e quindi la libertà.
Emiliano, invece, è un surfer e il tocco sulle sue tele mi fa pensare a uno spazio liquido e fluttuante. Trovo il suo lavoro rilassante, armonioso, dolce e profondamente musicale, come un suono che scaturisce da un lungo silenzio. Entrambi adoriamo i Queen of the Stone Age.
E. D. M: Michele è rock. Massimo è surreal-comico.
M. G.: Rotondi è umile, onesto, underground, ironico e sa mettere bene insieme i colori e strutturare una composizione. Di Mauro è pulito e non lascia scampo.
I. Q. E ora qualcosa di cattivo…
M. R.: Massimo. fai un po' troppo il verso a Schifano ogni tanto. Basta "paesaggi anemici" …cambia almeno i colori!
Emiliano: non fare più i robot!!! Mi sembra che ne hai fatto uno solo…basta ok!!!??? Tanto non centrano niente con la tua pittura!!!?
E. D. M: Michele è si veste da narcos colombiano. Massimo deve cambiare parrucchiere.
M. G.: Rotondi: è di Livorno...troppo lontano! Di Mauro: graphic horror vacui.
I. Q.: Vorrei che ognuno di voi provasse a "leggere" il lavoro degli altri due, cercando di descriverlo obiettivamente. Siate critici d'arte per cinque minuti.
M. R.: Quello di Massimo Gurnari è un lavoro che parla della continua rincorsa di questa società verso la perfezione: il bello ideale, il superamento dell'uomo, la tensione dell'individuo verso qualcosa di divino ed onnipotente. Una specie di pensiero superficiale che renda la pelle splendida, per citare gli Afterhours. Il tutto rappresentato sotto forma di violente pennellate, che creano personaggi mutilati, animali indistruttibili collocati su sfondi ornamentali. Gurnari crea ambientazioni caotiche dove pugili, gufi e lupi muscolosi vivono sotto il cielo della Knorr.
Una musica silenziosa, riecheggiante è quella di Di Mauro, artista della luce e della leggerezza, che descrive ambienti e ritrae persone con un veloce procedimento pittorico fatto di pochi segni e pochi colori. Personaggi illuminati in ambienti scarni, tagli fotografici, pubblicitari, volti sconosciuti, pitture senza titolo che dialogano con il rapporto tra spazio soggetto e luce.
E. D. M: Rotondi mutua dall'ambiente musicale rock i suoi soggetti e, con uno stile volutamente disadorno e puerile, ci restituisce un'immagine fresca e scanzonata dove anche i militari sono dei simpatici signori che scuotono il capo al ritmo di oh ooh oh o ooooh oh.
Gurnari fa dell'alimentazione il perno dei suoi dubbi esistenziali. Siamo quello che mangiamo? Allora non possiamo essere migliori se un pollo di allevamento ha uno spazio vitale di soli 30cm quadrati per vivere…
M. G.: Rotondi è un artista che racconta se stesso e ciò che vivono i giovani. Citazioni popolari e linguaggio immediato lo rendono un media-artista, capace di sintonizzarsi su tematiche molto differenti tra loro. Di Mauro racconta il suo mondo in maniera molto ermetica. É un artista che non si concede facilmente. La sua tavolozza è scarna. Il suo è un lavoro figlio del tempo e della grafica di facile accesso.
I. Q.: Qual è l'opera che ha cambiato il vostro modo di vedere?
M. R.: Tutta l'opera di Basquiat. Ero a Venezia nel 1999, quando vidi una mostra dedicata a lui in Piazza San Marco. Da quel giorno qualcosa cambiò. Ho sempre la borsa che comprai, è super consumata, ma non riesco a buttarla. Sopra c'è la sua corona e la firma. É un gadeget che mi accompagna in ogni viaggio.
E. D. M: L'origine du monde, la prima opera concettuale.
M. G.: Ogni giorno i sacrifici di mia madre e la dedizione che dimostra verso gli altri.
I. Q.: Qual è l'artista verso cui vi sentirete eternamente grati perché senza di lui non esisterebbe l'arte contemporanea?
M. R.: In assoluto Martin Kippenberger, ma per forza maggiore anche Ronnie Cutrone, Michael Majerus, Jean-Michel Basquiat, Roy Lichtenstein, Andy Warhol, Mario Schifano, Mimmo Paladino, Jasper Jones and many more…
E. D. M: Francis Bacon è la contemporaneità, è quello che l'uomo contemporaneo ha dentro ed è ancora più contemporaneo il suo modo di rivedere la pittura classica. In effetti, lo spirito conservativo è puramente dei nostri tempi.
M. G.: Andy Warhol è mio padre!
I. Q.: Descrivete la vostra ricerca con tre aggettivi…
M. R.: Malinconica, ironica, violenta.
E. D. M: Sobrio, necessario, inutile.
M. G.: Onesta, ricca e generosa.
I. Q.: Dipingete ascoltando la musica? Che cosa ascoltate abitualmente?
M. R.: Dipingo sempre ascoltando la musica, provo a citarne alcuni dei tanti,ma proprio pochi perché altrimenti potrebbe finire qui l'intervista:
Artic Monkeys, Whatever people say i am,that's what i'm not
Placebo, Meds
Depeche Mode, Playng the Angel
Disco Drive,Very Ep
Yeah Yeah YEAHS, Show your bones
Architecture in Helsinki, In case we die
Peaches, Impeach my bush
Le Tigre, This Island
Fugazi, End Hits
Shellac, 1000 Hurts
Sonic Youth, Dirty
E. D. M: Il mio iTunes ha una playlist che spazia dalla musica africana moderna allo Stabat Mater di Pergolesi.
M. G.: Ascolto musica anche quando vado in bagno. Ascolto qualsiasi cosa che in quel momento riesca ad accompagnare il mio stato d'animo.
I. Q.: Il film, il libro, il fumetto e il disco irrinunciabili secondo voi…
M. R.: Dolls di Takeshi Kitano; Gli Arancini di Montalbano di Andrea Camilleri; Alita di Yukito Kishiro, At Action Park degli Shellac.
E. D. M: Berlinguer ti voglio bene di Giuseppe Bertolucci; Gasogramma (biografia iperastratta) di Serge Gainsbourg; Topolino (per il mio passato); Velvet Underground & Nico.
M. G.: Qualcuno volò sul nido del cuculo, interviste a Francis Bacon; non ho mai letto fumetti; Innuendo dei Queen
I. Q.: Il futuro dell'arte contemporanea è in Cindia (Cina+India), in USA o in Europa?
M. R.: Europa, sempre e comunque Europa. Domandatevi, anche adesso, da dove vengono i più grandi talenti di qualsiasi campo artistico.
E. D. M: Mah… l'arte è mercato ed io non ne capisco molto. Dipenderà da come si struttureranno le cose. Certo è che molti artisti cinesi fanno cose non molto diverse da quelle viste in Europa o America. Ma per il solo fatto di essere i "Cinesi" sono più interessanti?
M. G.: In Cindia solo il futuro economico. Europa e USA avranno il ruolo ingrato di portare avanti le menti.
I. Q.: L'ultima bella mostra che avete visto?
M. R.: Andy Warhol, ma anche Beautiful Losers e Ugo Rondinone.
E. D. M: Le foto di Roland Barthes a Parigi.
M. G.: Picasso a Venezia, un po' di anni fa ormai…
I. Q.: Se poteste fare un dipinto a quattro mani con un grande artista vivente, chi scegliereste?
M. R.: Ronnie Cutrone o Franz Ackermann.
E. D. M: Robert Rauschenberg.
M. G.: The Clayton Brothers...a sei mani!
I. Q.: L'artista donna con cui vorreste avere una "relazione pericolosa"?
M. R.: Cecily Brown, ma anche Elisa Rossi.
E. D. M: Cecily Brown.
M. G.: Yoko Ono...ah ah ah...
I. Q.: Se non viveste in questo secolo, in quale altro periodo vi sarebbe piaciuto vivere?
M. R.: Questo, questo e ancora questo...mi sento fortemente testimone di questo tempo!
E. D. M: Nell'anno Mille.
M. G.: Il secolo scorso...sono nato vecchio!
I. Q.: Il genio della lampada vi concede di esprimere tre desideri…
M. R.: Salute, pace, felicità.
E. D. M: Casa-studio a Favignana (al porto una barca a vela), la pace nel mondo, la mia pace… Grazie.
M. G.: Far smettere di lavorare i miei genitori, avere una famiglia, continuare a dipingere per mantenere tutti!
a cura di Ivan Quaroni
Ivan Quaroni: L'artista Marion Peck una volta ha scritto: "Spesso, quando cerchiamo di capire il significato di un'opera d'arte […], tendiamo a mettere il linguaggio al primo posto e l'immagine al secondo. Noi crediamo che il significato giaccia da qualche parte nel linguaggio e che l'immagine stia lì come una sorta di ricordo o d'illustrazione". Secondo voi qual è l'elemento prevalente tra il linguaggio e l'immagine? A che cosa prestate più attenzione nel vostro lavoro e perché?
Michael Rotondi: Credo che l'immagine sia linguaggio, comunicazione, narrazione, quindi sistema di simboli che si combinano alle regole del comunicare. Io sono molto attento alla trasmissione, alla comunicazione del mio pensiero e del mio backround. Quando lavoro cerco di mettermi in discussione e di trasmettere me stesso con i vari codici che fanno parte del progetto a cui sto lavorando. Il mio lavoro è una trasmissione in attesa di feed-back. Io sono quello che faccio ed alla fine se il mio lavoro non piace credo che non potrei piacere nemmeno io come persona!
Emiliano Di Mauro: Nel mio caso cerco di far andare parallelamente il linguaggio con l'illustrazione. La mia intenzione è quella di far passare un messaggio tramite l'interazione dei 2 aspetti: l'immagine ti dice qualcosa, la modalità ti conferma il concetto…
Massimo Gurnari: L'immagine è linguaggio. Come in un'opera letteraria, anche nell'opera d'arte la costruzione dell'impianto, sia esso su due o tre dimensioni, offre una lettura chiara, soggettiva e stratificata di un linguaggio ben identificabile.L'attenzione nei miei lavori è rivolta unicamente all'immagine, alla composizione. Le frasi, e quindi il discorso, sono costruiti dagli elementi che le compongono. Un buon discorso (una buona composizione) deve risultare fluido, ma di lettura non necessariamente immediata. Questo è il mistero, la ricerca, la stratificazione dell'opera.
I. Q.: In che modo scegliete i soggetti dei vostri lavori e a che cosa vi ispirate?
M. R.: Mi ispiro essenzialmente alla mia vita! Nella mia vita c'è una passione sfrenata per la musica. Ho una collezione di vinili, di manga, di riviste musicali, ma fondamentalmente è il rock che mi ispira, ed è alla base di tutto. Osservo ciò che mi circonda: sono ossessivamente interessato a tutto ciò che è vita, fotografo ogni cosa perché tutto può servirmi a creare una storia che parla di me. Scelgo un soggetto perché deve far parte di un racconto e spesso lo prendo dalle mie foto, da internet, dai miei giornali di musica, dai miei vinili, dai vecchi fumetti che trovo in giro per bancarelle, dai quotidiani, da fatti di cronaca che mi incuriosiscono, da illustrazioni di vecchi libri d'inglese di mia madre, dai miei eroi d'infanzia, da un manifesto, da una pubblicità, dai miei robot preferiti, da una locandina di un concerto, da una scatola di conserve, dal menù del venditore di Kebab, dalle t-shirt, dalle vecchie foto di famiglia, dai cartoni animati che guardavo da bambino, dal l'ultimo disco che ho comprato, dalle mie paure. tutto è ricordo, memoria del mio vissuto ed io non faccio altro che prendere appunti e fare un remix.
E. D. M: Ultimamente sto lavorando su immagini casuali, scattate senza guardare nel mirino della macchina. Tornando alla domanda precedente, in questi ultimi lavori c'è un interazione tra immagine casuale e processo di costruzione casuale dell'immagine tramite i colori. Applico dei procedimenti che non so dove mi porteranno precisamente e che possono partire in una maniera e concludersi in un'altra, al fine di rappresentare un'immagine fotografica della quale non puoi dire che sia stata costruita come un immagine canonica.
M. G.: La scelta di ogni singolo elemento di un'opera è dettata dall'insieme degli stimoli visivi che giornalmente mi assalgono. Io sono una vittima dell'impeto e la mia mediazione avviene solo nel momento di far quadrare il tutto. L'opera richiede ciò di cui ha bisogno e la mia mente seleziona inconsciamente ciò che reputa più utile a tal fine. L'ispirazione arriva da qualsiasi cosa. Il modo in cui vivo determina ciò che faccio.
I. Q.: Lo stile di un artista dipende dal linguaggio che ha scelto di usare. Riguardo al medium pittura, ad esempio, lo stile è il prodotto del tipo di pittura, dei materiali e dei supporti impiegati. L'unico elemento che voi tre avete in comune è la scelta di uno stile "sporco". Da cosa dipende questa scelta?
M. R.: Prefersico definire il mio stile "punk", perché è il risultato di una vita di concerti, ascolti musicali di un certo tipo, insomma di un quotidiano contatto con la musica underground, con sale prove sotterranee e DJ set. E poi, per anni ho fatto lo stampinatore e il fotocopiata in giro per la città. Ogni notte usavo stencil fabbricati da me che stampavo con un solo passaggio di bomboletta sul muro e poi costruivo storie di carta che incollavo come manifesti. Erano disegni fotocopiati, foto, ,robot, immagini di ogni tipo. Era il 1997.
E. D. M: A me piace l'idea di mostrare un insieme d'interazioni tra interventi. Mostrare il confine tra ciò che serve a costruire un'immagine e ciò che non serve. Lo scheletro e la pelle sullo stesso livello. Quindi lo "sporco" è parte dell' opera.
Non ho certezze su quello che sto facendo: un colpo qua, uno là… e si forma il quadro.
M. G.: Se per "sporco" intendi "mettere le mani in pasta" sono concorde con te. Non credo che questa sia una scelta, ma una conseguenza del carattere, dell'attitudine che ho nei confronti del lavoro e delle influenze che ho subito. Mi sento "sporco" quanto Michael, mentre credo che non ci sia minimamente sporcizia nei lavori di Emiliano.
I. Q.: Raccontatemi come nasce un vostro lavoro.
M. R.: Ho una specie di piccola agenda dove annoto titoli di canzoni, fatti di cronaca che sento in tv. É un piccolo diario dove scrivo progetti, disegno qualsiasi cosa che sento e che reputo interessante o che in qualche modo può contaminare il mio lavoro. Diciamo quindi che la prima fase è cercare in questo diario, negli appunti. Poi inizio a disegnare. Ho una passione smodata per il pennarello, che uso spesso su lucido, preparandolo come una specie di cliché che poi trasferisco sulla tela insieme ad altri elementi che disegno direttamente con altri pennarelli. L'effetto del pennarello del lucido è il mio marchio di fabbrica. La prima fase è sempre su lucido perché poi posso riutilizzare il disegno anche in altri progetti perché adoro la ripetizione iconografica. La terza fase è quella che io chiamo "remix" e che consiste nello scegliere tra le mie foto o i miei disegni, un'ambientazione per i miei personaggi. Il mio è un lavoro che trae ispirazione dalla realtà, ma nel passaggio sulla tela si trasforma in fiction, in un non-fumetto metropolitano molto pop 'n' roll!
E. D. M: Come dicevo, metto in moto una serie di processi che non so bene dove mi porteranno. Alcuni di questi servono alla rappresentazione altri interagiscono in maniera astratta con l'immagine.
M. G.: Penso, guardo Mtv e Flux, osservo le immagini per strada, parlo con amici fidati del mestiere e sfoglio i libri alla Hoepli…senza mai comprarli.
I. Q.: Ci sono pittori che dipingono senza lasciarsi influenzare da elementi esterni (il cinema, la letteratura, il fumetto, la televisione) ed altri che invece considerano questi linguaggi come possibili fonti d'ispirazione. Qual è la vostra posizione in merito?
M. R.: Credo di fare entrambe le cose. Gli elementi esterni, quando entrano nel lavoro, sono solo veicoli per parlare di qualcosa che comunque è dentro di me. La mia fonte di ispirazione viene da dentro. Ciò che raccolgo all'esterno diventa mio, dal momento che me ne approprio ridisegnadolo o facendone un ready made . ù
E. D. M: Da qualche parte bisogna pur partire… A me non interessa la l'assunzione totale di un altro linguaggio da far "slittare" all'interno della mia produzione. Per contro, anche la mancanza di riferimenti con elementi esterni impoverisce il lavoro. Ormai si va verso un'arte dal linguaggio sempre più purificato ed "unico", dove il segno da lasciare è quello di una chiarezza di intenti sia espressivi sia concettuali. Dunque, l'influenza di altre forme va sostenuta e fatta combaciare perfettamente, sincronicamente, con ciò che si legge nel dipinto.
M. G.: Non ho una posizione in merito, ognuno faccia come il suo istinto gli suggerisce. L'opera d'arte è comunque, in entrambi i casi, qualcosa che esula dalla riconducibilità ad un'unica fonte.
I. Q.: Un buon artista è quello che padroneggia un solo medium o quello capace di spaziare tra media diversi?
M. R.: Si può essere buoni artisti sia se si usa una sola forma espressiva sia quando se ne usano svariate. Io sono attratto dal depistaggio, quindi spesso mi piace unire media disparati, che proprio per la loro diversità possono spiazzare l'osservatore. La cosa essenziale per me è che chi si occupa di arti visive, non può ignorare le altre forme espressive, non disinteressarsi a ciò che accade nel mondo della musica, della letteratura, del cinema o di qualsiasi altra forma artistica del suo tempo. Un artista deve essere una persona curiosa. Il mondo dell'arte non può essere il suo unico interesse.
E. D. M: Si, altrimenti si rischia di fare artigianato.
M. G.: Un buon artista è una persona onesta, in qualunque caso.
I. Q.: Dite qualcosa di buono sugli altri due artisti.
M. R.: Massimo è il mio piccolo eroe, a parte il fatto che adoriamo entrambi i White Stripes e quindi già questo è ottimo. La sua pittura mi dà un senso di violenza e libertà espressiva parecchio galvanizzante, una sensazione che ho provato fin dalla prima volta che ho visto i suoi lavori. Adoro i suoi pugili ed i suoi animali, specialmente i gufi che mi ricordano un po' i gatti e quindi la libertà.
Emiliano, invece, è un surfer e il tocco sulle sue tele mi fa pensare a uno spazio liquido e fluttuante. Trovo il suo lavoro rilassante, armonioso, dolce e profondamente musicale, come un suono che scaturisce da un lungo silenzio. Entrambi adoriamo i Queen of the Stone Age.
E. D. M: Michele è rock. Massimo è surreal-comico.
M. G.: Rotondi è umile, onesto, underground, ironico e sa mettere bene insieme i colori e strutturare una composizione. Di Mauro è pulito e non lascia scampo.
I. Q. E ora qualcosa di cattivo…
M. R.: Massimo. fai un po' troppo il verso a Schifano ogni tanto. Basta "paesaggi anemici" …cambia almeno i colori!
Emiliano: non fare più i robot!!! Mi sembra che ne hai fatto uno solo…basta ok!!!??? Tanto non centrano niente con la tua pittura!!!?
E. D. M: Michele è si veste da narcos colombiano. Massimo deve cambiare parrucchiere.
M. G.: Rotondi: è di Livorno...troppo lontano! Di Mauro: graphic horror vacui.
I. Q.: Vorrei che ognuno di voi provasse a "leggere" il lavoro degli altri due, cercando di descriverlo obiettivamente. Siate critici d'arte per cinque minuti.
M. R.: Quello di Massimo Gurnari è un lavoro che parla della continua rincorsa di questa società verso la perfezione: il bello ideale, il superamento dell'uomo, la tensione dell'individuo verso qualcosa di divino ed onnipotente. Una specie di pensiero superficiale che renda la pelle splendida, per citare gli Afterhours. Il tutto rappresentato sotto forma di violente pennellate, che creano personaggi mutilati, animali indistruttibili collocati su sfondi ornamentali. Gurnari crea ambientazioni caotiche dove pugili, gufi e lupi muscolosi vivono sotto il cielo della Knorr.
Una musica silenziosa, riecheggiante è quella di Di Mauro, artista della luce e della leggerezza, che descrive ambienti e ritrae persone con un veloce procedimento pittorico fatto di pochi segni e pochi colori. Personaggi illuminati in ambienti scarni, tagli fotografici, pubblicitari, volti sconosciuti, pitture senza titolo che dialogano con il rapporto tra spazio soggetto e luce.
E. D. M: Rotondi mutua dall'ambiente musicale rock i suoi soggetti e, con uno stile volutamente disadorno e puerile, ci restituisce un'immagine fresca e scanzonata dove anche i militari sono dei simpatici signori che scuotono il capo al ritmo di oh ooh oh o ooooh oh.
Gurnari fa dell'alimentazione il perno dei suoi dubbi esistenziali. Siamo quello che mangiamo? Allora non possiamo essere migliori se un pollo di allevamento ha uno spazio vitale di soli 30cm quadrati per vivere…
M. G.: Rotondi è un artista che racconta se stesso e ciò che vivono i giovani. Citazioni popolari e linguaggio immediato lo rendono un media-artista, capace di sintonizzarsi su tematiche molto differenti tra loro. Di Mauro racconta il suo mondo in maniera molto ermetica. É un artista che non si concede facilmente. La sua tavolozza è scarna. Il suo è un lavoro figlio del tempo e della grafica di facile accesso.
I. Q.: Qual è l'opera che ha cambiato il vostro modo di vedere?
M. R.: Tutta l'opera di Basquiat. Ero a Venezia nel 1999, quando vidi una mostra dedicata a lui in Piazza San Marco. Da quel giorno qualcosa cambiò. Ho sempre la borsa che comprai, è super consumata, ma non riesco a buttarla. Sopra c'è la sua corona e la firma. É un gadeget che mi accompagna in ogni viaggio.
E. D. M: L'origine du monde, la prima opera concettuale.
M. G.: Ogni giorno i sacrifici di mia madre e la dedizione che dimostra verso gli altri.
I. Q.: Qual è l'artista verso cui vi sentirete eternamente grati perché senza di lui non esisterebbe l'arte contemporanea?
M. R.: In assoluto Martin Kippenberger, ma per forza maggiore anche Ronnie Cutrone, Michael Majerus, Jean-Michel Basquiat, Roy Lichtenstein, Andy Warhol, Mario Schifano, Mimmo Paladino, Jasper Jones and many more…
E. D. M: Francis Bacon è la contemporaneità, è quello che l'uomo contemporaneo ha dentro ed è ancora più contemporaneo il suo modo di rivedere la pittura classica. In effetti, lo spirito conservativo è puramente dei nostri tempi.
M. G.: Andy Warhol è mio padre!
I. Q.: Descrivete la vostra ricerca con tre aggettivi…
M. R.: Malinconica, ironica, violenta.
E. D. M: Sobrio, necessario, inutile.
M. G.: Onesta, ricca e generosa.
I. Q.: Dipingete ascoltando la musica? Che cosa ascoltate abitualmente?
M. R.: Dipingo sempre ascoltando la musica, provo a citarne alcuni dei tanti,ma proprio pochi perché altrimenti potrebbe finire qui l'intervista:
Artic Monkeys, Whatever people say i am,that's what i'm not
Placebo, Meds
Depeche Mode, Playng the Angel
Disco Drive,Very Ep
Yeah Yeah YEAHS, Show your bones
Architecture in Helsinki, In case we die
Peaches, Impeach my bush
Le Tigre, This Island
Fugazi, End Hits
Shellac, 1000 Hurts
Sonic Youth, Dirty
E. D. M: Il mio iTunes ha una playlist che spazia dalla musica africana moderna allo Stabat Mater di Pergolesi.
M. G.: Ascolto musica anche quando vado in bagno. Ascolto qualsiasi cosa che in quel momento riesca ad accompagnare il mio stato d'animo.
I. Q.: Il film, il libro, il fumetto e il disco irrinunciabili secondo voi…
M. R.: Dolls di Takeshi Kitano; Gli Arancini di Montalbano di Andrea Camilleri; Alita di Yukito Kishiro, At Action Park degli Shellac.
E. D. M: Berlinguer ti voglio bene di Giuseppe Bertolucci; Gasogramma (biografia iperastratta) di Serge Gainsbourg; Topolino (per il mio passato); Velvet Underground & Nico.
M. G.: Qualcuno volò sul nido del cuculo, interviste a Francis Bacon; non ho mai letto fumetti; Innuendo dei Queen
I. Q.: Il futuro dell'arte contemporanea è in Cindia (Cina+India), in USA o in Europa?
M. R.: Europa, sempre e comunque Europa. Domandatevi, anche adesso, da dove vengono i più grandi talenti di qualsiasi campo artistico.
E. D. M: Mah… l'arte è mercato ed io non ne capisco molto. Dipenderà da come si struttureranno le cose. Certo è che molti artisti cinesi fanno cose non molto diverse da quelle viste in Europa o America. Ma per il solo fatto di essere i "Cinesi" sono più interessanti?
M. G.: In Cindia solo il futuro economico. Europa e USA avranno il ruolo ingrato di portare avanti le menti.
I. Q.: L'ultima bella mostra che avete visto?
M. R.: Andy Warhol, ma anche Beautiful Losers e Ugo Rondinone.
E. D. M: Le foto di Roland Barthes a Parigi.
M. G.: Picasso a Venezia, un po' di anni fa ormai…
I. Q.: Se poteste fare un dipinto a quattro mani con un grande artista vivente, chi scegliereste?
M. R.: Ronnie Cutrone o Franz Ackermann.
E. D. M: Robert Rauschenberg.
M. G.: The Clayton Brothers...a sei mani!
I. Q.: L'artista donna con cui vorreste avere una "relazione pericolosa"?
M. R.: Cecily Brown, ma anche Elisa Rossi.
E. D. M: Cecily Brown.
M. G.: Yoko Ono...ah ah ah...
I. Q.: Se non viveste in questo secolo, in quale altro periodo vi sarebbe piaciuto vivere?
M. R.: Questo, questo e ancora questo...mi sento fortemente testimone di questo tempo!
E. D. M: Nell'anno Mille.
M. G.: Il secolo scorso...sono nato vecchio!
I. Q.: Il genio della lampada vi concede di esprimere tre desideri…
M. R.: Salute, pace, felicità.
E. D. M: Casa-studio a Favignana (al porto una barca a vela), la pace nel mondo, la mia pace… Grazie.
M. G.: Far smettere di lavorare i miei genitori, avere una famiglia, continuare a dipingere per mantenere tutti!
20
ottobre 2006
Dirty (3) styles
Dal 20 ottobre al 25 novembre 2006
arte contemporanea
Location
GALLERIA MAICOLLECTION
Verona, Via Sottoriva, 12, (Verona)
Verona, Via Sottoriva, 12, (Verona)
Orario di apertura
dal giovedì al sabato, dalle 16.30 alle 19.30 e su appuntamento
Vernissage
20 Ottobre 2006, ore 19
Autore
Curatore