Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
Disegnare spazi
Nell’ ultimo decennio la pratica disegnativa ha ritrovato una centralità che pareva avere perso, sopraffatta da una spettacolarizzazione dell’opera e dell’evento artistico. Le ragioni di questa rinascita sono diverse, e le opere esposte testimoniano della varietà di approcci attualmente in campo.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Nell'ultimo decennio la pratica disegnativa ha ritrovato una centralità che nel corso degli anni Novanta del XX secolo pareva avere perso, sopraffatto da una spettacolarizzazione dell'opera e dell'evento artistico e dall'affermarsi di media come la fotografia e il video che del disegno non paiono avere necessità. Le ragioni di questa rinascita dell'opera su carta sono diverse, e le opere esposte in questa occasione testimoniano della varietà di approcci e motivazioni attualmente in campo, peraltro in due paesi differenti per tradizione come l'Italia e la Russia.
E' noto come il disegno sia stato, per secoli, “il fondamento dell'arte”, una pratica funzionale all'opera maggiore, fosse essa dipinta o scolpita. Nel corso del XX secolo, pur mantenendo intatto il suo valore di prima idea, di inveramento originario della forma, la sua autonomia espressiva è andata via via crescendo, sino ad occupare un ruolo specifico e peculiare della ricerca, espressione in sé compiuta, anche attraverso un'estensione sempre più ampia della stessa concezione e definizione di questa pratica.
Da progetto realizzato con i mezzi tradizionali sulla carta, il concetto di disegno si è esteso ad autentica opera, la cui caratteristica principale non è più relativa allo strumento con il quale è realizzata, ma si riferisce più al supporto – o ai supporti -, e soprattutto alla libertà della realizzazione, alla sua ricercata immediatezza. Non a caso, una stagione particolarmente felice per la pratica disegnativa è stata quella a cavallo tra anni Sessanta e Settanta, quando le ricerche di matrice concettuale e quelle di ambito definibile approssimativamente come poverista hanno reso il disegno necessario almeno per due motivi : da un lato, proprio l'originario carattere mentale del disegno rispondeva appieno alle basi teoriche del concettualismo, dall'altro la complessità di realizzazione di pratiche installative, unità alla loro forte fisicità, portava gli artisti a conferire al disegno un ruolo centrale, talvolta persino di supplenza di un'opera irrealizzabile o destinata a una vita effimera.
In modo diametralmente opposto, ma non meno significativo, anche la stagione immediatamente successiva, vale a dire quella segnata dal cosiddetto “ritorno alla pittura”, ha conferito all'opera su carta un ruolo non marginale, maggiormente legato alla tradizione, e sintomo dell'esasperata soggettività che ha caratterizzato quelle ricerche.
Ora, in una congiuntura come quella attuale, quale è il significato del disegno per autori che hanno iniziato la loro vicenda creativa proprio alla fine di quelle stagioni (come nel caso di Roiter, Caccioni e Fishkin), o quando già esse erano parte della storia, per quanto recente (come nel caso di Shuripa, Spaziani, Becheri, Ter-Oganyan e Benassi)? Anzitutto va rilevato che nel corso degli ultimi anni si è assistito a un progressivo, forse definitivo affievolirsi dei confini disciplinari, per cui gli slittamenti fra le diverse pratiche all'interno di una stessa ricerca sono assolutamente naturali : a ben vedere, nessuno degli artisti presenti in questa mostra può essere definito attraverso la sua adesione a un'unica disciplina, tutti si muovono non solo tra le due e le tre dimensioni, ma anche tra tecniche sino a poco tempo fa non comunicanti tra loro. Installazione, fotografia, computer graphic, pittura, scultura, video e, per l'appunto, disegno, si affiancano di volta in volta all'interno di queste ricerche, in una logica che non è solo quella dell'attraversamento, ma della autentica giustapposizione, che salvaguarda le specificità per porle in discussione dall'interno. Inoltre, non va dimenticato che in questi ultimi anni si è anche andata affermando una cultura visiva originata dall'illustrazione e dal fumetto, che ha a sua volta contaminato con una forte vena narrativa ogni forma di espressione artistica, in qualche modo liberando ulteriormente il campo del possibile, con una naturale, forte incidenza proprio sul disegno, che di quei linguaggi è forma fondante. Tutto questo a testimonianza di un contesto culturale estremamente frammentato e frammentario, nel quale l'appunto, lo schizzo, l'aforisma, valgono quanto mai prima d'ora.
In una tale condizione – che può essere interpretata come sintomo di straordinaria libertà e di volontà sperimentale, disposta anche a pagare il prezzo dei malintesi che essa può generare – il disegno assume un valore peculiare, poiché diviene il luogo dove si manifesta con maggiore evidenza il rapporto tra la manualità del fare e l'elaborazione concettuale della forma. Poiché, in effetti, se un elemento comune si può trovare in questi artisti, diversi per generazione e scelte di poetica, è proprio nella ricerca di un equilibrio tra le ragioni del fare, dell'affrontare tecniche e materiali con piena coscienza della loro natura e con la volontà di estrarre da esse tutto quanto è possibile in termini di espressività, e le ragioni dell'elaborazione mentale, della volontà di non abbandonarsi completamente e acriticamente al fascino di quei materiali, di quelle tecniche, ma di elaborarli per via di riflessione sulla loro natura, e sui motivi del loro utilizzo.
Scendendo ancor più nello specifico, è evidente che l'elemento comune agli artisti presenti è una costante riflessione sullo spazio, sul rapporto che si crea tra le forme e gli spazi, siano essi quelli bidimensionali della tela o quelli tridimensionali della scultura o dell'installazione (sino al caso estremo di Ter-Oganyan, che giunge ad appropriarsi di uno spazio interamente sociale e al contempo totalmente virtuale come quello originato dal computer). E siano, anche, forme che originano dalla realtà quotidiana, dalla concreta presenza delle cose e ad essa ritornano (come nei casi di Roiter, Caccioni, Fishkin, Spaziani), oppure forme che nel passaggio dalla realtà alla elaborazione grafica perdono la loro immediata corrispondenza iconografica (come avviene in Benassi e Becheri), o infine forme pure, che della realtà restituiscono una immagine simbolica (come nel caso di Shuripa).
In questo disegnare spazi nascono poi, spesso inattese, coincidenze tra le diverse ricerche, che permettono di accostare le carte di Roiter e quelle di Caccioni leggendone la comune matrice di reinvenzione del reale in chiave fantastica, unita ad un gusto per il gesto che verrebbe da definire classico. Allo stesso modo, Benassi e Ter-Oganyan trasformano un'esperienza fisica in puro pattern decorativo, mentre Spaziani agisce in senso eguale e contrario, trasformando la superficie decorativa d'origine in luogo di apparizione di una forma riconoscibile. E il confine di tra queste scelte viene costantemente varcato da Fishkin e Becheri, i più legati – insieme a Benassi e Shuripa - a pratiche di elaborazione dello spazio reale tra utopia e quotidianità.
Spazi di libertà, sono allora per tutti questi fogli, nei quali si ritrova anche una comune ironia, un sapiente gioco di inganni e di rimandi al quale lo spettatore è chiamato a partecipare; ancora una volta, è questione di spazi e della loro condivisione all'interno di uno spazio, quello della galleria, che ancora ha una sua ragion d'essere se è in grado di divenire propositivo, di azzardare un disegno che vada oltre i confini dell'ovvio e del già conosciuto.
Walter Guadagnini
Ottobre 2010
E' noto come il disegno sia stato, per secoli, “il fondamento dell'arte”, una pratica funzionale all'opera maggiore, fosse essa dipinta o scolpita. Nel corso del XX secolo, pur mantenendo intatto il suo valore di prima idea, di inveramento originario della forma, la sua autonomia espressiva è andata via via crescendo, sino ad occupare un ruolo specifico e peculiare della ricerca, espressione in sé compiuta, anche attraverso un'estensione sempre più ampia della stessa concezione e definizione di questa pratica.
Da progetto realizzato con i mezzi tradizionali sulla carta, il concetto di disegno si è esteso ad autentica opera, la cui caratteristica principale non è più relativa allo strumento con il quale è realizzata, ma si riferisce più al supporto – o ai supporti -, e soprattutto alla libertà della realizzazione, alla sua ricercata immediatezza. Non a caso, una stagione particolarmente felice per la pratica disegnativa è stata quella a cavallo tra anni Sessanta e Settanta, quando le ricerche di matrice concettuale e quelle di ambito definibile approssimativamente come poverista hanno reso il disegno necessario almeno per due motivi : da un lato, proprio l'originario carattere mentale del disegno rispondeva appieno alle basi teoriche del concettualismo, dall'altro la complessità di realizzazione di pratiche installative, unità alla loro forte fisicità, portava gli artisti a conferire al disegno un ruolo centrale, talvolta persino di supplenza di un'opera irrealizzabile o destinata a una vita effimera.
In modo diametralmente opposto, ma non meno significativo, anche la stagione immediatamente successiva, vale a dire quella segnata dal cosiddetto “ritorno alla pittura”, ha conferito all'opera su carta un ruolo non marginale, maggiormente legato alla tradizione, e sintomo dell'esasperata soggettività che ha caratterizzato quelle ricerche.
Ora, in una congiuntura come quella attuale, quale è il significato del disegno per autori che hanno iniziato la loro vicenda creativa proprio alla fine di quelle stagioni (come nel caso di Roiter, Caccioni e Fishkin), o quando già esse erano parte della storia, per quanto recente (come nel caso di Shuripa, Spaziani, Becheri, Ter-Oganyan e Benassi)? Anzitutto va rilevato che nel corso degli ultimi anni si è assistito a un progressivo, forse definitivo affievolirsi dei confini disciplinari, per cui gli slittamenti fra le diverse pratiche all'interno di una stessa ricerca sono assolutamente naturali : a ben vedere, nessuno degli artisti presenti in questa mostra può essere definito attraverso la sua adesione a un'unica disciplina, tutti si muovono non solo tra le due e le tre dimensioni, ma anche tra tecniche sino a poco tempo fa non comunicanti tra loro. Installazione, fotografia, computer graphic, pittura, scultura, video e, per l'appunto, disegno, si affiancano di volta in volta all'interno di queste ricerche, in una logica che non è solo quella dell'attraversamento, ma della autentica giustapposizione, che salvaguarda le specificità per porle in discussione dall'interno. Inoltre, non va dimenticato che in questi ultimi anni si è anche andata affermando una cultura visiva originata dall'illustrazione e dal fumetto, che ha a sua volta contaminato con una forte vena narrativa ogni forma di espressione artistica, in qualche modo liberando ulteriormente il campo del possibile, con una naturale, forte incidenza proprio sul disegno, che di quei linguaggi è forma fondante. Tutto questo a testimonianza di un contesto culturale estremamente frammentato e frammentario, nel quale l'appunto, lo schizzo, l'aforisma, valgono quanto mai prima d'ora.
In una tale condizione – che può essere interpretata come sintomo di straordinaria libertà e di volontà sperimentale, disposta anche a pagare il prezzo dei malintesi che essa può generare – il disegno assume un valore peculiare, poiché diviene il luogo dove si manifesta con maggiore evidenza il rapporto tra la manualità del fare e l'elaborazione concettuale della forma. Poiché, in effetti, se un elemento comune si può trovare in questi artisti, diversi per generazione e scelte di poetica, è proprio nella ricerca di un equilibrio tra le ragioni del fare, dell'affrontare tecniche e materiali con piena coscienza della loro natura e con la volontà di estrarre da esse tutto quanto è possibile in termini di espressività, e le ragioni dell'elaborazione mentale, della volontà di non abbandonarsi completamente e acriticamente al fascino di quei materiali, di quelle tecniche, ma di elaborarli per via di riflessione sulla loro natura, e sui motivi del loro utilizzo.
Scendendo ancor più nello specifico, è evidente che l'elemento comune agli artisti presenti è una costante riflessione sullo spazio, sul rapporto che si crea tra le forme e gli spazi, siano essi quelli bidimensionali della tela o quelli tridimensionali della scultura o dell'installazione (sino al caso estremo di Ter-Oganyan, che giunge ad appropriarsi di uno spazio interamente sociale e al contempo totalmente virtuale come quello originato dal computer). E siano, anche, forme che originano dalla realtà quotidiana, dalla concreta presenza delle cose e ad essa ritornano (come nei casi di Roiter, Caccioni, Fishkin, Spaziani), oppure forme che nel passaggio dalla realtà alla elaborazione grafica perdono la loro immediata corrispondenza iconografica (come avviene in Benassi e Becheri), o infine forme pure, che della realtà restituiscono una immagine simbolica (come nel caso di Shuripa).
In questo disegnare spazi nascono poi, spesso inattese, coincidenze tra le diverse ricerche, che permettono di accostare le carte di Roiter e quelle di Caccioni leggendone la comune matrice di reinvenzione del reale in chiave fantastica, unita ad un gusto per il gesto che verrebbe da definire classico. Allo stesso modo, Benassi e Ter-Oganyan trasformano un'esperienza fisica in puro pattern decorativo, mentre Spaziani agisce in senso eguale e contrario, trasformando la superficie decorativa d'origine in luogo di apparizione di una forma riconoscibile. E il confine di tra queste scelte viene costantemente varcato da Fishkin e Becheri, i più legati – insieme a Benassi e Shuripa - a pratiche di elaborazione dello spazio reale tra utopia e quotidianità.
Spazi di libertà, sono allora per tutti questi fogli, nei quali si ritrova anche una comune ironia, un sapiente gioco di inganni e di rimandi al quale lo spettatore è chiamato a partecipare; ancora una volta, è questione di spazi e della loro condivisione all'interno di uno spazio, quello della galleria, che ancora ha una sua ragion d'essere se è in grado di divenire propositivo, di azzardare un disegno che vada oltre i confini dell'ovvio e del già conosciuto.
Walter Guadagnini
Ottobre 2010
11
novembre 2010
Disegnare spazi
Dall'undici novembre al 24 dicembre 2010
arte contemporanea
Location
IMPRONTE
Milano, Via Montevideo, 11, (Milano)
Milano, Via Montevideo, 11, (Milano)
Orario di apertura
da martedì a sabato ore 15-19
Vernissage
11 Novembre 2010, ore 18.30
Autore
Curatore