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Distopia di un’ascesa
La mostra è incentrata sulla montagna, assunta a simbolo di riuscita e fallimento, ascesa e caduta. Pretesto narrativo e iconografico è il Cerro Torre, cima della Patagonia, definita da Reinhold Messner “la montagna impossibile” non per l’altezza ma per la cima difficile da raggiungere.
Comunicato stampa
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La mostra è interamente incentrata sulla montagna, assunta a simbolo di riuscita e fallimento, ascesa e caduta. Condotto e approfondito dall'artista da oltre un quinquennio, il tema nella sua ricerca sfugge ad ogni intento banalmente narrativo per farsi mimesi discrepante e pensosa della natura, ragionamento simbolico sull'esistenza e sui limiti dell'umano. Pretesto narrativo ed iconografico è il Cerro Torre, cima della Patagonia situata sul confine tra Argentina e Cile, definita da Reinhold Messner “la montagna impossibile”, non per l’altezza, ma per la vetta, difficilissima da raggiungere a causa delle improbe condizioni climatiche e ambientali. L'artista ne ha studiato le forme, le ha riprodotte e sezionate creando un’installazione ampia, un poema oggettuale totalizzante da cui lo spettatore è completamente avvolto.
Il progetto rappresenta l'ultimo approdo in ordine di tempo della riflessione dell'artista sulle forme della natura, intese come contesti abitativi, e sulla montagna in particolare. Partita nel 2012 con un progetto sul K2, tale riflessione è oggi trasformata in un progetto installativo compiuto in sé, in grado di far rifluire nei limiti precisi di un luogo fisico (la galleria) ciò che è oltre il fisico (la montagna, le emozioni di cui è foriera, i simboli a cui allude).
Scrive Carmelo Cipriani nel catalogo: “La montagna, come il mare, è più di un luogo, è uno stile di vita, un valore identitario. Lo sa bene Daniele Salvalai che nel suo studio, tra la Franciacorta e la Val Camonica, quotidianamente scruta le cime lombarde, cogliendone la poesia della forma e l’alterigia della presenza. Egli lavora in parallelo su forme geometriche e naturali, le une riflesse nelle altre, rintracciando un ordine superiore a cui cerca di ricondurre anche l’uomo, non elemento dominante ma parte del tutto, secondo un modo di agire e pensare che nella sua zona si perpetra da sempre, almeno dall'epoca della Serenissima. Fuggendo dalla mimesi, s’interessa ai processi della natura, indagando al contempo il rapporto tra il suo corpo e lo spazio ricostruito; cerca il dialogo con la natura, da cui attinge ogni forma mentre la luce, scandendo le superfici e i tagli netti, definisce le opere, trasformandole ogni volta in qualcosa di diverso. Giocando a raccontare eventi emotivi e visivi attraverso un uso sapiente della materia e della luce, riallaccia i fili con la vocazione narrativa dell’arte, sospendendola però in una dimensione onirica e poeticamente rivisitata della realtà. Salvalai ha elaborato un preciso ubi consistem nell'orizzonte largo dell'espressione contemporanea, scegliendo di ragionare sulla natura, sull'uomo e sul loro reciproco rapporto; utilizza il linguaggio e i materiali della scultura per approfondire aspetti legati alla memoria, alla percezione, alle analogie, in un'analisi che diventa un invito a confrontarsi in modo inedito con la realtà, con i luoghi intesi come deposito di relazioni e tracce. Gioca con sensazioni sospese tra il familiare e il perturbante, il personale e l'impersonale, scoprendo la natura ambivalente del vuoto, travolgente e rasserenante. A Pietrasanta Salvalai propone una mostra site specific che evoca i tempi della memoria e della materia, coinvolgendo il fruitore in un poema oggettuale totale. ‘Distopia di un'ascesa’ si presenta come un viaggio tra le intuizioni, le memorie segrete, i processi metamentali, una sorta di close up plastico nel quale raccontare la sfera simbolica legata alla montagna ma anche il processo scultoreo, dall’idea progettuale all’esecuzione. Prima la Torre di Babele, poi il K2, oggi il Cerro Torre, l'artista riflette sull'ambizione dell’uomo di arrivare in alto, di ascendere ad una dimensione superiore, traslando finanche il suo corpo”.
Daniele Salvalai
È nato nel 1979 a Iseo, in provincia di Brescia. Si è diplomato in Scultura all’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano, dove, dal 2013 al 2014, è stato docente di Tecniche per la Scultura. Dal 2016 è docente ordinario di Scultura all’Accademia di Belle Arti di Verona.
Nel 2009 crea l’installazione ambientale Alveare – Omaggio alla Ruche de Montparnasse realizzata lungo il percorso espositivo di Malga Costa, Borgo Valsugana (TN), in occasione di “ARTE SELLA Incontri Internazionali Arte Natura”. Nel 2012 Realizza il trofeo-scultura per il vincitore della tappa finale del 95° Giro d’Italia. Nel 2018 firma il trofeo-scultura per il vincitore del “Martini International Award”, promosso dalla Fondazione Carlo Maria Martini di Milano.
Tante le mostre, molte delle quali personali tra le quali si distinguono quelle al Museo Gipsoteca “Antonio Canova” Possagno (TV) e alla Galleria San Fedele di Milano, entrambe nel 2012, quella al Museo Studio Francesco Messina di Milano nel 2015 e quella al Museo Collezione Paolo VI di Concesio (BS) nel 2017. Tanti anche I premi vinti: Premio Arti Visive San Fedele nel 2011; Premio di Scultura Antonio Canova nel 2011; Premio Cramum a Milano nel 2013; Premio “Paolo VI per l’arte contemporanea” nel 2016.
È tra i fondatori di Resilienza Italiana, movimento di arte e cultura. Vive e lavora tra Zone (BS) e Verona.
Il progetto rappresenta l'ultimo approdo in ordine di tempo della riflessione dell'artista sulle forme della natura, intese come contesti abitativi, e sulla montagna in particolare. Partita nel 2012 con un progetto sul K2, tale riflessione è oggi trasformata in un progetto installativo compiuto in sé, in grado di far rifluire nei limiti precisi di un luogo fisico (la galleria) ciò che è oltre il fisico (la montagna, le emozioni di cui è foriera, i simboli a cui allude).
Scrive Carmelo Cipriani nel catalogo: “La montagna, come il mare, è più di un luogo, è uno stile di vita, un valore identitario. Lo sa bene Daniele Salvalai che nel suo studio, tra la Franciacorta e la Val Camonica, quotidianamente scruta le cime lombarde, cogliendone la poesia della forma e l’alterigia della presenza. Egli lavora in parallelo su forme geometriche e naturali, le une riflesse nelle altre, rintracciando un ordine superiore a cui cerca di ricondurre anche l’uomo, non elemento dominante ma parte del tutto, secondo un modo di agire e pensare che nella sua zona si perpetra da sempre, almeno dall'epoca della Serenissima. Fuggendo dalla mimesi, s’interessa ai processi della natura, indagando al contempo il rapporto tra il suo corpo e lo spazio ricostruito; cerca il dialogo con la natura, da cui attinge ogni forma mentre la luce, scandendo le superfici e i tagli netti, definisce le opere, trasformandole ogni volta in qualcosa di diverso. Giocando a raccontare eventi emotivi e visivi attraverso un uso sapiente della materia e della luce, riallaccia i fili con la vocazione narrativa dell’arte, sospendendola però in una dimensione onirica e poeticamente rivisitata della realtà. Salvalai ha elaborato un preciso ubi consistem nell'orizzonte largo dell'espressione contemporanea, scegliendo di ragionare sulla natura, sull'uomo e sul loro reciproco rapporto; utilizza il linguaggio e i materiali della scultura per approfondire aspetti legati alla memoria, alla percezione, alle analogie, in un'analisi che diventa un invito a confrontarsi in modo inedito con la realtà, con i luoghi intesi come deposito di relazioni e tracce. Gioca con sensazioni sospese tra il familiare e il perturbante, il personale e l'impersonale, scoprendo la natura ambivalente del vuoto, travolgente e rasserenante. A Pietrasanta Salvalai propone una mostra site specific che evoca i tempi della memoria e della materia, coinvolgendo il fruitore in un poema oggettuale totale. ‘Distopia di un'ascesa’ si presenta come un viaggio tra le intuizioni, le memorie segrete, i processi metamentali, una sorta di close up plastico nel quale raccontare la sfera simbolica legata alla montagna ma anche il processo scultoreo, dall’idea progettuale all’esecuzione. Prima la Torre di Babele, poi il K2, oggi il Cerro Torre, l'artista riflette sull'ambizione dell’uomo di arrivare in alto, di ascendere ad una dimensione superiore, traslando finanche il suo corpo”.
Daniele Salvalai
È nato nel 1979 a Iseo, in provincia di Brescia. Si è diplomato in Scultura all’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano, dove, dal 2013 al 2014, è stato docente di Tecniche per la Scultura. Dal 2016 è docente ordinario di Scultura all’Accademia di Belle Arti di Verona.
Nel 2009 crea l’installazione ambientale Alveare – Omaggio alla Ruche de Montparnasse realizzata lungo il percorso espositivo di Malga Costa, Borgo Valsugana (TN), in occasione di “ARTE SELLA Incontri Internazionali Arte Natura”. Nel 2012 Realizza il trofeo-scultura per il vincitore della tappa finale del 95° Giro d’Italia. Nel 2018 firma il trofeo-scultura per il vincitore del “Martini International Award”, promosso dalla Fondazione Carlo Maria Martini di Milano.
Tante le mostre, molte delle quali personali tra le quali si distinguono quelle al Museo Gipsoteca “Antonio Canova” Possagno (TV) e alla Galleria San Fedele di Milano, entrambe nel 2012, quella al Museo Studio Francesco Messina di Milano nel 2015 e quella al Museo Collezione Paolo VI di Concesio (BS) nel 2017. Tanti anche I premi vinti: Premio Arti Visive San Fedele nel 2011; Premio di Scultura Antonio Canova nel 2011; Premio Cramum a Milano nel 2013; Premio “Paolo VI per l’arte contemporanea” nel 2016.
È tra i fondatori di Resilienza Italiana, movimento di arte e cultura. Vive e lavora tra Zone (BS) e Verona.
08
dicembre 2018
Distopia di un’ascesa
Dall'otto dicembre 2018 all'otto gennaio 2019
arte contemporanea
Location
KYRO ART GALLERY
Pietrasanta, Via Padre Eugenio Barsanti, 29, (Lucca)
Pietrasanta, Via Padre Eugenio Barsanti, 29, (Lucca)
Orario di apertura
da lunedì a domenica ore 10:30- 13:00 e 15:30 - 20:00
Vernissage
8 Dicembre 2018, ore 18:30
Autore
Curatore