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Dmitrj Yakovin
Nelle sue tele prende vita un mondo abitato da personaggi curiosi, tra il reale e il fiabesco: sono viandanti, giullari, omini che indossano ampie vesti o abiti tessuti in seta, piccole gorgiere e turbanti, in una convivenza tra un mondo da mille e una notte e la severità mitteleuropea.
Comunicato stampa
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Dopo le due fortunate edizioni della collettiva “Fiabe russe”, Dmitrj Yakovin espone per la prima volta in una mostra personale alla Galleria Davico.
Nato a Vladivostok (nella Russia orientale) nel 1969, Yakovin studia a San Pietroburgo i grandi dell’arte mondiale (visibili all’Ermitage) e quelli della tradizione russa (visibili al Museo di Stato).
Ne è nato uno stile del tutto personale, debitore alla storia dei popoli dell’immenso territorio nazionale e all’occidente.
“Lo studio classico di Yakovin emerge chiaramente nelle sue opere, per la precisione della tecnica accanto alla totale padronanza e freschezza della micro-pennellata -tra la miniatura e la materia informale-, per il rigore nella costruzione realistica dell’impianto compositivo…” (Sabatino Cersosimo, dal testo in catalogo).
Le sue opere sono costruite attraverso un’attenta preparazione della tela di lino, secondo canoni antichi, su cui le tinte ad olio sono stese in colori brillanti e puri, facendo spesso ricorso alla foglia d’oro, in parte lasciata in vista e in parte coperta di materia.
Nelle sue tele (solitamente di piccolo formato) prende vita un mondo abitato da personaggi curiosi, tra il reale e il fiabesco: sono viandanti, giullari, omini che indossano ampie vesti (in riferimento a quella “zimarra” molto diffusa in Russia nel Seicento) o abiti tessuti in seta, piccole gorgiere (testimoni dell’antico rapporto con le sartorie italiane) e turbanti, in una convivenza tra un mondo da mille e una notte e la severità mitteleuropea.
Quello di Yakovin è un surrealismo arcadico: i suoi attori vivono in un mondo rigoglioso e, attraverso i loro tratti teneri, buffi e arrossati, raccontano la storia dello sfarzo dei tempi degli zar senza tuttavia dimenticare quei costumi che caratterizzano il popolo e le sue peregrinazioni.
Nato a Vladivostok (nella Russia orientale) nel 1969, Yakovin studia a San Pietroburgo i grandi dell’arte mondiale (visibili all’Ermitage) e quelli della tradizione russa (visibili al Museo di Stato).
Ne è nato uno stile del tutto personale, debitore alla storia dei popoli dell’immenso territorio nazionale e all’occidente.
“Lo studio classico di Yakovin emerge chiaramente nelle sue opere, per la precisione della tecnica accanto alla totale padronanza e freschezza della micro-pennellata -tra la miniatura e la materia informale-, per il rigore nella costruzione realistica dell’impianto compositivo…” (Sabatino Cersosimo, dal testo in catalogo).
Le sue opere sono costruite attraverso un’attenta preparazione della tela di lino, secondo canoni antichi, su cui le tinte ad olio sono stese in colori brillanti e puri, facendo spesso ricorso alla foglia d’oro, in parte lasciata in vista e in parte coperta di materia.
Nelle sue tele (solitamente di piccolo formato) prende vita un mondo abitato da personaggi curiosi, tra il reale e il fiabesco: sono viandanti, giullari, omini che indossano ampie vesti (in riferimento a quella “zimarra” molto diffusa in Russia nel Seicento) o abiti tessuti in seta, piccole gorgiere (testimoni dell’antico rapporto con le sartorie italiane) e turbanti, in una convivenza tra un mondo da mille e una notte e la severità mitteleuropea.
Quello di Yakovin è un surrealismo arcadico: i suoi attori vivono in un mondo rigoglioso e, attraverso i loro tratti teneri, buffi e arrossati, raccontano la storia dello sfarzo dei tempi degli zar senza tuttavia dimenticare quei costumi che caratterizzano il popolo e le sue peregrinazioni.
18
febbraio 2010
Dmitrj Yakovin
Dal 18 febbraio al 20 marzo 2010
arte contemporanea
Location
GALLERIA DAVICO
Torino, Galleria Subalpina, 30, (Torino)
Torino, Galleria Subalpina, 30, (Torino)
Orario di apertura
da martedì a sabato ore 10-12.30 e 16-19.30
Vernissage
18 Febbraio 2010, ore 18.00
Autore
Curatore