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Dojo
Dopo il successo degli eventi sonori, Perspectives ed ElettrOrganica, Via Ventura ritorna protagonista durante il MiArt 2005 con DOJO, una mostra di arte contemporanea dedicata a sei giovani artisti italiani
Comunicato stampa
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Dopo il successo degli eventi sonori, Perspectives ed ElettrOrganica, Via Ventura ritorna protagonista durante il MiArt 2005 con DOJO, una mostra di arte contemporanea dedicata a sei giovani artisti italiani - Massimiliano Buvoli, Christian Frosi, Massimo Grimaldi, Davide Minuti, Riccardo Previdi, Patrick Tuttofuoco - già presenti sulla scena nazionale e internazionale con mostre singole e collettive presso importanti istituzioni e gallerie.
DOJO, in giapponese, è la palestra. E’ il luogo dell’esercizio e della pratica, della crescita personale, condotta per lo più in gruppo e attraverso una rigorosa concentrazione e disciplina. Ma DOJO è anche lo spazio simbolico condiviso da sei artisti italiani intorno ai trent’anni. Provenienti da diverse parti d’Italia, si sono incontrati intorno alla metà degli anni ‘90 all’Accademia di Brera di Milano, dove hanno studiato e iniziato a stringere rapporti di collaborazione e ricerca.
Proprio questa volontà di scambio e di lavoro in comune, questa condivisione di percorsi e interessi, è una delle caratteristiche che distingue questi artisti dal resto dell’arte italiana anche recente, più focalizzata su una pratica individuale e solitaria. Pur nella differenza dei percorsi personali, e pur non costituendo un “gruppo” definito, gli artisti presenti in DOJO condividono una stessa tensione verso la pratica artistica e simili immaginari di riferimento, rappresentando un’identità unica nella realtà dell’arte italiana degli ultimi anni.
DOJO occuperà spazi diversi di via Ventura, nella zona ex industriale di Milano Lambrate, intervenendo direttamente sul paesaggio urbano e sociale e instaurando un dialogo costante con la dimensione pubblica. La scelta di “mostrarsi” in strada in spazi aperti, al limite tra dimensione pubblica e privata, apre un dialogo con spettatori anche occasionali, innescando una riflessione sui processi della visione, sulle dinamiche dello “spettacolo” nella società contemporanea e sui meccanismi di desiderio e intrattenimento. In quest’area di Milano, un tempo dedicata al lavoro operaio e ora in continua trasformazione, DOJO apparirà come una finestra aperta su un mondo di nuove forme e rapporti, porzione di un imprecisato e incerto futuro.
Non dimenticando una persistente componente emotiva e relazionale, il lavoro di questi artisti si caratterizza per una qualità fondamentalmente “pop” e progressista, rivolta ad interrogare il presente e immaginare scenari politico-sociali, economici ed estetici futuri e a mettere in questione il ruolo dell’arte in una società a venire.
In particolare, la loro ricerca si inserisce nella lunga e importante linea italiana del modernismo, ancora in parte da riscoprire, che va da una certa arte programmata/cinetica e ambientale, agli sviluppi più marcatamente pop e concettuali dell’arte povera, fino alle ricerche della stagione del design e dell’architettura “radical”. Questa eredità viene messa in relazione con quelle che erano le parallele ricerche internazionali di quegli anni e con i più recenti sviluppi emersi soprattutto all’inizio degli anni ‘90 tra arti visive, architettura e design, arrivando a delineare un linguaggio di natura internazionalista ma con una forte peculiarità italiana.
Rifiutando modalità linguistiche più marcatamente descrittive, narrative e vernacolari, questi artisti preferiscono lavorare su una sintesi formale di matrice fondamentalmente astratta. Progettano immagini, forme e situazioni per lo più deboli, flessibili, aperte all’intervento del pubblico, e costruite sul dialogo, lo scambio e la relazione con altri soggetti, ma anche sottilmente enigmatiche ed elusive. Lavorano sul residuo potenziale di forme e immagini, a volte stereotipate, banali, e sulla comunicatività della cultura popolare più attuale, indagandone i processi e rileggendone i codici. Si muovono con facilità in immaginari diversi come quelli del cinema di fantascienza, del fumetto, dei computer-games, della club-culture, dello sport, dello “street-wear”, della musica elettronica, lavorando sulla “personalizzazione” e la “costumizzazione” di simboli, prodotti e strutture della società contemporanea.
DOJO, in giapponese, è la palestra. E’ il luogo dell’esercizio e della pratica, della crescita personale, condotta per lo più in gruppo e attraverso una rigorosa concentrazione e disciplina. Ma DOJO è anche lo spazio simbolico condiviso da sei artisti italiani intorno ai trent’anni. Provenienti da diverse parti d’Italia, si sono incontrati intorno alla metà degli anni ‘90 all’Accademia di Brera di Milano, dove hanno studiato e iniziato a stringere rapporti di collaborazione e ricerca.
Proprio questa volontà di scambio e di lavoro in comune, questa condivisione di percorsi e interessi, è una delle caratteristiche che distingue questi artisti dal resto dell’arte italiana anche recente, più focalizzata su una pratica individuale e solitaria. Pur nella differenza dei percorsi personali, e pur non costituendo un “gruppo” definito, gli artisti presenti in DOJO condividono una stessa tensione verso la pratica artistica e simili immaginari di riferimento, rappresentando un’identità unica nella realtà dell’arte italiana degli ultimi anni.
DOJO occuperà spazi diversi di via Ventura, nella zona ex industriale di Milano Lambrate, intervenendo direttamente sul paesaggio urbano e sociale e instaurando un dialogo costante con la dimensione pubblica. La scelta di “mostrarsi” in strada in spazi aperti, al limite tra dimensione pubblica e privata, apre un dialogo con spettatori anche occasionali, innescando una riflessione sui processi della visione, sulle dinamiche dello “spettacolo” nella società contemporanea e sui meccanismi di desiderio e intrattenimento. In quest’area di Milano, un tempo dedicata al lavoro operaio e ora in continua trasformazione, DOJO apparirà come una finestra aperta su un mondo di nuove forme e rapporti, porzione di un imprecisato e incerto futuro.
Non dimenticando una persistente componente emotiva e relazionale, il lavoro di questi artisti si caratterizza per una qualità fondamentalmente “pop” e progressista, rivolta ad interrogare il presente e immaginare scenari politico-sociali, economici ed estetici futuri e a mettere in questione il ruolo dell’arte in una società a venire.
In particolare, la loro ricerca si inserisce nella lunga e importante linea italiana del modernismo, ancora in parte da riscoprire, che va da una certa arte programmata/cinetica e ambientale, agli sviluppi più marcatamente pop e concettuali dell’arte povera, fino alle ricerche della stagione del design e dell’architettura “radical”. Questa eredità viene messa in relazione con quelle che erano le parallele ricerche internazionali di quegli anni e con i più recenti sviluppi emersi soprattutto all’inizio degli anni ‘90 tra arti visive, architettura e design, arrivando a delineare un linguaggio di natura internazionalista ma con una forte peculiarità italiana.
Rifiutando modalità linguistiche più marcatamente descrittive, narrative e vernacolari, questi artisti preferiscono lavorare su una sintesi formale di matrice fondamentalmente astratta. Progettano immagini, forme e situazioni per lo più deboli, flessibili, aperte all’intervento del pubblico, e costruite sul dialogo, lo scambio e la relazione con altri soggetti, ma anche sottilmente enigmatiche ed elusive. Lavorano sul residuo potenziale di forme e immagini, a volte stereotipate, banali, e sulla comunicatività della cultura popolare più attuale, indagandone i processi e rileggendone i codici. Si muovono con facilità in immaginari diversi come quelli del cinema di fantascienza, del fumetto, dei computer-games, della club-culture, dello sport, dello “street-wear”, della musica elettronica, lavorando sulla “personalizzazione” e la “costumizzazione” di simboli, prodotti e strutture della società contemporanea.
05
maggio 2005
Dojo
Dal 05 maggio al 10 giugno 2005
arte contemporanea
Location
VENTURAXV – EX FAEMA
Milano, Via Giovanni Ventura, 15, (Milano)
Milano, Via Giovanni Ventura, 15, (Milano)
Vernissage
5 Maggio 2005, ore 21
Autore
Curatore