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Domani a Palermo #14 – Per Barclay
Per la sua prima personale a Palermo Per Barclay (Oslo, 1955) ha concepito un lavoro nuovo realizzato nelle stanze di Palazzo Costantino, esemplare architettura barocca nel cuore del centro storico di Palermo.
Comunicato stampa
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Era il 1989 quando per Barclay realizzava la sua prima “oil room” una stanza completamente allagata in cui l’architettura si rispecchiava su una superficie nera e traslucida di olio industriale.
Per la sua prima personale a Palermo Per Barclay (Oslo, 1955) ha concepito un lavoro nuovo realizzato nelle stanze di Palazzo Costantino, esemplare architettura barocca nel cuore del centro storico di Palermo. Per le sue fotografie di ambienti “allagati”, Per Barclay ha sempre scelto accuratamente i luoghi in cui ricreare le sue architetture specchianti: Palazzo Costantino è un luogo-simbolo che racconta la decadenza del centro storico, ma anche il fascino di uno spazio il cui destino è stato segnato dall’abbandono alla fine della Seconda Guerra Mondiale e, come molti palazzi del centro, lasciato all’incuria del tempo.
Il palazzo fu costruito da Giuseppe Merendino su precedenti strutture seicentesche; passato in eredità alla Famiglia Costantino fu oggetto di un’importante ristrutturazione iniziata su un’idea di Andrea Giganti, ma continuata nel 1785 su progetto di Venanzio Marvuglia, con elementi tradizionali del ’700 connessi ad aspetti del nascente stile neoclassico. I Palazzi Di Napoli e Costantino sono due delle più belle dimore di via Maqueda, a ridosso dei Quattro Canti, il centro simbolico e geografico della Città murata. Si tratta di novemila metri quadri complessivi di pura meraviglia con affreschi di grandissimo pregio, scaloni, stanze e cortili mozzafiato. Negli ultimi anni il palazzo, rimasto vuoto ed inutilizzato, è stato depredato di alcune decorazioni, tra cui alcuni preziosi pavimenti maiolicati.
L’intervento artistico di Per Barclay avviene in un momento delicato nella complicatissima vicenda storica di questo complesso architettonico. L’affresco più scenografico è sicuramente il Trionfo di Costantino, opera del pittore siciliano Giuseppe Velasco, realizzato su modello di uno stesso soggetto creato da Giulio Romano nelle stanze vaticane. E’ qui che Per Barclay ha deciso di soffermarsi, costruendo un’immagine in bilico tra controllo, tensione ed equilibrio formale.
Come quasi tutti gli artisti cresciuti nei paesi nordici anche Per Barclay riserva alla luce un’attenzione particolare. Il desiderio di far emergere attraverso liquidi - olio, acqua, sangue e vino allagano installazioni realizzate in ambienti accuratamente scelti - uno stato interiore difficile da rivelare, suggerisce un accostamento, perlomeno formale, tra le composizioni visive create nelle sue fotografie e la grande tradizione fiamminga. Superfici che rimandano ad una realtà riflessa, apparentemente identica eppure differente. «Specchi liquidi - come qualcuno li ha definiti - che riflettono al contrario, che proiettano verso l’alto ma che suscitano il desiderio fortissimo di scoprire le “dimensioni” delle loro profondità» (M. Centonze).
Prima tappa estera di Barclay fu l’Italia, dove si recò per completare gli studi. Interessato alle tendenze concettuali, ha fatto propria una certa influenza dal movimento che alla fine degli anni ’70 dominava ancora la scena italiana: l’Arte Povera. Un aspetto ereditato da questo movimento, che si rivelerà cruciale nel lavoro dell’artista, è il rapporto con il mondo classico. Vivere quotidianamente nelle città italiane, significa vivere a contatto con una bellezza aggressiva proveniente dal passato: una buona parte degli artisti dell’Arte Povera accolsero nella loro opera riferimenti a questo mondo passato e a un tempo presente. A differenza dei poveristi però il lavoro di Barclay assume connotati meno concettuali, mantenendo la preminenza dell’attenzione estetica e il dominio di una tensione formale. La tensione scaturisce dal rapporto tra un’immagine classica, definita e il riflesso che di essa fornisce il materiale riflettente: più inquietante, pericoloso è il materiale (olio industriale, sangue…) più forte è il contrasto tensivo. Non c’è polemica ideologica, solo tensione formale.
In quella che è una delle principali caratteristiche del proprio lavoro, la riflessione per l’appunto, Barclay trasferisce una maggiore quantità di riferimenti rispetto ai poveristi, offrendo opzioni più radicali della mera inclusione della storia nello spessore dello specchio.
Dalla fine degli anni Ottanta, dopo la realizzazione dei primi ambienti allagati, seguiranno opere in differenti parti d’Europa, in luoghi apparentemente slegati tra loro, ma che evidenziano con estrema coerenza alcuni aspetti dell’incedere dell’uomo, nella vita e nel mondo.
Nel tentativo di svelare le specifiche peculiarità -architettoniche e formali- dei diversi ambienti, Per Barclay utilizza tipi diversi di liquidi: l’olio del motore, denso e scuro, ingoia e rende tenebrosi spazi dalla presunta chiarezza formale, mentre l’acqua, seppure torbida, lascia sperare in una estrema trasparenza. I fluidi, olio industriale, sangue, acqua, vino, intervengono sia come elementi di raccordo capaci di estendersi sulle superfici, sia per le loro caratteristiche cromatiche, acqua incolore, olio da motore annerito, sangue porpora, sia per il diverso valore metaforico.
Per ciò che concerne le “oil rooms”, critici, curatori, conservatori, e lo stesso artista, si trovano d’accordo nel distinguere le installazioni vere e proprie dalle fotografie delle medesime. Come ha fatto notare Mariano Navarro, le unisce il fatto che entrambe possono essere osservate unicamente “da un punto di vista esterno”, situato fuori dalla stanza; e se la stanza è inaccessibile per il visitatore, la bidimensionalità della fotografia, provoca lo stesso artificio: osserviamo un luogo, aperto esclusivamente allo sguardo, uno spazio tridimensionale e impenetrabile.
Le fotografie di Barclay non possono essere considerate semplicemente “documenti” delle sue installazioni, esse sono piuttosto degli oggetti che racchiudono la sintesi di una visione nitida ed equilibrata, e al contempo un’ambiguità percettiva provocata dall’inquadratura e dalle caratteristiche del riflesso, che rendono visibili nell’abisso del liquido riflettente ciò che a volte, sulle pareti o sul pavimento, è quasi indistinguibile.
Tuttavia nella fotografia l’olio non ha odore, il sangue non coagula, l’acqua non appanna i vetri evaporando; si intensificano pertanto la lontananza dello sguardo e la freddezza estetica che Barclay persegue. Sono scopi amplificati dalla nitidezza, dalla trasparenza, dalla tersa luminosità e dalla definizione cromatica delle impressioni finali, conferiscono alla fotografia un grado di esistenza intangibile ma allo stesso tempo indiscutibile.
Una rilettura dello spazio barocco e dei suoi artifici, ambienti rigonfi di ornamenti, in cui si moltiplicano i dispositivi dell’illusionismo, in uno spazio che è sempre un recinto chiuso, quasi completamente vuoto. Barclay inserisce una quarta dimensione fluida in un spazio architettonico tridimensionale, restituito poi attraverso la bidimensionalità della fotografia.
Nella sala di Palazzo Costantino, il sottile equilibrio sempre precario tra inquietudine e certezza è esacerbato dallo stato precario di conservazione dell’ambiente. L’olio irrompe come una marea nera riflettendo nel proprio oscuro abisso lo stato dell’imponente affresco della volta, delle pareti dove le stoffe sudice creano moti ondosi di tessuto lacerato. I corpi gonfi di tensione manierista, i muscoli dei destrieri, la concitazione vorticosa della battaglia si immergono nella lastra nera dell’olio e ne vengono inghiottiti.
Angoli conosciuti, che ci vengono restituiti attraverso la percezione capovolta del riflesso. Ritorna il mito di Narciso che si riconosce solo nel riflesso di se stesso. Questo riconoscimento però ha portato all’annientamento: vita e morte separati da un sottile diaframma riflettente. L’uomo non si è reso conto di esistere finché non ha ammirato la sua immagine riflessa. L’immagine riflessa nello specchio, definisce la costituzione del punto in cui si genera l’io, la coscienza di sé e la costituzione del soggetto. Lo specchio mette a nudo la parte in ombra dei soggetti fotografati, anche senza esasperare la concettualità dell’immagine stessa: il reale è reso fantastico dalla visione. Lo specchio, secondo la semiotica e l’estetica delle arti, è inteso non solo, come oggetto che restituisce l’immagine che riflette, ma diviene una sorta di tela che cattura l’immagine per trasportarla in un luogo che rifletterà a sua volta un’altra immagine. Avviene quindi, l’identificazione di un io, e del suo altro che porta allo sdoppiamento tra soggetto reale e la sua immagine ideale. L’utilizzo del riflesso ha permesso la contrapposizione tra l’occhio e lo sguardo, tra il vedere e il comprendere, tra l’esteriorità e l’interiorità nelle sue diverse caratterizzazioni: la psiche, la mente, la spiritualità. Resta la via che ci si presenta davanti con l’apertura di una nuova «porta» sulle «riflessioni». Su ciò che ci conduce in nuovi orizzonti demolendo ciò che diventa «convenzionale» e non più «convinzione».
Il viaggio che Per Barclay ha compiuto a Palermo è stato un continuo attraversamento di luoghi e storie, di immagini e suggestioni, un periodo di residenza che culmina nelle stanze di Palazzo Costantino e si inserisce coerentemente nella line di ricerca che l’artista norvegese conduce da anni. Solo attraverso lo sguardo e la sensibilità propria dell’artista è possibile incidere nella storia secolare di Palermo, e restituire la sua indole contemporanea al domani.
Giovedì 2 Dicembre alle ore 10:30 Per Barclay incontrerà gli studenti dell’Accademia di Belle Arti di Palermo in via Papireto 20 (terzo piano). L’incontro è aperto al pubblico.
La Galleria Francesco Pantaleone desidera ringraziare:
Il Consorzio Obbligatorio degli oli Usati
La Ditta Vincenzo Pecorella http://www.pecorellavincenzo.it/
Il Signor Tornetta
Il Dott. Roberto Bilotti Ruggi D’Aragona e la Dott.ssa Cesira Palmeri
La Galleria Giorgio Persano di Torino
Mario Accornero
Silvio Zamorani Editore
e quanti hanno collaborato alla riuscita del progetto
English
It was back in 1989 when Per Barclay created his first “oil room”, a room completely flooded in which architecture was mirrored on a black, translucent surface of mineral oil.
For his first solo exhibition in Palermo, Per Barclay (Oslo, 1955) has given birth to a new work created in the halls of Palazzo Costantino, a fine example of baroque architecture in the heart of Palermo's old city center. For his photos of "flooded" rooms, Per Barclay has always carefully chosen the places where to create his reflecting architectures: Palazzo Costantino is a symbolic place that tells of the decline of the old city center, but it is also the charm of a space that bears the signs of abandonment at the end of World War II and, like many palazzos in the old city center, has been left to the neglect of time.
The Palazzo was built by Giuseppe Merendino on existing 17th-century structures. Inherited by the Costantino family, it underwent major renovation works started by Andrea Giganti and continued in 1785 according to the plans of Venanzio Marvuglia, which included 18th century traditional elements inspired by the nascent neoclassical style. Palazzo Di Napoli and Palazzo Costantino are two of the most beautiful residences of Via Maqueda, near the Quattro Canti - the Four Corners, namely the symbolic and geographical center of the city inside the walls. They are 9,000 square meters of pure splendor with extraordinary frescoes, monumental stairways, breathtaking halls and courtyards. In recent years the Palazzo, now empty and abandoned, has been stripped of some of its decorations, among which some floors covered with precious majolica tiles.
Per Barclay's artistic creation comes at a delicate moment in the complicated history of this architectural complex. The most scenographic fresco is definitely the Trionfo di Costantino - Constantine's Triumph - by the Sicilian painter Giuseppe Velasco based on a copy of the same subject created by Giulio Romano in the Vatican. This is where Per Barclay has chosen to stop and build an image caught between control, tension and formal balance.
Like almost all the artists born in Scandinavia, Per Barclay too devotes special attention to light. The desire to make an interior mood difficult to reveal come to the surface through a liquid - oil, water, blood and wine that flood the rooms carefully chosen - points to a mainly formal comparison between the visual compositions created in his photos and the great Flemish tradition. Surfaces that refer to a reflected reality, apparently identical yet different. «Liquid mirrors - as someone has defined them - that reflect the opposite, that project upwards but evoke the overwhelming desire to discover the “dimensions” of their depths» (M. Centonze).
The first stage of Barclay's journey abroad was Italy where he completed his studies. Interested in its conceptual trends, he was influenced by the movement, which at the end of the 1970s still prevailed on the Italian scene, namely Arte Povera. One aspect he took from this movement and which will prove to be crucial to his work as artist is the relationship with the classical world. Living every day in Italy's cities means living in contact with an aggressive beauty from the past: many artists of the Arte Povera movement included references to this world of the past and to a present in their works. Unlike the Arte Povera artists, Barclay's work takes on less conceptual traits, maintaining the prominence of aesthetics and domain of formal tension. This tension is the result of the relationship between a well-defined classical image and the reflection that the reflecting material emits: the more disquieting and dangerous the material is (mineral oil, blood...), the greater the tension. There is no contentious ideology, but just formal tension.
Barclay conveys most of his references to Arte Povera in what is one of the main features of his work, namely the reflection, thus offering more radical options of the mere inclusion of history in the depths of the mirror. At the end of the 1980s, after the creation of his first flooded rooms, other works followed in various parts of Europe, in places without any apparent link to one another, but which underscore, with the utmost consistency, some aspects of the walk of humankind through life and the world.
In the effort to reveal specific features - both architectural and formal - of the various rooms, Per Barclay uses different types of liquids: motor oil, both dense and dark, swallows and cloaks in darkness spaces which are supposed to be formally clear, while the water, though turbid, leaves a glimmer of hope in an extreme transparency. Fluids, motor oil, blood, water and wine become uniting elements capable of covering surfaces both due to their chromatic features - water's transparency, the darkness of motor oil, deep red blood - and to their diverse metaphorical value.
As for the “oil rooms”, critics, curators, and the very artist all agree in distinguishing the works proper from their own photos. As Mariano Navarro has pointed out, they all share the fact that both can be observed solely “from external viewpoint” located outside the room. If the room cannot be accessed by visitors, the bidimensionality of photography offers the same result: we look at a place, open only to the eyes, an inaccessible three-dimensional space.
Barclay's photos cannot be simply considered “documents” of his works. They are rather objects that capture the synthesis of a clear and balanced vision and at the same time a perceptive ambiguity caused by the shot and by the characteristics of the reflection, which reveal in the depths of the reflecting liquid what at times is almost indistinguishable on the walls or floors.
However, in photography oil is odorless, blood does not clot, water does not cloud windows as it evaporates, thus intensifying the distance of the vision and aesthetic coldness that Barclay pursues. These goals are amplified by the resolution, transparency, clear luminosity and chromatic definition of the final impressions; they give photography an intangible yet undeniable degree of existence.
A reinterpretation of baroque space and its artifices, rooms with a profusion of decorations in which the contrivances of illusionism are multiplied in a space that is always closed, almost completely empty. Barclay adds a fourth fluid dimension to a 3D architectural space, which is then restored through the bidimensionality of photography.
In the hall of Palazzo Costantino, the fine and always fleeting balance between disquietude and certainty is exacerbated by the room's fleeting state of conservation. The oil bursts in like a black wave reflecting in its dark abyss the conditions of the enormous fresco on the ceiling, of the walls whose filthy fabrics create waves in the torn cloth. The bodies full of mannerist tension, the muscles of the steeds, and the swirling chaos of the battle are immersed and swallowed in the oil's black pane.
Known corners are rendered through the overturned perception of the reflection. It is the return of the myth of Narcissus who recognizes himself only in his own reflection. This act of recognizing has led though to annihilation: life and death separated by a thin reflecting diaphragm. Man did not realize that he existed until he saw his reflected image. The image reflected in the mirror determines the point in which the self, the awareness of the self and creation of the subject are generated. The mirror reveals the shades of the photograph's subjects even without exasperating the conceptual nature of the very image: what is real is made fantastic by vision. The mirror, according to the semiotics and aesthetics of the arts, is not only the object that returns the image that it reflects, but it becomes a sort of canvas that captures the image and takes it to a place, which will reflect another image. There is the identification of a self and of its other that leads to the splitting between the real subject and its ideal image. The use of the reflection has allowed for the confrontation between the eye and vision, between seeing and understanding, between exterior and the interior in its various characterizations: the psyche, the mind, spirituality. It is the path that opens on a new «door» of «reflections». On what leads us to new horizons demolishing what becomes «conventional» and no longer «conviction».
Per Barclay's journey to Palermo has been a never-ending crossing of places and tales, images and sensations, a stay, which has reached its climax in the halls of Palazzo Costantino and fits perfectly into the line of research that this Norwegian artist has been conducting for years. Only through vision and the sensitivity of the artist is it possible to impact Palermo's age-old history and project its contemporary character to the world of tomorrow.
Per la sua prima personale a Palermo Per Barclay (Oslo, 1955) ha concepito un lavoro nuovo realizzato nelle stanze di Palazzo Costantino, esemplare architettura barocca nel cuore del centro storico di Palermo. Per le sue fotografie di ambienti “allagati”, Per Barclay ha sempre scelto accuratamente i luoghi in cui ricreare le sue architetture specchianti: Palazzo Costantino è un luogo-simbolo che racconta la decadenza del centro storico, ma anche il fascino di uno spazio il cui destino è stato segnato dall’abbandono alla fine della Seconda Guerra Mondiale e, come molti palazzi del centro, lasciato all’incuria del tempo.
Il palazzo fu costruito da Giuseppe Merendino su precedenti strutture seicentesche; passato in eredità alla Famiglia Costantino fu oggetto di un’importante ristrutturazione iniziata su un’idea di Andrea Giganti, ma continuata nel 1785 su progetto di Venanzio Marvuglia, con elementi tradizionali del ’700 connessi ad aspetti del nascente stile neoclassico. I Palazzi Di Napoli e Costantino sono due delle più belle dimore di via Maqueda, a ridosso dei Quattro Canti, il centro simbolico e geografico della Città murata. Si tratta di novemila metri quadri complessivi di pura meraviglia con affreschi di grandissimo pregio, scaloni, stanze e cortili mozzafiato. Negli ultimi anni il palazzo, rimasto vuoto ed inutilizzato, è stato depredato di alcune decorazioni, tra cui alcuni preziosi pavimenti maiolicati.
L’intervento artistico di Per Barclay avviene in un momento delicato nella complicatissima vicenda storica di questo complesso architettonico. L’affresco più scenografico è sicuramente il Trionfo di Costantino, opera del pittore siciliano Giuseppe Velasco, realizzato su modello di uno stesso soggetto creato da Giulio Romano nelle stanze vaticane. E’ qui che Per Barclay ha deciso di soffermarsi, costruendo un’immagine in bilico tra controllo, tensione ed equilibrio formale.
Come quasi tutti gli artisti cresciuti nei paesi nordici anche Per Barclay riserva alla luce un’attenzione particolare. Il desiderio di far emergere attraverso liquidi - olio, acqua, sangue e vino allagano installazioni realizzate in ambienti accuratamente scelti - uno stato interiore difficile da rivelare, suggerisce un accostamento, perlomeno formale, tra le composizioni visive create nelle sue fotografie e la grande tradizione fiamminga. Superfici che rimandano ad una realtà riflessa, apparentemente identica eppure differente. «Specchi liquidi - come qualcuno li ha definiti - che riflettono al contrario, che proiettano verso l’alto ma che suscitano il desiderio fortissimo di scoprire le “dimensioni” delle loro profondità» (M. Centonze).
Prima tappa estera di Barclay fu l’Italia, dove si recò per completare gli studi. Interessato alle tendenze concettuali, ha fatto propria una certa influenza dal movimento che alla fine degli anni ’70 dominava ancora la scena italiana: l’Arte Povera. Un aspetto ereditato da questo movimento, che si rivelerà cruciale nel lavoro dell’artista, è il rapporto con il mondo classico. Vivere quotidianamente nelle città italiane, significa vivere a contatto con una bellezza aggressiva proveniente dal passato: una buona parte degli artisti dell’Arte Povera accolsero nella loro opera riferimenti a questo mondo passato e a un tempo presente. A differenza dei poveristi però il lavoro di Barclay assume connotati meno concettuali, mantenendo la preminenza dell’attenzione estetica e il dominio di una tensione formale. La tensione scaturisce dal rapporto tra un’immagine classica, definita e il riflesso che di essa fornisce il materiale riflettente: più inquietante, pericoloso è il materiale (olio industriale, sangue…) più forte è il contrasto tensivo. Non c’è polemica ideologica, solo tensione formale.
In quella che è una delle principali caratteristiche del proprio lavoro, la riflessione per l’appunto, Barclay trasferisce una maggiore quantità di riferimenti rispetto ai poveristi, offrendo opzioni più radicali della mera inclusione della storia nello spessore dello specchio.
Dalla fine degli anni Ottanta, dopo la realizzazione dei primi ambienti allagati, seguiranno opere in differenti parti d’Europa, in luoghi apparentemente slegati tra loro, ma che evidenziano con estrema coerenza alcuni aspetti dell’incedere dell’uomo, nella vita e nel mondo.
Nel tentativo di svelare le specifiche peculiarità -architettoniche e formali- dei diversi ambienti, Per Barclay utilizza tipi diversi di liquidi: l’olio del motore, denso e scuro, ingoia e rende tenebrosi spazi dalla presunta chiarezza formale, mentre l’acqua, seppure torbida, lascia sperare in una estrema trasparenza. I fluidi, olio industriale, sangue, acqua, vino, intervengono sia come elementi di raccordo capaci di estendersi sulle superfici, sia per le loro caratteristiche cromatiche, acqua incolore, olio da motore annerito, sangue porpora, sia per il diverso valore metaforico.
Per ciò che concerne le “oil rooms”, critici, curatori, conservatori, e lo stesso artista, si trovano d’accordo nel distinguere le installazioni vere e proprie dalle fotografie delle medesime. Come ha fatto notare Mariano Navarro, le unisce il fatto che entrambe possono essere osservate unicamente “da un punto di vista esterno”, situato fuori dalla stanza; e se la stanza è inaccessibile per il visitatore, la bidimensionalità della fotografia, provoca lo stesso artificio: osserviamo un luogo, aperto esclusivamente allo sguardo, uno spazio tridimensionale e impenetrabile.
Le fotografie di Barclay non possono essere considerate semplicemente “documenti” delle sue installazioni, esse sono piuttosto degli oggetti che racchiudono la sintesi di una visione nitida ed equilibrata, e al contempo un’ambiguità percettiva provocata dall’inquadratura e dalle caratteristiche del riflesso, che rendono visibili nell’abisso del liquido riflettente ciò che a volte, sulle pareti o sul pavimento, è quasi indistinguibile.
Tuttavia nella fotografia l’olio non ha odore, il sangue non coagula, l’acqua non appanna i vetri evaporando; si intensificano pertanto la lontananza dello sguardo e la freddezza estetica che Barclay persegue. Sono scopi amplificati dalla nitidezza, dalla trasparenza, dalla tersa luminosità e dalla definizione cromatica delle impressioni finali, conferiscono alla fotografia un grado di esistenza intangibile ma allo stesso tempo indiscutibile.
Una rilettura dello spazio barocco e dei suoi artifici, ambienti rigonfi di ornamenti, in cui si moltiplicano i dispositivi dell’illusionismo, in uno spazio che è sempre un recinto chiuso, quasi completamente vuoto. Barclay inserisce una quarta dimensione fluida in un spazio architettonico tridimensionale, restituito poi attraverso la bidimensionalità della fotografia.
Nella sala di Palazzo Costantino, il sottile equilibrio sempre precario tra inquietudine e certezza è esacerbato dallo stato precario di conservazione dell’ambiente. L’olio irrompe come una marea nera riflettendo nel proprio oscuro abisso lo stato dell’imponente affresco della volta, delle pareti dove le stoffe sudice creano moti ondosi di tessuto lacerato. I corpi gonfi di tensione manierista, i muscoli dei destrieri, la concitazione vorticosa della battaglia si immergono nella lastra nera dell’olio e ne vengono inghiottiti.
Angoli conosciuti, che ci vengono restituiti attraverso la percezione capovolta del riflesso. Ritorna il mito di Narciso che si riconosce solo nel riflesso di se stesso. Questo riconoscimento però ha portato all’annientamento: vita e morte separati da un sottile diaframma riflettente. L’uomo non si è reso conto di esistere finché non ha ammirato la sua immagine riflessa. L’immagine riflessa nello specchio, definisce la costituzione del punto in cui si genera l’io, la coscienza di sé e la costituzione del soggetto. Lo specchio mette a nudo la parte in ombra dei soggetti fotografati, anche senza esasperare la concettualità dell’immagine stessa: il reale è reso fantastico dalla visione. Lo specchio, secondo la semiotica e l’estetica delle arti, è inteso non solo, come oggetto che restituisce l’immagine che riflette, ma diviene una sorta di tela che cattura l’immagine per trasportarla in un luogo che rifletterà a sua volta un’altra immagine. Avviene quindi, l’identificazione di un io, e del suo altro che porta allo sdoppiamento tra soggetto reale e la sua immagine ideale. L’utilizzo del riflesso ha permesso la contrapposizione tra l’occhio e lo sguardo, tra il vedere e il comprendere, tra l’esteriorità e l’interiorità nelle sue diverse caratterizzazioni: la psiche, la mente, la spiritualità. Resta la via che ci si presenta davanti con l’apertura di una nuova «porta» sulle «riflessioni». Su ciò che ci conduce in nuovi orizzonti demolendo ciò che diventa «convenzionale» e non più «convinzione».
Il viaggio che Per Barclay ha compiuto a Palermo è stato un continuo attraversamento di luoghi e storie, di immagini e suggestioni, un periodo di residenza che culmina nelle stanze di Palazzo Costantino e si inserisce coerentemente nella line di ricerca che l’artista norvegese conduce da anni. Solo attraverso lo sguardo e la sensibilità propria dell’artista è possibile incidere nella storia secolare di Palermo, e restituire la sua indole contemporanea al domani.
Giovedì 2 Dicembre alle ore 10:30 Per Barclay incontrerà gli studenti dell’Accademia di Belle Arti di Palermo in via Papireto 20 (terzo piano). L’incontro è aperto al pubblico.
La Galleria Francesco Pantaleone desidera ringraziare:
Il Consorzio Obbligatorio degli oli Usati
La Ditta Vincenzo Pecorella http://www.pecorellavincenzo.it/
Il Signor Tornetta
Il Dott. Roberto Bilotti Ruggi D’Aragona e la Dott.ssa Cesira Palmeri
La Galleria Giorgio Persano di Torino
Mario Accornero
Silvio Zamorani Editore
e quanti hanno collaborato alla riuscita del progetto
English
It was back in 1989 when Per Barclay created his first “oil room”, a room completely flooded in which architecture was mirrored on a black, translucent surface of mineral oil.
For his first solo exhibition in Palermo, Per Barclay (Oslo, 1955) has given birth to a new work created in the halls of Palazzo Costantino, a fine example of baroque architecture in the heart of Palermo's old city center. For his photos of "flooded" rooms, Per Barclay has always carefully chosen the places where to create his reflecting architectures: Palazzo Costantino is a symbolic place that tells of the decline of the old city center, but it is also the charm of a space that bears the signs of abandonment at the end of World War II and, like many palazzos in the old city center, has been left to the neglect of time.
The Palazzo was built by Giuseppe Merendino on existing 17th-century structures. Inherited by the Costantino family, it underwent major renovation works started by Andrea Giganti and continued in 1785 according to the plans of Venanzio Marvuglia, which included 18th century traditional elements inspired by the nascent neoclassical style. Palazzo Di Napoli and Palazzo Costantino are two of the most beautiful residences of Via Maqueda, near the Quattro Canti - the Four Corners, namely the symbolic and geographical center of the city inside the walls. They are 9,000 square meters of pure splendor with extraordinary frescoes, monumental stairways, breathtaking halls and courtyards. In recent years the Palazzo, now empty and abandoned, has been stripped of some of its decorations, among which some floors covered with precious majolica tiles.
Per Barclay's artistic creation comes at a delicate moment in the complicated history of this architectural complex. The most scenographic fresco is definitely the Trionfo di Costantino - Constantine's Triumph - by the Sicilian painter Giuseppe Velasco based on a copy of the same subject created by Giulio Romano in the Vatican. This is where Per Barclay has chosen to stop and build an image caught between control, tension and formal balance.
Like almost all the artists born in Scandinavia, Per Barclay too devotes special attention to light. The desire to make an interior mood difficult to reveal come to the surface through a liquid - oil, water, blood and wine that flood the rooms carefully chosen - points to a mainly formal comparison between the visual compositions created in his photos and the great Flemish tradition. Surfaces that refer to a reflected reality, apparently identical yet different. «Liquid mirrors - as someone has defined them - that reflect the opposite, that project upwards but evoke the overwhelming desire to discover the “dimensions” of their depths» (M. Centonze).
The first stage of Barclay's journey abroad was Italy where he completed his studies. Interested in its conceptual trends, he was influenced by the movement, which at the end of the 1970s still prevailed on the Italian scene, namely Arte Povera. One aspect he took from this movement and which will prove to be crucial to his work as artist is the relationship with the classical world. Living every day in Italy's cities means living in contact with an aggressive beauty from the past: many artists of the Arte Povera movement included references to this world of the past and to a present in their works. Unlike the Arte Povera artists, Barclay's work takes on less conceptual traits, maintaining the prominence of aesthetics and domain of formal tension. This tension is the result of the relationship between a well-defined classical image and the reflection that the reflecting material emits: the more disquieting and dangerous the material is (mineral oil, blood...), the greater the tension. There is no contentious ideology, but just formal tension.
Barclay conveys most of his references to Arte Povera in what is one of the main features of his work, namely the reflection, thus offering more radical options of the mere inclusion of history in the depths of the mirror. At the end of the 1980s, after the creation of his first flooded rooms, other works followed in various parts of Europe, in places without any apparent link to one another, but which underscore, with the utmost consistency, some aspects of the walk of humankind through life and the world.
In the effort to reveal specific features - both architectural and formal - of the various rooms, Per Barclay uses different types of liquids: motor oil, both dense and dark, swallows and cloaks in darkness spaces which are supposed to be formally clear, while the water, though turbid, leaves a glimmer of hope in an extreme transparency. Fluids, motor oil, blood, water and wine become uniting elements capable of covering surfaces both due to their chromatic features - water's transparency, the darkness of motor oil, deep red blood - and to their diverse metaphorical value.
As for the “oil rooms”, critics, curators, and the very artist all agree in distinguishing the works proper from their own photos. As Mariano Navarro has pointed out, they all share the fact that both can be observed solely “from external viewpoint” located outside the room. If the room cannot be accessed by visitors, the bidimensionality of photography offers the same result: we look at a place, open only to the eyes, an inaccessible three-dimensional space.
Barclay's photos cannot be simply considered “documents” of his works. They are rather objects that capture the synthesis of a clear and balanced vision and at the same time a perceptive ambiguity caused by the shot and by the characteristics of the reflection, which reveal in the depths of the reflecting liquid what at times is almost indistinguishable on the walls or floors.
However, in photography oil is odorless, blood does not clot, water does not cloud windows as it evaporates, thus intensifying the distance of the vision and aesthetic coldness that Barclay pursues. These goals are amplified by the resolution, transparency, clear luminosity and chromatic definition of the final impressions; they give photography an intangible yet undeniable degree of existence.
A reinterpretation of baroque space and its artifices, rooms with a profusion of decorations in which the contrivances of illusionism are multiplied in a space that is always closed, almost completely empty. Barclay adds a fourth fluid dimension to a 3D architectural space, which is then restored through the bidimensionality of photography.
In the hall of Palazzo Costantino, the fine and always fleeting balance between disquietude and certainty is exacerbated by the room's fleeting state of conservation. The oil bursts in like a black wave reflecting in its dark abyss the conditions of the enormous fresco on the ceiling, of the walls whose filthy fabrics create waves in the torn cloth. The bodies full of mannerist tension, the muscles of the steeds, and the swirling chaos of the battle are immersed and swallowed in the oil's black pane.
Known corners are rendered through the overturned perception of the reflection. It is the return of the myth of Narcissus who recognizes himself only in his own reflection. This act of recognizing has led though to annihilation: life and death separated by a thin reflecting diaphragm. Man did not realize that he existed until he saw his reflected image. The image reflected in the mirror determines the point in which the self, the awareness of the self and creation of the subject are generated. The mirror reveals the shades of the photograph's subjects even without exasperating the conceptual nature of the very image: what is real is made fantastic by vision. The mirror, according to the semiotics and aesthetics of the arts, is not only the object that returns the image that it reflects, but it becomes a sort of canvas that captures the image and takes it to a place, which will reflect another image. There is the identification of a self and of its other that leads to the splitting between the real subject and its ideal image. The use of the reflection has allowed for the confrontation between the eye and vision, between seeing and understanding, between exterior and the interior in its various characterizations: the psyche, the mind, spirituality. It is the path that opens on a new «door» of «reflections». On what leads us to new horizons demolishing what becomes «conventional» and no longer «conviction».
Per Barclay's journey to Palermo has been a never-ending crossing of places and tales, images and sensations, a stay, which has reached its climax in the halls of Palazzo Costantino and fits perfectly into the line of research that this Norwegian artist has been conducting for years. Only through vision and the sensitivity of the artist is it possible to impact Palermo's age-old history and project its contemporary character to the world of tomorrow.
04
dicembre 2010
Domani a Palermo #14 – Per Barclay
Dal 04 dicembre 2010 al 04 febbraio 2011
arte contemporanea
Location
FRANCESCO PANTALEONE ARTECONTEMPORANEA (sede chiusa)
Palermo, Piazzetta Garraffello, 25, (Palermo)
Palermo, Piazzetta Garraffello, 25, (Palermo)
Orario di apertura
il giovedì dalle 16:00 alle 20:00 gli altri giorni su appuntamento chiuso 1-31 agosto
Vernissage
4 Dicembre 2010, dalle 19:00 alle 21:00
Autore
Curatore