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Domenico Gentile – Visioni
Nella mostra “Visioni” dell’artista Domenico Gentile (Salerno 1933 – Asola 2017), saranno presentate oltre trenta dipinti che ripercorrono i principali momenti creativi dell’artista.
Comunicato stampa
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Dal 28 ottobre al 16 novembre 2017 la Galleria Arianna Sartori di Mantova nella sede di Via Ippolito Nievo 10, ospiterà la mostra “Visioni” dell’artista Domenico Gentile (Salerno 1933 – Asola 2017), in cui verranno presen-tate oltre trenta dipinti che ripercorrono i principali momenti creativi dell’artista.
L’inaugurazione della mostra, che si svolgerà Sabato 28 ottobre alle ore 17.00, sarà animata dalla esibizione del quartetto swing “Gipsy Club” e dai “Gusti&Sapori” di Paolo Brunetti.
https://www.facebook.com/gypsyclubmusic/,
https://www.facebook.com/Brunettino-LAperitivo/
Domenico Gentile nasce a Salerno nel 1933 e della sua terra manterrà l’accento, l’amore per la luce e il colore, la vo-cazione a sdrammatizzare ogni accadimento, il fatalismo e, forse, un pizzico di superstizione. Per il resto sceglierà Man-tova, per viverci, per lavorare, per radicarsi come uomo e come artista. Una scelta alla lunga deleteria per le sue artico-lazioni e cartilagini, ma di certo fortemente voluta e cercata, in nome di quella temperie culturale che negli anni sessan-ta si era creata nella nostra città, per quella vivacità di pensiero che si respirava nella “mitica” Libreria Greco, animata da personalità di spicco quali Francesco Baratta, Mario e Umberto Artioli, Renzo Margonari, ecc. presenze stimolanti che si aggiungevano alle frequentazioni prepadane di Alfonso Gatto e Filiberto Menna, a completare una formazione culturale di ampio respiro, ad acuire una sensibilità ormai pienamente votata alla ricerca pittorica. I frutti di questa atti-vità instancabile, condotta per oltre cinquant’anni, sono in minime parte rappresentati in questa mostra che la Galleria Arianna Sartori ha voluto dedicare a Domenico Gentile, a pochi mesi dalla sua scomparsa, mantovano per scelta e arti-sta per vocazione, una delle voci più singolari e propositive del dopoguerra. (Paolo Gianolio)
«Gentile, salernitano, pittore di amorevolmente coltivata estrazione figurativo-paesaggistica, vive da vari anni nel Nord; molti degli scritti cui ho accennato si soffermano su di una trasformazione dei dipinti (av-venuta con il cambiamento di vita) troppo caratteristica perché sia casuale. Quindi ipotizzano l’influenza su di lui dell’ambiente nuovo, con i problemi che sono propri delle zone passate dall’economia di mercato a quella industriale e divenute ricche più di quanto altrove si supponga. Ha l’effetto di una frustata il passare dall’una all’altra parte, anche per un uomo di impegno culturale com’è il Gentile, e certamente mette in moto meccanismi prima a riposo. A questo proposito si parla di ironia, e a me sembra invece che ci sia dell’altro, più profondo e dolente. L’ironia morde e graffia; ma la pittura di Gentile si è tuffata nelle cose annullando i piani prospettici, come per un bisogno di solitudine, per un’algìa, che è dolore, del nesto, cioè del ritorno: non una banale nostalgia di sole e mare, ma quella delle cose irrimediabilmente perdute perché si sono cambiati gli occhi, e mai più si potranno rivedere nello stesso modo, anche ritornando tra le stesse mura, i medesimi profumi, l’uguale accento di quel musicale “parlato”. Con molta cautela (perché il trasferimento comporta cambiamento di cultura, non acquisizione), parlerei di perdita d’innocenza; che è un fatto doloroso, lo si veda come si vuole.
Ed ecco le coincidenze sulla pittura: c’era un libero girovagare tra aperture naturalistiche e prospettive urbane, nei cantieri, sui moli e nelle darsene.
Un guardare curioso, non troppo preoccupato delle correnti estetiche cui aderire, anzi spontaneo e attento all’espressione delle cose; un’idea del colore incline alla monocromia, con vibrazioni tonalistiche contenute; un’attenta scansione dei piani e un’accurata resa delle profondità e degli spazi.
Assenti i particolari, quasi assente la figura umana.
Ci si ritrova, da questo versante del tempo, con tele ingrandite di due – tre volte le precedenti e traboccanti di un unico oggetto moltiplicato all’infinito: un oggetto insignificante come un fungo, un mozzicone di sigaretta, un ingranaggio, una scatola, un frammento di carta straccia, un palloncino, un cono di gelato, una moneta, una busta, un’ancia di organo o una bolla di sapone. Già a ripeterne l’elenco mi sembra di provocare un’ossessione, e non mi pare discutibile che il ritmo delle composizioni, impostato sulla moltiplicazione senza fine di ciascun oggetto, non voglia arrivare a esasperare quell’ossessione. Qui il discorso può spostarsi sull’etica che conduce a questo: altro fatto di cui non riesco a dubitare, tanto più che l’essere, ognuna di tali composizioni, opera aperta, proseguibile all’infinito, possiede le connotazioni del grido. Ma la pittura, prima di tutto, è superficie e colore, un tessuto sul quale Domenico Gentile, si può permettere di far dimenticare le ipotizzate ossessioni, ritornando agli sfumati minimi, alle luci imminenti che non concedono spazio all’ombra, come rifiutano i bagliori: è un ab-bandonarsi al ritmo delle forme, dimenticandole perché sono tutte uguali; un perdersi nei suoi diafani “Cieli dell’impossibile”».
Ennio Pouchard, da “L’Umanità”, 12 febbraio 1987
L’inaugurazione della mostra, che si svolgerà Sabato 28 ottobre alle ore 17.00, sarà animata dalla esibizione del quartetto swing “Gipsy Club” e dai “Gusti&Sapori” di Paolo Brunetti.
https://www.facebook.com/gypsyclubmusic/,
https://www.facebook.com/Brunettino-LAperitivo/
Domenico Gentile nasce a Salerno nel 1933 e della sua terra manterrà l’accento, l’amore per la luce e il colore, la vo-cazione a sdrammatizzare ogni accadimento, il fatalismo e, forse, un pizzico di superstizione. Per il resto sceglierà Man-tova, per viverci, per lavorare, per radicarsi come uomo e come artista. Una scelta alla lunga deleteria per le sue artico-lazioni e cartilagini, ma di certo fortemente voluta e cercata, in nome di quella temperie culturale che negli anni sessan-ta si era creata nella nostra città, per quella vivacità di pensiero che si respirava nella “mitica” Libreria Greco, animata da personalità di spicco quali Francesco Baratta, Mario e Umberto Artioli, Renzo Margonari, ecc. presenze stimolanti che si aggiungevano alle frequentazioni prepadane di Alfonso Gatto e Filiberto Menna, a completare una formazione culturale di ampio respiro, ad acuire una sensibilità ormai pienamente votata alla ricerca pittorica. I frutti di questa atti-vità instancabile, condotta per oltre cinquant’anni, sono in minime parte rappresentati in questa mostra che la Galleria Arianna Sartori ha voluto dedicare a Domenico Gentile, a pochi mesi dalla sua scomparsa, mantovano per scelta e arti-sta per vocazione, una delle voci più singolari e propositive del dopoguerra. (Paolo Gianolio)
«Gentile, salernitano, pittore di amorevolmente coltivata estrazione figurativo-paesaggistica, vive da vari anni nel Nord; molti degli scritti cui ho accennato si soffermano su di una trasformazione dei dipinti (av-venuta con il cambiamento di vita) troppo caratteristica perché sia casuale. Quindi ipotizzano l’influenza su di lui dell’ambiente nuovo, con i problemi che sono propri delle zone passate dall’economia di mercato a quella industriale e divenute ricche più di quanto altrove si supponga. Ha l’effetto di una frustata il passare dall’una all’altra parte, anche per un uomo di impegno culturale com’è il Gentile, e certamente mette in moto meccanismi prima a riposo. A questo proposito si parla di ironia, e a me sembra invece che ci sia dell’altro, più profondo e dolente. L’ironia morde e graffia; ma la pittura di Gentile si è tuffata nelle cose annullando i piani prospettici, come per un bisogno di solitudine, per un’algìa, che è dolore, del nesto, cioè del ritorno: non una banale nostalgia di sole e mare, ma quella delle cose irrimediabilmente perdute perché si sono cambiati gli occhi, e mai più si potranno rivedere nello stesso modo, anche ritornando tra le stesse mura, i medesimi profumi, l’uguale accento di quel musicale “parlato”. Con molta cautela (perché il trasferimento comporta cambiamento di cultura, non acquisizione), parlerei di perdita d’innocenza; che è un fatto doloroso, lo si veda come si vuole.
Ed ecco le coincidenze sulla pittura: c’era un libero girovagare tra aperture naturalistiche e prospettive urbane, nei cantieri, sui moli e nelle darsene.
Un guardare curioso, non troppo preoccupato delle correnti estetiche cui aderire, anzi spontaneo e attento all’espressione delle cose; un’idea del colore incline alla monocromia, con vibrazioni tonalistiche contenute; un’attenta scansione dei piani e un’accurata resa delle profondità e degli spazi.
Assenti i particolari, quasi assente la figura umana.
Ci si ritrova, da questo versante del tempo, con tele ingrandite di due – tre volte le precedenti e traboccanti di un unico oggetto moltiplicato all’infinito: un oggetto insignificante come un fungo, un mozzicone di sigaretta, un ingranaggio, una scatola, un frammento di carta straccia, un palloncino, un cono di gelato, una moneta, una busta, un’ancia di organo o una bolla di sapone. Già a ripeterne l’elenco mi sembra di provocare un’ossessione, e non mi pare discutibile che il ritmo delle composizioni, impostato sulla moltiplicazione senza fine di ciascun oggetto, non voglia arrivare a esasperare quell’ossessione. Qui il discorso può spostarsi sull’etica che conduce a questo: altro fatto di cui non riesco a dubitare, tanto più che l’essere, ognuna di tali composizioni, opera aperta, proseguibile all’infinito, possiede le connotazioni del grido. Ma la pittura, prima di tutto, è superficie e colore, un tessuto sul quale Domenico Gentile, si può permettere di far dimenticare le ipotizzate ossessioni, ritornando agli sfumati minimi, alle luci imminenti che non concedono spazio all’ombra, come rifiutano i bagliori: è un ab-bandonarsi al ritmo delle forme, dimenticandole perché sono tutte uguali; un perdersi nei suoi diafani “Cieli dell’impossibile”».
Ennio Pouchard, da “L’Umanità”, 12 febbraio 1987
28
ottobre 2017
Domenico Gentile – Visioni
Dal 28 ottobre al 16 novembre 2017
arte moderna e contemporanea
Location
GALLERIA ARIANNA SARTORI
Mantova, Via Cappello, 17 , (Mantova)
Mantova, Via Cappello, 17 , (Mantova)
Orario di apertura
dal Lunedì al Sabato 10.00-12.30 / 15.30-19.30. Chiuso festivi.
Vernissage
28 Ottobre 2017, ore 17.00
Autore
Curatore