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Dona Jalufka / Paula Metallo – Mogli e buoi…
Non è la prima volta che Dona Jalufka e Paula Metallo mescolano i loro sguardi per cercare di raccontare il mondo che ci circonda. I loro sguardi sono quelli di chi si è trovato a convivere con le attenzioni, a volte morbose, di coloro che non vogliono capire il desiderio di fondersi con i luoghi…
Comunicato stampa
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La relazione è la protagonista di questo racconto a due che si dipana in una serie di sguardi sempre più ravvicinati al tema cogente dell'integrazione di culture. Passato /presente, uomo /donna, maschile/femminile, aggregazione/disgregazione, lontananza/vicinanza e un'altra infinità di varianti come pubblico/privato, tradizione/modernità vengono via via indagate a volte con leggerezza, a volte con ficcante determinazione a cercare di infrangere confini, eliminare frontiere.
Non è la prima volta che Dona Jalufka e Paula Metallo mescolano i loro sguardi per cercare di raccontare il mondo che ci circonda. Come ne I nutrimenti terrestri, dove André Gide dà vita al dibattito, sempre attuale, tra la storia e l'uomo, invitandoci ad abbandonare idee preconcette per riappropriarci della vita nel suo fluire naturale e a ribellarci a ogni forma di tradizione “forzata”, a ogni cecità ideologica e religiosa, così il lavoro site specific delle due artiste guida il nostro sguardo alla riflessione e a educare la nostra sensibilità.
I loro sguardi sono quelli di chi si è trovato a convivere con le attenzioni, a volte morbose, di coloro che non vogliono capire il desiderio di fondersi con i luoghi cercati e amati da lontano. Che siano stati raggiunti per lavoro o per amore, poco importa.
Il loro punto di partenza è un proverbio italiano che ribadisce il precetto patriarcale di tenere uniti il luogo di lavoro con la creazione autoctona della famiglia. Proverbio che possiamo assimilare ad altri presenti nella lingua inglese, come get to know the birds in your own backyard1, o in francese marie-toi devant ta porte avec quelqu'un de ta sorte2, o meglio prend ta femme dans ton village et les boeufs dans le voisinage3, o in tedesco bleibe im Lande und nähre dich redlich4. Addirittura, nella declinazione in lingua tedesca, l'aggettivo finale aggiunge il concetto che la vicinanza delle persone ai luoghi porta sincerità al rapporto.
I lavori presentati da Paula Metallo sono collegati tra loro sintatticamente in un linguaggio complesso, che prevede mezzi espressivi apparentemente distanti, ma che è totalmente coerente. L'impronta stilistica rivela, infatti, la discendenza prolifica dall'arte del Rauschenberg degli anni '80/'90 che, a sua volta, traeva linfa vitale dalla realtà americana. Qui gli objets trouvés si fondono invece a narrare il paesaggio del territorio marchigiano. Territorio imbevuto di cultura contadina, ma anche ricco di esperienze artistiche storicamente radicate, che portano Paula Metallo ad analizzare “lo sguardo” di Piero della Francesca posato sulle colline urbinati attraverso gli occhi dei Duchi di Montefeltro e a riportarne a noi le suggestioni.
Sempre Rauschenberg, durante un'intervista concessa ad Alain Sayag (1981), notò di avere avuto le sue esperienze più importanti in un paese straniero quando scoprì di essersi smarrito, “poiché è quando ti perdi che guardi più intensamente”. Così il lavoro di Dona Jalufka, artista di origini texane, che ha sempre mescolato fotografia, pittura e installazioni, evidenzia con questo continuo cambio di pelle la sua capacità di reintrepretare metaforicamente il reale. La sua indagine segue vari momenti della vita contadina: il lavoro, la preghiera, la festa, la morte. Restiamo affascinati dalle luci catturate sul campo innevato, percorriamo lo skyline delle colline e poi, con uno scarto improvviso, come con una lente d'ingrandimento, ci troviamo vicino, vicino alle teste degli animali di cui Dona Jalufka dà una visione spaesante e affettuosa allo stesso tempo. Ci piace pensare che, abbandonata la macchina fotografica per un attimo, la mano abbia percorso il grosso capo degli animali e le dita saggiato le loro setole dure. In ogni caso è questo che il nostro occhio è invitato a fare, il bue non più come un mero strumento, una merce di scambio, il prezzo di una dote, ma un mite, addomesticato compagno nel duro lavoro dei campi.
Con un altro cambio di passo Dona Jalufka ci riporta al tema di un'altra relazione: tra i luoghi e la “donna della vita”, ovvero la moglie scelta per continuare la stirpe. Le donne, in un passato non molto lontano, erano il centro della famiglia, pilastri dell'economia rurale, ma quasi sempre lavoratrici invisibili, impegnate in tutte le attività, dalla cura del bestiame ai lavori agricoli, alla crescita dei figli. Donne anche molto limitate dalle norme della tradizione e dalla paura di entrare in conflitto con la cultura di origine. A differenza del passato, oggi, in un mondo in cui i diritti le sono riconosciuti, la donna può rivendicare la propria identità e il proprio spazio. Non teme più di essere “messa al bando”, criticata pubblicamente per le sue scelte indipendenti. Con un ribaltamento spaesante, ma efficace, Dona Jalufka porta il corpo della donna ad appropiarsi dei luoghi identificandosi con il profilo delle colline o delle linee dei campi. Donna qualunque quindi, non dea o ninfa o leggendaria profetessa, come era abitudine ricordarla, fin dall'antichità tra le montagne marchigiane per eccellenza, i Monti Sibillini. Donna che oggi dichiara il suo essere “femminile” e non si accontenta come accadeva nel secolo scorso di essere celebrata solo come “pupa del biroccio” accettando i colori forti dei pittori popolari e sopportando le altrettanto forti battute salaci di chi, vedendola passare per strada proprio alla guida del biroccio, cercava di sminuire le sue capacità e le sue iniziative indipendenti. La maggior parte di quelle donne che fino al secolo scorso si erano sposate attraverso l'intermediazione di un sensale, oggi liberano le proprie scelte, condividono spazi, luoghi, pensieri, decisioni e progetti con il loro compagno. Paula Metallo con una mirabile invenzione, al limite del fantasy game, trasforma con leggerezza proprio quel carro, il biroccio del matrimonio allestito per il primo viaggio della donna verso la casa dello sposo, divenuto un lievissimo carro di velo dipinto.
Le due artiste si sono messe in gioco nel lavoro come nella vita, per loro sposare un'altra cultura è stata una scelta, non un destino.
1Conosci gli uccelli del tuo orto.
2Sposa chi abita vicino ed è del tuo livello.
3Prendi moglie nel tuo villaggio e i buoi in zona.
4Rimani nel tuo paese con vicini sinceri
Non è la prima volta che Dona Jalufka e Paula Metallo mescolano i loro sguardi per cercare di raccontare il mondo che ci circonda. Come ne I nutrimenti terrestri, dove André Gide dà vita al dibattito, sempre attuale, tra la storia e l'uomo, invitandoci ad abbandonare idee preconcette per riappropriarci della vita nel suo fluire naturale e a ribellarci a ogni forma di tradizione “forzata”, a ogni cecità ideologica e religiosa, così il lavoro site specific delle due artiste guida il nostro sguardo alla riflessione e a educare la nostra sensibilità.
I loro sguardi sono quelli di chi si è trovato a convivere con le attenzioni, a volte morbose, di coloro che non vogliono capire il desiderio di fondersi con i luoghi cercati e amati da lontano. Che siano stati raggiunti per lavoro o per amore, poco importa.
Il loro punto di partenza è un proverbio italiano che ribadisce il precetto patriarcale di tenere uniti il luogo di lavoro con la creazione autoctona della famiglia. Proverbio che possiamo assimilare ad altri presenti nella lingua inglese, come get to know the birds in your own backyard1, o in francese marie-toi devant ta porte avec quelqu'un de ta sorte2, o meglio prend ta femme dans ton village et les boeufs dans le voisinage3, o in tedesco bleibe im Lande und nähre dich redlich4. Addirittura, nella declinazione in lingua tedesca, l'aggettivo finale aggiunge il concetto che la vicinanza delle persone ai luoghi porta sincerità al rapporto.
I lavori presentati da Paula Metallo sono collegati tra loro sintatticamente in un linguaggio complesso, che prevede mezzi espressivi apparentemente distanti, ma che è totalmente coerente. L'impronta stilistica rivela, infatti, la discendenza prolifica dall'arte del Rauschenberg degli anni '80/'90 che, a sua volta, traeva linfa vitale dalla realtà americana. Qui gli objets trouvés si fondono invece a narrare il paesaggio del territorio marchigiano. Territorio imbevuto di cultura contadina, ma anche ricco di esperienze artistiche storicamente radicate, che portano Paula Metallo ad analizzare “lo sguardo” di Piero della Francesca posato sulle colline urbinati attraverso gli occhi dei Duchi di Montefeltro e a riportarne a noi le suggestioni.
Sempre Rauschenberg, durante un'intervista concessa ad Alain Sayag (1981), notò di avere avuto le sue esperienze più importanti in un paese straniero quando scoprì di essersi smarrito, “poiché è quando ti perdi che guardi più intensamente”. Così il lavoro di Dona Jalufka, artista di origini texane, che ha sempre mescolato fotografia, pittura e installazioni, evidenzia con questo continuo cambio di pelle la sua capacità di reintrepretare metaforicamente il reale. La sua indagine segue vari momenti della vita contadina: il lavoro, la preghiera, la festa, la morte. Restiamo affascinati dalle luci catturate sul campo innevato, percorriamo lo skyline delle colline e poi, con uno scarto improvviso, come con una lente d'ingrandimento, ci troviamo vicino, vicino alle teste degli animali di cui Dona Jalufka dà una visione spaesante e affettuosa allo stesso tempo. Ci piace pensare che, abbandonata la macchina fotografica per un attimo, la mano abbia percorso il grosso capo degli animali e le dita saggiato le loro setole dure. In ogni caso è questo che il nostro occhio è invitato a fare, il bue non più come un mero strumento, una merce di scambio, il prezzo di una dote, ma un mite, addomesticato compagno nel duro lavoro dei campi.
Con un altro cambio di passo Dona Jalufka ci riporta al tema di un'altra relazione: tra i luoghi e la “donna della vita”, ovvero la moglie scelta per continuare la stirpe. Le donne, in un passato non molto lontano, erano il centro della famiglia, pilastri dell'economia rurale, ma quasi sempre lavoratrici invisibili, impegnate in tutte le attività, dalla cura del bestiame ai lavori agricoli, alla crescita dei figli. Donne anche molto limitate dalle norme della tradizione e dalla paura di entrare in conflitto con la cultura di origine. A differenza del passato, oggi, in un mondo in cui i diritti le sono riconosciuti, la donna può rivendicare la propria identità e il proprio spazio. Non teme più di essere “messa al bando”, criticata pubblicamente per le sue scelte indipendenti. Con un ribaltamento spaesante, ma efficace, Dona Jalufka porta il corpo della donna ad appropiarsi dei luoghi identificandosi con il profilo delle colline o delle linee dei campi. Donna qualunque quindi, non dea o ninfa o leggendaria profetessa, come era abitudine ricordarla, fin dall'antichità tra le montagne marchigiane per eccellenza, i Monti Sibillini. Donna che oggi dichiara il suo essere “femminile” e non si accontenta come accadeva nel secolo scorso di essere celebrata solo come “pupa del biroccio” accettando i colori forti dei pittori popolari e sopportando le altrettanto forti battute salaci di chi, vedendola passare per strada proprio alla guida del biroccio, cercava di sminuire le sue capacità e le sue iniziative indipendenti. La maggior parte di quelle donne che fino al secolo scorso si erano sposate attraverso l'intermediazione di un sensale, oggi liberano le proprie scelte, condividono spazi, luoghi, pensieri, decisioni e progetti con il loro compagno. Paula Metallo con una mirabile invenzione, al limite del fantasy game, trasforma con leggerezza proprio quel carro, il biroccio del matrimonio allestito per il primo viaggio della donna verso la casa dello sposo, divenuto un lievissimo carro di velo dipinto.
Le due artiste si sono messe in gioco nel lavoro come nella vita, per loro sposare un'altra cultura è stata una scelta, non un destino.
1Conosci gli uccelli del tuo orto.
2Sposa chi abita vicino ed è del tuo livello.
3Prendi moglie nel tuo villaggio e i buoi in zona.
4Rimani nel tuo paese con vicini sinceri
23
maggio 2015
Dona Jalufka / Paula Metallo – Mogli e buoi…
Dal 23 maggio all'otto giugno 2015
arte contemporanea
Location
SPAZIO LAVI’!
Sarnano, Via Roma, 8, (Macerata)
Sarnano, Via Roma, 8, (Macerata)
Orario di apertura
da lunedì a domenica 17.30 - 19.30 e su appuntamento
Vernissage
23 Maggio 2015, 18.00
Autore
Curatore