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Dora Tass / Hans-Hermann Koopmann – La caduta degli Dei
Doppia personale
Comunicato stampa
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Dora Tass, presentata da Enrica Torelli Ladini, espone un grande Libro-ambiente, “Iperlibro” come esempio di una nuova linea espressiva che vede l'estensione ambientale del concetto di libro, divenuto installazione o grande struttura plastico simbolica, e simultaneamente una serie di grandi “Dollari” di piombo.
Per questa occasione ha concepito un' installazione site specific dal titolo "La caduta degli Dei". Il lavoro di Dora Tass in questi ultimi anni si indirizza verso elementi tridimensionali ma che della tridimensionalità non contengono la pesantezza e la volumetria. Sono oggetti - come i libri, ma anche i dollari e le graffiature di enormi alberi - che sono conosciuti per antonomasia come tridimensionali, ma che l'artista rende in modo quasi bidimensionale con un'attenzione alla leggerezza e al vuoto che prende il posto del pieno. Una ricerca spaziale dunque che non risulta né fredda né tanto meno invasiva.
Per l' inaugurazione l'artista multimediale Hans - Hermann Koopmann presenta la video installazione Holy Cattle and the Sea (5 min, loop) della serie into the white open in una sala che ospita una “antica copia”, forse proveniente dal laboratorio del Canova, di un fregio del Partenone. I motivi rupestri creano una connessione con le vacche sacre dell’installazione: presenze animali scorrono da un lato all’altro dello spazio, segnano un movimento, uno sforzo vitalistico e istintivo. Segnano il tempo, in una dimensione che pare rallentare la scansione temporale della trascorrenza. Il bianco annulla il vasto corpus dei colori, costringe lo spettatore a una semplificazione, allo sguardo più acuto sulla realtà. L’artista invita a entrare nella vastità archetipale dell’allusione, nella forza evocativa di un immenso bianco aperto, che lascia ai fruitori la responsabilità di interpretare e la libertà di creare connessioni. Testo critico di Mauro Zanchi.
DORA TASS
Nasce a Roma dove risiede, si è laureata all'Università " La Sapienza" con una tesi in "Antropologia Culturale" e ha in seguito frequentato i corsi di pittura presso l'Accademia di Belle Arti di Roma. Dal 1998 ha tenuto varie personali in questa città e ha partecipato a collettive e Fiere d'Arte in Italia a Berlino e a Miami. Il suo lavoro, legato alla semiologia del metallo e della scrittura, è stato documentato da due differenti trasmissioni televisive su Rai Tre, programma Art News rubrica "Making Of", e Rai Uno, Magazzini Einstein Rai Educational 2008; e ad esso si sono interessati, con presentazioni critiche, Mirella Bentivoglio,Enrica Torelli Landini, Paolo Tesi. Il suo Iperlibro metallico, alto m. 3,60 è in esposizione permanente presso la nuova biblioteca comunale San Giorgio, Pistoia, della cui raccolta fa parte.
H-H. KOOPMANN
Nasce a Varel in Germania nel 1961 e studia a Berlino. Artista multimediale, dal 1999 vive e lavora in Italia. Numerose le mostre sia personali sia collettive in Italia e all’estero, tra le più recenti La memoria dell’acqua nei musei di Argenta di Ferrara e 70% acqua- Videoinstallazioni a San Casciano dei Bagni. La videoinstallazione into the white open ha partecipato nel novembre 2008 alla mostra internazionale ZeitRaumZeit alla k-Haus di Vienna. Lavori di Koopmann si trovano presso collezionisti privati in Germania, Italia, Francia, Gran Bretagna, Olanda, Svizzera, Iran e Stati Uniti.
WEB: www.hhkoopmann.com
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Testo critico di Enrica Torelli Landini per Dora Tass
«Lo studio delle forme è studio delle trasformazioni» (Goethe)
Un libro dalle pagine alte quasi quattro metri e larghe oltre due; ogni pagina racchiude immagini colorate diverse tra loro.
I contenuti figurativi più affascinanti di queste pagine sono i monumenti della imponente villa romana suburbana dove l’Iperlibro si colloca; ma, se le “porte della percezione” si spostano, anche di un sol metro, ecco che la pagina offre l’immagine di uno spazio quasi senza limiti, frenato lievemente dai colli Albani in lontananza e da un più ravvicinato blocco di case moderne.
Si capisce allora che un gigantesco libro, che inizialmente poteva anche identificarsi con un libro di favole, è invece il prodotto di uno studio di tipo “brunelleschiano” sulle proporzioni della percezione, “stampato” appositamente nelle misure adattabili allo spazio di quel colle gentile, di quel colle ombroso di vecchie rovine.
C’ è ancora da osservare la dicotomia fra immagine e rispecchiamento, fra immagine e svuotamento.
Se la pagina ci offre un panorama autentico (mai realismo fu più reale di questo), il costolone che sorregge e racchiude la brossura delle pagine, che è realizzato in acciaio a specchio, riflette invece un brano di panorama che si trova alle spalle o a fianco del lettore-osservatore.
Questo è appunto, al di là dell’operazione quasi-ingegneristica osservata prima, l’aspetto più intrigante che Dora Tass ha saputo infondere a questa splendida scultura-immagine spaziale.
L’altro aspetto, quello dello svuotamento, coinvolge non tanto la percezione ma l’indice simbolico di questo strumento. Infatti, se da una pagina ci aspettiamo di dedurne un significato culturale, un concetto di conoscenza, nel caso dell’iperlibro si verifica un processo associativo diverso, in quanto il vuoto (il blank della pagina) annulla i riferimenti logici, decontestualizzando il gigantesco strumento dal suo più ovvio significato ma in cambio arricchendolo in quanto gli possono in tal modo essere attribuiti una molteplicità di significati.
Un possibile riferimento culturale attribuibile a queste strutture, mi pare di riconoscerlo nella ricerca che Mirella Bentivoglio conduce da anni sul tema del libro; in particolare mi riferisco ai collage su fotografia realizzati intorno al 1978-’80, dove la facciata della opulenta facciata della chiesa di piazza Euclide o le colonne imperiali del ponte Flaminio a Roma sono sovrastate da grandi volumi con le scritte ripetute Monumento. Tuttavia l’opera di Dora Tass è autenticamente diversa in quanto non coinvolge la ricerca del superamento della dicotomia “storica” tra segno linguistico/immagine-fotografia e, soprattutto crea uno strumento che vuole sinceramente essere “scultura”, una scultura che è “scritta” nello spazio.
Pubblicato sul BTA, bollettino telematico dell’arte 2006.
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Testo critico di Mauro Zanchi per Hans - Hermann Koopmann
“Tessendo un elogio della lentezza, Koopmann si affida a tutta la forza evocativa e alla pratica dell’asciugamento verbale. Cerca l’esattezza di un linguaggio essenziale, lasciando che siano tutte le sfumature del colore bianco a dipanare la forma nella sequenza delle immagini.
Il suo sguardo da biologo si sofferma su microeventi che accadono nel tempo: l’effetto della caduta di pioggia su un lastricato zuppo d’acqua, il passaggio di una lumaca sullo specchio di un pavimento bagnato, la tartaruga che ritorna alla sua naturale postura dopo esser stata messa con il carapace a terra, un gregge visto in lontananza, il vento che sommuove un cipresso, il passaggio di bovini indiani in riva al mare, le onde nella risacca.
Tutto è svolto come in un bagliore onirico, in uno spazio della memoria, in una visione fortemente sacrale. La sacralità del bianco, dunque, per indurre lo spettatore a maturare una pratica della visione dentro il grande salto delle cose essenziali. Koopmann apre al non dicibile, insegue con la lentezza il bagliore di una dimensione dentro cui brulicano sempre rinnovate “albedo”.
Ci troviamo d’innanzi a una moderna “opera al bianco” di tradizione sapienziale. Si entra nello spazio ineffabile percorso da scialbi di sottili spostamenti, per cogliere le innumerevoli variabili delle bianchezze tonali. Siamo indotti a un candore dello sguardo, a individuare le tracce lasciate nella quarta dimensione di vie lattee, segni su filmati di biacca, chiaroscuri sopra superfici di calce, bassorilievi in movimento su bianchi marmi preziosi.
La forza della bianchezza ha un’anima di luce che continua a pulsare a loop, un cuore d’ossido di zinco, una struttura ossea di gesso fluido, un corpo di carbonato basico, lacrime di ghiacci d’alta quota.(…)
“Holy cattle and the sea” è contemporaneamente sia una visione mistica di natura orientale sia un sogno di un evento reale virato al bianco, come se fossimo dentro a un respiro sacrale dettato dal tempo e dal ritmo delle onde e dallo scorrere delle vacche sacre. Ma pare anche un’ulteriore meditazione, in chiave molto personale, sulle metafore espresse da Kentridge in “Tide Table”, dove i bovini rapportati con il mare sono considerati simboli contemporaneamente del sogno del faraone interpretato da Giuseppe, del “Toro” condizionato dalle alte e basse maree dell’Economia mondiale, e di coloro che sono stati sacrificati (appunto come un toro sacrificale) in nome di rivoluzioni e di scelte politiche. Ma nella visione di Koopmann spicca una dimensione visionaria, una sorta di scansione da mantra, immagini derivate come da un flusso proveniente dai rovelli di veglie nelle notti non dormite in nome di una ricerca profonda nelle fessure dell’esistenza.
Il bianco scelto dal nostro artista contiene ogni altro colore, ma sa che deve sporcarsi attraverso la vita per potersi sposare a quell’ombra che dà rilievo a ogni contorno, altrimenti invisibile nell’abbaglio dei biancori.
Per questa occasione ha concepito un' installazione site specific dal titolo "La caduta degli Dei". Il lavoro di Dora Tass in questi ultimi anni si indirizza verso elementi tridimensionali ma che della tridimensionalità non contengono la pesantezza e la volumetria. Sono oggetti - come i libri, ma anche i dollari e le graffiature di enormi alberi - che sono conosciuti per antonomasia come tridimensionali, ma che l'artista rende in modo quasi bidimensionale con un'attenzione alla leggerezza e al vuoto che prende il posto del pieno. Una ricerca spaziale dunque che non risulta né fredda né tanto meno invasiva.
Per l' inaugurazione l'artista multimediale Hans - Hermann Koopmann presenta la video installazione Holy Cattle and the Sea (5 min, loop) della serie into the white open in una sala che ospita una “antica copia”, forse proveniente dal laboratorio del Canova, di un fregio del Partenone. I motivi rupestri creano una connessione con le vacche sacre dell’installazione: presenze animali scorrono da un lato all’altro dello spazio, segnano un movimento, uno sforzo vitalistico e istintivo. Segnano il tempo, in una dimensione che pare rallentare la scansione temporale della trascorrenza. Il bianco annulla il vasto corpus dei colori, costringe lo spettatore a una semplificazione, allo sguardo più acuto sulla realtà. L’artista invita a entrare nella vastità archetipale dell’allusione, nella forza evocativa di un immenso bianco aperto, che lascia ai fruitori la responsabilità di interpretare e la libertà di creare connessioni. Testo critico di Mauro Zanchi.
DORA TASS
Nasce a Roma dove risiede, si è laureata all'Università " La Sapienza" con una tesi in "Antropologia Culturale" e ha in seguito frequentato i corsi di pittura presso l'Accademia di Belle Arti di Roma. Dal 1998 ha tenuto varie personali in questa città e ha partecipato a collettive e Fiere d'Arte in Italia a Berlino e a Miami. Il suo lavoro, legato alla semiologia del metallo e della scrittura, è stato documentato da due differenti trasmissioni televisive su Rai Tre, programma Art News rubrica "Making Of", e Rai Uno, Magazzini Einstein Rai Educational 2008; e ad esso si sono interessati, con presentazioni critiche, Mirella Bentivoglio,Enrica Torelli Landini, Paolo Tesi. Il suo Iperlibro metallico, alto m. 3,60 è in esposizione permanente presso la nuova biblioteca comunale San Giorgio, Pistoia, della cui raccolta fa parte.
H-H. KOOPMANN
Nasce a Varel in Germania nel 1961 e studia a Berlino. Artista multimediale, dal 1999 vive e lavora in Italia. Numerose le mostre sia personali sia collettive in Italia e all’estero, tra le più recenti La memoria dell’acqua nei musei di Argenta di Ferrara e 70% acqua- Videoinstallazioni a San Casciano dei Bagni. La videoinstallazione into the white open ha partecipato nel novembre 2008 alla mostra internazionale ZeitRaumZeit alla k-Haus di Vienna. Lavori di Koopmann si trovano presso collezionisti privati in Germania, Italia, Francia, Gran Bretagna, Olanda, Svizzera, Iran e Stati Uniti.
WEB: www.hhkoopmann.com
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Testo critico di Enrica Torelli Landini per Dora Tass
«Lo studio delle forme è studio delle trasformazioni» (Goethe)
Un libro dalle pagine alte quasi quattro metri e larghe oltre due; ogni pagina racchiude immagini colorate diverse tra loro.
I contenuti figurativi più affascinanti di queste pagine sono i monumenti della imponente villa romana suburbana dove l’Iperlibro si colloca; ma, se le “porte della percezione” si spostano, anche di un sol metro, ecco che la pagina offre l’immagine di uno spazio quasi senza limiti, frenato lievemente dai colli Albani in lontananza e da un più ravvicinato blocco di case moderne.
Si capisce allora che un gigantesco libro, che inizialmente poteva anche identificarsi con un libro di favole, è invece il prodotto di uno studio di tipo “brunelleschiano” sulle proporzioni della percezione, “stampato” appositamente nelle misure adattabili allo spazio di quel colle gentile, di quel colle ombroso di vecchie rovine.
C’ è ancora da osservare la dicotomia fra immagine e rispecchiamento, fra immagine e svuotamento.
Se la pagina ci offre un panorama autentico (mai realismo fu più reale di questo), il costolone che sorregge e racchiude la brossura delle pagine, che è realizzato in acciaio a specchio, riflette invece un brano di panorama che si trova alle spalle o a fianco del lettore-osservatore.
Questo è appunto, al di là dell’operazione quasi-ingegneristica osservata prima, l’aspetto più intrigante che Dora Tass ha saputo infondere a questa splendida scultura-immagine spaziale.
L’altro aspetto, quello dello svuotamento, coinvolge non tanto la percezione ma l’indice simbolico di questo strumento. Infatti, se da una pagina ci aspettiamo di dedurne un significato culturale, un concetto di conoscenza, nel caso dell’iperlibro si verifica un processo associativo diverso, in quanto il vuoto (il blank della pagina) annulla i riferimenti logici, decontestualizzando il gigantesco strumento dal suo più ovvio significato ma in cambio arricchendolo in quanto gli possono in tal modo essere attribuiti una molteplicità di significati.
Un possibile riferimento culturale attribuibile a queste strutture, mi pare di riconoscerlo nella ricerca che Mirella Bentivoglio conduce da anni sul tema del libro; in particolare mi riferisco ai collage su fotografia realizzati intorno al 1978-’80, dove la facciata della opulenta facciata della chiesa di piazza Euclide o le colonne imperiali del ponte Flaminio a Roma sono sovrastate da grandi volumi con le scritte ripetute Monumento. Tuttavia l’opera di Dora Tass è autenticamente diversa in quanto non coinvolge la ricerca del superamento della dicotomia “storica” tra segno linguistico/immagine-fotografia e, soprattutto crea uno strumento che vuole sinceramente essere “scultura”, una scultura che è “scritta” nello spazio.
Pubblicato sul BTA, bollettino telematico dell’arte 2006.
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Testo critico di Mauro Zanchi per Hans - Hermann Koopmann
“Tessendo un elogio della lentezza, Koopmann si affida a tutta la forza evocativa e alla pratica dell’asciugamento verbale. Cerca l’esattezza di un linguaggio essenziale, lasciando che siano tutte le sfumature del colore bianco a dipanare la forma nella sequenza delle immagini.
Il suo sguardo da biologo si sofferma su microeventi che accadono nel tempo: l’effetto della caduta di pioggia su un lastricato zuppo d’acqua, il passaggio di una lumaca sullo specchio di un pavimento bagnato, la tartaruga che ritorna alla sua naturale postura dopo esser stata messa con il carapace a terra, un gregge visto in lontananza, il vento che sommuove un cipresso, il passaggio di bovini indiani in riva al mare, le onde nella risacca.
Tutto è svolto come in un bagliore onirico, in uno spazio della memoria, in una visione fortemente sacrale. La sacralità del bianco, dunque, per indurre lo spettatore a maturare una pratica della visione dentro il grande salto delle cose essenziali. Koopmann apre al non dicibile, insegue con la lentezza il bagliore di una dimensione dentro cui brulicano sempre rinnovate “albedo”.
Ci troviamo d’innanzi a una moderna “opera al bianco” di tradizione sapienziale. Si entra nello spazio ineffabile percorso da scialbi di sottili spostamenti, per cogliere le innumerevoli variabili delle bianchezze tonali. Siamo indotti a un candore dello sguardo, a individuare le tracce lasciate nella quarta dimensione di vie lattee, segni su filmati di biacca, chiaroscuri sopra superfici di calce, bassorilievi in movimento su bianchi marmi preziosi.
La forza della bianchezza ha un’anima di luce che continua a pulsare a loop, un cuore d’ossido di zinco, una struttura ossea di gesso fluido, un corpo di carbonato basico, lacrime di ghiacci d’alta quota.(…)
“Holy cattle and the sea” è contemporaneamente sia una visione mistica di natura orientale sia un sogno di un evento reale virato al bianco, come se fossimo dentro a un respiro sacrale dettato dal tempo e dal ritmo delle onde e dallo scorrere delle vacche sacre. Ma pare anche un’ulteriore meditazione, in chiave molto personale, sulle metafore espresse da Kentridge in “Tide Table”, dove i bovini rapportati con il mare sono considerati simboli contemporaneamente del sogno del faraone interpretato da Giuseppe, del “Toro” condizionato dalle alte e basse maree dell’Economia mondiale, e di coloro che sono stati sacrificati (appunto come un toro sacrificale) in nome di rivoluzioni e di scelte politiche. Ma nella visione di Koopmann spicca una dimensione visionaria, una sorta di scansione da mantra, immagini derivate come da un flusso proveniente dai rovelli di veglie nelle notti non dormite in nome di una ricerca profonda nelle fessure dell’esistenza.
Il bianco scelto dal nostro artista contiene ogni altro colore, ma sa che deve sporcarsi attraverso la vita per potersi sposare a quell’ombra che dà rilievo a ogni contorno, altrimenti invisibile nell’abbaglio dei biancori.
31
gennaio 2009
Dora Tass / Hans-Hermann Koopmann – La caduta degli Dei
Dal 31 gennaio al 09 febbraio 2009
arte contemporanea
Location
LICEO ARTISTICO RIPETTA
Roma, Via Di Ripetta, 218, (Roma)
Roma, Via Di Ripetta, 218, (Roma)
Orario di apertura
lun-ven 9-19, sab 9-13, domenica chiuso
Vernissage
31 Gennaio 2009, ore 18.00 - 20.00
Sito web
www.hhkoopmann.com
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