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Due Mondi: Kensuke Karasawa / Francesca Rivetti
Due Mondi è un’esposizione centrata su due tematiche fondamentali. Innanzitutto la natura, che tuttavia non costituisce il soggetto di nessuna tra le opere presentate, ma ne resta costante fonte d’ispirazione. In secondo luogo, gli autori mettono al centro della propria ricerca l’atto del guardare, la percezione stessa, e le complesse dinamiche di mediazione che dall’esperienza diretta conducono alla rappresentazione. Si tratta di un approccio metalinguistico, rivolto a indagare per prima cosa il linguaggio espressivo utilizzato – la scultura per Karasawa, la fotografia nel caso di Rivetti – eppure sfruttato da entrambi senza alcuna rigidità, mescolando il geometrico rigore dello studio scientifico con atmosfere riscaldate da intimità e picchi di autentica visionarietà
Due Mondi è un'esposizione centrata su due tematiche fondamentali. Innanzitutto la natura, che tuttavia non costituisce il soggetto di nessuna tra le opere presentate, ma ne resta costante fonte d'ispirazione. Si ritrova così il senso diffuso nella società contemporanea della necessità di un riavvicinamento all'ambiente, sottolineandone non tanto gli aspetti più transitori ed effimeri, ma la sostanziale inevitabilità, per il singolo individuo così come per la collettività. Scrive Bruno Latour: “Da quando il termine è stato inventato, ogni politica si è definita in rapporto alla natura, e ogni tratto di quest’ultima, ogni sua prerogativa e funzione dipendono dalla volontà politica di limitare, riformare, fondare, semplificare, illuminare la vita pubblica"[2].
In secondo luogo, gli autori mettono al centro della propria ricerca l'atto del guardare, la percezione stessa, e le complesse dinamiche di mediazione che dall'esperienza diretta conducono alla rappresentazione. Si tratta di un approccio metalinguistico, rivolto a indagare per prima cosa il linguaggio espressivo utilizzato – la scultura per Karasawa, la fotografia nel caso di Rivetti – eppure sfruttato da entrambi senza alcuna rigidità, mescolando il geometrico rigore dello studio scientifico con atmosfere riscaldate da intimità e picchi di autentica visionarietà.
Kensuke Karasawa dà forma alle sue opere utilizzando prevalentemente il legno di canfora e la cera. Materiali naturali, appunto, con cui l'artista giapponese acquisisce confidenza grazie ai propri maestri appartenenti alla corrente artistica Mono-ha, impegnata dalla fine degli anni Sessanta nel complesso tentativo di discernere tra realtà e apparenza. Le sculture di Karasawa agiscono così come sottili dispositivi di incrinamento delle convenzioni. Innescano cortocircuiti. Procurano spostamenti. Minimi. A volte impercettibili. Rivoluzioni silenziose. Ma sostanziali. Ciò che si vede non corrisponde esattamente all'immagine depositata nella memoria di chi osserva. I principi della Gestalt sono ripresi e rimessi in circolo. Opere il cui profilo rimanda a quello di una montagna, per esempio, sono disposte in modo da essere osservate dall'alto verso il basso, ribaltando la prospettiva convenzionale. Altre volte, anziché riempire uno spazio vuoto, la cera, simile ad acqua, fuoriesce, trasformandosi da contenuto in contenitore, base di sostegno su cui poggiano altri oggetti. In alcune sculture site-specific realizzate appositamente per questa mostra, infine, del nastro adesivo fluorescente segna i punti in cui le stecche di legno di cui sono fatte cambiano direzione, modificando di conseguenza la percezione della profondità dello spazio.
Tutto è risolto attraverso una grammatica di forme pure, semplici, evidentemente prossime al gusto minimalista, eppure distanti da qualsiasi schematismo modulare per scatenare una serie di sorprese visive.
Il mare è protagonista del lavoro di Francesca Rivetti, I Want To Talk To Seymour Too, formato da tre serie di immagini fotografiche.
In Ocean alcuni frammenti di sacchetti di plastica, trovati dall'artista proprio nella profondità di diversi mari del mondo, dal Mediterraneo al Mar Rosso, fino al Mare dei Caraibi, sono utilizzati in studio per simulare la superficie dell'acqua. Il risultato è un incontro tra organico e inorganico, con quest'ultimo che si riempie di vita (è il "sex-appeal dell'inorganico”[3]), tramutandosi da rifiuto in scenario sublime.
Displacement è una serie di still-life di oggetti prelevati dal mare e allestiti come reperti plasmati dalla forza degli elementi. A metà tra Surrealismo e ready-made, hanno la forza di sculture ancestrali, che la macchina fotografica insieme documenta e interpreta, assegnando a ciascuna un carattere particolare.
Grottesche è la terza parte del progetto. Sono immagini ravvicinate di antiche pitture parietali, frazionate nei loro elementi minimi. Si tratta di rappresentazioni geroglifiche, “senza spessore né peso"[4], come le descrive André Chastel, dunque opposte alla realtà, ugualmente ad ogni fotografia, foriere di incubi e sogni. Anche qui, come nei mari di plastica, ci si trova intrappolati in universi alternativi che Francesca Rivetti, allo stesso modo di Kensuke Karasawa, escogita per farci riscoprire il mondo reale
CONTATTI PER LA STAMPA
PCM Studio
Via Goldoni, 38 | 20129 Milano
press@paolamanfredi.com | Tel. +39 02 87286582
GLI ARTISTI IN MOSTRA:
KENSUKE KARASAWA
(Aichi, Giappone, 1987. Vive e lavora a Tokyo)
Allievo di due tra i più importanti esponenti del gruppo di artisti del Mono-ha, (Kishio Suga e Tatsuo Kawaguchi), dopo aver conseguito una laurea in Fine Art Sculpture presso il Kanazawa College of Art, inizia ad affermare la sua pratica caratterizzata dall’utilizzo originale di materiali semplici quali il legno, la cera e nastri di carta, assemblati tra loro per creare, attraverso la scultura, nuove possibilità di visione. Tra le mostre personali: Kensuke Karasawa 2012-2015, Star Gallery (Pechino, 2015), Continuous Horizon, Take Ninagawa (Tokyo, 2012 – Kanazawa, 2014), Penetrate, Plaza Gallery (Tokyo, 2012). Tra le mostre collettive Objects In Mirror Are Closer Than They Appear, The Three Konohana (Osaka, 2015), Nini No Fumoto - The Reflected Process, Nagoya Citizens Gallery Yada (Aichi, 2014) e Art Award Tokyo Marunouchi, Gyoko-dori Underground Gallery (Tokyo, 2013). Due Mondi è la sua prima mostra in Italia.
FRANCESCA RIVETTI
(Milano, 1972. Vive e lavora a Milano)
Attiva nel mondo della fotografia dalla fine degli anni Ottanta, tra il 1993 e il 1994 studia presso l’Edinburgh College of Art e successivamente lavora in diversi ambiti di questo settore. Dal 2005 si dedica esclusivamente alla ricerca, fotografando indistintamente luoghi, oggetti e persone con l'obiettivo di riflettere sulla condizione dell'essere e i suoi molteplici stati. Tra le mostre principali: Breath Keepers - Francesca Rivetti, MLZ (Trieste, 2014) Al di là delle immagini, Fondazione Sandretto Re Rebaudengo (Torino, 2014), Francesca Rivetti, Da Vicino Home Gallery (Milano, 2012), No Soul For Sale, Festival of Independent, Tate Modern (Londra, 2010). Due, Fondazione Fotografia Modena (2009), Estremi del libro d'artista / Resoconto, Cripta747 (Torino, 2009), Terzo Paesaggio. Fotografia italiana oggi, MA*GA (Gallarate, 2009), New Landscape, Kunst Palais (Monaco, 2006). Francesca Rivetti , Galleria Brancolini Grimaldi (Roma, 2005). Per Esempio, MART (Rovereto, 2005), Da Guarene all’Etna, Fondazione Sandretto Re Rebaudengo (2003, 2006 e 2009), L’idea di paesaggio nella fotografia italiana dal 1850 ad oggi, Galleria Civica di Modena (2003). Il suo lavoro è presente in numerose collezioni pubbliche e private, tra cui: Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Torino; MA*GA, Gallarate, Fondazione Fotografia, Modena.
[1] Dal romanzo di J. D. Salinger, Franny e Zooey, Einaudi, Torino 1963
[2] Bruno Latour, Politiche della natura. Per una democrazia delle scienze, Cortina, Milano 2000, pag. 11
[3] Mario Perniola, Il sex appeal dell'inorganico, Einaudi, Torino 1994
[4] André Chastel, La grottesca, Abscondita, Milano 2010, p. 17
Due Mondi: Kensuke Karasawa / Francesca Rivetti
arte contemporanea
Milano, Via Giacomo Leopardi, 32, (Milano)