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Duilio Cambellotti – Le grazie e le virtù dell’acqua
L’Acquedotto Pugliese, la Regione Puglia, la Città di Bari, con il contributo della Banca Popolare di Bari e la preziosa collaborazione della Wolfsoniana Fondazione regionale per la Cultura e lo Spettacolo di Genova e l’Archivio Cambellotti di Roma, dedicano questa mostra a Duilio Cambellotti per celebrare il primo centenario dell’arrivo dell’acqua nelle terre pugliesi (1915-2015), con un grande omaggio alla poliedrica personalità dell’artista che ha saputo dar corpo e figura alla celebrazione dell’acqua nelle terre assetate della Puglia
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Monumento unico in Italia, il Palazzo dell'Acquedotto Pugliese di Bari si apre al visitatore come
lo scrigno prezioso delle simbologie dell’acqua, delle sue grazie e delle sue virtù, realizzate dal
genio di Duilio Cambellotti.
Dal 27 febbraio al 14 giugno 2015 il Palazzo ospita la mostra “Duilio Cambellotti. Le grazie e
le virtù dell’acqua”. L’Acquedotto Pugliese, la Regione Puglia, la Città di Bari, con il contributo
della Banca Popolare di Bari e la preziosa collaborazione della Wolfsoniana Fondazione
regionale per la Cultura e lo Spettacolo di Genova e l’Archivio Cambellotti di Roma, dedicano
questa mostra a Duilio Cambellotti per celebrare il primo centenario dell’arrivo dell’acqua nelle
terre pugliesi (1915-2015), con un grande omaggio alla poliedrica personalità dell’artista che
ha saputo dar corpo e figura alla celebrazione dell’acqua nelle terre assetate della Puglia. La
mostra è organizzata dalla società Sistema Museo.
Nell’evento espositivo la narrazione del lungo percorso artistico dell’autore, attingendo alle
raccolte di materiali esistenti presso il palazzo dell’Acquedotto, musei, fondazioni, collezioni
private, si compone di oltre centoventi opere in dipinti, disegni, illustrazioni, celebri sculture
in bronzo come la monumentale “Fonte della Palude”, ceramiche, terrecotte, vetrate, mobili
e quaranta bozzetti preparatori eseguiti per il Palazzo dell’Acquedotto, in un susseguirsi di
argomenti dedicati: la spiga e l’ulivo, le mille e una notte, il mondo della natura, la grazia delle
donne, le virtù dell’acqua, gli stili e gli arredi.
Il poliedrico artista Duilio Cambellotti fu incaricato nel 1931 della decorazione e dell’arredo
dell’intero complesso, a coronamento dell’immane impresa di ingegneria idraulica compiuta
in una regione avara di acque fin da epoche antichissime. Realizzato fra il 1931 e il 1934, il
lavoro che Cambellotti dedica al palazzo rappresenta la sintesi di un lungo percorso artistico
che lo aveva visto protagonista nelle arti plastiche, della scultura, pittura, scenografia teatrale,
ceramica, illustrazione editoriale, architettura e design, sperimentate di volta in volta con la
stessa forza espressiva verso il mondo del lavoro, la terra in particolare. L’impegno assunto a
favore delle scuole rurali dell’agro romano, l’insegnamento, la collaborazione con l’Umanitaria
e l’Opera nazionale combattenti, la Biennale di Monza, l’esperienza di innovatore nelle
illustrazioni dei libri per l’infanzia e nella grafica, sono tutti passaggi, conseguenti e intrecciati
l’uno all’altro, tali da formare quel personale cammino artistico che sfocia nei lavori destinati
all’Acquedotto come frutto della maturità artistica.
La passione per la cultura del passato che già dai primi anni del ‘900 aveva alimentato le sue
esperienze in svariati campi, trova nella committenza barese una rinnovata sperimentazione
nelle forme e nelle funzioni sia negli apparati tecnici che di rappresentanza. Nelle decorazioni
parietali elaborate negli ambienti di lavoro e negli appartamenti privati dell’edifico, Cambellotti
riprende antichi temi a lui congeniali come le fontane, il lavoro femminile, i cavalli che si
dissetano alle fonti, inventando ardite sintesi tra il romanico pugliese e il déco.
Il ciclo lavorativo del maestro, infatti, articolato in diverse fasi che definiscono il disegno
delle sale, le boiseries, la decorazione pittorica, i pavimenti, gli arredi, le luci, i tappeti, le
maniglie, rivela un’adesione sentimentale, una sorta di amore mai obliato verso quella storia
dell’antico ispirato dalle forme dei monumenti romanici pugliesi, castelli di un lontano passato
cavalleresco. E come nei castelli e nelle chiese medievali la rappresentazione delle storie sacre
e profane veniva affidata ad artisti famosi, a dipingere l'avvento dell'acqua in Puglia è Duilio
Cambellotti, la cui carriera artistica, nata in ambito modernista, intrisa degli ideali umanitari del
socialismo tardo ottocentesco, trova nelle vene pugliesi il guscio di mitologie tutte al femminile.
In questa mostra le porte del Palazzo si aprono dunque sulle stanze dove l'acqua scorre da
grossi vasi dipinti, dalle stele femminili di marmo sulle pareti, quasi divinità metafisiche, ieratiche
e silenziose, dispensatrici dell'acqua risucchiata dalle vene di un fiume “addomesticato”, fino
al trionfo del grande tubo dipinto sulle tele della Sala del Consiglio, trionfo della tecnologia
idraulica accompagnata dalla danza delle lavandaie che strizzano lunghi panni bianchi mentre
sugli ulivi sventolano al sole grandi bandiere di lenzuola messe ad asciugare.
Nel Palazzo delle Acque, pensato e allestito come una favola, gli arredi sono concepiti
come troni di rustiche principesse, gli armadi degli uffici stilizzate dispense di tesori sui quali
vegliano volti femminili dai capelli d'acqua madreperlata.
IL PALAZZO
Costruito fra il 1925 e il 1935, il palazzo progettato dall’ingegnere ravennate Cesare Brunetti
(Ravenna 1894 - Lecce 1962), si impone nel borgo murattiano per la maestosità dello stile
architettonico ispirato al romanico pugliese. L’esterno del Palazzo, con i quattro piani rivestiti
in pietra di Trani, contiene elementi architettonici chiaramente ispirati al vasto patrimonio civile
e religioso locale. Le massicce mensole a dentelli, su cui poggiano il balcone d’angolo tra via
Cognetti e via Fiume e quello che sovrasta il portale d’ingresso, evocano i sostegni scalati del
pronao a baldacchino della facciata di Santa Maria del Casale a Brindisi, una delle chiese più
importanti della regione, che fornisce spunti e riferimenti decorativi non soltanto architettonici.
La progettazione degli ambienti e degli arredi del Palazzo è opera del Maestro Duilio
Cambellotti, eclettico artista romano fra i più geniali del Novecento italiano, che donerà al
Palazzo uno stile inconfondibile, al tempo stesso severo e gioioso, facendone un vero e
proprio monumento all’acqua salubre. L’impegno di Cambellotti si articola in diverse fasi che
riguardano il disegno architettonico di alcune sale, la decorazione pittorica, i pavimenti, gli
arredi, completati dagli apparecchi di illuminazione, i tappeti e le maniglie per gli ambienti più
rappresentativi del primo piano e dell’appartamento del Presidente al secondo.
L’enorme patrimonio di mobili, conservatosi quasi integro, costituisce una preziosa
testimonianza della creatività dell’artista e dell’altissima qualità delle maestranze. Originali
nella forma e nella decorazione sono le scrivanie per la Sala del Consiglio e per lo Studio
del Presidente: elegante la prima, con il piano ovale intarsiato, poggiato su una base ad
archi; possente l’altra, che nella parte centrale semicilindrica, richiama apertamente i pulpiti
romanici in marmo scolpito. Gli intarsi in legno e in madreperla propongono ancora sintetiche
rappresentazioni degli alberi di ulivo, di donne con anfore e di scorci prospettici di Bari.
L’ARTISTA
Duilio Cambellotti nasce a Roma nel 1876. Nel 1896 si diploma al Museo Artistico Industriale di
Roma. I suoi primi lavori sono oggetti in metallo, lampade, gioielli e manifesti. Dal 1900 inizia a
frequentare il pedagogo Alessandro Marcucci con il quale sperimenta metodi educativi ispirati
ai principi del socialismo umanitario. Insieme daranno vita alle letture dantesche per le quali
Cambellotti disegnerà una serie di grandi carboncini. Nei primi anni del Novecento inizia ad
occuparsi di illustrazione, collaborando con importanti riviste tra cui “Italia ride”, “Fantasio”,
“Novissima” e a realizzare le prime sculture in bronzo.
Con Marcucci, Giovanni Cena, Angelo e Anna Celli, Sibilla Aleramo, s’impegna nell’opera di
alfabetizzazione degli abitanti delle campagne dell’Agro romano infestate dalla malaria. Per le
scuole dell’Agro, Cambellotti inventa decorazioni e illustra testi scolastici. Ancora con Marcucci
e con Cena, per l’Esposizione per il Cinquantenario dell’Unità d’Italia del 1911, organizza la
Mostra dell’Agro Romano progettando una grande capanna dell’Agro che arreda con mobili
intagliati dai contadini e con opere di Giacomo Balla e sue sculture tra cui il grande fregio “I
cavalli della palude pontina” (1910) e la “Conca dei bufali”.
Dal 1905 inizia la sua attività di scenografo e costumista per il teatro, un’esperienza che lo
accompagnerà per quarant’anni e che si svolgerà tra il Teatro Stabile e l’Opera di Roma, il
teatro all’aperto di Ostia antica e il Teatro Greco di Siracusa, realizzando alcuni spettacoli
memorabili come “La Nave” di Gabriele D’Annunzio del 1907.
Nel 1908 ha inizio l’importante esperienza legata alla rivista di taglio modernista “La Casa”, che
rappresenterà in ambito romano un reale tentativo di rinnovamento dell’arte e dell’architettura.
Da questa esperienza nasceranno i progetti e le decorazioni dei villini romani Bellacci (1908),
Vitale (1910), Pallottelli (1922) e De Grossi a Castelgandolfo (1915) e prenderà il via un
vitale sodalizio tra il gruppo di artisti legati a “La Casa” e il maestro vetraio Cesare Picchiarini.
Impegnato nel tentativo di ridar vita alla vetrata artistica dal punto di vista tecnico e decorativo,
il gruppo esporrà i risultati di queste ricerche in due importanti mostre a Roma (1912 e 1921) ed
alle Biennali Internazionali d’Arte Decorative di Monza del 1923 e del 1925.
All’attività artistica Cambellotti unisce quella di insegnante, iniziata nel 1908 e svolta
all’Accademia di Belle Arti, nelle scuole di ceramica di Civita Castellana e in quella Comunale
del San Michele, confluita in seguito nell’Istituto Professionale di Roma. L’interesse dell’artista
per la grafica si sviluppa nella cura editoriale e nell’illustrazione di collane e di libri pubblicati
dall’Istituto Editoriale Italiano, tra i moltissimi titoli: “Storie meravigliose” di N. Hawthorne (1912),
“Le mille e una notte” (1912-13).
Nel 1917 inizia a lavorare nel cinema, realizzando scenografie, costumi e cartelloni per il film
“Frate Sole”, al quale seguiranno, tra gli altri, “Gli ultimi giorni di Pompei” (1926), “La corona di
ferro” (1941) e “Fabiola” (1949), un’esperienza che si concluderà nel 1948 con gli studi per i
movimenti di scena del film “Il cielo sulla palude” di Augusto Genina.
Nel 1926 interviene per la prima volta nella decorazione di un edificio pubblico decorando
le Sale delle bandiere a Castel Sant’Angelo a Roma, a cui seguiranno la decorazione e gli
arredi della Sala del consiglio dell’Istituto Eastman (1933), quelli per il Palazzo dell’Acquedotto
Pugliese di Bari (1930-1934), della Prefettura di Ragusa (1933) e la Sala consiliare della
Prefettura e l’Aula del Palazzo di Giustizia a Latina (1934-1936).
Nel 1931 viene incaricato della decorazione e dell’arredo della sede dell’Acquedotto Pugliese
a Bari. La passione per la cultura del passato aveva ancorato Cambellotti ad un repertorio
di forme riecheggianti comunque la classicità, escludendolo dalle rotture necessarie
all’avanguardia; in questa occasione l’artista, già quasi sessantenne, riesce a rinnovarsi sia nel
suo filone “studio”, qui adattato a eleganti uffici di rappresentanza, sia nel suo filone “povero-
popolare” che trasforma in una esemplificata modernità per gli uffici tecnici. Nelle decorazioni
parietali riprende antichi temi prediletti come le lavandaie che strizzano i panni e i cavalli che si
abbeverano alle fonti. Negli arredi delle stanze destinate ai dirigenti inventa arditi connubi tra il
romanico pugliese e il déco. Le arcate che sorreggono l’Acquedotto e i ponti canali mantengono
un riferimento alla classicità, ma la cuspide, che alludeva al tetto, diventa l’onda dell’acqua, il
cui tema, nel complesso della decorazione, libera un sentimento di letizia e dinamicità. L’acqua
che scorre è resa concreta in rivoli di madreperla, marmi colorati, legni e bronzi. La varietà
di soluzioni attuate dall’artista testimonia un’attenta sintonia con la contemporaneità e una
professionale duttilità nella progettazione della vasta gamma gerarchica dei mobili richiesti dalla
committenza. È soprattutto negli ambienti destinati ai tecnici, dove mette le forme al servizio
della funzione abbandonando le simboliche ornamentazioni, che rivela un talento nuovo forse
anche stimolato dalla collaborazione con le grandi industrie ebanistiche Liporesi & C. e Bega di
Bologna. Quello dell’Acquedotto è un imponente corpus di circa 100 pezzi, composto da tavoli,
scrivanie, poltrone, armadi, possente e funzionale, sagomato con mano sapiente, conservato
pressoché intatto.
I suoi ultimi interventi sono per il Palazzo dell’Anagrafe a Roma (1938) e una grande Chimera
di ceramica smaltata modellata per il Palazzo Grande di Livorno (1952). Negli anni Cinquanta
l’artista continua a lavorare incessantemente, specialmente nella grafica e nel teatro.
Muore a Roma nel 1960.
Opere dell’artista, oltre che in numerose collezioni private, si conservano presso: Galleria
Comunale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna di
Roma, Museo Internazionale della Ceramica di Faenza, Comune di Latina, Museo Andrea e
Blanceflor Boncompagni Ludovisi di Roma, Istituto Nazionale per la Grafica di Roma, Museo del
Teatro dell’Opera di Roma, The Wolfsonian International University di Miami (Florida), Museo
di Arti decorative di Miami (Florida), Wolfsoniana Fondazione regionale per la Cultura e lo
Spettacolo di Genova.
lo scrigno prezioso delle simbologie dell’acqua, delle sue grazie e delle sue virtù, realizzate dal
genio di Duilio Cambellotti.
Dal 27 febbraio al 14 giugno 2015 il Palazzo ospita la mostra “Duilio Cambellotti. Le grazie e
le virtù dell’acqua”. L’Acquedotto Pugliese, la Regione Puglia, la Città di Bari, con il contributo
della Banca Popolare di Bari e la preziosa collaborazione della Wolfsoniana Fondazione
regionale per la Cultura e lo Spettacolo di Genova e l’Archivio Cambellotti di Roma, dedicano
questa mostra a Duilio Cambellotti per celebrare il primo centenario dell’arrivo dell’acqua nelle
terre pugliesi (1915-2015), con un grande omaggio alla poliedrica personalità dell’artista che
ha saputo dar corpo e figura alla celebrazione dell’acqua nelle terre assetate della Puglia. La
mostra è organizzata dalla società Sistema Museo.
Nell’evento espositivo la narrazione del lungo percorso artistico dell’autore, attingendo alle
raccolte di materiali esistenti presso il palazzo dell’Acquedotto, musei, fondazioni, collezioni
private, si compone di oltre centoventi opere in dipinti, disegni, illustrazioni, celebri sculture
in bronzo come la monumentale “Fonte della Palude”, ceramiche, terrecotte, vetrate, mobili
e quaranta bozzetti preparatori eseguiti per il Palazzo dell’Acquedotto, in un susseguirsi di
argomenti dedicati: la spiga e l’ulivo, le mille e una notte, il mondo della natura, la grazia delle
donne, le virtù dell’acqua, gli stili e gli arredi.
Il poliedrico artista Duilio Cambellotti fu incaricato nel 1931 della decorazione e dell’arredo
dell’intero complesso, a coronamento dell’immane impresa di ingegneria idraulica compiuta
in una regione avara di acque fin da epoche antichissime. Realizzato fra il 1931 e il 1934, il
lavoro che Cambellotti dedica al palazzo rappresenta la sintesi di un lungo percorso artistico
che lo aveva visto protagonista nelle arti plastiche, della scultura, pittura, scenografia teatrale,
ceramica, illustrazione editoriale, architettura e design, sperimentate di volta in volta con la
stessa forza espressiva verso il mondo del lavoro, la terra in particolare. L’impegno assunto a
favore delle scuole rurali dell’agro romano, l’insegnamento, la collaborazione con l’Umanitaria
e l’Opera nazionale combattenti, la Biennale di Monza, l’esperienza di innovatore nelle
illustrazioni dei libri per l’infanzia e nella grafica, sono tutti passaggi, conseguenti e intrecciati
l’uno all’altro, tali da formare quel personale cammino artistico che sfocia nei lavori destinati
all’Acquedotto come frutto della maturità artistica.
La passione per la cultura del passato che già dai primi anni del ‘900 aveva alimentato le sue
esperienze in svariati campi, trova nella committenza barese una rinnovata sperimentazione
nelle forme e nelle funzioni sia negli apparati tecnici che di rappresentanza. Nelle decorazioni
parietali elaborate negli ambienti di lavoro e negli appartamenti privati dell’edifico, Cambellotti
riprende antichi temi a lui congeniali come le fontane, il lavoro femminile, i cavalli che si
dissetano alle fonti, inventando ardite sintesi tra il romanico pugliese e il déco.
Il ciclo lavorativo del maestro, infatti, articolato in diverse fasi che definiscono il disegno
delle sale, le boiseries, la decorazione pittorica, i pavimenti, gli arredi, le luci, i tappeti, le
maniglie, rivela un’adesione sentimentale, una sorta di amore mai obliato verso quella storia
dell’antico ispirato dalle forme dei monumenti romanici pugliesi, castelli di un lontano passato
cavalleresco. E come nei castelli e nelle chiese medievali la rappresentazione delle storie sacre
e profane veniva affidata ad artisti famosi, a dipingere l'avvento dell'acqua in Puglia è Duilio
Cambellotti, la cui carriera artistica, nata in ambito modernista, intrisa degli ideali umanitari del
socialismo tardo ottocentesco, trova nelle vene pugliesi il guscio di mitologie tutte al femminile.
In questa mostra le porte del Palazzo si aprono dunque sulle stanze dove l'acqua scorre da
grossi vasi dipinti, dalle stele femminili di marmo sulle pareti, quasi divinità metafisiche, ieratiche
e silenziose, dispensatrici dell'acqua risucchiata dalle vene di un fiume “addomesticato”, fino
al trionfo del grande tubo dipinto sulle tele della Sala del Consiglio, trionfo della tecnologia
idraulica accompagnata dalla danza delle lavandaie che strizzano lunghi panni bianchi mentre
sugli ulivi sventolano al sole grandi bandiere di lenzuola messe ad asciugare.
Nel Palazzo delle Acque, pensato e allestito come una favola, gli arredi sono concepiti
come troni di rustiche principesse, gli armadi degli uffici stilizzate dispense di tesori sui quali
vegliano volti femminili dai capelli d'acqua madreperlata.
IL PALAZZO
Costruito fra il 1925 e il 1935, il palazzo progettato dall’ingegnere ravennate Cesare Brunetti
(Ravenna 1894 - Lecce 1962), si impone nel borgo murattiano per la maestosità dello stile
architettonico ispirato al romanico pugliese. L’esterno del Palazzo, con i quattro piani rivestiti
in pietra di Trani, contiene elementi architettonici chiaramente ispirati al vasto patrimonio civile
e religioso locale. Le massicce mensole a dentelli, su cui poggiano il balcone d’angolo tra via
Cognetti e via Fiume e quello che sovrasta il portale d’ingresso, evocano i sostegni scalati del
pronao a baldacchino della facciata di Santa Maria del Casale a Brindisi, una delle chiese più
importanti della regione, che fornisce spunti e riferimenti decorativi non soltanto architettonici.
La progettazione degli ambienti e degli arredi del Palazzo è opera del Maestro Duilio
Cambellotti, eclettico artista romano fra i più geniali del Novecento italiano, che donerà al
Palazzo uno stile inconfondibile, al tempo stesso severo e gioioso, facendone un vero e
proprio monumento all’acqua salubre. L’impegno di Cambellotti si articola in diverse fasi che
riguardano il disegno architettonico di alcune sale, la decorazione pittorica, i pavimenti, gli
arredi, completati dagli apparecchi di illuminazione, i tappeti e le maniglie per gli ambienti più
rappresentativi del primo piano e dell’appartamento del Presidente al secondo.
L’enorme patrimonio di mobili, conservatosi quasi integro, costituisce una preziosa
testimonianza della creatività dell’artista e dell’altissima qualità delle maestranze. Originali
nella forma e nella decorazione sono le scrivanie per la Sala del Consiglio e per lo Studio
del Presidente: elegante la prima, con il piano ovale intarsiato, poggiato su una base ad
archi; possente l’altra, che nella parte centrale semicilindrica, richiama apertamente i pulpiti
romanici in marmo scolpito. Gli intarsi in legno e in madreperla propongono ancora sintetiche
rappresentazioni degli alberi di ulivo, di donne con anfore e di scorci prospettici di Bari.
L’ARTISTA
Duilio Cambellotti nasce a Roma nel 1876. Nel 1896 si diploma al Museo Artistico Industriale di
Roma. I suoi primi lavori sono oggetti in metallo, lampade, gioielli e manifesti. Dal 1900 inizia a
frequentare il pedagogo Alessandro Marcucci con il quale sperimenta metodi educativi ispirati
ai principi del socialismo umanitario. Insieme daranno vita alle letture dantesche per le quali
Cambellotti disegnerà una serie di grandi carboncini. Nei primi anni del Novecento inizia ad
occuparsi di illustrazione, collaborando con importanti riviste tra cui “Italia ride”, “Fantasio”,
“Novissima” e a realizzare le prime sculture in bronzo.
Con Marcucci, Giovanni Cena, Angelo e Anna Celli, Sibilla Aleramo, s’impegna nell’opera di
alfabetizzazione degli abitanti delle campagne dell’Agro romano infestate dalla malaria. Per le
scuole dell’Agro, Cambellotti inventa decorazioni e illustra testi scolastici. Ancora con Marcucci
e con Cena, per l’Esposizione per il Cinquantenario dell’Unità d’Italia del 1911, organizza la
Mostra dell’Agro Romano progettando una grande capanna dell’Agro che arreda con mobili
intagliati dai contadini e con opere di Giacomo Balla e sue sculture tra cui il grande fregio “I
cavalli della palude pontina” (1910) e la “Conca dei bufali”.
Dal 1905 inizia la sua attività di scenografo e costumista per il teatro, un’esperienza che lo
accompagnerà per quarant’anni e che si svolgerà tra il Teatro Stabile e l’Opera di Roma, il
teatro all’aperto di Ostia antica e il Teatro Greco di Siracusa, realizzando alcuni spettacoli
memorabili come “La Nave” di Gabriele D’Annunzio del 1907.
Nel 1908 ha inizio l’importante esperienza legata alla rivista di taglio modernista “La Casa”, che
rappresenterà in ambito romano un reale tentativo di rinnovamento dell’arte e dell’architettura.
Da questa esperienza nasceranno i progetti e le decorazioni dei villini romani Bellacci (1908),
Vitale (1910), Pallottelli (1922) e De Grossi a Castelgandolfo (1915) e prenderà il via un
vitale sodalizio tra il gruppo di artisti legati a “La Casa” e il maestro vetraio Cesare Picchiarini.
Impegnato nel tentativo di ridar vita alla vetrata artistica dal punto di vista tecnico e decorativo,
il gruppo esporrà i risultati di queste ricerche in due importanti mostre a Roma (1912 e 1921) ed
alle Biennali Internazionali d’Arte Decorative di Monza del 1923 e del 1925.
All’attività artistica Cambellotti unisce quella di insegnante, iniziata nel 1908 e svolta
all’Accademia di Belle Arti, nelle scuole di ceramica di Civita Castellana e in quella Comunale
del San Michele, confluita in seguito nell’Istituto Professionale di Roma. L’interesse dell’artista
per la grafica si sviluppa nella cura editoriale e nell’illustrazione di collane e di libri pubblicati
dall’Istituto Editoriale Italiano, tra i moltissimi titoli: “Storie meravigliose” di N. Hawthorne (1912),
“Le mille e una notte” (1912-13).
Nel 1917 inizia a lavorare nel cinema, realizzando scenografie, costumi e cartelloni per il film
“Frate Sole”, al quale seguiranno, tra gli altri, “Gli ultimi giorni di Pompei” (1926), “La corona di
ferro” (1941) e “Fabiola” (1949), un’esperienza che si concluderà nel 1948 con gli studi per i
movimenti di scena del film “Il cielo sulla palude” di Augusto Genina.
Nel 1926 interviene per la prima volta nella decorazione di un edificio pubblico decorando
le Sale delle bandiere a Castel Sant’Angelo a Roma, a cui seguiranno la decorazione e gli
arredi della Sala del consiglio dell’Istituto Eastman (1933), quelli per il Palazzo dell’Acquedotto
Pugliese di Bari (1930-1934), della Prefettura di Ragusa (1933) e la Sala consiliare della
Prefettura e l’Aula del Palazzo di Giustizia a Latina (1934-1936).
Nel 1931 viene incaricato della decorazione e dell’arredo della sede dell’Acquedotto Pugliese
a Bari. La passione per la cultura del passato aveva ancorato Cambellotti ad un repertorio
di forme riecheggianti comunque la classicità, escludendolo dalle rotture necessarie
all’avanguardia; in questa occasione l’artista, già quasi sessantenne, riesce a rinnovarsi sia nel
suo filone “studio”, qui adattato a eleganti uffici di rappresentanza, sia nel suo filone “povero-
popolare” che trasforma in una esemplificata modernità per gli uffici tecnici. Nelle decorazioni
parietali riprende antichi temi prediletti come le lavandaie che strizzano i panni e i cavalli che si
abbeverano alle fonti. Negli arredi delle stanze destinate ai dirigenti inventa arditi connubi tra il
romanico pugliese e il déco. Le arcate che sorreggono l’Acquedotto e i ponti canali mantengono
un riferimento alla classicità, ma la cuspide, che alludeva al tetto, diventa l’onda dell’acqua, il
cui tema, nel complesso della decorazione, libera un sentimento di letizia e dinamicità. L’acqua
che scorre è resa concreta in rivoli di madreperla, marmi colorati, legni e bronzi. La varietà
di soluzioni attuate dall’artista testimonia un’attenta sintonia con la contemporaneità e una
professionale duttilità nella progettazione della vasta gamma gerarchica dei mobili richiesti dalla
committenza. È soprattutto negli ambienti destinati ai tecnici, dove mette le forme al servizio
della funzione abbandonando le simboliche ornamentazioni, che rivela un talento nuovo forse
anche stimolato dalla collaborazione con le grandi industrie ebanistiche Liporesi & C. e Bega di
Bologna. Quello dell’Acquedotto è un imponente corpus di circa 100 pezzi, composto da tavoli,
scrivanie, poltrone, armadi, possente e funzionale, sagomato con mano sapiente, conservato
pressoché intatto.
I suoi ultimi interventi sono per il Palazzo dell’Anagrafe a Roma (1938) e una grande Chimera
di ceramica smaltata modellata per il Palazzo Grande di Livorno (1952). Negli anni Cinquanta
l’artista continua a lavorare incessantemente, specialmente nella grafica e nel teatro.
Muore a Roma nel 1960.
Opere dell’artista, oltre che in numerose collezioni private, si conservano presso: Galleria
Comunale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna di
Roma, Museo Internazionale della Ceramica di Faenza, Comune di Latina, Museo Andrea e
Blanceflor Boncompagni Ludovisi di Roma, Istituto Nazionale per la Grafica di Roma, Museo del
Teatro dell’Opera di Roma, The Wolfsonian International University di Miami (Florida), Museo
di Arti decorative di Miami (Florida), Wolfsoniana Fondazione regionale per la Cultura e lo
Spettacolo di Genova.
26
febbraio 2015
Duilio Cambellotti – Le grazie e le virtù dell’acqua
Dal 26 febbraio al 14 giugno 2015
arte moderna
Location
PALAZZO DELL’ACQUEDOTTO PUGLIESE
Bari, Via Salvatore Cognetti, 36, (Bari)
Bari, Via Salvatore Cognetti, 36, (Bari)
Biglietti
intero 6,00 euro; ridotto A 4,00 euro (gruppi di almeno 15 unità); ridotto B 3,00 euro (6-18 anni);
Orario di apertura
da martedì a domenica e festivi 10.00 – 18.00. Chiuso lunedì non festivo. È possibile prenotare l’apertura straordinaria per visite riservate
Vernissage
26 Febbraio 2015, ore 17.30
Sito web
www.mostracambellotti.it
Editore
SILVANA EDITORIALE
Autore
Curatore