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E quindi uscimmo a riveder le stelle.
Nuova Galleria Morone presenta la Project Room: E quindi uscimmo a riveder le stelle di Jean-Marie Barotte, riflessione di un autore che ha saputo coniugare pittura e letteratura, ragionando sempre sul doppio registro del colore e della parola.
Comunicato stampa
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Nuova Galleria Morone presenta la Project Room: E quindi uscimmo a riveder le stelle di Jean-Marie Barotte, riflessione di un autore che ha saputo coniugare pittura e letteratura, ragionando sempre sul doppio registro del colore e della parola.
Che sia per il nerofumo delle candele o per il fondo opalescente della cenere delle notti e dei giorni, effimeri e scarni resti di una qualche combustione che lentamente ha consumato il senso delle cose prima ancora della loro densità di materia, il lavoro oggettuale di Jean Marie Barotte è profondamente infitto in qualcosa che somiglia a un’estasi d’impietosa introspezione, alla radice stessa del sentimento d’esistere.
Le sue immagini muovono da un territorio della coscienza espressiva che si direbbe prepittorico, o addirittura prelinguistico. I materiali visivi che le compongono e le inquietano rimandano difatti a un impulso profondo, a una sorta d’inconscio che sgorga dalle leggi primordiali del sangue e dell’istinto. Al punto che, quando le si incontra le prime volte, che siano tratte dal ciclo dedicato alla poetica della Noche oscura di Juan de la Cruz o da quello de Le voyage de l’âme o delle Méditations érotiques, vien fatto di pensare inevitabilmente a una versione più minimale, più cupa e assorta, della grande lezione dell’espressionismo astratto americano. Dando loro, però, il tempo di penetrarci, non è difficile accorgersi che questi suoi lavori concedono ben poco alle suggestioni del visivo e del materico, come invece accadeva per quella scuola. Sono anzi, ben al contrario, “poveri” di pittoricismi e sensibilismi, percorsi piuttosto da una essenzialità scabra, da una asciutta perentorietà che diviene tanto più sensibile quanto più rigorosa e scarna. Come un oscilloscopio dell’anima, come lo scarno tracciato di uno straordinario, fulminante sismografo emotivo. (da una presentazione di Giorgio Seveso)
Jean-Marie Barotte, nato a Milano nel 1954. Dopo una lunga esperienza nel teatro come attore nel gruppo ‘Cricot 2’ del regista e pittore Tadeusz Kantor, matura la decisione di dedicarsi alla pittura come sua nuova forma di espressione. Partendo da opere letterarie poetiche e filosofiche la sua pittura prende la forma di una meditazione.
Che sia per il nerofumo delle candele o per il fondo opalescente della cenere delle notti e dei giorni, effimeri e scarni resti di una qualche combustione che lentamente ha consumato il senso delle cose prima ancora della loro densità di materia, il lavoro oggettuale di Jean Marie Barotte è profondamente infitto in qualcosa che somiglia a un’estasi d’impietosa introspezione, alla radice stessa del sentimento d’esistere.
Le sue immagini muovono da un territorio della coscienza espressiva che si direbbe prepittorico, o addirittura prelinguistico. I materiali visivi che le compongono e le inquietano rimandano difatti a un impulso profondo, a una sorta d’inconscio che sgorga dalle leggi primordiali del sangue e dell’istinto. Al punto che, quando le si incontra le prime volte, che siano tratte dal ciclo dedicato alla poetica della Noche oscura di Juan de la Cruz o da quello de Le voyage de l’âme o delle Méditations érotiques, vien fatto di pensare inevitabilmente a una versione più minimale, più cupa e assorta, della grande lezione dell’espressionismo astratto americano. Dando loro, però, il tempo di penetrarci, non è difficile accorgersi che questi suoi lavori concedono ben poco alle suggestioni del visivo e del materico, come invece accadeva per quella scuola. Sono anzi, ben al contrario, “poveri” di pittoricismi e sensibilismi, percorsi piuttosto da una essenzialità scabra, da una asciutta perentorietà che diviene tanto più sensibile quanto più rigorosa e scarna. Come un oscilloscopio dell’anima, come lo scarno tracciato di uno straordinario, fulminante sismografo emotivo. (da una presentazione di Giorgio Seveso)
Jean-Marie Barotte, nato a Milano nel 1954. Dopo una lunga esperienza nel teatro come attore nel gruppo ‘Cricot 2’ del regista e pittore Tadeusz Kantor, matura la decisione di dedicarsi alla pittura come sua nuova forma di espressione. Partendo da opere letterarie poetiche e filosofiche la sua pittura prende la forma di una meditazione.
25
settembre 2014
E quindi uscimmo a riveder le stelle.
Dal 25 settembre al 15 novembre 2014
arte contemporanea
Location
NUOVA GALLERIA MORONE
Milano, Via Nerino, 3, (Milano)
Milano, Via Nerino, 3, (Milano)
Orario di apertura
da martedì a sabato ore 11-19
Vernissage
25 Settembre 2014, Ore 18.00
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