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Ecuador. Le Ande dipinte
Un piccolo patrimonio d’arte e di cultura raccolto dal Museo Nazionale della Montagna nel 1998 nel corso di una missione di ricerca lungo la dorsale andina e oggi patrimonio delle collezioni del Museo, che ha esposto in diverse sedi questa mostra, unica nel suo genere, curata da María Augusta Perez e Lorenzo Bersezio.
Comunicato stampa
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Un piccolo patrimonio d'arte e di cultura raccolto dal Museo Nazionale della Montagna nel 1998 nel corso di una missione di ricerca lungo la dorsale andina e oggi patrimonio delle collezioni del Museo, che ha esposto in diverse sedi questa mostra, unica nel suo genere, curata da María Augusta Perez e Lorenzo Bersezio.
I dipinti esposti sono stati realizzati dagli indios quichuas che vivono nella zona di Tigua, un gruppo di villaggi andini dell’Ecuador centro-settentrionale, distribuiti a una quota variabile tra i 3800 e i 4200 metri di altezza, nella fascia altitudinale ancora ricca di campi e coltivazioni che precede le praterie d’alta quota e le nevi perenni.
Le opere sono il frutto di una forma d’arte primitivista, con forti caratterizzazioni naïf, sviluppatasi autonomamente tra le alte montagne andine, al riparo da eccessivi contatti con il mondo occidentale.
La pittura Tigua ha una storia interessante. I primi quadri comparvero solo all’inizio degli anni ’70 del secolo scorso e derivavano direttamente dalle decorazioni tradizionali che gli abitanti dipingevano, fin da tempi immemorabili, sui tamburi e sui bombos utilizzati nelle feste dei villaggi andini. Di quell’antica e nobile origine i quadri attuali conservano quasi tutti gli elementi originali, che li rendono pezzi unici e irripetibili: l’intelaiatura in legno grezzo, i colori – semplici smalti lavabili di basso costo acquistati al mercato – e persino il supporto di base, costituito da pergamena di pecora opportunamente raschiata e lavata, e successivamente tesa e inchiodata saldamente alla cornice.
Dietro la fantasmagoria cromatica dei dipinti, lo spettatore vede dischiudersi la vita dei villaggi andini d’alta quota. Dinanzi agli occhi appaiono le scene più varie: i lavori nei campi, l’attività pastorale, i lavori domestici; ma anche cerimonie sciamaniche di purificazione dell’anima alle sorgenti, celebrazioni di matrimonio e funerali; situazioni in cui si mescolano ritualità cristiana, antiche credenze animistiche ed eventi mitologici di tradizione incaica. E poi, naturalmente, ci sono molte feste, come quella in occasione dell’Inti Raymi, l’antica Festa del Sole, tramutatasi, dopo la conversione al cattolicesimo, nella celebrazione del Corpus Christi; o quella della Notte Santa, cioè il Natale, o ancora dell’arrivo dei Re Magi. Infine non mancano le leggende: basta osservare la ripetuta presenza del condor o la bianca silouhette del Cotopaxi, il vulcano che sfiora i 6000 metri di quota. Curiosamente, molte delle cime dipinte mostrano un volto: sono montagne amiche.
I dipinti esposti sono stati realizzati dagli indios quichuas che vivono nella zona di Tigua, un gruppo di villaggi andini dell’Ecuador centro-settentrionale, distribuiti a una quota variabile tra i 3800 e i 4200 metri di altezza, nella fascia altitudinale ancora ricca di campi e coltivazioni che precede le praterie d’alta quota e le nevi perenni.
Le opere sono il frutto di una forma d’arte primitivista, con forti caratterizzazioni naïf, sviluppatasi autonomamente tra le alte montagne andine, al riparo da eccessivi contatti con il mondo occidentale.
La pittura Tigua ha una storia interessante. I primi quadri comparvero solo all’inizio degli anni ’70 del secolo scorso e derivavano direttamente dalle decorazioni tradizionali che gli abitanti dipingevano, fin da tempi immemorabili, sui tamburi e sui bombos utilizzati nelle feste dei villaggi andini. Di quell’antica e nobile origine i quadri attuali conservano quasi tutti gli elementi originali, che li rendono pezzi unici e irripetibili: l’intelaiatura in legno grezzo, i colori – semplici smalti lavabili di basso costo acquistati al mercato – e persino il supporto di base, costituito da pergamena di pecora opportunamente raschiata e lavata, e successivamente tesa e inchiodata saldamente alla cornice.
Dietro la fantasmagoria cromatica dei dipinti, lo spettatore vede dischiudersi la vita dei villaggi andini d’alta quota. Dinanzi agli occhi appaiono le scene più varie: i lavori nei campi, l’attività pastorale, i lavori domestici; ma anche cerimonie sciamaniche di purificazione dell’anima alle sorgenti, celebrazioni di matrimonio e funerali; situazioni in cui si mescolano ritualità cristiana, antiche credenze animistiche ed eventi mitologici di tradizione incaica. E poi, naturalmente, ci sono molte feste, come quella in occasione dell’Inti Raymi, l’antica Festa del Sole, tramutatasi, dopo la conversione al cattolicesimo, nella celebrazione del Corpus Christi; o quella della Notte Santa, cioè il Natale, o ancora dell’arrivo dei Re Magi. Infine non mancano le leggende: basta osservare la ripetuta presenza del condor o la bianca silouhette del Cotopaxi, il vulcano che sfiora i 6000 metri di quota. Curiosamente, molte delle cime dipinte mostrano un volto: sono montagne amiche.
21
luglio 2012
Ecuador. Le Ande dipinte
Dal 21 luglio al 14 ottobre 2012
arte etnica
Location
FORTE
Exilles, (Torino)
Exilles, (Torino)
Curatore