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Edoardo Pilutti – Nella carne e nella pietra
Edoardo Pilutti, pittore e psicologo attivo da tempo tra Venezia, dove è nato e Milano, dove risiede e lavora, è da sempre interessato all’indagine del rapporto tra arte e pensiero.
Comunicato stampa
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Riprende sabato 20 marzo 2010, alle ore 18.30, l’attività espositiva di Segnoperenne con la personale Nella carne e nella pietra dell’artista Edoardo Pilutti, a cura di Gaetano Salerno, presso lo Spazio Espositivo Voltolina di Mestre.
Edoardo Pilutti, pittore e psicologo attivo da tempo tra Venezia, dove è nato e Milano, dove risiede e lavora, è da sempre interessato all’indagine del rapporto tra arte e pensiero. Arriva a Segnoperenne dopo importanti esperienze espositive, personali e collettive (Bevilacqua La Masa di Venezia, Gipsoteca Antonio Canova di Possagno, Galleria d’Arte Moderna di Udine, Gipsoteca Libero Andreotti di Pescia; documentazione del suo lavoro presente presso l’Archivio Storico della Biennale di Venezia, il Kunsthistorisches Institut di Firenze, il Museo Delle Arti Palazzo Bandera) che negli anni hanno evidenziato una ricerca pittorica fortemente attratta dalla figura umana, per presentare una selezione di opere, di medio e grande formato, alcune inedite, incentrate sul tema della bellezza razionale epicurea, del corpo e dello spirito.
Scenari d’elezione di questa breve ma significativa selezione di lavori, rigorosamente risolti ad olio su tela, sono molti degli infiniti intermundia possibili, spiagge e isole lambite dalle acque e non-luoghi metaforici di leggende e racconti accaduti in contesti temporali sincronici incerti, espressione di valori assoluti e immortali come i templi dorici o ionici che in ogni tela costituiscono il punto di fuga dei nostri sguardi e lo scrigno delle nostre memorie cultuali e storiche.
L’equilibrio e il rigore compositivo ed un fine intellettualismo winckelmanniano che cita e riscopre l’antico senza copiare, costituiscono la cifra stilistica dell’artista che si fa interprete di un linguaggio evocativo classicheggiante, elegante e raffinato, simile per forma e imponenza alle armoniche costruzioni elleniche che nella solida certezza della colonna e dell’architrave esprimono la propria maestosità.
Nell’utopia della composizione che si avvale sempre di prospettive poco scorciate e sovrappone i piani compositivi annullando gli spazi e compattando i corpi, alla stregua di bassorilievi, sulle architetture, si intuiscono i valori eterni espressi dalla cultura classica greca, culla del pensiero moderno, in cui il concetto di bello, ancorato a canoni che ne ammettono e riconoscono l’esistenza solo all’interno di regole strutturali certe e riconoscibili, si omologa nella ripetizione di moduli commensurabili, di forme definite da principi euritmici.
Alle geometrie della perfezione euclidea e della bellezza programmabile e replicabile si contrappongono però, antiteticamente e violentemente, corpi bruniti dal sole, dalle anatomie molli e imperfette già in odore di ellenismo; alla durezza della pietra, simbolicamente rimandante a valori certi e immutabili, corrisponde il nudo di figure che si apprestano, nelle pose e nelle rilassatezze delle membra, nella naturalezza dello svelarsi e dell’offrirsi, a superare il rimando mitologico e divenire erotiche e terrene e le cui forme arrotondate, muliebri o virili, in un abile gioco di sbalzi cromatici che le relega al primissimo piano, rubano lo spazio alle scenografie di capricci desunti dall’artista da poemi omerici.
I colori appaiono nitidi ed eccessivi, resi brillanti e vividi da una luce calda, esterna e solare, che non disegna ombre e inserisce le immagini in una condizione esistenziale di prolungato presente, sospese in una bellezza epica che alimentata dalla vanagloria del Mito sopravvive eterna, dipanandosi ben oltre i confini mortali stabiliti dall’azione delle Moire.
Nei risvolti di pitture metafisiche Edoardo Pilutti organizza una ricerca che è apparentemente figurativa, in realtà immediatamente concettuale – al di là di percorsi indagativi iconologici –affrontando temi come il lento ma inesorabile fluire del tempo, la caducità della vita (e della carne) che di questo fluire ne è l’esempio più diretto e manifesto, l’inattaccabilità della pietra come eloquente esempio di una salvezza dell’anima suggerita indirettamente, non legata all’azione fisica piuttosto all’agire intellettuale.
Le rocce e il paesaggio naturale brullo divengono metafora di asperità esistenziali e insieme al marmo pentelico di glorie passate, unico appiglio lontano di un pensiero eudemonico, rendono angosciante la presenza umana che fiera svela il corpo talvolta celando il volto e continuando imperterrita a interpretare eventi non narrativi in cui traspaiono forti la solitudine, il silenzio, la riflessione imperturbabile di un pensiero prossimo all’atarassia.
Le figure, ingombranti e imponenti, sembrano dunque votate all’eterno dualismo tra la natura sacra di divinità antropomorfe e quella profana di esseri carnali in attesa di beatificata redenzione, in bilico - prigionieri di un Eden corruttibile - tra aspirazioni contrarie eppure complementari, fin quando un particolare lasciato sbadatamente nel quadro (un cappello, una scarpa, una macchina fotografica) le strappa dal mondo dei valori letterari ricollocandole nella realtà del quotidiano, una spiaggia mediterranea che è punto di partenza e di arrivo di percorsi esperienziali che sembrano prescindere dalla certezza della meta.
Edoardo Pilutti sarà presente durante la vernice di sabato 20 marzo 2010 e domenica 28 marzo, alle ore 18.00, per il consueto appuntamento di Segnoperenne Aperitivo in galleria con l’artista.
Edoardo Pilutti, pittore e psicologo attivo da tempo tra Venezia, dove è nato e Milano, dove risiede e lavora, è da sempre interessato all’indagine del rapporto tra arte e pensiero. Arriva a Segnoperenne dopo importanti esperienze espositive, personali e collettive (Bevilacqua La Masa di Venezia, Gipsoteca Antonio Canova di Possagno, Galleria d’Arte Moderna di Udine, Gipsoteca Libero Andreotti di Pescia; documentazione del suo lavoro presente presso l’Archivio Storico della Biennale di Venezia, il Kunsthistorisches Institut di Firenze, il Museo Delle Arti Palazzo Bandera) che negli anni hanno evidenziato una ricerca pittorica fortemente attratta dalla figura umana, per presentare una selezione di opere, di medio e grande formato, alcune inedite, incentrate sul tema della bellezza razionale epicurea, del corpo e dello spirito.
Scenari d’elezione di questa breve ma significativa selezione di lavori, rigorosamente risolti ad olio su tela, sono molti degli infiniti intermundia possibili, spiagge e isole lambite dalle acque e non-luoghi metaforici di leggende e racconti accaduti in contesti temporali sincronici incerti, espressione di valori assoluti e immortali come i templi dorici o ionici che in ogni tela costituiscono il punto di fuga dei nostri sguardi e lo scrigno delle nostre memorie cultuali e storiche.
L’equilibrio e il rigore compositivo ed un fine intellettualismo winckelmanniano che cita e riscopre l’antico senza copiare, costituiscono la cifra stilistica dell’artista che si fa interprete di un linguaggio evocativo classicheggiante, elegante e raffinato, simile per forma e imponenza alle armoniche costruzioni elleniche che nella solida certezza della colonna e dell’architrave esprimono la propria maestosità.
Nell’utopia della composizione che si avvale sempre di prospettive poco scorciate e sovrappone i piani compositivi annullando gli spazi e compattando i corpi, alla stregua di bassorilievi, sulle architetture, si intuiscono i valori eterni espressi dalla cultura classica greca, culla del pensiero moderno, in cui il concetto di bello, ancorato a canoni che ne ammettono e riconoscono l’esistenza solo all’interno di regole strutturali certe e riconoscibili, si omologa nella ripetizione di moduli commensurabili, di forme definite da principi euritmici.
Alle geometrie della perfezione euclidea e della bellezza programmabile e replicabile si contrappongono però, antiteticamente e violentemente, corpi bruniti dal sole, dalle anatomie molli e imperfette già in odore di ellenismo; alla durezza della pietra, simbolicamente rimandante a valori certi e immutabili, corrisponde il nudo di figure che si apprestano, nelle pose e nelle rilassatezze delle membra, nella naturalezza dello svelarsi e dell’offrirsi, a superare il rimando mitologico e divenire erotiche e terrene e le cui forme arrotondate, muliebri o virili, in un abile gioco di sbalzi cromatici che le relega al primissimo piano, rubano lo spazio alle scenografie di capricci desunti dall’artista da poemi omerici.
I colori appaiono nitidi ed eccessivi, resi brillanti e vividi da una luce calda, esterna e solare, che non disegna ombre e inserisce le immagini in una condizione esistenziale di prolungato presente, sospese in una bellezza epica che alimentata dalla vanagloria del Mito sopravvive eterna, dipanandosi ben oltre i confini mortali stabiliti dall’azione delle Moire.
Nei risvolti di pitture metafisiche Edoardo Pilutti organizza una ricerca che è apparentemente figurativa, in realtà immediatamente concettuale – al di là di percorsi indagativi iconologici –affrontando temi come il lento ma inesorabile fluire del tempo, la caducità della vita (e della carne) che di questo fluire ne è l’esempio più diretto e manifesto, l’inattaccabilità della pietra come eloquente esempio di una salvezza dell’anima suggerita indirettamente, non legata all’azione fisica piuttosto all’agire intellettuale.
Le rocce e il paesaggio naturale brullo divengono metafora di asperità esistenziali e insieme al marmo pentelico di glorie passate, unico appiglio lontano di un pensiero eudemonico, rendono angosciante la presenza umana che fiera svela il corpo talvolta celando il volto e continuando imperterrita a interpretare eventi non narrativi in cui traspaiono forti la solitudine, il silenzio, la riflessione imperturbabile di un pensiero prossimo all’atarassia.
Le figure, ingombranti e imponenti, sembrano dunque votate all’eterno dualismo tra la natura sacra di divinità antropomorfe e quella profana di esseri carnali in attesa di beatificata redenzione, in bilico - prigionieri di un Eden corruttibile - tra aspirazioni contrarie eppure complementari, fin quando un particolare lasciato sbadatamente nel quadro (un cappello, una scarpa, una macchina fotografica) le strappa dal mondo dei valori letterari ricollocandole nella realtà del quotidiano, una spiaggia mediterranea che è punto di partenza e di arrivo di percorsi esperienziali che sembrano prescindere dalla certezza della meta.
Edoardo Pilutti sarà presente durante la vernice di sabato 20 marzo 2010 e domenica 28 marzo, alle ore 18.00, per il consueto appuntamento di Segnoperenne Aperitivo in galleria con l’artista.
20
marzo 2010
Edoardo Pilutti – Nella carne e nella pietra
Dal 20 marzo al 02 aprile 2010
arte contemporanea
Location
STUDIO LUIGI VOLTOLINA
Venezia, Calle Della Testa, 1, (Venezia)
Venezia, Calle Della Testa, 1, (Venezia)
Orario di apertura
ore 16.00 – 19.30 fuori degli orari di apertura la mostra è visitabile previo appuntamento telefonico
Vernissage
20 Marzo 2010, ore 18.30
Sito web
www.segnoperenne.it
Autore
Curatore