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EdRo / Rio – Site specific
Questa esposizione nasce dall’intenzione di dare forma tangibile a un legame artistico onesto e vitale: quello tra EdRo (Adriano Rossi) e RIO (Roberto Pesenti).
Comunicato stampa
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Questa esposizione nasce dall’intenzione di dare forma tangibile a un legame artistico onesto e vitale: quello tra EdRo (Adriano Rossi) e RIO (Roberto Pesenti). I due hanno percorso spalla a spalla gli ultimi due anni, sostenendosi nelle sfide individuali e condividendo ispirazioni e risultati, nonché esperimenti e delusioni. E’ quindi con grande naturalezza, quasi per necessità, che è nata l’intenzione di progettare un’esposizione “a quattro mani”, qualcosa che nascesse in tutto e per tutto dalla loro collaborazione.
Fin dall’inizio, di fronte all’ampiezza dello spazio espositivo, era emersa la volontà di occuparlo in modo “ingombrante”, senza risparmiarsi, sfogando un desiderio di grandi proporzioni ancora insoddisfatto per entrambi. La prima linea conduttrice elaborata abbracciava la passione per i materiali di recupero, spesso “fradici” di vissuto e di espressività, con l’intento di progettare ampi assemblaggi coronati da interventi ispirati all’arte stradale contemporanea, articolata ben oltre il semplice graffitismo e gonfia di potenzialità ancora inespresse.
Fondamentale è stato il secondo impatto con lo spazio: con le idee più chiare e uno sguardo più attento si è colto il peso innegabile dei difetti strutturali ed estetici della sala. Un semplice lavoro di collocazione delle opere, per quanto attento e sottile, avrebbe sofferto enormemente la miriade di elementi di disturbo che avrebbero compromesso la neutralità dell’ambiente di fronte alle opere stesse: infissi ingombranti e visivamente troppo incisivi, con quelle grate e quel nero imponente; la grande parete a soffietto grigia sul fondo, così diversa cromaticamente e nella sua mancanza di solidità rispetto ai muri veri e propri; le invadenti uscite di sicurezza; le pareti centrali, così anomale nella loro disposizione e sormontate da colonne che mal comunicano con la squadratura della controsoffittatura e delle grate, e così via..
Da questi presupposti è nata la scelta di elaborare una serie di interventi strettamente legati allo spazio espositivo (da cui il titolo), con l’intenzione di integrare quest’ultimo nell’esposizione, sfruttando le potenzialità comunicative degli elementi strutturali stessi, in quanto non sarebbero comunque mancati dall’intervenire sulla fruizione delle opere, qualunque esse fossero state.
Anche cromaticamente si è scelto di mantenere la stessa logica, adottando i tre colori già presenti (bianco, nero e grigio) e affiancandoli con un rosso fluo di grande impatto. Se la messa in gioco dei primi tre è utile alla creazione di un cordone che unisce gli artisti allo spazio, il rosso rappresenta l’affermazione del loro intervento e della loro temporanea vittoria sullo spazio stesso, sottomesso a veicolo, a strumento funzionale all’esposizione.
Nella stessa ottica è stata ricercata con attenzione l’imposizione della fisicità delle opere all’interno della sala, vincolando il fruitore ad un rapporto di sottile costrizione. Ci si trova così a dover aggirare le opere, ad attraversarle, a subirne l’imponenza o a farsene avvolgere. Il risultato vuole essere una fruizione amplificata da un confronto con le opere più coinvolgente, forse anche più ludico, attraverso una personale monumentalità.
L’ispirazione di RIO ed EdRo trae linfa da ambiti ben definiti, quali la scuola minimalista americana, l’arte povera, quella stradale, nonché da una sfrenata passione per i semilavorati industriali e comunque per i materiali artificiali in genere. Ne sono nate opere ibride, ma dirette e efficaci nel tradurre attraverso originali rielaborazioni la realtà che ci circonda, quella della pubblicità e dei panorami industriali e stradali, dei loghi e dei rifiuti, nella quale l’artificiosità s’impone e il senso del bello si distorce.
EdRo (Adriano Rossi, 1970) RIO (Roberto Pesenti, 1984)
Fin dall’inizio, di fronte all’ampiezza dello spazio espositivo, era emersa la volontà di occuparlo in modo “ingombrante”, senza risparmiarsi, sfogando un desiderio di grandi proporzioni ancora insoddisfatto per entrambi. La prima linea conduttrice elaborata abbracciava la passione per i materiali di recupero, spesso “fradici” di vissuto e di espressività, con l’intento di progettare ampi assemblaggi coronati da interventi ispirati all’arte stradale contemporanea, articolata ben oltre il semplice graffitismo e gonfia di potenzialità ancora inespresse.
Fondamentale è stato il secondo impatto con lo spazio: con le idee più chiare e uno sguardo più attento si è colto il peso innegabile dei difetti strutturali ed estetici della sala. Un semplice lavoro di collocazione delle opere, per quanto attento e sottile, avrebbe sofferto enormemente la miriade di elementi di disturbo che avrebbero compromesso la neutralità dell’ambiente di fronte alle opere stesse: infissi ingombranti e visivamente troppo incisivi, con quelle grate e quel nero imponente; la grande parete a soffietto grigia sul fondo, così diversa cromaticamente e nella sua mancanza di solidità rispetto ai muri veri e propri; le invadenti uscite di sicurezza; le pareti centrali, così anomale nella loro disposizione e sormontate da colonne che mal comunicano con la squadratura della controsoffittatura e delle grate, e così via..
Da questi presupposti è nata la scelta di elaborare una serie di interventi strettamente legati allo spazio espositivo (da cui il titolo), con l’intenzione di integrare quest’ultimo nell’esposizione, sfruttando le potenzialità comunicative degli elementi strutturali stessi, in quanto non sarebbero comunque mancati dall’intervenire sulla fruizione delle opere, qualunque esse fossero state.
Anche cromaticamente si è scelto di mantenere la stessa logica, adottando i tre colori già presenti (bianco, nero e grigio) e affiancandoli con un rosso fluo di grande impatto. Se la messa in gioco dei primi tre è utile alla creazione di un cordone che unisce gli artisti allo spazio, il rosso rappresenta l’affermazione del loro intervento e della loro temporanea vittoria sullo spazio stesso, sottomesso a veicolo, a strumento funzionale all’esposizione.
Nella stessa ottica è stata ricercata con attenzione l’imposizione della fisicità delle opere all’interno della sala, vincolando il fruitore ad un rapporto di sottile costrizione. Ci si trova così a dover aggirare le opere, ad attraversarle, a subirne l’imponenza o a farsene avvolgere. Il risultato vuole essere una fruizione amplificata da un confronto con le opere più coinvolgente, forse anche più ludico, attraverso una personale monumentalità.
L’ispirazione di RIO ed EdRo trae linfa da ambiti ben definiti, quali la scuola minimalista americana, l’arte povera, quella stradale, nonché da una sfrenata passione per i semilavorati industriali e comunque per i materiali artificiali in genere. Ne sono nate opere ibride, ma dirette e efficaci nel tradurre attraverso originali rielaborazioni la realtà che ci circonda, quella della pubblicità e dei panorami industriali e stradali, dei loghi e dei rifiuti, nella quale l’artificiosità s’impone e il senso del bello si distorce.
EdRo (Adriano Rossi, 1970) RIO (Roberto Pesenti, 1984)
13
luglio 2010
EdRo / Rio – Site specific
Dal 13 al 31 luglio 2010
arte contemporanea
Location
POLAREXPO
Bergamo, Via Del Polaresco, 15, (Bergamo)
Bergamo, Via Del Polaresco, 15, (Bergamo)
Vernissage
13 Luglio 2010, ore 18.30
Autore