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Edward Hopper
Per la prima volta, Milano e Roma rendono omaggio all’intera carriera di Edward Hopper (1882-1967) il più popolare e noto artista americano del XX secolo con una grande mostra antologica, senza precedenti in Italia, che
comprende più di 160 opere.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Per la prima volta in Italia, Milano e Roma rendono omaggio all’intera carriera di Edward Hopper (1882-1967) il più popolare e noto artista americano del XX secolo, con una grande rassegna antologica senza precedenti nel nostro paese.
La mostra presenta oltre 160 opere, tra cui celebri capolavori come Summer Interior (1909), Pennsylvania Coal Town (1947), Morning Sun (1952), Second Story Sunlight (1960),
A Woman in the Sun (1961) e diversi quadri mai esposti, come la bellissima Girlie Show (1941). Un percorso che attraversa tutta la produzione di Hopper e tutte le tecniche di un artista considerato oggi un grande classico della pittura del Novecento.
L’evento è promosso dal Comune di Milano - Cultura e dalla Fondazione Roma in collaborazione con il Whitney Museum of American Art di New York e la Fondation de l’Hermitage di Losanna.
La tappa milanese è organizzata e coordinata da Palazzo Reale e Arthemisia Group.
La rassegna si terrà a Palazzo Reale a Milano dal 14 ottobre 2009 al 31 gennaio 2010 e sarà sponsorizzata dal Gruppo Roche, azienda leader nell'area della salute.
Subito dopo la mostra si terrà a Roma, presso il Museo della Fondazione Roma, dal 16 febbraio al 13 giugno 2010, e presso la Fondation de l’Hermitage di Losanna, dal 25 giugno al 17 ottobre.
L’evento Hopper vede inoltre realizzarsi, eccezionalmente, una partnership culturale tra il Comune di Milano e la Fondazione Roma, nel segno di uno spirito sinergico che rappresenta la prima di una serie di collaborazioni che vedranno protagonisti insieme l’Amministrazione Comunale del Sindaco Letizia Moratti e la Fondazione Roma, presieduta dal Prof. Avv. Emmanuele Francesco Maria Emanuele.
“È con immenso piacere e grande soddisfazione che inauguriamo oggi un importante percorso di collaborazione tra il Comune di Milano e la Fondazione Roma con la presentazione della prima grande antologica italiana dedicata ad Edward Hopper - spiegano Letizia Moratti e Emmanuele Francesco Maria Emanuele - Si tratta di un progetto di altissimo livello culturale che coinvolge un ente pubblico e uno dei maggiori protagonisti della vita culturale italiana e internazionale uniti dalla passione e dall’amore per l’arte e la cultura”.
L’artista
Nato e cresciuto a Nyack una piccola cittadina nello Stato di New York, Hopper studia per un breve periodo illustrazione e poi pittura alla New York School of Art con i leggendari maestri William Merritt Chase e Robert Henri. Si reca in Europa tre volte (dal 1906 al 1907, nel 1909 e nel 1910) e soprattutto le esperienze parigine lasciano in lui un segno indelebile, alimentando quel sentimento francofilo che non lo avrebbe mai abbandonato, anche dopo essersi stabilito definitivamente a New York, dal 1913.
Alto un metro e novanta, nonostante la forte presenza fisica, era famoso per la sua reticenza, scriveva o parlava pochissimo del suo lavoro. Scomparso all’età di ottantaquattro anni, la sua arte gode della stima della critica e del pubblico nel corso di tutta la carriera, nonostante il successo dei nuovi movimenti d’avanguardia, dal Surrealismo all’Espressionismo astratto, alla Pop art.
Nel 1948 la rivista “Look” lo nomina uno dei migliori pittori americani; nel 1950 il Whitney Museum organizza un’importante retrospettiva su di lui e nel 1956 il “Time” gli dedica la copertina.
Nel 1967, l’anno della sua morte, rappresenta gli Stati Uniti alla prestigiosa Bienal di São Paulo.
Da allora, l’opera di Hopper è stata celebrata in diverse mostre e ha ispirato innumerevoli pittori, poeti e registi. Eloquente il tributo del grande John Updike che in un saggio del 1995, definisce i suoi quadri “calmi, silenti, stoici, luminosi, classici”.
La mostra
La storia di Edward Hopper è indissolubilmente legata al Whitney Museum of American Art che ospitò varie mostre dell’artista, dalla prima nel 1920 al Whitney Studio Club a quelle memorabili nel museo, del 1960, 1964 e 1980. Dal 1968, grazie al lascito della vedova Josephine, il Whitney ospita tutta l’eredità dell’artista: oltre 3000 opere tra dipinti, disegni e incisioni.
A cura di Carter Foster, conservatore del Whitney Museum che ha concesso per l’occasione il nucleo più consistente di opere, la rassegna, realizzata con il coordinamento scientifico di Carol Troyen, vanta tuttavia altri importanti prestiti dal Brooklyn Museum of Art di New York, dal Terra Foundation for American Art di Chicago e dal Columbus Museum of Art.
Suddivisa in sette sezioni, seguendo un ordine tematico e cronologico, l’esposizione italiana ripercorre tutta la produzione di Hopper, dalla formazione accademica agli anni in cui studiava a Parigi, fino al periodo “classico” e più noto degli anni ‘30, ‘40 e ’50, per concludere con le grandi e intense immagini degli ultimi anni. Il percorso prende in esame tutte le tecniche predilette dall’artista: l’olio, l’acquerello e l’incisione, con particolare attenzione all’affascinante rapporto che lega i disegni preparatori ai dipinti: un aspetto fondamentale della sua produzione fino ad ora ancora poco considerato nelle rassegne a lui dedicate.
Le prime sezioni “Autoritratti”, “Formazione e prime opere. Hopper illustratore” e “Hopper a Parigi” illustrano un gruppo di promettenti autoritratti, le opere del periodo accademico e quindi gli schizzi inondati di luce e le opere del periodo parigino, come il noto dipinto Soir Bleu (1914). La sala dedicata a “La definizione dell’immagine: Hopper incisore”, con capolavori fra cui Night Shadows (1921) e Evening Wind (1921), mette in evidenza la sua tecnica elegante e quel “senso di incredibile potenzialità dell’esperienza quotidiana” che riscuote grande successo e che segna l’inizio di una felice carriera.
Nella sezione titolata “L’elaborazione di Hopper: dal disegno alla tela”, che celebra la straordinaria mano di Hopper disegnatore e il suo metodo di lavoro, viene presentato un gruppo significativo di disegni preparatori per esempio per Morning Sun (1952) e per il precedente New York Movie (1939), nei cui bozzetti si può vedere chiaramente come prenda forma la figura femminile: all’inizio è quasi un ritratto della moglie Jo (sua unica modella) per poi giungere alla “maschera” del cinema - uno dei temi prediletti dall’artista - assorta nei suoi pensieri e bella come una diva. Questa sezione svela quanto il “realismo hopperiano” sia spesso il frutto di una sintesi di più immagini e situazioni colte in tempi e luoghi diversi e non una semplice riproduzione dal vero. In mostra eccezionalmente anche uno dei suoi i famosi taccuini, l’Artist’s Ledger Book III, che riempiva insieme alla moglie, dove si vedono abbozzati molti dei suoi dipinti a olio.
Nelle sale dedicate a “L’erotismo di Hopper” la mostra riunisce invece alcune delle più significative immagini di donne in stati contemplativi, perlopiù nude o semi svestite, da sole e in interni, che insieme alle opere della sezione "L’essenza dell’artista. Tempo, luogo e memoria" illustrano al meglio la poetica dell’artista, il suo discreto realismo e soprattutto l’abilità nel rivelare la bellezza nei soggetti più comuni, usando spesso un taglio cinematografico, molto apprezzato dalla critica.
Hopper è stato per lungo tempo associato a suggestive immagini di edifici urbani e alle persone che vi abitavano, ma più che i grattacieli – emblemi delle aspirazioni dell’età del jazz – egli preferiva le fatiscenti facciate rosse di negozi anonimi e i ponti meno conosciuti. Tra i suoi soggetti favoriti vi sono scorci di vita nei tranquilli appartamenti della middle class, spesso intravisti dietro le finestre da un treno in corsa, immagini di tavole calde, sale di cinema, divenute delle vere e proprie icone, come testimoniano alcuni celebri capolavori esposti: Cape Cod Sunset (1934), Second Story Sunlight (1960) e A Woman in the Sun (1961). Hopper realizza anche notevoli acquerelli, durante le estati trascorse a Gloucester (Massachusetts), nel Maine, e a partire dal 1930, a Truro (Cape Cod). Difficile vedere il mare in quelle opere che raffigurano piuttosto dune di sabbia arse dal sole, fari e modesti cottage, animati da sensuosi contrasti di luce e ombra. Dipinti che evocano sempre delle storie pur lasciando irrisolte le motivazioni dei personaggi.
La mostra è arricchita di un importante apparato fotografico, biografico e storico, in cui viene ripercorsa la storia americana dagli anni ’20 agli anni ’60 del XX secolo: la grande crisi, il sogno dei Kennedy, il boom economico. Un’occasione dunque per capire meglio anche la nuova crisi di oggi e l’America di Barack Obama.
Installazione Friday, 29th August 1952, 6 A.M., New York
La mostra di Edward Hopper vuole guardare alle persone come “soggetti attivi”, piuttosto che come “consumatori”, al fine di creare un evento che sia prima di tutto un’esperienza unica e coinvolgente per il visitatore.
Con questo intento, la mostra ospita eccezionalmente e per la prima volta in Italia un’installazione interattiva e multimediale di Gustav Deutsch, noto film-maker e video artista austriaco (Vienna 1952), autore di innumerevoli film, video e performance in tutto il mondo.
Voluta da Arthemisia, in accordo con Palazzo Reale di Milano, l’installazione dal titolo Friday, 29th August 1952, 6 A.M., New York farà entrare fisicamente i visitatori nel mondo di Hopper grazie alla ricostruzione della scenografia raffigurata nel dipinto Morning sun (1952). Tutti potranno diventare i protagonisti del dipinto, entrando sul “set” e muovendosi a piacimento come attori di brevi rappresentazioni, filmate da una telecamera e proiettate su uno schermo.
Percorsi didattici
Un esclusivo e accattivante percorso didattico a cura di Francesca Valan è rivolto a tutti i bambini e i ragazzi (5-14 anni) in visita alla mostra. Per chi vorrà seguire le tappe del processo creativo di Hopper, sarà a disposizione all’ingresso un bellissimo taccuino che riproduce in scala quello utilizzato dall’artista, con tutte le indicazioni per avventurarsi nel suo mondo. I più piccoli (2-5 anni) accompagnati dai genitori potranno invece cimentarsi in una divertente caccia al tesoro seguendo le indicazioni su alcune speciali cartoline.
Nel catalogo, edito da Skira, i saggi di: Carter Foster, Carol Troyen, Sasha Nicholas, Goffredo Fofi, Demetrio Paparoni, Luigi Sampietro.
La mostra presenta oltre 160 opere, tra cui celebri capolavori come Summer Interior (1909), Pennsylvania Coal Town (1947), Morning Sun (1952), Second Story Sunlight (1960),
A Woman in the Sun (1961) e diversi quadri mai esposti, come la bellissima Girlie Show (1941). Un percorso che attraversa tutta la produzione di Hopper e tutte le tecniche di un artista considerato oggi un grande classico della pittura del Novecento.
L’evento è promosso dal Comune di Milano - Cultura e dalla Fondazione Roma in collaborazione con il Whitney Museum of American Art di New York e la Fondation de l’Hermitage di Losanna.
La tappa milanese è organizzata e coordinata da Palazzo Reale e Arthemisia Group.
La rassegna si terrà a Palazzo Reale a Milano dal 14 ottobre 2009 al 31 gennaio 2010 e sarà sponsorizzata dal Gruppo Roche, azienda leader nell'area della salute.
Subito dopo la mostra si terrà a Roma, presso il Museo della Fondazione Roma, dal 16 febbraio al 13 giugno 2010, e presso la Fondation de l’Hermitage di Losanna, dal 25 giugno al 17 ottobre.
L’evento Hopper vede inoltre realizzarsi, eccezionalmente, una partnership culturale tra il Comune di Milano e la Fondazione Roma, nel segno di uno spirito sinergico che rappresenta la prima di una serie di collaborazioni che vedranno protagonisti insieme l’Amministrazione Comunale del Sindaco Letizia Moratti e la Fondazione Roma, presieduta dal Prof. Avv. Emmanuele Francesco Maria Emanuele.
“È con immenso piacere e grande soddisfazione che inauguriamo oggi un importante percorso di collaborazione tra il Comune di Milano e la Fondazione Roma con la presentazione della prima grande antologica italiana dedicata ad Edward Hopper - spiegano Letizia Moratti e Emmanuele Francesco Maria Emanuele - Si tratta di un progetto di altissimo livello culturale che coinvolge un ente pubblico e uno dei maggiori protagonisti della vita culturale italiana e internazionale uniti dalla passione e dall’amore per l’arte e la cultura”.
L’artista
Nato e cresciuto a Nyack una piccola cittadina nello Stato di New York, Hopper studia per un breve periodo illustrazione e poi pittura alla New York School of Art con i leggendari maestri William Merritt Chase e Robert Henri. Si reca in Europa tre volte (dal 1906 al 1907, nel 1909 e nel 1910) e soprattutto le esperienze parigine lasciano in lui un segno indelebile, alimentando quel sentimento francofilo che non lo avrebbe mai abbandonato, anche dopo essersi stabilito definitivamente a New York, dal 1913.
Alto un metro e novanta, nonostante la forte presenza fisica, era famoso per la sua reticenza, scriveva o parlava pochissimo del suo lavoro. Scomparso all’età di ottantaquattro anni, la sua arte gode della stima della critica e del pubblico nel corso di tutta la carriera, nonostante il successo dei nuovi movimenti d’avanguardia, dal Surrealismo all’Espressionismo astratto, alla Pop art.
Nel 1948 la rivista “Look” lo nomina uno dei migliori pittori americani; nel 1950 il Whitney Museum organizza un’importante retrospettiva su di lui e nel 1956 il “Time” gli dedica la copertina.
Nel 1967, l’anno della sua morte, rappresenta gli Stati Uniti alla prestigiosa Bienal di São Paulo.
Da allora, l’opera di Hopper è stata celebrata in diverse mostre e ha ispirato innumerevoli pittori, poeti e registi. Eloquente il tributo del grande John Updike che in un saggio del 1995, definisce i suoi quadri “calmi, silenti, stoici, luminosi, classici”.
La mostra
La storia di Edward Hopper è indissolubilmente legata al Whitney Museum of American Art che ospitò varie mostre dell’artista, dalla prima nel 1920 al Whitney Studio Club a quelle memorabili nel museo, del 1960, 1964 e 1980. Dal 1968, grazie al lascito della vedova Josephine, il Whitney ospita tutta l’eredità dell’artista: oltre 3000 opere tra dipinti, disegni e incisioni.
A cura di Carter Foster, conservatore del Whitney Museum che ha concesso per l’occasione il nucleo più consistente di opere, la rassegna, realizzata con il coordinamento scientifico di Carol Troyen, vanta tuttavia altri importanti prestiti dal Brooklyn Museum of Art di New York, dal Terra Foundation for American Art di Chicago e dal Columbus Museum of Art.
Suddivisa in sette sezioni, seguendo un ordine tematico e cronologico, l’esposizione italiana ripercorre tutta la produzione di Hopper, dalla formazione accademica agli anni in cui studiava a Parigi, fino al periodo “classico” e più noto degli anni ‘30, ‘40 e ’50, per concludere con le grandi e intense immagini degli ultimi anni. Il percorso prende in esame tutte le tecniche predilette dall’artista: l’olio, l’acquerello e l’incisione, con particolare attenzione all’affascinante rapporto che lega i disegni preparatori ai dipinti: un aspetto fondamentale della sua produzione fino ad ora ancora poco considerato nelle rassegne a lui dedicate.
Le prime sezioni “Autoritratti”, “Formazione e prime opere. Hopper illustratore” e “Hopper a Parigi” illustrano un gruppo di promettenti autoritratti, le opere del periodo accademico e quindi gli schizzi inondati di luce e le opere del periodo parigino, come il noto dipinto Soir Bleu (1914). La sala dedicata a “La definizione dell’immagine: Hopper incisore”, con capolavori fra cui Night Shadows (1921) e Evening Wind (1921), mette in evidenza la sua tecnica elegante e quel “senso di incredibile potenzialità dell’esperienza quotidiana” che riscuote grande successo e che segna l’inizio di una felice carriera.
Nella sezione titolata “L’elaborazione di Hopper: dal disegno alla tela”, che celebra la straordinaria mano di Hopper disegnatore e il suo metodo di lavoro, viene presentato un gruppo significativo di disegni preparatori per esempio per Morning Sun (1952) e per il precedente New York Movie (1939), nei cui bozzetti si può vedere chiaramente come prenda forma la figura femminile: all’inizio è quasi un ritratto della moglie Jo (sua unica modella) per poi giungere alla “maschera” del cinema - uno dei temi prediletti dall’artista - assorta nei suoi pensieri e bella come una diva. Questa sezione svela quanto il “realismo hopperiano” sia spesso il frutto di una sintesi di più immagini e situazioni colte in tempi e luoghi diversi e non una semplice riproduzione dal vero. In mostra eccezionalmente anche uno dei suoi i famosi taccuini, l’Artist’s Ledger Book III, che riempiva insieme alla moglie, dove si vedono abbozzati molti dei suoi dipinti a olio.
Nelle sale dedicate a “L’erotismo di Hopper” la mostra riunisce invece alcune delle più significative immagini di donne in stati contemplativi, perlopiù nude o semi svestite, da sole e in interni, che insieme alle opere della sezione "L’essenza dell’artista. Tempo, luogo e memoria" illustrano al meglio la poetica dell’artista, il suo discreto realismo e soprattutto l’abilità nel rivelare la bellezza nei soggetti più comuni, usando spesso un taglio cinematografico, molto apprezzato dalla critica.
Hopper è stato per lungo tempo associato a suggestive immagini di edifici urbani e alle persone che vi abitavano, ma più che i grattacieli – emblemi delle aspirazioni dell’età del jazz – egli preferiva le fatiscenti facciate rosse di negozi anonimi e i ponti meno conosciuti. Tra i suoi soggetti favoriti vi sono scorci di vita nei tranquilli appartamenti della middle class, spesso intravisti dietro le finestre da un treno in corsa, immagini di tavole calde, sale di cinema, divenute delle vere e proprie icone, come testimoniano alcuni celebri capolavori esposti: Cape Cod Sunset (1934), Second Story Sunlight (1960) e A Woman in the Sun (1961). Hopper realizza anche notevoli acquerelli, durante le estati trascorse a Gloucester (Massachusetts), nel Maine, e a partire dal 1930, a Truro (Cape Cod). Difficile vedere il mare in quelle opere che raffigurano piuttosto dune di sabbia arse dal sole, fari e modesti cottage, animati da sensuosi contrasti di luce e ombra. Dipinti che evocano sempre delle storie pur lasciando irrisolte le motivazioni dei personaggi.
La mostra è arricchita di un importante apparato fotografico, biografico e storico, in cui viene ripercorsa la storia americana dagli anni ’20 agli anni ’60 del XX secolo: la grande crisi, il sogno dei Kennedy, il boom economico. Un’occasione dunque per capire meglio anche la nuova crisi di oggi e l’America di Barack Obama.
Installazione Friday, 29th August 1952, 6 A.M., New York
La mostra di Edward Hopper vuole guardare alle persone come “soggetti attivi”, piuttosto che come “consumatori”, al fine di creare un evento che sia prima di tutto un’esperienza unica e coinvolgente per il visitatore.
Con questo intento, la mostra ospita eccezionalmente e per la prima volta in Italia un’installazione interattiva e multimediale di Gustav Deutsch, noto film-maker e video artista austriaco (Vienna 1952), autore di innumerevoli film, video e performance in tutto il mondo.
Voluta da Arthemisia, in accordo con Palazzo Reale di Milano, l’installazione dal titolo Friday, 29th August 1952, 6 A.M., New York farà entrare fisicamente i visitatori nel mondo di Hopper grazie alla ricostruzione della scenografia raffigurata nel dipinto Morning sun (1952). Tutti potranno diventare i protagonisti del dipinto, entrando sul “set” e muovendosi a piacimento come attori di brevi rappresentazioni, filmate da una telecamera e proiettate su uno schermo.
Percorsi didattici
Un esclusivo e accattivante percorso didattico a cura di Francesca Valan è rivolto a tutti i bambini e i ragazzi (5-14 anni) in visita alla mostra. Per chi vorrà seguire le tappe del processo creativo di Hopper, sarà a disposizione all’ingresso un bellissimo taccuino che riproduce in scala quello utilizzato dall’artista, con tutte le indicazioni per avventurarsi nel suo mondo. I più piccoli (2-5 anni) accompagnati dai genitori potranno invece cimentarsi in una divertente caccia al tesoro seguendo le indicazioni su alcune speciali cartoline.
Nel catalogo, edito da Skira, i saggi di: Carter Foster, Carol Troyen, Sasha Nicholas, Goffredo Fofi, Demetrio Paparoni, Luigi Sampietro.
13
ottobre 2009
Edward Hopper
Dal 13 ottobre 2009 al 31 gennaio 2010
arte contemporanea
Location
PALAZZO REALE DI MILANO
Milano, Piazza Del Duomo, 12, (Milano)
Milano, Piazza Del Duomo, 12, (Milano)
Biglietti
Intero 9,00 euro Ridotto 7,50 euro Ridotto scuole € 4,50
Orario di apertura
tutti i giorni ore 9.30-19.30 lunedì ore 14.30-19.30 giovedì ore 9.30-22.30 la biglietteria chiude un'ora prima L'esposizione resterà aperta durante le festività con i seguenti orari >
24 dicembre > 9.30 - 14.00 / 25 dicembre > 14.30 - 19.30 / 26 dicembre > 9.30 - 22.30
31 dicembre > 9.30 - 14.00 / 1 gennaio > 14.30 - 19.30 / 6 gennaio > 9.30 - 19.30
Vernissage
13 Ottobre 2009, ore 18.30 su invito
Sito web
www.edwardhopper.it
Editore
SKIRA
Ufficio stampa
ARTHEMISIA
Ufficio stampa
LUCIA CRESPI
Autore
Curatore