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Egidio Colombo / Natale De Luca – I pittori delle terre
Comunicato stampa
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Era il lontano 25 luglio 1976 quando a Voltaggio, nella Sala d'Arte “Il Tobbio”, fu allestita la prima mostra di Pittura Sperimentale realizzata da un gruppo di artisti che presero in seria considerazione la possibilità di lavorare con colori ricavati unicamente da terre naturali. L'idea di redigere il manifesto “Con la Natura nella Natura” maturò in questi otto artisti: Andrea Bagnasco, Egidio Colombo, Natale De Luca, Pier Luigi Gualco, Carlo Molinari, Oreste Piastra, Lorenzo Repetto, Roberto Verardo, tutti motivati in uguale misura a utilizzare unicamente le terre.
È corretto ricordare che le terre a cui si riferiva questo movimento artistico erano pigmenti recuperati nelle campagne, nel greto del torrente e nelle colline attorno a Voltaggio. Un ritorno all'antico, alla pittura rinascimentale, ai colori usati tra il Quattrocento e il Cinquecento, come la terra verde di Verona, il blu oltremare, il cinabro, il giallo di Napoli, tanto per citarne alcuni, erano in uso nelle botteghe dei più importanti artisti di quel tempo. Quei colori furono parte importante nella storia dell'Arte Rinascimentale italiana, mentre ciò che in maniera più semplice, ma non semplicistica, andò allestendo questo gruppo di pittori era cogliere e sfruttare colori appartenenti esclusivamente al nostro territorio.
Questa scelta poneva seri limiti alla scala cromatica, fu penalizzante, mise in condizione d'inferiorità ogni esecuzione pittorica e spingeva il gruppo ad indirizzare le poche risorse in un contesto esclusivamente naturalistico dal quale emergesse chiara una poetica, povera di valori cromatici, ma ricca di contenuti “naturalistici”.
Per consolidare e dare l'avvio a questo periodo storico di pittura sperimentale fu eseguita un’opera lunga 35 metri, un’opera grandiosa dunque a tutti gli effetti a cui presero parte solo cinque degli otto artisti iniziali.
Ora, entrando un poco di più nei particolari e osservando le opere, si rileva da subito che le cromie di cui trattiamo avevano una lavorazione particolarmente semplice che prevedeva l'utilizzo dei pigmenti naturali con aggiunta di acqua e collanti vinilici.
Oggi a testimonianza di quel gruppo sono rimasti Egidio Colombo e Natale De Luca e questa mostra mette in risalto l'impegno e la costanza di quel periodo fantastico fatto di ricerca e di sperimentazione, sicuramente unica nel suo genere.
Colombo si può considerare uno degli artefici di quella “sfida”, fece suo il desiderio che veicolò l'idea iniziale, mantenne quel contatto pittorico che lo rese tutt'uno con gli altri ma cercò di trovare risposte aderenti a una ricerca personale che mirava a privilegiare il contesto agreste.
Cercò di trasmette ciò che lui ha sempre percepito in prima persona attraverso un'attitudine operativa il cui risultato auspicasse al raggiungimento di un messaggio ambientale a misura d'uomo. Per esprimere questo suo sentire e per facilitarne la comprensione, ha strutturato un impianto pittorico, basato sulla tematica informale, fatta di cromie essenziali che miravano a trasmettere una forte denuncia in difesa della natura. Colombo cercò di focalizzare l'attenzione su questo importante tema, percorse una via persuasiva parallela a quell'attitudine “proustiana” che lavora sulla memoria, sulla percezione, sull'impalpabile evanescenza di ciò che ci circonda, metafora allusiva ad uno spaccato temporale che ciclicamente rigenera e si rigenera. Questo è ciò che si percepisce nelle sue opere, lì risiede il forte contenuto naturalistico che lega a filo doppio la condizione irreversibile tra l'uomo e il mondo che lo circonda, quel sentire la natura nelle sue forme, assaporarne la bellezza, coglierne l'essenza.
La partecipazione al gruppo delle terre di De Luca fu un vero e proprio modo per innovare e cambiare in un certo senso la sua pittura. Dal figurativo informale trovò, nell'uso delle terre, una nuova dimensione espressiva che lo avvicinò sensibilmente all'espressionismo astratto. I lavori entrarono dunque in una dimensione intimistica, dove né i colori ad olio né gli acrilici gli permisero di raggiungere quello che in cuor suo da tempo maturava. Quel periodo di grande fervore e intuizione artistica gli permise di orientarsi su un modello espressivo, immaginario intimistico.
Una via di fuga dal concetto accademico di pittura, si trattò allora di realizzare un’astrazione lontana dalla lettura formalista per trovare una risposta personale basata su presupposti meditativi, in cui trasparisse la dimensione spirituale.
I colori così tenui, rilassanti, statici fornirono tutti i requisiti per esteriorizzare qualcosa che non appartenesse ad alcun codice o tempo, e con tecnica, pensiero e passione coltivarono una profondità di profili presi a prestito dal tessuto del mondo.
In conclusione a questi supposti ragionamenti bisogna far ricorso all'Idea socratica che non giunge dall'esterno ma deve germogliare nell'intimo e per far sì che nasca negli altri occorre agire con loro come fa l'agricoltore con la terra: prepara il suolo, semina, cura i germogli protegge gli steli. (Testo critico a cura di Silvio Seghi)
È corretto ricordare che le terre a cui si riferiva questo movimento artistico erano pigmenti recuperati nelle campagne, nel greto del torrente e nelle colline attorno a Voltaggio. Un ritorno all'antico, alla pittura rinascimentale, ai colori usati tra il Quattrocento e il Cinquecento, come la terra verde di Verona, il blu oltremare, il cinabro, il giallo di Napoli, tanto per citarne alcuni, erano in uso nelle botteghe dei più importanti artisti di quel tempo. Quei colori furono parte importante nella storia dell'Arte Rinascimentale italiana, mentre ciò che in maniera più semplice, ma non semplicistica, andò allestendo questo gruppo di pittori era cogliere e sfruttare colori appartenenti esclusivamente al nostro territorio.
Questa scelta poneva seri limiti alla scala cromatica, fu penalizzante, mise in condizione d'inferiorità ogni esecuzione pittorica e spingeva il gruppo ad indirizzare le poche risorse in un contesto esclusivamente naturalistico dal quale emergesse chiara una poetica, povera di valori cromatici, ma ricca di contenuti “naturalistici”.
Per consolidare e dare l'avvio a questo periodo storico di pittura sperimentale fu eseguita un’opera lunga 35 metri, un’opera grandiosa dunque a tutti gli effetti a cui presero parte solo cinque degli otto artisti iniziali.
Ora, entrando un poco di più nei particolari e osservando le opere, si rileva da subito che le cromie di cui trattiamo avevano una lavorazione particolarmente semplice che prevedeva l'utilizzo dei pigmenti naturali con aggiunta di acqua e collanti vinilici.
Oggi a testimonianza di quel gruppo sono rimasti Egidio Colombo e Natale De Luca e questa mostra mette in risalto l'impegno e la costanza di quel periodo fantastico fatto di ricerca e di sperimentazione, sicuramente unica nel suo genere.
Colombo si può considerare uno degli artefici di quella “sfida”, fece suo il desiderio che veicolò l'idea iniziale, mantenne quel contatto pittorico che lo rese tutt'uno con gli altri ma cercò di trovare risposte aderenti a una ricerca personale che mirava a privilegiare il contesto agreste.
Cercò di trasmette ciò che lui ha sempre percepito in prima persona attraverso un'attitudine operativa il cui risultato auspicasse al raggiungimento di un messaggio ambientale a misura d'uomo. Per esprimere questo suo sentire e per facilitarne la comprensione, ha strutturato un impianto pittorico, basato sulla tematica informale, fatta di cromie essenziali che miravano a trasmettere una forte denuncia in difesa della natura. Colombo cercò di focalizzare l'attenzione su questo importante tema, percorse una via persuasiva parallela a quell'attitudine “proustiana” che lavora sulla memoria, sulla percezione, sull'impalpabile evanescenza di ciò che ci circonda, metafora allusiva ad uno spaccato temporale che ciclicamente rigenera e si rigenera. Questo è ciò che si percepisce nelle sue opere, lì risiede il forte contenuto naturalistico che lega a filo doppio la condizione irreversibile tra l'uomo e il mondo che lo circonda, quel sentire la natura nelle sue forme, assaporarne la bellezza, coglierne l'essenza.
La partecipazione al gruppo delle terre di De Luca fu un vero e proprio modo per innovare e cambiare in un certo senso la sua pittura. Dal figurativo informale trovò, nell'uso delle terre, una nuova dimensione espressiva che lo avvicinò sensibilmente all'espressionismo astratto. I lavori entrarono dunque in una dimensione intimistica, dove né i colori ad olio né gli acrilici gli permisero di raggiungere quello che in cuor suo da tempo maturava. Quel periodo di grande fervore e intuizione artistica gli permise di orientarsi su un modello espressivo, immaginario intimistico.
Una via di fuga dal concetto accademico di pittura, si trattò allora di realizzare un’astrazione lontana dalla lettura formalista per trovare una risposta personale basata su presupposti meditativi, in cui trasparisse la dimensione spirituale.
I colori così tenui, rilassanti, statici fornirono tutti i requisiti per esteriorizzare qualcosa che non appartenesse ad alcun codice o tempo, e con tecnica, pensiero e passione coltivarono una profondità di profili presi a prestito dal tessuto del mondo.
In conclusione a questi supposti ragionamenti bisogna far ricorso all'Idea socratica che non giunge dall'esterno ma deve germogliare nell'intimo e per far sì che nasca negli altri occorre agire con loro come fa l'agricoltore con la terra: prepara il suolo, semina, cura i germogli protegge gli steli. (Testo critico a cura di Silvio Seghi)
30
ottobre 2021
Egidio Colombo / Natale De Luca – I pittori delle terre
Dal 30 ottobre al 13 novembre 2021
arte contemporanea
Location
SATURA – PALAZZO STELLA
Genova, Piazza Stella, 5/1, (Genova)
Genova, Piazza Stella, 5/1, (Genova)
Orario di apertura
dal martedì al venerdì ore 9:30–13:00 / 15:00–19:00
sabato ore 15:00–19:00
Vernissage
30 Ottobre 2021, ore 16:00
Autore
Curatore