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Egidio Del Bianco – le forme del pensiero
Libere e fluide forme, sospese tra la visione razionale e l’astrazione ideale, costituiscono la tessitura grafica e pittorica realizzata con limpida misura e raffinata manualità da Egidio Del Bianco, cresciuto, artisticamente parlando, sotto l’alto magistero dello scultore Umberto Peschi, il futurista che si fece “tarlo” per scoprire l’essenza e l’anima della materia.
Comunicato stampa
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Libere e fluide forme, sospese tra la visione razionale e l’astrazione ideale, costituiscono la tessitura grafica e pittorica realizzata con limpida misura e raffinata manualità da Egidio Del Bianco, cresciuto, artisticamente parlando, sotto l’alto magistero dello scultore Umberto Peschi, il futurista che si fece “tarlo” per scoprire l’essenza e l’anima della materia.
Dopo lungo e fervido operare Del Bianco sente l’esigenza di sostare in silente raccoglimento all’ombra dei propri pensieri e di ritrovare il sentimento del tempo e le sue implicazioni, restituendo alla ricerca artistica un’accezione originaria, scientifica e umanistica. In questo contesto mentale e psicologico egli parla con i segni, danza con i simboli, riscopre d’incanto Le divine proporzioni, formulando con ordine logico e freschezza d’immagine “ipotesi di lavoro” correlate al pensiero matematico e ai principi della “sezione aurea” teorizzati fin dall’antichità (vedi Pitagora, Platone, Euclide, poi Luca Pacioli, Keplero ed altri). E come per incanto tornano a svelarsi i famosi solidi platonici (tetraedo, cubo, ottaedro, dodecaedro, icosaedro) che per la loro perfetta composizione e il rapporto armonico con lo spazio sono considerati elementi costitutivi dell’universo e simboli dell’assoluto. Da qui la “divina proporzione” descritta da Piero della Francesca in De Prospectiva pingendi e De quinque corporibus regularibus ed esaltata da Leonardo nel celebre Uomo di Vitruvio. I codici geometrici proporzionali e il concetto stesso di bellezza, molto amati dagli artisti del Rinascimento, saranno ripresi in epoche successive, sia pure con esiti a volte difformi e contrastanti (Salvador Dalì, Munch, Schiele, Bacon). Del Bianco si muove lungo questo versante riscoprendo la purezza e la simmetria delle figure tridimensionali, i significati nascosti e i valori esoterici ad esse attribuite. E come il filosofo ateniese egli affida al dodecaedro stellato (stella octangula) il ruolo guida della sua recente e mirabile produzione. Indicativo in tal senso il dipinto del poliedro raffigurato al centro di uno spazio blu profondo, il colore del sogno e del mistero. Altre volte il solido “di-segnato” riaffiora da un collage di luce dorata, delimitato ai margini da trepidanti segni sospesi e da leggere tracce di colore, quasi fossero messaggi cifrati provenienti dal cosmo. Il cielo stellato del Giotto di Assisi e la splendente pittura bizantina tornano a manifestarsi e fondersi in una scrittura pittorica di segni simbolici e forme in libera sospensione: il cerchio, il triangolo, le linee rette, intersecate, curvilinee, le piramidi, il pentagramma musicale, la clessidra del tempo, le cuspidi dei palazzi, le scale tracciate nel vuoto ed ogni altro motivo geometrico e convenzionale, figurato e astratto, che allude a progetti, studi, architetture e riflette nel contempo le sollecitazioni emotive, sensoriali, psicologiche. Sono squarci pulsanti d’umanità, frammenti di una cultura classica che permeano di respiro profondo una iconologia meditata, evocata e cullata in grembo al pensiero evoluto che si apre al logos di una visione unica e originale per significato e per stile. L’indagine, per nulla estemporanea e superficiale, si rivela in linea con una scelta estetica di fondo già presente nei primi lavori. Rovistando in laboratorio sono venuti alla luce infatti alcuni disegni a pennarello, datati 1985, dove si rincorrono segni, impronte e colori similari: allora il giallo e l’azzurro, oggi l’oro e il blu, come a scandire la continuità linguistica e la conflittualità esistente “tra il sacro e il profano, tra la razionalità e l’inconscio”, come lui stesso chiama le ambivalenze del vissuto. Entro questi binari paralleli si snoda il suo percorso artistico che trova smalto e definizione nel presente, memoria nel passato, proiezione nel futuro. I lavori dell’esordio e queste opere ultime in mostra vengono a confermare la propensione a privilegiare sempre la qualità del segno e la nobiltà della ricerca, come si evince anche dalle sculture dove il simbolismo mentale e l’umanesimo conclamato si compenetrano nell’euritmia della forma e nella dimensione dello spazio. Ad una attenta analisi non sfugge come queste minute e preziose opere grafiche e pittoriche costituiscano testimonianze vivide di una appassionata ricerca estetica, modelli significanti dello scavo mentale e psicologico di un artista contemporaneo che nel ritorno alle origini e alle “divine proporzioni” ritrova la logica del pensiero e l’impulso di una rinnovata creatività.
Alvaro Valentini
Macerata Giugno 2010
Dopo lungo e fervido operare Del Bianco sente l’esigenza di sostare in silente raccoglimento all’ombra dei propri pensieri e di ritrovare il sentimento del tempo e le sue implicazioni, restituendo alla ricerca artistica un’accezione originaria, scientifica e umanistica. In questo contesto mentale e psicologico egli parla con i segni, danza con i simboli, riscopre d’incanto Le divine proporzioni, formulando con ordine logico e freschezza d’immagine “ipotesi di lavoro” correlate al pensiero matematico e ai principi della “sezione aurea” teorizzati fin dall’antichità (vedi Pitagora, Platone, Euclide, poi Luca Pacioli, Keplero ed altri). E come per incanto tornano a svelarsi i famosi solidi platonici (tetraedo, cubo, ottaedro, dodecaedro, icosaedro) che per la loro perfetta composizione e il rapporto armonico con lo spazio sono considerati elementi costitutivi dell’universo e simboli dell’assoluto. Da qui la “divina proporzione” descritta da Piero della Francesca in De Prospectiva pingendi e De quinque corporibus regularibus ed esaltata da Leonardo nel celebre Uomo di Vitruvio. I codici geometrici proporzionali e il concetto stesso di bellezza, molto amati dagli artisti del Rinascimento, saranno ripresi in epoche successive, sia pure con esiti a volte difformi e contrastanti (Salvador Dalì, Munch, Schiele, Bacon). Del Bianco si muove lungo questo versante riscoprendo la purezza e la simmetria delle figure tridimensionali, i significati nascosti e i valori esoterici ad esse attribuite. E come il filosofo ateniese egli affida al dodecaedro stellato (stella octangula) il ruolo guida della sua recente e mirabile produzione. Indicativo in tal senso il dipinto del poliedro raffigurato al centro di uno spazio blu profondo, il colore del sogno e del mistero. Altre volte il solido “di-segnato” riaffiora da un collage di luce dorata, delimitato ai margini da trepidanti segni sospesi e da leggere tracce di colore, quasi fossero messaggi cifrati provenienti dal cosmo. Il cielo stellato del Giotto di Assisi e la splendente pittura bizantina tornano a manifestarsi e fondersi in una scrittura pittorica di segni simbolici e forme in libera sospensione: il cerchio, il triangolo, le linee rette, intersecate, curvilinee, le piramidi, il pentagramma musicale, la clessidra del tempo, le cuspidi dei palazzi, le scale tracciate nel vuoto ed ogni altro motivo geometrico e convenzionale, figurato e astratto, che allude a progetti, studi, architetture e riflette nel contempo le sollecitazioni emotive, sensoriali, psicologiche. Sono squarci pulsanti d’umanità, frammenti di una cultura classica che permeano di respiro profondo una iconologia meditata, evocata e cullata in grembo al pensiero evoluto che si apre al logos di una visione unica e originale per significato e per stile. L’indagine, per nulla estemporanea e superficiale, si rivela in linea con una scelta estetica di fondo già presente nei primi lavori. Rovistando in laboratorio sono venuti alla luce infatti alcuni disegni a pennarello, datati 1985, dove si rincorrono segni, impronte e colori similari: allora il giallo e l’azzurro, oggi l’oro e il blu, come a scandire la continuità linguistica e la conflittualità esistente “tra il sacro e il profano, tra la razionalità e l’inconscio”, come lui stesso chiama le ambivalenze del vissuto. Entro questi binari paralleli si snoda il suo percorso artistico che trova smalto e definizione nel presente, memoria nel passato, proiezione nel futuro. I lavori dell’esordio e queste opere ultime in mostra vengono a confermare la propensione a privilegiare sempre la qualità del segno e la nobiltà della ricerca, come si evince anche dalle sculture dove il simbolismo mentale e l’umanesimo conclamato si compenetrano nell’euritmia della forma e nella dimensione dello spazio. Ad una attenta analisi non sfugge come queste minute e preziose opere grafiche e pittoriche costituiscano testimonianze vivide di una appassionata ricerca estetica, modelli significanti dello scavo mentale e psicologico di un artista contemporaneo che nel ritorno alle origini e alle “divine proporzioni” ritrova la logica del pensiero e l’impulso di una rinnovata creatività.
Alvaro Valentini
Macerata Giugno 2010
27
giugno 2010
Egidio Del Bianco – le forme del pensiero
Dal 27 giugno al 04 luglio 2010
arte contemporanea
Location
W5
Corridonia, Via Garibaldi, 5, (Macerata)
Corridonia, Via Garibaldi, 5, (Macerata)
Autore