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Elda Longo – Après le voyage
Scatti fotografici ingranditi e riproposti con una tecnica che unisce metodi informatici d’avanguardia con le classiche tessere del mosaico vitreo.
Comunicato stampa
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In questa mostra alcuni monumenti, stazioni, ponti delle città italiane vengono “maggiorati” di una dimensione fantastica e onirica che muta continuamente in relazione alla distanza da cui si guarda. Quasi una sorta di realtà aumentata ottenuta dall'elaborazione di scatti fotografici ingranditi e riproposti con una tecnica che unisce metodi informatici d'avanguardia con le classiche tessere del mosaico vitreo.
In occasione dell'inaugurazione Valerio Vado dell'ensemble Reverie eseguirà "Après le voyage" - musica per chitarra sulle opere di Elda Longo
Après le voyage
Mimma Pasqua
Quanto l’ambiente familiare e il tempo influenzano la nostra storia?
L’ambiente in cui Elda Longo vive e si forma è permeato di cultura.
Il padre le trasmette l’amore per la lettura, la madre quello per l’arte.
Fughiamo ogni sospetto di determinismo. L’ambiente non ci fa, ma contribuisce a fare di noi quel che siamo. Il luogo è un piccolo borgo, Cleto, prossimo alla costa tirrenica meridionale della Calabria. Al confine fra la provincia di Cosenza e quella di Catanzaro, è dominato dalle rovine di un castello e dal mare che si scorge da lontano. Il tempo: gli anni ’90.
Nel suo dna un gene: quello dell’emigrante/viaggiatore.
La migrazione come destino la porta a Roma dove frequenta l’Accademia di Belle Arti e lavora come designer. E poi Milano, New York, Londra.
Le radici si sono espanse e hanno gettato in altre parti del mondo, sicchè la sua storia è quella di una figlia del suo tempo.
La sua pittura è all’inizio figurativa e canonica; segue le tracce della tradizione.
E’ accurata, conosce le regole accademiche e non se ne discosta. C’è bisogno di tempo, di maturare certezze prima di affrontare l’ignoto e trasgredire.
Intanto l’attività performativa, sperimentata a Roma, le permette di realizzare la messa in scena dei sentimenti e delle emozioni che urgono.
La frequentazione del mondo dell’arte e la fame esperenziale le consentono di accumulare conoscenze.
Il lavoro di designer e il contatto con la realtà americana la portano verso un uso sempre più sicuro e senza remore della tecnica digitale.
Sono pronte le premesse perché sulle radici e sulla tradizione si innestino forme nuove di linguaggio.
Il percorso che l’artista sceglie è segnato, poiché oggi si riscopre quanto è già storia e lo si elabora con vesti e modalità del nostro tempo.
Parte dalla Pop Art e dai retinati di Lichtenstein, che riproducono la tecnica del fumetto e che scuotono l’arte portandola di peso nella società dei consumi e determinando un cambiamento stilistico che le reca nuova linfa. Arriva all’arte mediale: la fotografia e il video. Quest’ultimo è il mezzo che le permette di raccontarsi, compiendo un’operazione di autopoiesi.
Sono riprese che hanno come punto di vista il sé, tanto che la cinepresa è posta sulla fronte dell’artista che si guarda percorrere un cammino, che dagli anfratti, le gallerie profonde, gli scorci impensati dei ruderi di un castello la porterà fino al mare dove tutto è nato (chi non ricorda le immagini finali bellissime de “I quattrocento colpi” di Truffaut?), non senza aver prima simbolicamente distrutto stagioni di vita e di un sé, forse troppo idealizzato, e averne ricostruite altre, destinate a loro volta alla distruzione, premessa di ulteriore rinascita.
L’artista non è mai estraneo al suo tempo.
Ha le antenne per percepirne gli umori nascosti; è come la squaw che poggiando l’orecchio per terra sente i rumori lontani. I suoi occhi hanno lo sguardo lungo e fremono di presentimenti.
La realtà esplorata da Elda Longo è quella quotidiana, che nella sua familiarità pensiamo di conoscere e di cui ci sfugge il senso.
Quella notturna, ricercata e indagata sulle strade di Roma, delle prostitute ferme ai bordi dei viali, cose senza valore da gettare via una volta usate.
Una realtà che il cinema ha indagato più volte e che l’arte ha scelto come soggetto più raramente.
Corpi in esposizione come quelli, più rassicuranti, su una spiaggia in pieno sole.
Storie banali, fotografate, stampate e rese memorabili.
La fotografia definisce la realtà, sospende il tempo e la rende eterna.
Ma mentre l’artista la riprende è già ricordo.
E il ricordo offusca la vista e rende tremolanti i contorni. E’ allora che la Longo interviene e la elabora digitalmente e, con effetto pixel, la scompone e frammenta come la pittura dei puntinisti francesi della seconda metà dell’ottocento, che rivestono la vita di magia immobilizzandola in un fermo immagine ante litteram.
E’ la realtà digitale. La scoperta di un mondo nuovo impensabile e affascinante nelle sue innumerevoli possibilità, ma anche rifugio dal vivere che rischia di isolarci dal mondo.
Con un’operazione di aggancio al reale, Elda Longo dà un tocco di vita all’immaginario virtuale, trasformando i pixel in tessere di un mosaico.
Tessere di vetro e di maiolica, di materia viva e vera da toccare e da esperire con la vista e col tatto, dando prove innegabili della loro esistenza.
Che cosa portiamo con noi dopo un viaggio?
Le immagini di un luogo sono rappresentate dai monumenti evocanti Storia e che conferiscono identità a quel posto dove ci siano fermati, magari per poche ore, per poi proseguire il viaggio.
In un mondo globale, che sembra diventato la nostra casa e la cui totale percorribilità, in tempi incredibili solo un secolo fa, è scandita dagli scali aerei, questi luoghi che il viaggiatore percorre hanno perso il loro simbolismo relazionale e affettivo.
La stazione Centrale di Milano, piazza Plebiscito a Napoli, piazza della Signoria a Firenze, il Ponte di Rialto a Venezia, il Colosseo a Roma, il Duomo di Cosenza e per finire il piccolo borgo di Cleto, dove il cammino è iniziato, sono le tappe di un viaggio attraverso il tempo e lo spazio che l’artista presenta e mostra alla galleria Quintocortile a Milano. Ormai solo attimi fugaci di transito.
Nient’altro che immagini. Non luoghi come i mall, le stazioni di servizio e le autostrade.
Anche questo racconta lo scintillio seduttivo delle minuscole tessere delle opere di Elda Longo.
La tecnica musiva, scelta dall’artista, è d’altra parte un richiamo alle radici storiche e al lavoro frutto di certosina pazienza, degli antichi artigiani del mosaico ed è nel contempo il luogo della ricostruzione dell’immagine, decostruita dai pixel.
Un lavoro di ricreazione della realtà e del sé. Un’autopoiesi.
Un border line fra presente e passato.
Un hic et nunc che è già un altrove.
Questo lungo percorso di ricerca ha oggi un approdo temporaneo, poiché il viaggio prosegue, nella mostra “Après le voyage” concepita come un’installazione in cui le immagini appaiono su fondo nero a guisa di realtà fantasmatiche, emerse dal profondo, che catturano lo sguardo guidandolo verso il cammino dei ricordi e delle emozioni.
Attraverso il tempo e lo spazio
Attraverso il tempo
e attraverso il mondo.
Mi ritrovo sui ponti e sulle strade,
nei fiumi e sulle montagne,
fra i monumenti e i non luoghi.
E sono io.
Mimma Pasqua
In occasione dell'inaugurazione Valerio Vado dell'ensemble Reverie eseguirà "Après le voyage" - musica per chitarra sulle opere di Elda Longo
Après le voyage
Mimma Pasqua
Quanto l’ambiente familiare e il tempo influenzano la nostra storia?
L’ambiente in cui Elda Longo vive e si forma è permeato di cultura.
Il padre le trasmette l’amore per la lettura, la madre quello per l’arte.
Fughiamo ogni sospetto di determinismo. L’ambiente non ci fa, ma contribuisce a fare di noi quel che siamo. Il luogo è un piccolo borgo, Cleto, prossimo alla costa tirrenica meridionale della Calabria. Al confine fra la provincia di Cosenza e quella di Catanzaro, è dominato dalle rovine di un castello e dal mare che si scorge da lontano. Il tempo: gli anni ’90.
Nel suo dna un gene: quello dell’emigrante/viaggiatore.
La migrazione come destino la porta a Roma dove frequenta l’Accademia di Belle Arti e lavora come designer. E poi Milano, New York, Londra.
Le radici si sono espanse e hanno gettato in altre parti del mondo, sicchè la sua storia è quella di una figlia del suo tempo.
La sua pittura è all’inizio figurativa e canonica; segue le tracce della tradizione.
E’ accurata, conosce le regole accademiche e non se ne discosta. C’è bisogno di tempo, di maturare certezze prima di affrontare l’ignoto e trasgredire.
Intanto l’attività performativa, sperimentata a Roma, le permette di realizzare la messa in scena dei sentimenti e delle emozioni che urgono.
La frequentazione del mondo dell’arte e la fame esperenziale le consentono di accumulare conoscenze.
Il lavoro di designer e il contatto con la realtà americana la portano verso un uso sempre più sicuro e senza remore della tecnica digitale.
Sono pronte le premesse perché sulle radici e sulla tradizione si innestino forme nuove di linguaggio.
Il percorso che l’artista sceglie è segnato, poiché oggi si riscopre quanto è già storia e lo si elabora con vesti e modalità del nostro tempo.
Parte dalla Pop Art e dai retinati di Lichtenstein, che riproducono la tecnica del fumetto e che scuotono l’arte portandola di peso nella società dei consumi e determinando un cambiamento stilistico che le reca nuova linfa. Arriva all’arte mediale: la fotografia e il video. Quest’ultimo è il mezzo che le permette di raccontarsi, compiendo un’operazione di autopoiesi.
Sono riprese che hanno come punto di vista il sé, tanto che la cinepresa è posta sulla fronte dell’artista che si guarda percorrere un cammino, che dagli anfratti, le gallerie profonde, gli scorci impensati dei ruderi di un castello la porterà fino al mare dove tutto è nato (chi non ricorda le immagini finali bellissime de “I quattrocento colpi” di Truffaut?), non senza aver prima simbolicamente distrutto stagioni di vita e di un sé, forse troppo idealizzato, e averne ricostruite altre, destinate a loro volta alla distruzione, premessa di ulteriore rinascita.
L’artista non è mai estraneo al suo tempo.
Ha le antenne per percepirne gli umori nascosti; è come la squaw che poggiando l’orecchio per terra sente i rumori lontani. I suoi occhi hanno lo sguardo lungo e fremono di presentimenti.
La realtà esplorata da Elda Longo è quella quotidiana, che nella sua familiarità pensiamo di conoscere e di cui ci sfugge il senso.
Quella notturna, ricercata e indagata sulle strade di Roma, delle prostitute ferme ai bordi dei viali, cose senza valore da gettare via una volta usate.
Una realtà che il cinema ha indagato più volte e che l’arte ha scelto come soggetto più raramente.
Corpi in esposizione come quelli, più rassicuranti, su una spiaggia in pieno sole.
Storie banali, fotografate, stampate e rese memorabili.
La fotografia definisce la realtà, sospende il tempo e la rende eterna.
Ma mentre l’artista la riprende è già ricordo.
E il ricordo offusca la vista e rende tremolanti i contorni. E’ allora che la Longo interviene e la elabora digitalmente e, con effetto pixel, la scompone e frammenta come la pittura dei puntinisti francesi della seconda metà dell’ottocento, che rivestono la vita di magia immobilizzandola in un fermo immagine ante litteram.
E’ la realtà digitale. La scoperta di un mondo nuovo impensabile e affascinante nelle sue innumerevoli possibilità, ma anche rifugio dal vivere che rischia di isolarci dal mondo.
Con un’operazione di aggancio al reale, Elda Longo dà un tocco di vita all’immaginario virtuale, trasformando i pixel in tessere di un mosaico.
Tessere di vetro e di maiolica, di materia viva e vera da toccare e da esperire con la vista e col tatto, dando prove innegabili della loro esistenza.
Che cosa portiamo con noi dopo un viaggio?
Le immagini di un luogo sono rappresentate dai monumenti evocanti Storia e che conferiscono identità a quel posto dove ci siano fermati, magari per poche ore, per poi proseguire il viaggio.
In un mondo globale, che sembra diventato la nostra casa e la cui totale percorribilità, in tempi incredibili solo un secolo fa, è scandita dagli scali aerei, questi luoghi che il viaggiatore percorre hanno perso il loro simbolismo relazionale e affettivo.
La stazione Centrale di Milano, piazza Plebiscito a Napoli, piazza della Signoria a Firenze, il Ponte di Rialto a Venezia, il Colosseo a Roma, il Duomo di Cosenza e per finire il piccolo borgo di Cleto, dove il cammino è iniziato, sono le tappe di un viaggio attraverso il tempo e lo spazio che l’artista presenta e mostra alla galleria Quintocortile a Milano. Ormai solo attimi fugaci di transito.
Nient’altro che immagini. Non luoghi come i mall, le stazioni di servizio e le autostrade.
Anche questo racconta lo scintillio seduttivo delle minuscole tessere delle opere di Elda Longo.
La tecnica musiva, scelta dall’artista, è d’altra parte un richiamo alle radici storiche e al lavoro frutto di certosina pazienza, degli antichi artigiani del mosaico ed è nel contempo il luogo della ricostruzione dell’immagine, decostruita dai pixel.
Un lavoro di ricreazione della realtà e del sé. Un’autopoiesi.
Un border line fra presente e passato.
Un hic et nunc che è già un altrove.
Questo lungo percorso di ricerca ha oggi un approdo temporaneo, poiché il viaggio prosegue, nella mostra “Après le voyage” concepita come un’installazione in cui le immagini appaiono su fondo nero a guisa di realtà fantasmatiche, emerse dal profondo, che catturano lo sguardo guidandolo verso il cammino dei ricordi e delle emozioni.
Attraverso il tempo e lo spazio
Attraverso il tempo
e attraverso il mondo.
Mi ritrovo sui ponti e sulle strade,
nei fiumi e sulle montagne,
fra i monumenti e i non luoghi.
E sono io.
Mimma Pasqua
22
settembre 2015
Elda Longo – Après le voyage
Dal 22 settembre al 07 ottobre 2015
arte contemporanea
Location
QUINTOCORTILE
Milano, Viale Bligny, 42, (Milano)
Milano, Viale Bligny, 42, (Milano)
Orario di apertura
martedì, mercoledì, venerdì ore 17,15 -19,15, giovedì su appuntamento
Vernissage
22 Settembre 2015, ore 18,00
Autore
Curatore