Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
Elena Mazzi – Posso essere racchiuso in uno spazio di noce e considerarmi un re dello spazio infinito
C’è stato un momento molto significativo in cui si ragionava sulla vita di questo individuo, sulle sue abitudini, e ad un certo punto, addirittura sulle sue aspettative. Tutto ciò lo si faceva osservando le tracce della sua esistenza…
Comunicato stampa
Segnala l'evento
APPUNTI PROGETTO ELENA
Testo di Rosario Sorbello
C'è stato un momento molto significativo in cui si ragionava sulla vita di questo individuo, sulle sue abitudini, e ad un certo punto, addirittura sulle sue aspettative. Tutto ciò lo si faceva osservando le tracce della sua esistenza.
Per esempio: Elena ricordava che la prima volta che siamo entrati nella sua camera aveva notato un certo disordine generale, però, i pochi libri impilati sul tavolo erano perfettamente allineati l'uno sull'altro, quasi si trattasse di una libreria orizzontale nella quale, per leggere i titoli sul dorso dei libri, devi piegare la testa di quarantacinque gradi, o viceversa, ruotare il mondo della stessa quantità di gradi, ma in senso opposto. A questa stranezza se ne aggiungeva un'altra – ciò che colpì Elena – i libri erano tutti rovesciati, come dire...ti davano le spalle, protetti nella loro posa introversa. Questo dettaglio aveva dato ad Elena la sensazione di ritrovarsi nella camera di un individuo per il quale un libro rappresenta una sorta di mondo da custodire, una via d'accesso da mantenere lontana da sguardi – come i nostri – indiscreti.
Comunque... credo che il lavoro di Elena possa presentare delle debolezze. Non sono molto convinto dell'efficacia di un diario. Anche Cesare, quando Elena gli ha parlato del progetto, ha sottolineato quanto fosse importante definire con cura le modalità di fruizione del diario da parte del pubblico. Forse perché un diario andrebbe letto nella stessa condizione di solitaria intimità in cui viene scritto e, certamente, il contesto di una mostra d'arte non risponde a queste caratteristiche, la gente potrebbe annoiarsi, se non addirittura ignorare del tutto il diario.
Comunque, tra gli oggetti che ci sono nella camera, il diario è l'elemento più direttamente legato al nostro uomo, quindi, bisogna inevitabilmente utilizzarlo.
A questo punto dobbiamo fare in modo che la gente lo legga.
Leggendo alcune pagine del suo diario ho avuto l'impressione che questo tizio non pensa le cose che ti aspetteresti possa pensare un immigrato a Venezia e, più in generale, un immigrato così come viene solitamente concepito. Mi sembra che lui sia estremamente entusiasta di vivere in questa città, nonostante viva una condizione economica e sociale che non può dirsi ideale. Forse perché immagino che un uomo che decide di allontanarsi dal suo paese d'origine, lo fa fondamentalmente per migliorare la sua condizione di esistenza, e certamente deve esser così, ma devo aver fatto confusione, nel senso che ho sovrapposto, anzi, ho fatto del tutto coincidere un individuo con le sue esigenze.
A me, più che un immigrato, sembra un veneziano turista a Venezia, come dire... uno straniero indigeno.
Il punto è che si stava ragionando sui modi possibili di essere “altro”, e non sull' ”altro”. Non so se mi spiego: si era partiti da un'indagine su questo individuo e si era giunti invece, ad un diario nel quale anche se si mantiene una certa ambiguità utile a sottolineare una volontà di confronto, la prima impressione del lettore, così come l'ultima, è quella di una comprensione confusa, imprecisa, inafferrabile, che induce al fraintendimento. La sensazione è quella di trovarsi dinnanzi ad uno sguardo senza volto.
Per questo credo che il lavoro di Elena non è un progetto artistico che può essere esposto in una galleria o in un museo, insomma in uno spazio comunemente deputato all'arte, perché si tratta di un' esperienza di vita, o meglio, della vita particolare di un individuo. Ed è chiaro che non è possibile mettere in forma l'individualità, perché questa non è mai visivamente connotata. Cioè, credo che un individuo possa presentare delle particolarità solo nel tempo, nei diversi tempi.
Ho letto un libro su Szeemann che mi ha prestato Cecilia. Ad un certo punto del testo relativo alla mostra sul nonno egli afferma: " ...riordinando la sua casa, misi da parte tutto quello che ricorda i miei nonni. Da anni ritenevo quel nido degno di una mostra, come visualizzazione di una storia, testimonianza di uno stile di vita..."
Non sono esattamente d'accordo con Szeemann , o forse, non ho esattamente compreso cosa volesse dire, o più probabilmente, il mio è un paragone inadeguato.
Parlando con Elena del suo progetto, ad un certo punto mi è venuta in mente l'idea di contattare alcuni musicisti di strada che generalmente suonano da queste parti e proporgli di fare un piccolo concerto, magari per l'inaugurazione. Ne ho conosciuto uno, Gabriel. Mi ha detto subito che sarebbe stato contento di suonare per l'occasione. Il giorno successivo però non era più sicuro perché gli altri suoi amici non erano disponibili. Dopo una settimana ha nuovamente cambiato idea, “non c'è problema” mi ha detto. Insomma, c'è poco da fidarsi, quindi mi fido.
L'ultimo accordo prevede che per il 24 gennaio alle ore 19.00 Gabriel e i suoi amici eseguiranno un concerto nel campiello che c’è di fronte la galleria. Purtroppo non è il giorno dell'inaugurazione, ma fa lo stesso. Comunque, stanno preparando dei pezzi tratti dall'opera “I Masnadieri” di Giuseppe Verdi. Per questo gli ho consigliato di chiamare il loro gruppo musicale “La Masnada”. A dire la verità è solo per l'occasione che ho scoperto il significato di questo termine: gruppo di persone che agiscono insieme e di comune accordo in modo prepotente e disonesto... una masnada di furfanti, di ladri, di avventurieri!
Certo, una cosa rimane sempre uguale quando si parla con un artista della sua opera: la discussione viene sviluppata per negazioni o sovrapposizioni, mai per affermazioni.
Lo sapevo, Gabriel, il musicista, mi ha dato buca.
Niente concerto, per il momento.
Magari cambierà di nuovo idea.
Testo di Rosario Sorbello
C'è stato un momento molto significativo in cui si ragionava sulla vita di questo individuo, sulle sue abitudini, e ad un certo punto, addirittura sulle sue aspettative. Tutto ciò lo si faceva osservando le tracce della sua esistenza.
Per esempio: Elena ricordava che la prima volta che siamo entrati nella sua camera aveva notato un certo disordine generale, però, i pochi libri impilati sul tavolo erano perfettamente allineati l'uno sull'altro, quasi si trattasse di una libreria orizzontale nella quale, per leggere i titoli sul dorso dei libri, devi piegare la testa di quarantacinque gradi, o viceversa, ruotare il mondo della stessa quantità di gradi, ma in senso opposto. A questa stranezza se ne aggiungeva un'altra – ciò che colpì Elena – i libri erano tutti rovesciati, come dire...ti davano le spalle, protetti nella loro posa introversa. Questo dettaglio aveva dato ad Elena la sensazione di ritrovarsi nella camera di un individuo per il quale un libro rappresenta una sorta di mondo da custodire, una via d'accesso da mantenere lontana da sguardi – come i nostri – indiscreti.
Comunque... credo che il lavoro di Elena possa presentare delle debolezze. Non sono molto convinto dell'efficacia di un diario. Anche Cesare, quando Elena gli ha parlato del progetto, ha sottolineato quanto fosse importante definire con cura le modalità di fruizione del diario da parte del pubblico. Forse perché un diario andrebbe letto nella stessa condizione di solitaria intimità in cui viene scritto e, certamente, il contesto di una mostra d'arte non risponde a queste caratteristiche, la gente potrebbe annoiarsi, se non addirittura ignorare del tutto il diario.
Comunque, tra gli oggetti che ci sono nella camera, il diario è l'elemento più direttamente legato al nostro uomo, quindi, bisogna inevitabilmente utilizzarlo.
A questo punto dobbiamo fare in modo che la gente lo legga.
Leggendo alcune pagine del suo diario ho avuto l'impressione che questo tizio non pensa le cose che ti aspetteresti possa pensare un immigrato a Venezia e, più in generale, un immigrato così come viene solitamente concepito. Mi sembra che lui sia estremamente entusiasta di vivere in questa città, nonostante viva una condizione economica e sociale che non può dirsi ideale. Forse perché immagino che un uomo che decide di allontanarsi dal suo paese d'origine, lo fa fondamentalmente per migliorare la sua condizione di esistenza, e certamente deve esser così, ma devo aver fatto confusione, nel senso che ho sovrapposto, anzi, ho fatto del tutto coincidere un individuo con le sue esigenze.
A me, più che un immigrato, sembra un veneziano turista a Venezia, come dire... uno straniero indigeno.
Il punto è che si stava ragionando sui modi possibili di essere “altro”, e non sull' ”altro”. Non so se mi spiego: si era partiti da un'indagine su questo individuo e si era giunti invece, ad un diario nel quale anche se si mantiene una certa ambiguità utile a sottolineare una volontà di confronto, la prima impressione del lettore, così come l'ultima, è quella di una comprensione confusa, imprecisa, inafferrabile, che induce al fraintendimento. La sensazione è quella di trovarsi dinnanzi ad uno sguardo senza volto.
Per questo credo che il lavoro di Elena non è un progetto artistico che può essere esposto in una galleria o in un museo, insomma in uno spazio comunemente deputato all'arte, perché si tratta di un' esperienza di vita, o meglio, della vita particolare di un individuo. Ed è chiaro che non è possibile mettere in forma l'individualità, perché questa non è mai visivamente connotata. Cioè, credo che un individuo possa presentare delle particolarità solo nel tempo, nei diversi tempi.
Ho letto un libro su Szeemann che mi ha prestato Cecilia. Ad un certo punto del testo relativo alla mostra sul nonno egli afferma: " ...riordinando la sua casa, misi da parte tutto quello che ricorda i miei nonni. Da anni ritenevo quel nido degno di una mostra, come visualizzazione di una storia, testimonianza di uno stile di vita..."
Non sono esattamente d'accordo con Szeemann , o forse, non ho esattamente compreso cosa volesse dire, o più probabilmente, il mio è un paragone inadeguato.
Parlando con Elena del suo progetto, ad un certo punto mi è venuta in mente l'idea di contattare alcuni musicisti di strada che generalmente suonano da queste parti e proporgli di fare un piccolo concerto, magari per l'inaugurazione. Ne ho conosciuto uno, Gabriel. Mi ha detto subito che sarebbe stato contento di suonare per l'occasione. Il giorno successivo però non era più sicuro perché gli altri suoi amici non erano disponibili. Dopo una settimana ha nuovamente cambiato idea, “non c'è problema” mi ha detto. Insomma, c'è poco da fidarsi, quindi mi fido.
L'ultimo accordo prevede che per il 24 gennaio alle ore 19.00 Gabriel e i suoi amici eseguiranno un concerto nel campiello che c’è di fronte la galleria. Purtroppo non è il giorno dell'inaugurazione, ma fa lo stesso. Comunque, stanno preparando dei pezzi tratti dall'opera “I Masnadieri” di Giuseppe Verdi. Per questo gli ho consigliato di chiamare il loro gruppo musicale “La Masnada”. A dire la verità è solo per l'occasione che ho scoperto il significato di questo termine: gruppo di persone che agiscono insieme e di comune accordo in modo prepotente e disonesto... una masnada di furfanti, di ladri, di avventurieri!
Certo, una cosa rimane sempre uguale quando si parla con un artista della sua opera: la discussione viene sviluppata per negazioni o sovrapposizioni, mai per affermazioni.
Lo sapevo, Gabriel, il musicista, mi ha dato buca.
Niente concerto, per il momento.
Magari cambierà di nuovo idea.
12
gennaio 2013
Elena Mazzi – Posso essere racchiuso in uno spazio di noce e considerarmi un re dello spazio infinito
Dal 12 gennaio al primo febbraio 2013
arte contemporanea
Location
LA FENICE GALLERY – CORTE DEL TAGIAPIERA
Venezia, San Marco, 1948, (Venezia)
Venezia, San Marco, 1948, (Venezia)
Orario di apertura
da giovedì a domenica dalle 14.00 alle 18.00
o su appuntamento
Vernissage
12 Gennaio 2013, ore 18.30
Autore
Curatore