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Elena Monzo / William Grob – In assenza di opposizioni binarie
Dialogo tra la giovane artista italiana Elena Monzo ed il giovanissimo artista inglese William Grob. Dipinti, fotografie e sculture all’insegna della rottura delle regole binarie
Comunicato stampa
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"Il post anarchismo è un anarchismo inteso non come un certo insieme di disposizioni sociali, o addirittura come un particolare progetto rivoluzionario, ma piuttosto come una sensibilità, un certo ethos o modo di vivere e vedere il mondo che è spinto dalla realizzazione della libertà che si ha già”
Saul Newman
L'opera del giovane artista svizzero-britannico William Grob e l'opera dell'artista italiana Elena Monzo si distinguono per la tecnica grezza e un'estetica molto particolare.
Pur provenendo da background culturali diversi e generazioni leggermente diverse, entrambi gli artisti sembrano guardare il mondo con le stesse lenti, dove le regole dell'opposizione binaria vengono scientemente ignorate. L'opposizione binaria è l'idea strutturalista che riconosce la tendenza umana a pensare in termini di opposizione. Con questa categorizzazione, termini e concetti tendono ad essere associati come positivi o negativi. Derrida, il padre della Decostruzione, sosteneva che queste opposizioni erano arbitrarie e intrinsecamente instabili, le strutture stesse cominciano a sovrapporsi e a scontrarsi e alla fine si smantellano dall'interno. Sia Grob che Monzo sembrano abbracciare il punto di vista di Derrida, poiché i soggetti raffigurati nelle loro opere non solo sfugge assolutamente alla rigida struttura di un'estetica binaria convenzionale, ma diventa addirittura vassallo di un'estetica completamente diversa, tanto cara al femminismo della terza ondata, e al post-anarchismo, che sostengono che la dicotomia binaria uomo/donna, civilizzato/incivile, bianco/nero, anziano/giovane, bellezza/bruttezza hanno perpetuato e legittimato strutture di potere sociale a favore di una specifica maggioranza.
Non è una sorpresa, a questo punto, che sia William Grob che Elena Monzo sono molto critici nei confronti della cultura di massa. William esplora la società consumata/consumatrice e le sue conseguenze sull'individuo, ed Elena ne sottolinea l’aspetto effimero, soprattutto in relazione alla figura femminile.
Uno lacera la realtà che vede intorno a sé, lasciando le ferite aperte, mentre l'altra decora i lembi della ferita con raffinati ricami.
Elena Monzo è in grado di combinare l'estetica delle sottoculture pop e punk-rock con l'eleganza sinuosa dello stile Art Nouveau per creare il suo esercito di inconsuete Wonder Women. Le sue armi: matite, colori acrilici, grafite, trucco, adesivi, textures, strisce adesive, glitter e mai, mai, mai dimenticare un tocco di oro. A volte tessuto o ceramica raku. Le sue linee aggressive, ma sottili, ricordano quelle nervose e appassionate di Egon Schiele, un'artista che non solo ha desiderato, ma ha davvero adorato le donne al punto che possiamo anche definirlo come un vero femminista, che mette al centro della sua arte donne sessualmente libere. Nel lavoro della Monzo troviamo un femminismo simile, dove la donna, liberata dalle dicotomie binarie, esprime una sottile intelligenza erotica che sebbene può trasmettere ad alcuni una sensazione di soggettività tormentata, è in realtà espressione di emancipazione sessuale e di genere, ricca di ironiche critiche verso gli standard della cultura di massa di una società fissata su regole estetiche evanescenti ma spietate. Come Tracey Emin per gli inglesi, Elena Monzo è conosciuta come la "cattiva ragazza dell'arte italiana" proprio per la sua visione sulle donne, che è del tutto contraria alle norme sociali italiane maggiormente accettate, e alle precedenti nozioni di femminilità. In un paese dove i modelli estetici maggiormente diffusi sono altri, le signore della Monzo, non binarie, selvagge, indipendenti, sessualmente liberate e affatto succubi di convenzioni, possono risultare senza dubbio inquietanti.
William Grob da bambino aveva gravi disturbi del linguaggio e non è stato in grado di esprimersi verbalmente fino all'età di sette anni. Ricorreva ai colori e alle forme per esprimere le proprie emozioni e sentimenti, e questo è ancora profondamente radicato nella sua pratica, facendo del confine tra realtà e mondo psichico un tema centrale della sua ricerca artistica. La sua serie MASKS, basata su fotografie di strada scattate dall’artista a New York City e Berlino, offre struggenti mediazioni sulla vita, la società e l'esperienza individuale, intrise di un'ironia polemica che potrebbe farci ricordare i collages di Angus Fairhurst, mentre il suo tratto ruvido e l’utilizzo della figura umana stilizzata lo avvicina al precursore della street art Keith Harrings nei suoi sforzi di immortalare l'energia pulsante e vivente delle città.
La scelta di allungare ed estremizzare le proporzioni dei soggetti dei suoi quadri quanto basta, immortalati in una società discutibile, insieme alla scelta di concentrarsi sugli emarginati, i senzatetto, gli ubriaconi, gli emarginati, e le persone che hanno perso la casa e la sottile solitudine percepita nel suo lavoro, ricorda invece le prime opere di George Grosz, con la prospettiva leggermente ammorbidita di un giovane uomo che anche se capace di vedere le contraddizioni della nostra società e dei nostri tempi, non ha mai vissuto gli orrori storici dei primi quarantacinque anni del XX secolo.
Questa mostra presenta anche alcune delle opere più grandi di Grob della serie OVERLAID EMOTIONS. Queste sono il risultato di interventi pittorici spinti da pura emozione, su riproduzioni di fotografie d'epoca. La fotografia è tanto dinostesta quanto onesta nella riproduzione della realtà, e lasciando che le sue emozioni fluiscano attraverso il colore, sia in modo controllato sia in modo impulsivo, Grob punta il dito sul paradosso che viviamo in un mondo che non ha verità e risposte, ma solo credenze. La sua convinzione è quella di mostrare allo stesso tempo una verità fisica, le fotografie, e un'onestà emotiva,l’intervento pittorico. L'uso di testi apparentemente assurdi e fuori luogo nel suo lavoro è anchesì un modo per rappresentare la verità non filtrata da opposizioni binarie, come il continuo borbottare del nostro cervello che può elaborare contemporaneamente il ragionamento più complesso e il pensiero più banale, rendendoci in grado di aggiungere alla dicotomia bianco/nero non solo il grigio, ma l'intera gamma di colori e sfumature.
Saul Newman
L'opera del giovane artista svizzero-britannico William Grob e l'opera dell'artista italiana Elena Monzo si distinguono per la tecnica grezza e un'estetica molto particolare.
Pur provenendo da background culturali diversi e generazioni leggermente diverse, entrambi gli artisti sembrano guardare il mondo con le stesse lenti, dove le regole dell'opposizione binaria vengono scientemente ignorate. L'opposizione binaria è l'idea strutturalista che riconosce la tendenza umana a pensare in termini di opposizione. Con questa categorizzazione, termini e concetti tendono ad essere associati come positivi o negativi. Derrida, il padre della Decostruzione, sosteneva che queste opposizioni erano arbitrarie e intrinsecamente instabili, le strutture stesse cominciano a sovrapporsi e a scontrarsi e alla fine si smantellano dall'interno. Sia Grob che Monzo sembrano abbracciare il punto di vista di Derrida, poiché i soggetti raffigurati nelle loro opere non solo sfugge assolutamente alla rigida struttura di un'estetica binaria convenzionale, ma diventa addirittura vassallo di un'estetica completamente diversa, tanto cara al femminismo della terza ondata, e al post-anarchismo, che sostengono che la dicotomia binaria uomo/donna, civilizzato/incivile, bianco/nero, anziano/giovane, bellezza/bruttezza hanno perpetuato e legittimato strutture di potere sociale a favore di una specifica maggioranza.
Non è una sorpresa, a questo punto, che sia William Grob che Elena Monzo sono molto critici nei confronti della cultura di massa. William esplora la società consumata/consumatrice e le sue conseguenze sull'individuo, ed Elena ne sottolinea l’aspetto effimero, soprattutto in relazione alla figura femminile.
Uno lacera la realtà che vede intorno a sé, lasciando le ferite aperte, mentre l'altra decora i lembi della ferita con raffinati ricami.
Elena Monzo è in grado di combinare l'estetica delle sottoculture pop e punk-rock con l'eleganza sinuosa dello stile Art Nouveau per creare il suo esercito di inconsuete Wonder Women. Le sue armi: matite, colori acrilici, grafite, trucco, adesivi, textures, strisce adesive, glitter e mai, mai, mai dimenticare un tocco di oro. A volte tessuto o ceramica raku. Le sue linee aggressive, ma sottili, ricordano quelle nervose e appassionate di Egon Schiele, un'artista che non solo ha desiderato, ma ha davvero adorato le donne al punto che possiamo anche definirlo come un vero femminista, che mette al centro della sua arte donne sessualmente libere. Nel lavoro della Monzo troviamo un femminismo simile, dove la donna, liberata dalle dicotomie binarie, esprime una sottile intelligenza erotica che sebbene può trasmettere ad alcuni una sensazione di soggettività tormentata, è in realtà espressione di emancipazione sessuale e di genere, ricca di ironiche critiche verso gli standard della cultura di massa di una società fissata su regole estetiche evanescenti ma spietate. Come Tracey Emin per gli inglesi, Elena Monzo è conosciuta come la "cattiva ragazza dell'arte italiana" proprio per la sua visione sulle donne, che è del tutto contraria alle norme sociali italiane maggiormente accettate, e alle precedenti nozioni di femminilità. In un paese dove i modelli estetici maggiormente diffusi sono altri, le signore della Monzo, non binarie, selvagge, indipendenti, sessualmente liberate e affatto succubi di convenzioni, possono risultare senza dubbio inquietanti.
William Grob da bambino aveva gravi disturbi del linguaggio e non è stato in grado di esprimersi verbalmente fino all'età di sette anni. Ricorreva ai colori e alle forme per esprimere le proprie emozioni e sentimenti, e questo è ancora profondamente radicato nella sua pratica, facendo del confine tra realtà e mondo psichico un tema centrale della sua ricerca artistica. La sua serie MASKS, basata su fotografie di strada scattate dall’artista a New York City e Berlino, offre struggenti mediazioni sulla vita, la società e l'esperienza individuale, intrise di un'ironia polemica che potrebbe farci ricordare i collages di Angus Fairhurst, mentre il suo tratto ruvido e l’utilizzo della figura umana stilizzata lo avvicina al precursore della street art Keith Harrings nei suoi sforzi di immortalare l'energia pulsante e vivente delle città.
La scelta di allungare ed estremizzare le proporzioni dei soggetti dei suoi quadri quanto basta, immortalati in una società discutibile, insieme alla scelta di concentrarsi sugli emarginati, i senzatetto, gli ubriaconi, gli emarginati, e le persone che hanno perso la casa e la sottile solitudine percepita nel suo lavoro, ricorda invece le prime opere di George Grosz, con la prospettiva leggermente ammorbidita di un giovane uomo che anche se capace di vedere le contraddizioni della nostra società e dei nostri tempi, non ha mai vissuto gli orrori storici dei primi quarantacinque anni del XX secolo.
Questa mostra presenta anche alcune delle opere più grandi di Grob della serie OVERLAID EMOTIONS. Queste sono il risultato di interventi pittorici spinti da pura emozione, su riproduzioni di fotografie d'epoca. La fotografia è tanto dinostesta quanto onesta nella riproduzione della realtà, e lasciando che le sue emozioni fluiscano attraverso il colore, sia in modo controllato sia in modo impulsivo, Grob punta il dito sul paradosso che viviamo in un mondo che non ha verità e risposte, ma solo credenze. La sua convinzione è quella di mostrare allo stesso tempo una verità fisica, le fotografie, e un'onestà emotiva,l’intervento pittorico. L'uso di testi apparentemente assurdi e fuori luogo nel suo lavoro è anchesì un modo per rappresentare la verità non filtrata da opposizioni binarie, come il continuo borbottare del nostro cervello che può elaborare contemporaneamente il ragionamento più complesso e il pensiero più banale, rendendoci in grado di aggiungere alla dicotomia bianco/nero non solo il grigio, ma l'intera gamma di colori e sfumature.
18
gennaio 2020
Elena Monzo / William Grob – In assenza di opposizioni binarie
Dal 18 gennaio al 21 febbraio 2020
arte contemporanea
Location
LUISA CATUCCI GALLERY
Berlin, Allerstrasse, 38, (Berlin)
Berlin, Allerstrasse, 38, (Berlin)
Orario di apertura
Mar-Ven 11:00-18:00
o su appuntamento
Vernissage
18 Gennaio 2020, h 19:00 - 21:00
Sito web
Autore
Curatore
Media partner