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Elisa Montessori – Shangai Blues
Dei molti acquerelli, con cui nel tempo ha proficuamente illustrato le opere letterarie, da Shakespeare a Silvya Plath, da Derek Walcott a Su-Ling, in mostra espone gli ultimi, eseguiti nel 2006, sul ritmo d’intersecazioni della musica per frequenze casuali di John Cage’s story
Comunicato stampa
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Disegnatrice e pittrice con Mirko, Afro, Cagli, respira a Roma l’aria di un rinnovamento artistico, che inizia nel 1951 col “Manifesto del Gruppo Origine” di Burri, Capogrossi, Colla, nel solco di un ritorno al primordio junghiano.
L’esoterico e lo spirituale sono l’eco che Elisa, nel suo profondo esistenzialismo, sente di più. Attraverso le sperimentazione tecniche, su cui forgia i suoi inizi con Mirko, l’incisione, la tempera all’uovo, il mosaico, l’oreficeria, lo sbalzo, esce dolce e sommessa la sua voce, che s’inclina ad ascendenze orientali, dopo l’incontro con la cultura cinese.
L’Oriente per lei diventa maestro di vita, anche quando negli anni ’70 segue le tendenze minimal, con un infittirsi e diradarsi di un segno netto, nero sul bianco della carta.
Arriva allora alla sintesi della linea unica di Orizzonte per poi tornare alle pitture d’intenso colore
dell’Ukyo-e (il disegno del mondo fluttuante).
Partecipa nel 1982 alla XL Biennale di Venezia con la serie de “La Montagna di Seghers”: grandi carte intelate su cui esegue, sulla scia del maestro olandese del ‘600, con carboncino, gessi, e pastelli colorati, segni che suggeriscono paesaggi, come nelle pitture cinesi i bordi suggeriscono le nuvole.
In Haiku un dittico del 1986, come in Giardino del 1990, l’influenza orientale è netta, profondamente pensata nelle pause dei bianchi e nelle apparizioni dei colori forti e solari. Prosegue in gran formato la serie dei fiori nei gigli in bianco e in nero di Casablanca (1998)e nei giardini, che negli anni interpretano in trasparenza il suo mondo naturale, Campi Elisi, 1994, Fiori di Mackintosh (1998), fino al ritorno del mosaico, che incide con forza sui colori e allude ad un ché di barbarico e islamico, che nella sua arte è nuovo.
Una sorta di giardino concluso suggerisce nella mostra le diverse anime dell’artista dalle scarpette da Alì Babà del mosaico centrale Pantofole Pari Banu (1997), al rigore in bianco e nero dei Tropismi o Morfologie del ’77, alla suggestione dei formati piccolissimi delle sue opere, da Gorgo rosso del 1993 al Dittico blu del 2003, che si contrappongono sui pannelli esterni al macrocosmo dei dipinti alle pareti.
Dei molti acquerelli, con cui nel tempo ha proficuamente illustrato le opere letterarie, da Shakespeare a Silvya Plath, da Derek Walcott a Su-Ling, in mostra espone gli ultimi, eseguiti nel 2006, sul ritmo d’intersecazioni della musica per frequenze casuali di John Cage’s story .
Mostra a cura di Livia Velani, sezione libri di Maura Picciau, catalogo a cura di Electa.
L’esoterico e lo spirituale sono l’eco che Elisa, nel suo profondo esistenzialismo, sente di più. Attraverso le sperimentazione tecniche, su cui forgia i suoi inizi con Mirko, l’incisione, la tempera all’uovo, il mosaico, l’oreficeria, lo sbalzo, esce dolce e sommessa la sua voce, che s’inclina ad ascendenze orientali, dopo l’incontro con la cultura cinese.
L’Oriente per lei diventa maestro di vita, anche quando negli anni ’70 segue le tendenze minimal, con un infittirsi e diradarsi di un segno netto, nero sul bianco della carta.
Arriva allora alla sintesi della linea unica di Orizzonte per poi tornare alle pitture d’intenso colore
dell’Ukyo-e (il disegno del mondo fluttuante).
Partecipa nel 1982 alla XL Biennale di Venezia con la serie de “La Montagna di Seghers”: grandi carte intelate su cui esegue, sulla scia del maestro olandese del ‘600, con carboncino, gessi, e pastelli colorati, segni che suggeriscono paesaggi, come nelle pitture cinesi i bordi suggeriscono le nuvole.
In Haiku un dittico del 1986, come in Giardino del 1990, l’influenza orientale è netta, profondamente pensata nelle pause dei bianchi e nelle apparizioni dei colori forti e solari. Prosegue in gran formato la serie dei fiori nei gigli in bianco e in nero di Casablanca (1998)e nei giardini, che negli anni interpretano in trasparenza il suo mondo naturale, Campi Elisi, 1994, Fiori di Mackintosh (1998), fino al ritorno del mosaico, che incide con forza sui colori e allude ad un ché di barbarico e islamico, che nella sua arte è nuovo.
Una sorta di giardino concluso suggerisce nella mostra le diverse anime dell’artista dalle scarpette da Alì Babà del mosaico centrale Pantofole Pari Banu (1997), al rigore in bianco e nero dei Tropismi o Morfologie del ’77, alla suggestione dei formati piccolissimi delle sue opere, da Gorgo rosso del 1993 al Dittico blu del 2003, che si contrappongono sui pannelli esterni al macrocosmo dei dipinti alle pareti.
Dei molti acquerelli, con cui nel tempo ha proficuamente illustrato le opere letterarie, da Shakespeare a Silvya Plath, da Derek Walcott a Su-Ling, in mostra espone gli ultimi, eseguiti nel 2006, sul ritmo d’intersecazioni della musica per frequenze casuali di John Cage’s story .
Mostra a cura di Livia Velani, sezione libri di Maura Picciau, catalogo a cura di Electa.
08
giugno 2006
Elisa Montessori – Shangai Blues
Dall'otto giugno al 10 settembre 2006
arte contemporanea
Location
Biglietti
Museo + Mostra: Euro 9,00
Orario di apertura
8,30 – 19,30 lunedì chiuso
Vernissage
8 Giugno 2006, ore 18
Editore
ELECTA
Ufficio stampa
ELECTA
Autore
Curatore