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Elisa Zadi – Sacri Miti: storie di uomini e santi
Elisa Zadi presenta opere e installazioni inedite, dal forte impatto emotivo, che evocano figure storiche e leggendarie della cultura lucchese, restituendone una coinvolgente e intima interpretazione.
Comunicato stampa
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Ogni punto della tela dice la stessa cosa,
ma ognuno a modo suo.
Elisa Zadi
quello che c'è di più profondo
nell'essere umano è la pelle
Paul Valéry
SACRI MITI
di Marco Palamidessi
Leggendo la già copiosa antologia critica di Elisa Zadi non sarà difficile percepire quanto la sua arte sia dai più considerata, oltre che colta, misteriosa. Vero, ma non fino in fondo esatto. La sua non è una pittura impenetrabile, impenetrabile semmai è la vita, ed è per questo che lei non può che confrontarsi continuamente con quel gran mistero che è proprio dell’esistenza. In lei la superficie non è mai superficiale, e la pelle è un abisso di profondità; quando dipinge, non è lei che ci mette l’anima, ma è l’anima che le chiede di essere messa1, e lei semplicemente risponde per mezzo della pittura. Il suo temperamento artistico, lirico in quanto rivolto all’introspezione tramite la rivelante fisicità della figura umana, si pone da sempre l'ardito compito dell’analisi emozionale della realtà, fatta non solo di grandi accadimenti, bensì di tutti quegli eventi minimi, eterni nella loro fugacità, che ogni giorno riempiono ogni piega dell’esistenza. Fra l’anima e il corpo: è attorno a questo fulcro filosofico irrinunciabile che ruotano e risplendono le tematiche da sempre al centro dell’indagine pittorico-conoscitiva dell’artista, nel suo impellente bisogno di sapersi se stessa e viva nel profondo. Quell’anima che trova nel corpo lo spazio di una manifestazione epifanica; quel corpo e quella fisionomia, che diventano corpi e fisionomie nello scandire il tempo umano, i secondi come le stagioni, e soprattutto il tempo vago e certo dell’idea di sé. Quel corpo che, assumendo le proprie fisionomie interiori, diviene l’epicentro della venuta al mondo dei sentimenti e dei desideri, del sogno di essere ciò che si è. Quelle verità sotterranee talvolta crude, che si traducono in visioni potentissime, a tratti senza vie di scampo, perché manifestano l’ascesa diretta o la tortuosa salita che le pulsioni interne intraprendono per venire alla luce. Quella terra di carne e sangue che è sempre pronta ad essere visitata, esplorata, sviscerata, solcata dallo sguardo in ogni anfratto dell’essere; quel volto indagato non come alterità temporanea, ma come universo da sondare, da scoprire e svelare nella sua verità; quell’epidermide che è il sismografo che registra i movimenti tellurici di un’anima inquieta e splendente; quel corpo, che solo dopo essere stato dipinto le dà conferma di esserci davvero. In fondo, lei è perché dipinge, è in quanto essere che si esprime attraverso la pittura.
Per Elisa Zadi, la pittura è l'esperienza imprescindibile per sentire il preciso stato d'animo con cui affrontare quella tela ogni giorno diversa che si chiama esistere. Ecco perché la pittura non ha bisogno, per essere sacra, di rappresentare temi o soggetti religiosi: la Pittura è sacra di per sé. Espressione di un’acuta volontà d’analisi, che sa addentrarsi nei meandri più profondi della sua psiche, il gesto del dipingere la rende forte, essendo come una preghiera, un rituale da compiersi ogni giorno, in silenzio, per mettersi in pace con se stessa. Dipingere è il modo più alto di interrogarsi sul mondo, significa porsi inevitabilmente davanti a se stessa, implacabilmente, mossa dal bisogno profondo di guardarsi fuori per capirsi dentro, per scoprire cosa vuole, cosa desidera, cosa pensa, quale segreto si nasconde a quella confessione che di lì a poco sarà la pittura. Dipingere per vedere cosa le sta accadendo in quel preciso momento, per domandarsi fin dove si spingono le sue capacità di percepire e di capire, per trovare il coraggio che le servirà. Fissarsi negli occhi per sapere quali sono le sue possibilità, le occasioni da prendere e quelle invece da perdere; per scoprire da quali e quante sostanze misteriose è costituita la sua essenza e qual è quella dominante in quel momento; per sapere se tutte le emozioni trovano aperti i varchi per manifestarsi a se stessa e al mondo o ci sono degli ostacoli che impediscono loro di emergere alla luce; per verificare cosa è in grado di apprendere e cosa ha riconosciuto in sé fino ad ora.
Ecco tutto questo ha costituito il viatico pittorico per immedesimarsi nelle figure di uomini e santi appartenenti alla gloriosa tradizione lucchese, per vivere le loro storie, le loro leggende, le loro inquietudini, i loro gesti esemplari, universali e per questo immortali. Con caparbietà e intuito, in una dimensione che direi contemplativa e mistica, per questo nuovo importante lavoro Elisa Zadi si è fatta ancor più pellegrina nel viaggio estetico e ideale fra le vite di queste figure, facendosi nutrire dalla bellezza di un contatto profondamente intenso e spirituale. La sua capacità di scavo introspettivo si è stavolta diretta all’immedesimazione cosciente in ciascuna di queste vite, anime lucenti e vive nel nostro ricordo, al fine di possederne l’essenza e rinnovarne la memoria alle menti e agli occhi degli uomini. In molti dipinti, strutturati come polittici e pale d'altare, l’autoritrarsi in veste di Santa Giulia, Santa Zita e Lucida Mansi, non è stato certo per provocazione o per autocelebrazione, ma per un intimo desiderio di identificazione nelle singole figure prescelte. Elisa Zadi ha così trasmesso il senso di profondissima ricerca interiore che l’ha spinta - come donna e come artista - a cercare, nel solco della tradizione iconografica, tracce vive di sé.
La tentazione dello sguardo fa sì che Elisa non si ritragga mai a memoria, ma sempre davanti a due specchi, di cui uno metaforicamente è la tela. Fra lo specchio e la tela vergine, la sua anima e la sua mente sono nelle sue mani2, alla ricerca dell’unica cosa che conta nella vita: la Verità. Se per Lucida Mansi lo specchio era strumento complice della sua vanità, dove poter rimirare la sua inarrivabile bellezza, per Elisa lo specchio diviene simbolo di riflessione interiore. Elisa si guarda per essere di rimando vista da se stessa, nell’attesa spasmodica dell’emersione, del riaffioramento sulla pelle e nei nervi di un tumulto, di un riverbero di quella luce che si è bagnata negli stagni profondi della coscienza e che si diffonde nel silenzio, nell'eco di un gesto, di una malinconia indefinita, di un'impercettibile accensione, di uno svuotamento improvviso, di un pensiero inaspettato, di tutte quelle vibrazioni e oscillazioni spontanee che fanno del corpo la vera geografia dell'anima.
Note
1 Citazione dall’intervista di Elisa Zadi, in via di pubblicazione, a cura di Marco Palamidessi
2 Ibidem
ma ognuno a modo suo.
Elisa Zadi
quello che c'è di più profondo
nell'essere umano è la pelle
Paul Valéry
SACRI MITI
di Marco Palamidessi
Leggendo la già copiosa antologia critica di Elisa Zadi non sarà difficile percepire quanto la sua arte sia dai più considerata, oltre che colta, misteriosa. Vero, ma non fino in fondo esatto. La sua non è una pittura impenetrabile, impenetrabile semmai è la vita, ed è per questo che lei non può che confrontarsi continuamente con quel gran mistero che è proprio dell’esistenza. In lei la superficie non è mai superficiale, e la pelle è un abisso di profondità; quando dipinge, non è lei che ci mette l’anima, ma è l’anima che le chiede di essere messa1, e lei semplicemente risponde per mezzo della pittura. Il suo temperamento artistico, lirico in quanto rivolto all’introspezione tramite la rivelante fisicità della figura umana, si pone da sempre l'ardito compito dell’analisi emozionale della realtà, fatta non solo di grandi accadimenti, bensì di tutti quegli eventi minimi, eterni nella loro fugacità, che ogni giorno riempiono ogni piega dell’esistenza. Fra l’anima e il corpo: è attorno a questo fulcro filosofico irrinunciabile che ruotano e risplendono le tematiche da sempre al centro dell’indagine pittorico-conoscitiva dell’artista, nel suo impellente bisogno di sapersi se stessa e viva nel profondo. Quell’anima che trova nel corpo lo spazio di una manifestazione epifanica; quel corpo e quella fisionomia, che diventano corpi e fisionomie nello scandire il tempo umano, i secondi come le stagioni, e soprattutto il tempo vago e certo dell’idea di sé. Quel corpo che, assumendo le proprie fisionomie interiori, diviene l’epicentro della venuta al mondo dei sentimenti e dei desideri, del sogno di essere ciò che si è. Quelle verità sotterranee talvolta crude, che si traducono in visioni potentissime, a tratti senza vie di scampo, perché manifestano l’ascesa diretta o la tortuosa salita che le pulsioni interne intraprendono per venire alla luce. Quella terra di carne e sangue che è sempre pronta ad essere visitata, esplorata, sviscerata, solcata dallo sguardo in ogni anfratto dell’essere; quel volto indagato non come alterità temporanea, ma come universo da sondare, da scoprire e svelare nella sua verità; quell’epidermide che è il sismografo che registra i movimenti tellurici di un’anima inquieta e splendente; quel corpo, che solo dopo essere stato dipinto le dà conferma di esserci davvero. In fondo, lei è perché dipinge, è in quanto essere che si esprime attraverso la pittura.
Per Elisa Zadi, la pittura è l'esperienza imprescindibile per sentire il preciso stato d'animo con cui affrontare quella tela ogni giorno diversa che si chiama esistere. Ecco perché la pittura non ha bisogno, per essere sacra, di rappresentare temi o soggetti religiosi: la Pittura è sacra di per sé. Espressione di un’acuta volontà d’analisi, che sa addentrarsi nei meandri più profondi della sua psiche, il gesto del dipingere la rende forte, essendo come una preghiera, un rituale da compiersi ogni giorno, in silenzio, per mettersi in pace con se stessa. Dipingere è il modo più alto di interrogarsi sul mondo, significa porsi inevitabilmente davanti a se stessa, implacabilmente, mossa dal bisogno profondo di guardarsi fuori per capirsi dentro, per scoprire cosa vuole, cosa desidera, cosa pensa, quale segreto si nasconde a quella confessione che di lì a poco sarà la pittura. Dipingere per vedere cosa le sta accadendo in quel preciso momento, per domandarsi fin dove si spingono le sue capacità di percepire e di capire, per trovare il coraggio che le servirà. Fissarsi negli occhi per sapere quali sono le sue possibilità, le occasioni da prendere e quelle invece da perdere; per scoprire da quali e quante sostanze misteriose è costituita la sua essenza e qual è quella dominante in quel momento; per sapere se tutte le emozioni trovano aperti i varchi per manifestarsi a se stessa e al mondo o ci sono degli ostacoli che impediscono loro di emergere alla luce; per verificare cosa è in grado di apprendere e cosa ha riconosciuto in sé fino ad ora.
Ecco tutto questo ha costituito il viatico pittorico per immedesimarsi nelle figure di uomini e santi appartenenti alla gloriosa tradizione lucchese, per vivere le loro storie, le loro leggende, le loro inquietudini, i loro gesti esemplari, universali e per questo immortali. Con caparbietà e intuito, in una dimensione che direi contemplativa e mistica, per questo nuovo importante lavoro Elisa Zadi si è fatta ancor più pellegrina nel viaggio estetico e ideale fra le vite di queste figure, facendosi nutrire dalla bellezza di un contatto profondamente intenso e spirituale. La sua capacità di scavo introspettivo si è stavolta diretta all’immedesimazione cosciente in ciascuna di queste vite, anime lucenti e vive nel nostro ricordo, al fine di possederne l’essenza e rinnovarne la memoria alle menti e agli occhi degli uomini. In molti dipinti, strutturati come polittici e pale d'altare, l’autoritrarsi in veste di Santa Giulia, Santa Zita e Lucida Mansi, non è stato certo per provocazione o per autocelebrazione, ma per un intimo desiderio di identificazione nelle singole figure prescelte. Elisa Zadi ha così trasmesso il senso di profondissima ricerca interiore che l’ha spinta - come donna e come artista - a cercare, nel solco della tradizione iconografica, tracce vive di sé.
La tentazione dello sguardo fa sì che Elisa non si ritragga mai a memoria, ma sempre davanti a due specchi, di cui uno metaforicamente è la tela. Fra lo specchio e la tela vergine, la sua anima e la sua mente sono nelle sue mani2, alla ricerca dell’unica cosa che conta nella vita: la Verità. Se per Lucida Mansi lo specchio era strumento complice della sua vanità, dove poter rimirare la sua inarrivabile bellezza, per Elisa lo specchio diviene simbolo di riflessione interiore. Elisa si guarda per essere di rimando vista da se stessa, nell’attesa spasmodica dell’emersione, del riaffioramento sulla pelle e nei nervi di un tumulto, di un riverbero di quella luce che si è bagnata negli stagni profondi della coscienza e che si diffonde nel silenzio, nell'eco di un gesto, di una malinconia indefinita, di un'impercettibile accensione, di uno svuotamento improvviso, di un pensiero inaspettato, di tutte quelle vibrazioni e oscillazioni spontanee che fanno del corpo la vera geografia dell'anima.
Note
1 Citazione dall’intervista di Elisa Zadi, in via di pubblicazione, a cura di Marco Palamidessi
2 Ibidem
05
luglio 2014
Elisa Zadi – Sacri Miti: storie di uomini e santi
Dal 05 al 27 luglio 2014
arte contemporanea
Location
FONDAZIONE BANCA DEL MONTE DI LUCCA
Lucca, Piazza San Martino, 4, (Lucca)
Lucca, Piazza San Martino, 4, (Lucca)
Orario di apertura
da lunedì a venerdì 15:30-19:30; sabato e domenica 10:00-13:00 15:30-19:30
Vernissage
5 Luglio 2014, h 18
Autore
Curatore