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Elisabeth Chaplin – Trittico simbolista
Padrona del suo destino, senza protettori o maestri, Elisabeth Chaplin conquista la scena dell’arte grazie al solo ausilio del suo talento. Per la prima volta Roma dedica una grande antologica a questa artista entrata a pieno titolo nella storia dell’arte
Comunicato stampa
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Questa prima retrospettiva romana consacrata alla francese Elisabeth Chaplin (1890-1982), una delle maggiori pittrici europee del XX secolo, gode del patrocinio del Comune di Roma, della Provincia di Roma e della Regione Lazio e si realizza sotto gli auspici di Anna Fendi, grande estimatrice e collezionista di Elisabeth Chaplin. La mostra raccoglie il meglio delle opere provenienti da collezioni pubbliche (Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti e Uffizi di Firenze, Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma) e da varie raccolte private. La completa un importante corpus di disegni. Trittico simbolista è il titolo voluto dal curatore Giuliano Serafini, specialista di questa artista dotata e singolare che, nel suo lungo percorso d’arte, ha attraversato tre momenti creativi dove è possibile assistere a svolte anche clamorose di linguaggio, a sottolineare che pur sotto il denominatore comune della matrice simbolista, si nasconde la spregiudicatezza d’artista della Chaplin, forse il fascino maggiore.
Dal 1910 fino a circa gli anni ‘20, Elisabeth si divide tra Firenze e Roma - lei che era approdata insieme alla famiglia in Italia in seguito all’affaire Dreyfus - e avverte l’influenza, assimilata d’istinto, senza una conoscenza ”dal vivo”, del postimpressionismo alla Bonnard e Vuillard, con accenni al sintetismo di Maurice Denis che nei famigliari Nenette, la madre Marguerite, Ida, Yvette e Jean-Jacques, trova i suoi modelli prediletti. E’ la stagione in cui Vittorio Pica, Bernard Berenson e Ugo Ojetti riconoscono alla giovane pittrice autodidatta un talento sicuro e una tempra che non teme confronti maggiori. Lo Stato acquista sue opere ed è invitata all’Internazionale di Valle Giulia (1911), alle Secessioni romane (dal 1913) e alla Biennale di Venezia (1914). Trasferitasi a Roma con la famiglia, i cui membri ormai si coniugano tutti al femminile, vi resterà dal 1916 al 1922, entrando nel giro di Villa Medici dove i suoi guru saranno Albert Besnard e André Gide. Spirito irrequieto, insofferente alle scuole come alle strategie mondane, Elisabeth “prende i voti” da pittrice affinando il talento e sfoderando grinta e personalità spesso ai danni dei colleghi maschi. Geneticamente parlando, l’eccentricità doveva accompagnare tutta la sua esistenza di donna e d’artista.
Dal 1920 fino alla seconda guerra mondiale fa la spola tra Firenze e Parigi dove partecipa regolarmente ai Salons diventando la beniamina dei critici più temuti dell’epoca: Louis Gillet, Waldemar George, Arsène Alexandre, Louis Vauxcelles. Si aggiudica nel 1927 il Prix Puvis de Chavannes e ottiene la committenza di vasti cicli decorativi a soggetto mitologico e allegorico per edifici civili e religiosi. È a Parigi che emerge, in accezione quattrocentista e botticelliana sconfinante nel déco, la cultura della patria d’adozione (Adam et Eve 1921-23, Le Rèveil de la terre 1925, entrambi in mostra). È questo il suo “secondo” simbolismo. Seguono acquisti per il Musée du Luxembourg et il Musée National d’Art Moderne. Verso la metà degli anni 30, pur restando immutato il germe simbolista, lo stile della Chaplin si consolida in forme più plastiche ed austere, forse risentendo del generale rappel à l’ordre che stava allora attraversando la pittura europea.
Ma solo dopo la guerra, con il rientro definitivo al Treppiede, la casa fiesolana “di sempre”, il tempio della memoria e degli affetti, esplode la sua terza e ultima maniera simbolista: quando è il gesto, mosso da una foga quasi espressionista, che rende irreale e abitato da presenze soprannaturali lo sfondo quotidiano del giardino, tema ripetuto fino all’ossessione: E’ un vortice dove la pittura si fa liquida e fluente, di rara intensità visiva, quasi preludio in chiave spiritualistica di un commiato che di lì a poco avverrà.
In questa prima grande antologica romana di Elisabeth Chaplin, sono esposti circa settanta dipinti provenienti da collezioni pubbliche (Palazzo Pitti, Uffizi di Firenze e Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma) e private, accanto a un corpus di circa 40 disegni.
Curatore della mostra e del catalogo è Giuliano Serafini. Il coordinamento è di Nicoletta De Menna. L’allestimento espositivo di Dimitri Choromilàs.
Dal 1910 fino a circa gli anni ‘20, Elisabeth si divide tra Firenze e Roma - lei che era approdata insieme alla famiglia in Italia in seguito all’affaire Dreyfus - e avverte l’influenza, assimilata d’istinto, senza una conoscenza ”dal vivo”, del postimpressionismo alla Bonnard e Vuillard, con accenni al sintetismo di Maurice Denis che nei famigliari Nenette, la madre Marguerite, Ida, Yvette e Jean-Jacques, trova i suoi modelli prediletti. E’ la stagione in cui Vittorio Pica, Bernard Berenson e Ugo Ojetti riconoscono alla giovane pittrice autodidatta un talento sicuro e una tempra che non teme confronti maggiori. Lo Stato acquista sue opere ed è invitata all’Internazionale di Valle Giulia (1911), alle Secessioni romane (dal 1913) e alla Biennale di Venezia (1914). Trasferitasi a Roma con la famiglia, i cui membri ormai si coniugano tutti al femminile, vi resterà dal 1916 al 1922, entrando nel giro di Villa Medici dove i suoi guru saranno Albert Besnard e André Gide. Spirito irrequieto, insofferente alle scuole come alle strategie mondane, Elisabeth “prende i voti” da pittrice affinando il talento e sfoderando grinta e personalità spesso ai danni dei colleghi maschi. Geneticamente parlando, l’eccentricità doveva accompagnare tutta la sua esistenza di donna e d’artista.
Dal 1920 fino alla seconda guerra mondiale fa la spola tra Firenze e Parigi dove partecipa regolarmente ai Salons diventando la beniamina dei critici più temuti dell’epoca: Louis Gillet, Waldemar George, Arsène Alexandre, Louis Vauxcelles. Si aggiudica nel 1927 il Prix Puvis de Chavannes e ottiene la committenza di vasti cicli decorativi a soggetto mitologico e allegorico per edifici civili e religiosi. È a Parigi che emerge, in accezione quattrocentista e botticelliana sconfinante nel déco, la cultura della patria d’adozione (Adam et Eve 1921-23, Le Rèveil de la terre 1925, entrambi in mostra). È questo il suo “secondo” simbolismo. Seguono acquisti per il Musée du Luxembourg et il Musée National d’Art Moderne. Verso la metà degli anni 30, pur restando immutato il germe simbolista, lo stile della Chaplin si consolida in forme più plastiche ed austere, forse risentendo del generale rappel à l’ordre che stava allora attraversando la pittura europea.
Ma solo dopo la guerra, con il rientro definitivo al Treppiede, la casa fiesolana “di sempre”, il tempio della memoria e degli affetti, esplode la sua terza e ultima maniera simbolista: quando è il gesto, mosso da una foga quasi espressionista, che rende irreale e abitato da presenze soprannaturali lo sfondo quotidiano del giardino, tema ripetuto fino all’ossessione: E’ un vortice dove la pittura si fa liquida e fluente, di rara intensità visiva, quasi preludio in chiave spiritualistica di un commiato che di lì a poco avverrà.
In questa prima grande antologica romana di Elisabeth Chaplin, sono esposti circa settanta dipinti provenienti da collezioni pubbliche (Palazzo Pitti, Uffizi di Firenze e Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma) e private, accanto a un corpus di circa 40 disegni.
Curatore della mostra e del catalogo è Giuliano Serafini. Il coordinamento è di Nicoletta De Menna. L’allestimento espositivo di Dimitri Choromilàs.
21
novembre 2007
Elisabeth Chaplin – Trittico simbolista
Dal 21 novembre 2007 al 06 gennaio 2008
arte contemporanea
Location
PALAZZO VENEZIA
Roma, Via Del Plebiscito, 118, (Roma)
Roma, Via Del Plebiscito, 118, (Roma)
Orario di apertura
tutti i giorni dalle 10 alle 20; chiuso il lunedì
Vernissage
21 Novembre 2007, ore 18
Ufficio stampa
KINEO
Autore
Curatore