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Emanuele India – Ex Tenebris, lux . La camera del tesoro di Ruggero II
personale
Comunicato stampa
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Anacoretica
I Padri del Deserto si ponevano talvolta quesiti che ancora oggi non finiscono di incantarci. Uno di loro, per esempio, si chiese se condire il pane raffermo con un pizzico di sale, non costituisse uno spreco eccessivo di risorse.
In Cassiano leggiamo invece di una cena da Sereno offerta a lui e al confratello Germano:”Egli servì del pane con tre olive a testa. Ci presentò inoltre un cestino di ceci tostati: questo è ciò che i solitari definiscono leccornie. Ne prendemmo solo cinque per ciascuno; così come prendemmo due prugne e un fico. Volerne di più sarebbe apparso come un grave peccato nel deserto”.
Sovraccarichi in tal modo di cibo virtuale, si appoggiavano infine a fasci di papiro, gli embrimia, e si assopivano vegliando, preda di deliri e di visioni. In tale stato di spossatezza, cercava di sorprenderli il demonio, con il suo armamentario consueto di effimere promesse: profluvi di oro, argento, dimore sontuose, donne belle e lascive, acquisizione di potere, sicofanti e adulatori, fama, immagini splendenti sugli altari, gente prona. Ma il santo, con un occhio solo aperto, levandosi in piedi lo annientava con i suoi salmi e con le sue preghiere; quindi tornava a concentrarsi nella rinuncia operosa e nel silenzio.
A una vigilia stremante di identica temperie, si adegua oggi senza sforzo, nella nostra città, un artista, capace anch’egli di altissime imprese: Emanuele India. Il quale, ripudiando gli allettamenti d’ogni approssimazione o scorciatoia, (che poi, come insegnava Heidegger, non sono altro se non sentieri interrotti), docilmente si assoggetta al corpo siderale che abita in lui, e che potenzia il nostro io quotidiano, come un cavallo che assecondi le redini e aiuti il seminatore nel suo lavoro.
Chiuso in una stanza sotterranea, infima e priva di finestre, rischiarata da lampade tenui e da candele, su un pezzetto di cuoio, a sua volta teso su un supporto di legno circolare, con sigilli da lui stesso ideati e resi incandescenti dal fuoco, egli incide centimetro per centimetro le superfici così ottenute, avendo ben chiari nella mente i percorsi labirintici del sole che irradia l’universo, i movimenti inesausti dei pianeti, le nuvole che scorrono e si addensano, e la terra che, simile a dervisci danzanti, ruota e li corteggia. Sui solchi ormai tracciati, India comincia ad ageminarli di colori, resi metallici da un coup de théâtre: le foglie d’oro che egli usa, qui ritornano a farsi vene sotterranee, sono poste paradossalmente nel fondo, dal quale emanano tuttavia un lucore segreto che esalta la materia sovrastante. Si evidenziano così arcaiche suggestioni di lapislazzuli, di rossi immemoriali, di bianchi delle origini, di verdi trasparenti come acquari, di evanescenti arcobaleni.
E tutta la natura,in questa potente visione, si ridesta, costruendo e disintegrando spazi in continua mutazione, da cui spiccano, come negli acquarelli fatati di Casimiro Piccolo, presagi di ondine o ninfe delle acque, di silfidi o silvestri dell’aria, di pigmei o gnomi della terra, di salamandre o vulcani del fuoco. Per questo, forse, dall’epicentro di una foglia d’oro, quasi contro la volontà dell’autore, un volto di bambino traspare, quello probabilmente dell’Homunculus, nato dall’amore tra Faust ed Elena, da tempo fatta polvere, e che partecipa dunque del mondo delle ombre e della carne. E tutto questo accade, quando una delle cose è da noi compiuta ritualmente e giunge a perfezione, in modo da diventare consapevole di sé dal suo interno e di manifestarlo con un segno.
Epifania sublime che così argomenta per parabola un saggio del passato: Se i pesci vi sfuggono dalla rete, significa che la vostra opera è fallita o che non ha sortito effetto alcuno. Se i pesci sono invece imperfetti, difformi, strani – anche questo è la prova d’una mancata realizzazione. E dovete sapere che lo stesso accade con tutti gli elementi che popolano l’universo. Bisogna dunque convincersi che segni e sogni non dipendono soltanto dall’uomo e dalla sua natura, ma anche dalla materia primordiale che, ancora una volta configurandosi, torna ad assumere la fioritura nella Vita Nova.
Aurelio Pes
Il laboratorio
L’arte nasce con l’uomo, dalla sua esigenza di comunicare non un linguaggio diretto, gestuale o verbale rivolto a fini pratici, bensì capace di attivare soprattutto i livelli emotivi, suscitando il desiderio di riconoscere e di essere riconosciuti. Nel libro – in particolare in quello antico – si congiungono due nature: una intellettuale, che presenta e veicola il pensiero dell’autore (il consueto oggetto di attenzione); un’altra materiale, meno indagata, quella che trasmette informazioni sulle tecniche produttive e di lavorazione proprie del tempo in cui il manufatto fu realizzato: dalla carta inchiostrata di caratteri all’impaginazione e, nel caso delle legature, dalle tecniche di lavorazione di cuoio, pelli e pergamene, a quelle di impressione dei fregi e delle dorature. È da questa attenta e precisa analisi che scaturisce l’apprendimento e la conoscenza per creare il procedimento attraverso il quale realizzare il “Mandala”, eseguito meticolosamente a mano.
La tecnica e le materia prima impiegata, e il processo produttivo, identificano la produzione artistica, legata strettamente alla storia e alla tradizione siciliana.
L’opera è realizzata su supporto ligneo in massello tornito a mano di forma circolare e ricoperto in pelle di vitello a concia vegetale al tannino. La decorazione è eseguita con punzoni a caldo, cesellata e sbalzata a bulino. Il campo è dorato con oro zecchino e dipinto con pigmenti colorati naturali fissati con resine.
Emanuele India
I Padri del Deserto si ponevano talvolta quesiti che ancora oggi non finiscono di incantarci. Uno di loro, per esempio, si chiese se condire il pane raffermo con un pizzico di sale, non costituisse uno spreco eccessivo di risorse.
In Cassiano leggiamo invece di una cena da Sereno offerta a lui e al confratello Germano:”Egli servì del pane con tre olive a testa. Ci presentò inoltre un cestino di ceci tostati: questo è ciò che i solitari definiscono leccornie. Ne prendemmo solo cinque per ciascuno; così come prendemmo due prugne e un fico. Volerne di più sarebbe apparso come un grave peccato nel deserto”.
Sovraccarichi in tal modo di cibo virtuale, si appoggiavano infine a fasci di papiro, gli embrimia, e si assopivano vegliando, preda di deliri e di visioni. In tale stato di spossatezza, cercava di sorprenderli il demonio, con il suo armamentario consueto di effimere promesse: profluvi di oro, argento, dimore sontuose, donne belle e lascive, acquisizione di potere, sicofanti e adulatori, fama, immagini splendenti sugli altari, gente prona. Ma il santo, con un occhio solo aperto, levandosi in piedi lo annientava con i suoi salmi e con le sue preghiere; quindi tornava a concentrarsi nella rinuncia operosa e nel silenzio.
A una vigilia stremante di identica temperie, si adegua oggi senza sforzo, nella nostra città, un artista, capace anch’egli di altissime imprese: Emanuele India. Il quale, ripudiando gli allettamenti d’ogni approssimazione o scorciatoia, (che poi, come insegnava Heidegger, non sono altro se non sentieri interrotti), docilmente si assoggetta al corpo siderale che abita in lui, e che potenzia il nostro io quotidiano, come un cavallo che assecondi le redini e aiuti il seminatore nel suo lavoro.
Chiuso in una stanza sotterranea, infima e priva di finestre, rischiarata da lampade tenui e da candele, su un pezzetto di cuoio, a sua volta teso su un supporto di legno circolare, con sigilli da lui stesso ideati e resi incandescenti dal fuoco, egli incide centimetro per centimetro le superfici così ottenute, avendo ben chiari nella mente i percorsi labirintici del sole che irradia l’universo, i movimenti inesausti dei pianeti, le nuvole che scorrono e si addensano, e la terra che, simile a dervisci danzanti, ruota e li corteggia. Sui solchi ormai tracciati, India comincia ad ageminarli di colori, resi metallici da un coup de théâtre: le foglie d’oro che egli usa, qui ritornano a farsi vene sotterranee, sono poste paradossalmente nel fondo, dal quale emanano tuttavia un lucore segreto che esalta la materia sovrastante. Si evidenziano così arcaiche suggestioni di lapislazzuli, di rossi immemoriali, di bianchi delle origini, di verdi trasparenti come acquari, di evanescenti arcobaleni.
E tutta la natura,in questa potente visione, si ridesta, costruendo e disintegrando spazi in continua mutazione, da cui spiccano, come negli acquarelli fatati di Casimiro Piccolo, presagi di ondine o ninfe delle acque, di silfidi o silvestri dell’aria, di pigmei o gnomi della terra, di salamandre o vulcani del fuoco. Per questo, forse, dall’epicentro di una foglia d’oro, quasi contro la volontà dell’autore, un volto di bambino traspare, quello probabilmente dell’Homunculus, nato dall’amore tra Faust ed Elena, da tempo fatta polvere, e che partecipa dunque del mondo delle ombre e della carne. E tutto questo accade, quando una delle cose è da noi compiuta ritualmente e giunge a perfezione, in modo da diventare consapevole di sé dal suo interno e di manifestarlo con un segno.
Epifania sublime che così argomenta per parabola un saggio del passato: Se i pesci vi sfuggono dalla rete, significa che la vostra opera è fallita o che non ha sortito effetto alcuno. Se i pesci sono invece imperfetti, difformi, strani – anche questo è la prova d’una mancata realizzazione. E dovete sapere che lo stesso accade con tutti gli elementi che popolano l’universo. Bisogna dunque convincersi che segni e sogni non dipendono soltanto dall’uomo e dalla sua natura, ma anche dalla materia primordiale che, ancora una volta configurandosi, torna ad assumere la fioritura nella Vita Nova.
Aurelio Pes
Il laboratorio
L’arte nasce con l’uomo, dalla sua esigenza di comunicare non un linguaggio diretto, gestuale o verbale rivolto a fini pratici, bensì capace di attivare soprattutto i livelli emotivi, suscitando il desiderio di riconoscere e di essere riconosciuti. Nel libro – in particolare in quello antico – si congiungono due nature: una intellettuale, che presenta e veicola il pensiero dell’autore (il consueto oggetto di attenzione); un’altra materiale, meno indagata, quella che trasmette informazioni sulle tecniche produttive e di lavorazione proprie del tempo in cui il manufatto fu realizzato: dalla carta inchiostrata di caratteri all’impaginazione e, nel caso delle legature, dalle tecniche di lavorazione di cuoio, pelli e pergamene, a quelle di impressione dei fregi e delle dorature. È da questa attenta e precisa analisi che scaturisce l’apprendimento e la conoscenza per creare il procedimento attraverso il quale realizzare il “Mandala”, eseguito meticolosamente a mano.
La tecnica e le materia prima impiegata, e il processo produttivo, identificano la produzione artistica, legata strettamente alla storia e alla tradizione siciliana.
L’opera è realizzata su supporto ligneo in massello tornito a mano di forma circolare e ricoperto in pelle di vitello a concia vegetale al tannino. La decorazione è eseguita con punzoni a caldo, cesellata e sbalzata a bulino. Il campo è dorato con oro zecchino e dipinto con pigmenti colorati naturali fissati con resine.
Emanuele India
21
febbraio 2013
Emanuele India – Ex Tenebris, lux . La camera del tesoro di Ruggero II
Dal 21 febbraio al 14 marzo 2013
arte contemporanea
Location
PALAZZO DEI NORMANNI – PALAZZO REALE DI PALERMO
Palermo, Piazza Indipendenza, 1, (Palermo)
Palermo, Piazza Indipendenza, 1, (Palermo)
Biglietti
ingresso mostra € 3,00
ingresso mostra
e Cappella Palatina € 9,00
ingresso mostra,
Cappella Palatina
e Appartamenti Reali € 10,00
Orario di apertura
da Lunedì a Sabato
dalle 8,15 alle 17,40
(ultimo biglietto emesso ore 17,00)
domenica e Festivi
dalle 8,15 alle 13,00
(ultimo biglietto emesso ore 12,15)
Vernissage
21 Febbraio 2013, h ore 19.00
Autore