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Emanuele Prina
Giovane artista proveniente dall’Accademia di Brera, Prina è capace col suo lavoro di effettuare un corto circuito coraggioso mescolando elementi di tradizione con reperti materici retaggio della ricerca contemporanea.
Comunicato stampa
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La poetica artistica del Novecento, a partire dall’avanguardia storica, in questo caso non solo l’organico ed anticipatore Futurismo, ma soprattutto Dada, con l’intuizione oggettuale di Marcel Duchamp, orinatoi e ruote di bicicletta investite di aura artistica dalla forza sciamanica dell’artista e gli assemblaggi di Kurt Schwitters, si è cimentata con una concezione nuova dell’arte, un’arte che fosse in grado di aprirsi al mondo, contaminarsi con il quotidiano tramite l’acquisizione di reperti di realtà secondo la logica dell’ “objet trouvè”. Queste tematiche hanno trovato una diffusione su larga scala, nell’ambito di un concetto e di una pratica di avanguardia “normalizzata” a partire dal secondo dopoguerra. Con l’avvento del successivo ciclo caratterizzato dall’ingresso in una fase di post modernità i temi relativi ad un utilizzo dell’arte contemporanea come viatico per una migliore qualità della vita hanno assunto, specie nell’ultimo quindicennio, una evidente centralità. Tutto ciò non ha mancato di provocare un serrato dibattito attorno al ruolo ed alla funzione del linguaggio della scultura all’interno dello scenario contemporaneo. Dibattito già introdotto nell’800, quando, agli spiriti più sensibili, iniziava ad apparire con chiarezza come l’arte, dopo la Rivoluzione Industriale, stesse velocemente ponendosi su di un sentiero di superamento di canoni formali plurisecolari ed al centro delle accuse, come fu per Baudelaire, si poneva proprio la scultura, accusata di staticità e monumentalismo retorico e manierato, inadatto ormai ad esprimere i nuovi ritmi e le sensibilità della vita moderna. Dibattito che proseguirà anche nei primi decenni del Novecento, basti pensare ad un grande protagonista come Arturo Martini che, in finire di carriera, seppe, con un saggio come “La scultura lingua morta”, mettersi in discussione prefigurando i futuri sviluppi di questo linguaggio e redigendo pensieri di notevole lungimiranza come “fa che io non sia un oggetto, ma un’estensione”. Come già citato in apertura, nel secondo dopoguerra l’avanguardia artistica radicalizzerà ulteriormente i termini della questione, proponendo un’installazione vista come puro prolungamento della corporalità fisica e mentale, oltre la tradizionale dialettica inerente il rapporto tra l’oggetto e lo spazio. Lo scenario attuale, posto all’interno di una stagione di avanzata post modernità, ha ulteriormente rimescolato le carte, con un eclettismo stilistico dove la rivisitazione dei modi e delle maniere dell’avanguardia novecentesca ed il ritorno alla manualità pittorica, tipici della fase tra il 1975 ed i primi anni ’90, sempre più si abbina al rapporto con la tecnologia ed i media, sia dal punto di vista del confronto teorico ed iconografico che dell’ausilio di questi nuovi strumenti nella costruzione dell’opera. Un dato è comunque certo, dopo la violazione estrema del vincolo bidimensionale operata negli anni sessanta e settanta ed il quasi totale azzeramento dell’oggetto-opera con l’arte vissuta come interrogazione sul suo statuto ed il suo scopo e come prosecuzione della filosofia secondo la tesi più radicale del concettualismo incarnata da Joseph Kosuth che inverte il noto paradigma hegeliano sulla morte dell’arte in favore della filosofia, tutto il ciclo del postmoderno ha posto in essere, con l’accento più marcato ora su uno stile ora sull’altro, una libertà di forma e di sperimentazione molto accentuata. In questa temperie di contemporaneità avanzata ma sostanzialmente sospesa in una dimensione di eterno presente si colloca la ricerca di Emanuele Prina. Giovane artista proveniente dall’Accademia di Brera, Prina è capace col suo lavoro di effettuare un corto circuito coraggioso mescolando elementi di tradizione con reperti materici retaggio della ricerca contemporanea. Uno dei dati che salta subito agli occhi di un osservatore dallo sguardo allenato è la predilezione dell’artista per il celebre detto michelangiolesco secondo cui la migliore scultura è quella che si fa “per forza di levare”. Infatti la maggior parte dei lavori recenti che costituiscono il corpo centrale della personale allestita presso lo spazio di Ilona Biondi a Como sono volti e parti di anatomia umana sia maschile che femminile intagliati all’interno di blocchi di castano o di materiale da costruzione ed offerti ad una visione solo parziale e volutamente frammentata come ad indicare una condizione di laceramento interiore. Nelle sculture di Prina, a partire dal ragionamento sul dettato rinascimentale prima menzionato, convergono suggestioni provenienti sia dalla linea espressionista di Gemito, in particolare per l’incarnato e l’espressione dei volti che dal minimale esistenzialismo di Giacometti, il tutto ulteriormente filtrato alla luce dell’esperienza delle avanguardie del secondo Novecento per la presenza di materiali retaggio dell’ impiego di archetipi naturali propugnato dall’Arte Povera. Tutto ciò giunge, nel caso di una delle opere più originali presenti in mostra che rappresenta una figura umana biancovestita incastrata a testa in giù in un tronco scuro simboleggiante un contrasto che non è solo cromatico, ad una visione anche ironica e non solo intrisa di lirico esistenzialismo, che coniuga aspetti della linea scultorea della Pop Art con le direttrici di ricerca più attuali, tese alla ricerca di una stupefazione dell’osservatore con l’intento di condurlo verso una nuova dimensione del sublime. Il lavoro di Emanuele Prina pare comunque voler cogliere la dimensione sospesa dell’uomo contemporaneo, in bilico tra un passato da cui non desidera più trarre l’esemplarità della dimensione metanarrativa ed un futuro in cui non pare più possibile inquadrare un fine ultimo a cui aspirare con la costruzione di nuovi linguaggi. La giovane età dell’artista determinerà certamente una ulteriore definizione ed assestamento di una poetica che fin d’ora si dimostra originale e, soprattutto, coraggiosa.
Edoardo Di Mauro, maggio 2010
11
giugno 2010
Emanuele Prina
Dall'undici giugno al 02 luglio 2010
arte contemporanea
Location
IL TRAMITE
Como, Via Borgo Vico, 36/38, (Como)
Como, Via Borgo Vico, 36/38, (Como)
Orario di apertura
dal martedì al sabato 9.30-12.30 15.30-19.30 o su appuntamento
Vernissage
11 Giugno 2010, ore 18
Autore
Curatore